La Legge di Bilancio 2021 porta delle risorse non sufficienti per rinnovo contrattuale dei lavoratori della scuola: per il triennio 2019-2021 dei settori della pubblica amministrazione sono stanziati infatti 400 milioni di euro che si aggiungono ai 3.335 già disposti con le leggi di bilancio del 2019 e 2020 per un totale complessivo di 3.775 milioni di euro. Tuttavia, osserva Orizzonte Scuola, le risorse effettivamente disponibili per i rinnovi contrattuali del pubblico impiego ammontano a poco più di 3,2 miliardi. Alla fine della fiera, per il comparto scuola, che conta oltre un milione di buste paga, la cifra messa a disposizione per il rinnovo contrattuale comporta un aumento degli stipendi in percentuale di circa il 3,5%, ovvero 83 euro medi mensili lordi (ancora meno considerando l’IVC già in godimento che verrebbe riassorbita): una cifra, quindi, che fa il paio con quella di due anni fa, quando si registrò, in occasione dell’unico rinnovo contrattuale dell’ultimo decennio, un incremento del 3,48%, che portò infatti 85 euro medi lordi. Certo, alla fine molti insegnanti porterebbero a casa in più altri 100 euro (ma solo fino a 28mila euro di redditi) derivanti dal taglio all’Irpef che viene rifinanziato dalla stessa Legge di Bilancio. Ma i patti erano altri, pure con i precedenti ministri della Funzione Pubblica e gli stessi Bussetti e Fioramonti.
Come sindacato, dice Marcello Pacifico, presidente nazionale del giovane sindacato Anief, “abbiamo sempre evidenziato l’anomalia degli stipendi della scuola. Con gli aumenti accordati si arriverebbe comunque ad assegnare dei compensi mensili ancora inferiori di sette punti all’aumento del costo della vita registrato nell’ultimo decennio, ma almeno con la possibilità dell’elemento perequativo, a copertura dei redditi più bassi dello Stato. Come sindacato, nell’ultimo periodo, a seguito dell’esplosione del Covid19, abbiamo anche chiesto a gran voce che si allineassero alle stime europee non solo con finanziamenti diretti, anche da privati o europei, a partire da quelli del Recovery fund, che portassero non meno di 250 euro al mese. Ma bisogna anche introdurre quell’indennità di rischio biologico, sinora riconosciuto solo ad altri comparti a partire da quello sanitario, che è alla base dell’alta percentuale di burnout nella categoria. Nel 2021 ci aspettiamo, infine, che cadano le odiose discriminazioni tra personale di ruolo e precario, oltre che il ripristino del primo scatto stipendiale, come l’Anief aveva chiesto con appositi emendamenti al Disegno di Legge di Bilancio 2021”.
Il sindacato rammenta che la Commissione europea sta operando su una direttiva specifica sulla definizione dei livelli minimi salariali (2020/0310 - COD). Anief ha chiesto, a tal proposito, al Parlamento e alla Commissione UE di sollecitare il Governo italiano perché si adoperi per attuare la revisione della tabella delle professioni a rischio biologico, partendo dal fatto che stiamo parlando di una professione particolarmente incline a procurare stress cronico. La stessa recente Direttiva UE della Commissione n. 2020/739 CE, del 3 giugno 2020, ha introdotto una modifica all’allegato III della Direttiva n. 2000/54 CE, perché sia inserito il Covid19 nell’elenco degli agenti biologici che possono causare malattie infettive nell’uomo. Poiché ad oggi nessuna modifica è stata apportata all’elenco delle attività professionali a rischio biologico, il sindacato ha deciso di denunciarlo.
Quella degli stipendi dei docenti italiani tra i più bassi d’Europa non è un’opinione, ma un evidente dato di fatto. L’ultimo rapporto Ocse – Education at a glance 2020 registra, ancora una volta, come gli stipendi dei docenti italiani continuano a rimanere di molto inferiori tanto alla media stipendiale dei docenti dei paesi dell’Unione europea che dei docenti dei paesi OCSE, l’organizzazione che raccoglie 37 paesi in tutto il mondo. La differenza tra lo stipendio annuale di un docente italiano della primaria al culmine della carriera rispetto ad un collega spagnolo è di -7.381 euro; -11.188 euro rispetto al collega francese; ed è praticamente la metà rispetto allo stipendio di un docente tedesco (-30.634 euro).
IL GAP INSOPPORTABILE
Si si guarda poi al numero di anni necessari per raggiungere il massimo della retribuzione, il confronto è ancora impietoso: mentre in Italia occorrono 35 anni per raggiungere il culmine della carriera con la maturazione dell’ultimo scatto stipendiale, in Europa mediamente occorrono 29 anni (6 anni di meno rispetto all’Italia), mentre nei paesi OCSE bastano 26 anni (9 anni meno che in Italia). Il divario è così ampio che anche il premier Giuseppe Conte, nel corso della conferenza stampa di fine anno organizzata dal Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti, ha detto: Per gli insegnanti gli stipendi non sono elevati, dovremo fare qualcosa di più”, partendo da un’ammissione: “Il mio stipendio da professore universitario era molto più modesto rispetto ad altri Paesi”.
IL PRESIDENTE: COME SI PUÒ INTERVENIRE
Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, ricorda che “nei prossimi anni del post-Covid19 occorrerà impegnarsi tanto per cancellare i gap esistenti rispetto all’inflazione e alla media degli stipendi UE. Inoltre, reputiamo centrale introdurre un’indennità specifica anche per il personale scolastico dovuta al rischio di contagio Covid-19, assieme alla parità di trattamento giuridica ed economica tra personale supplente e già assunto a tempo indeterminato. Oltre che il riconoscimento integrale degli anni di servizio nella ricostruzione di carriera e il recupero del 2,5% del TFR trattenuto rispetto ai lavoratori non al servizio dello Stato”.
PER APPROFONDIMENTI:
LEGGE DI BILANCIO – Stipendi, Anief chiede il salario minimo adeguato all’inflazione
RECOVERY FUND – I 10 miliardi alla Scuola possono non bastare