Dal testo in esame della Legge di Bilancio approvata dal Consiglio dei ministri spuntano 400 milioni di euro per il rinnovo del contratto dei dipendenti pubblici: i fondi sono previsti nella bozza predisposta dal Governo, oggi all’esame del Parlamento. La somma, decisamente bassa considerando che va suddivisa per oltre 3,3 milioni di dipendenti pubblici, si aggiunge alle risorse già stanziate dall’articolo 1, comma 436, della legge 145/2018: 1.100 milioni di euro per l’anno 2019, 1.750 milioni di euro per l’anno 2020 e 3.375 milioni di euro annui a decorrere dal 2021. Tra finanziamenti passati e quelli esigui previsti oggi, si arriva a poco più di 1.100 euro lordi annui a dipendente, che corrispondono a 40-50 euro netti per ciascuno. Ma per docenti e personale Ata sono anche meno, perché il criterio da adottare per spalmare gli incrementi in busta paga prevede l’adozione della stessa percentuale: siccome gli stipendi della scuola sono tra i bassi del comparto pubblici, attestandosi sui 30 mila euro medi annui lordi, viene da sé che applicando gli incrementi in modo proporzionale saranno anche quelli meno favoriti.
Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, torna a ribadire che “ai 100 euro lordi scarsi già finanziati dalla fine del 2018 vanno oggi aggiunti almeno altri 80 euro: solo in questo modo si potrebbe azzerare il tasso d’inflazione dell’ultimo decennio non lontano dal 10%. Il 3,48% di aumento dell’ultimo rinnovo contrattuale, pari a circa 85 euro lordi complessivi, non ha colmato nemmeno la metà di quel gap. Ecco perché servono risorse aggiuntive, senza le quali non stiamo parlando di stipendi maggiorati ma solo di recupero del costo della vita. Ma c’è dell’altro, perché il coronavirus ha fatto emergere un’altra necessità sinora non soddisfatta, però altrettanto rilevante, quella del riconoscimento del rischio biologico per il personale scolastico: l’opera di relazioni e rapporti quotidiani e continuativi con centinaia di alunni al giorno, per almeno 33 settimane l’anno, è alla base del burnout e di quelle malattie professionali da usura psicofisica che nella scuola imperversano. Una condizione che trova terreno fertile nel fatto che due docenti italiani su tre hanno più di 50 anni. È chiaro – conclude Pacifico - che a queste condizioni il sindacato non starà di certo a guardare”.
Aumenti mini in arrivo per i lavoratori della scuola. Così come segnala Italia Oggi e riporta Orizzonte Scuola, considerato che i dipendenti pubblici, secondo le rilevazioni Istat del 2018 (le più recenti disponibili) sono 3.342.816, i fondi consentono incrementi retributivi medi di 1.129 euro l’anno a testa. L’importo, però, è al lordo delle trattenute fiscali e previdenziali (si tratta del cosiddetto lordo stato). Per arrivare all’incremento mensile netto bisogna togliere circa il 50%: a conti fatti, 40-50 euro in più a testa.
SCUOLA PENALIZZATA
Il problema è che nella scuola gli importi potrebbero essere ancora inferiori, perché il criterio che viene applicato per la distribuzione degli aumenti consiste nell’applicare una percentuale identica a prescindere dall’importo di partenza delle retribuzioni. Gli stipendi, nel mondo della scuola, sono tra i più bassi del pubblico impiego e pertanto è lecito attendersi una cifra ancora più bassa.
IL COMMENTO DEL SINDACATO
Il mancato rinnovo contrattuale, scaduto ormai da due anni, assieme alla inattuata stabilizzazione dei precari della scuola, rappresenta un punto cruciale per i destini professionali di tantissimi docenti e Ata: le due richieste sono state non a caso inserite dall’Anief nella memoria di 15 punti fondamentali, consegnata alcune settimane fa al ministero dell’Istruzione al termine dell’incontro del presidente Marcello Pacifico con la ministra Lucia Azzolina. In quell’occasione è stata ricordato l’impegno della ministra Fabiana Dadone sulla volontà del Governo di reperire risorse aggiuntive per il rinnovo dei contratti dei dipendenti dello Stato.
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