È illegittimo per il datore di lavoro chiedere i dati delle vaccinazioni ai propri lavoratori, a meno di un intervento legislativo: lo ha detto in modo chiaro il Garante della Privacy alcuni mesi fa e le norme nel frattempo non sono cambiate. Il Governo è intervenuto con un provvedimento d’urgenza che riguarda il solo personale sanitario che non si sottopone alle dosi anti-Covid. Alla luce di queste considerazioni, non ha alcuna pertinenza l’intervento del presidente della Regione Sicilia, Nello Musumeci, che nelle scorse ore ha pubblicato l’ordinanza, la n. 75 su “Ulteriori misure per l’emergenza epidemiologica da Covid-19” con la quale stabilisce che qualora il dipendente si rifiuti di vaccinarsi contro il Covid-19 “il datore di lavoro pubblico provvede, nei modi e termini previsti dal CCNL di categoria, ad individuare per l’interessato una differente assegnazione lavorativa, ove possibile, che non implichi il contatto diretto del lavoratore con l’utenza esterna”.
Il sindacato Anief ribadisce l’opportunità di vaccinarsi per prevenire i contagi da Coronavirus, ma rimane fermo contro ogni obbligo e qualsiasi eventuale sospensione del servizio del personale che non si sottopone al vaccino. “La verità – dice Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief – è che per garantire la didattica in presenza in sicurezza bisogna sdoppiare le classi e incrementare gli organici: in assenza di queste disposizioni, a settembre, quando la variante Delta sarà più diffusa, le lezioni riprenderanno inevitabilmente anche con la modalità della didattica a distanza, a partire da quelle scuole, purtroppo tante, con alunni ammassati in qualche decina di metri quadri di aula”.
Il datore di lavoro non può acquisire, neanche con il consenso del dipendente o tramite il medico compente, i nominativi del personale vaccinato o la copia delle certificazioni vaccinali. Lo ha detto chiaramente il Garante della privacy, all’interno di una serie di Faq esplicative sul tema delle vaccinazioni obbligatorie: la posizione del Garante fa riferimento alla “disciplina in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro né dalle disposizioni sull’emergenza sanitaria. Il consenso del dipendente non può costituire, in questi casi, una condizione di liceità del trattamento dei dati. Il datore di lavoro può, invece, acquisire, in base al quadro normativo vigente, i soli giudizi di idoneità alla mansione specifica redatti dal medico competente”.
Il Garante ha chiarito inoltre che - in attesa di un intervento del legislatore nazionale che eventalmente imponga la vaccinazione anti Covid-19 quale condizione per lo svolgimento di determinate professioni, attività lavorative e mansioni - nei casi di esposizione diretta ad “agenti biologici” durante il lavoro, come nel contesto sanitario, si applicano le disposizioni vigenti sulle “misure speciali di protezione” previste per tali ambienti lavorativi (art. 279 del d.lgs. n. 81/2008). Anche in questi casi, solo il medico competente, nella sua funzione di raccordo tra il sistema sanitario e il contesto lavorativo, può trattare i dati personali relativi alla vaccinazione dei dipendenti. Il datore di lavoro deve quindi limitarsi attuare, sul piano organizzativo, le misure indicate dal medico competente nei casi di giudizio di parziale o temporanea inidoneità.
Secondo il leader del sindacato rappresentativo Anief Marcello Pacifico, nella scuola non è applicabile alcuna imposizione pro-vaccino: “Anche se il personale dovesse essere tutto vaccinato per prevenire il Covid – dice Pacifico -, non vi è alcuna certezza di bloccare i contagi. Inoltre, lo stesso contratto collettivo nazionale di lavoro non prevede alcun obbligo di vaccinazione. E poi c’è la questione della riservatezza dei dati, su cui il Garante della privacy è stato chiaro. Alla luce di tutto questo, Anief fa sapere che ha intenzione di impugnare qualsiasi decisione di imporre la vaccinazione contro il Covid in modo coatto”.
“Invece di incrementare gli spazi scolastici e ridurre la quantità di studenti per classe, si vanno a tagliare gli insegnanti e gli Ata non vaccinati. Ma scherziamo? Affrontiamo il problema nel verso giusto, andando a ristabilire il contesto scolastico pre-2008, quindi 100mila e 15mila plessi in più, oltre che 4mila sedi di presidenza e di Dsga e 200mila nuovi insegnanti”, conclude il presidente nazionale Anief.
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