“Per il ritorno a scuola in sicurezza ognuno si deve assumere le proprie responsabilità, invece si sta mettendo su un mezzo teatrino tra le varie parti coinvolte: invece di unire le forze per tornare alla didattica in presenza rispettando il distanziamento fisico aumentando gli spazi delle aule e dimezzando gli alunni per classe, ci si sta concentrando sull’obbligo vaccinale di studenti e personale, che va incentivato ma che per mille motivi non può essere introdotto per legge”. Lo dice Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, commentando le ultime dichiarazioni sulla mancata vaccinazione di oltre 220mila docenti e Ata. Il sindacalista prende spunto anche dalle parole di Franco Locatelli, coordinatore del Cts e presidente dell’Istituto superiore di sanità, il quale ha detto che il Comitato Tecnico Scientifico ha “chiesto di incentivare al massimo la vaccinazione del personale scolastico”, ma non può “decidere di renderla obbligatoria: deve farlo la politica, viste le implicazioni anche sociali di una scelta come questa”.
Anche il coordinatore del Comitato Tecnico Scientifico, Franco Locatelli, è convinto che “la priorità è far ripartire la scuola”. Intervistato dalla Repubblica, ha detto che a questo punto “l’importante è eliminare le disparità nelle percentuali di vaccinazione, alcune regioni sono avanti nelle coperture, altre hanno percentuali più basse e devono recuperare in fretta questo gap”.
Il Cts, quindi, non può decidere sull’obbligo vaccinale per docenti e Ata. E siccome non lo può fare nemmeno il ministro dell’Istruzione, che nei giorni scorsi ha chiesto lumi allo stesso Comitato Tecnico Scientifico, è chiaro ora che la “palla” passa al Governo. Dal quale giungono segnali negativi sull’obbligo: in settimana il ministro della Salute, Roberto Speranza, intervenendo al question time alla Camera, ha ricordato che fino ad oggi "siamo all'85% di persone che operano nelle scuole che hanno ricevuto almeno la prima dose: è sbagliato far passare un messaggio che non riconosca che siamo di fronte a un dato robusto. Detto questo dobbiamo ancora lavorare perchè questo numero possa salire". Il ministro della Salute, però, non ha fatto alcun cenno sull’obbligo di somministrazione del vaccino al personale scolastico né agli studenti.
È bene sapere, commenta il sindacato autonomo Anief, che sulla questione della vaccinazione obbligatoria si sta agendo con troppa semplicità, dimenticando che si rischia anche di ledere il diritto alla privacy: più volte, anche di recente, il Garante delle privacy ha specificato che negli ambienti di lavoro “solo il medico competente, nella sua funzione di raccordo tra il sistema sanitario e il contesto lavorativo, può trattare i dati personali relativi alla vaccinazione dei dipendenti. Il datore di lavoro deve quindi limitarsi attuare, sul piano organizzativo, le misure indicate dal medico competente nei casi di giudizio di parziale o temporanea inidoneità”.
Marcello Pacifico, leader dell’Anief, ricorda che “la stessa Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa ha detto ai Paesi membri dell’Unione europea che bisogna garantire che i cittadini siano informati sul fatto che la vaccinazione non è obbligatoria e che non è possibile politicamente, socialmente o in altro modo mettere sotto pressione i cittadini e i lavoratori per farsi vaccinare, se non desiderano farlo in solitudine. Stiamo parlando di diritti costituzionali, non di opinioni personali. Non permetteremo che vengano meno per fare spazio ad ideologie politiche molto discutibili”.
“Per tornare in sicurezza, lo ripetiamo, occorre andare a rivedere il contratto degli istituti scolastici sottoscritto lo scorso autunno, le cui basi erano state individuate nell’agosto del 2020 attraverso un apposito protocollo d’intesa nazionale. In quell’accordo si parlava anche di lavoro agile, della ricerca delle risorse per rivedere i criteri del dimensionamento scolastico, oltre che di garantire la continuità didattica nel reclutamento, a partire dal sostegno. Sono questi i temi su cui concentrarci se vogliamo tornare a fare lezione in sicurezza dentro le scuole. Il resto – conclude Pacifico - sono chiacchiere estive che non ci interessano”.
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