Sul rinnovo dei contratti della Pubblica amministrazione il Governo si dimostra fermo. La posizione dell’esecutivo si scorge nelle parole della ministra della PA, Fabiana Dadone, secondo la quale “le difficoltà” di incrementare i 400 milioni di euro stanziati nella bozza della Legge di Bilancio sono “sotto gli occhi di tutti” e sarà davvero “difficile riuscire a reperire un incremento delle risorse”. L’unica forma di attenzione potrebbe riguardare i lavoratori con stipendi più bassi, che nella scuola riguardano un alto numero di dipendenti: un docente in media, infatti, percepisce sui 30 mila euro lordi annui, mentre un dipendente del personale Ata meno di 25 mila euro.
Anief ritiene che i 100 euro lordi di aumento previsti oggi, derivanti dai 400 milioni previsti dalla legge di fine 2020 con quelle economiche del biennio precedente, sono da considerare solo come l’avvio di un lungo percorso. Servono infatti provvedimenti paralleli, ad iniziare dal riconoscimento del salario minimo e dell’intero periodo di precariato: la sentenza del 25 ottobre 2018 della Corte di Giustizia Europea sulla causa C-331/17 Sciotto ha tracciato un solco, che gli Stati membri devono necessariamente percorrere. Così da far cadere le annose discriminazioni tra personale di ruolo e precario. Per cancellare queste ed altre norme discriminanti, come l’introduzione nel 2011 delle nuove fasce di posizione stipendiale che hanno cancellato il primo scatto, l’Anief ha predisposto, tra molti altri, specifici emendamenti al Disegno di Legge di Bilancio 2021.
Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, ritiene certamente positiva la volontà del Governo di sovvenzionare la perequazione, a patto però che sia una decisione definitiva. Senza, quindi, che il prossimo anno ci si ritrovi a dovere gestire questa spada di Damocle. Riteniamo, poi, che se si vuole almeno limare l’inflazione che nell’ultimo decennio ha sovrastato di oltre il 10% gli stipendi fermi del personale della scuola – tranne l’incremento del 3,48% medio del 2018 -, si debba procedere con maggiori finanziamenti diretti. Ma anche adottando delle indennità specifiche, come l’elevato rischio biologico, sinora riconosciuto solo ad altri comparti. Il punto di partenza è questo: la sentenza Mascolo del 26 novembre 2014 su più cause riunite parla chiaro”.
Docenti e Ata guardano con molta attenzione gli sviluppi del rinnovo contratti pubblici: addirittura - scrive Orizzonte Scuola - per i lavoratori della scuola, in base allo stanziamento di 400 milioni, gli importi potrebbero essere ancora inferiori, perché il criterio che viene applicato per la distribuzione degli aumenti consiste nell’applicare una percentuale identica a prescindere dall’importo di partenza delle retribuzioni. Come sappiamo, gli stipendi, nel mondo della scuola, sono tra i più bassi del pubblico impiego e pertanto è lecito attendersi una cifra ancora più bassa.
Sugli aumenti da inserire nel rinnovo contrattuale c’è però una apertura del Governo proprio sulle fasce stipendiali più ridotte, che nella scuola riguardano oltre la metà del personale. “Quello che possiamo fare allo stato attuale per andare incontro a chi guadagna di meno – ha detto la ministra della PA - è dire che, all’interno dei 400 milioni stanziati, che si aggiungono ai 3,2 miliardi della precedente manovra, i 270 milioni dell’indice perequativo vengano destinati a chi guadagna di meno”.
Anief ricorda che i 100 euro lordi previsti per il rinnovo contrattuale lascerebbero l’inflazione ben al sopra della media stipendiale. Quindi lontani da quanto previsto dal dettato costituzionale sulla proporzionalità dei compensi da lavoro rispetto all’inserimento dignitoso nella vita sociale. È bene, quindi, che si opti con urgenza per un regime stipendiale che assicuri l’azzeramento, nel 2024, di questa condizione. È una realtà da superare anche secondo la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina, che alcune settimane fa ha detto pubblicamente che è giunta l’ora di “adeguare i salari dei docenti a quelli europei, a partire dai maestri”.
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LEGGE DI BILANCIO – Stipendi, Anief chiede il salario minimo adeguato all’inflazione