Con l’avvio dell’anno scolastico quasi completato in tutte le regioni, mancano sono Puglia e Calabria, l’attenzione del Dicastero dell’Istruzione si sposta al futuro: il Ministro Patrizio Bianchi ha infatti firmato l’atto di indirizzo, con le priorità politiche, per l’anno 2022 e per il triennio 2022-2024, definite in coerenza con i documenti di programmazione economico-finanziaria. Sono otto le priorità individuate nel documento: garantire il diritto allo studio a tutti gli studenti, potenziare l’offerta formativa nelle scuole di ogni ordine e grado, promuovere processi di innovazione didattica e digitale, oltre che politiche efficaci per la valorizzazione del personale, investire sull’edilizia scolastica e ripensare gli ambienti di apprendimento in chiave innovativa, rilanciare l’autonomia scolastica e valorizzare il sistema nazionale di valutazione, investire sul sistema integrato 0-6, rafforzare la capacità amministrativa e gestionale del Ministero.
Anief ritiene che gli obiettivi posti dal Dicastero dell’Istruzione siano condivisibili, ma debbano essere definiti con modalità orientate al definitivo superamento delle logiche che hanno caratterizzato l’azione dell’amministrazione degli ultimi anni. In particolare, spiega il presidente Anief Marcello Pacifico, “qualsiasi rimodulazione della scuola italiana, non può dimenticare che abbiamo un lavoratore su quattro cronicamente precario e che molti di loro vanno stabilizzati. Pensare di risolvere la supplentite solo con i concorsi è l’ennesimo errore, perché è questa logica ad aversi portato al record delle oltre 200mila supplenze annuali. Non si comprende poi il motivo per cui la carriera in questo comparto continui ad essere considerata un tabù. Ci trova d’accordo, invece, il riferimento alla riduzione del numero di alunni per classe, che in tempo di Covid diventa un rischio che non possiamo permetterci. Va infine assolutamente investito copiosamente su organici, plessi e aumento dell’offerta formativa”.
Sono diversi i temi toccati dal ministro nel suo atto d’indirizzo sul breve e medio periodo. Come anche i rilievi dell’Anief. La dispersione scolastica, ad esempio, non può prescindere dall’attivazione di classi e organici sganciati dai freddi numeri e riferiti alle esigenze e difficoltà oggettivi dei territori dove sono collocate le scuole: solo in questo modo, verrebbe meno il crescente gap di apprendimenti su base territoriale.
Pienamente d’accordo si dice il sindacato sulla revisione dei parametri di formazione delle classi e quindi sul fatto che, scrive l’amministrazione, “come previsto nel PNRR, il Ministero si pone l’obiettivo di riformare l’attuale organizzazione del sistema scolastico incentrandosi sulla riduzione del numero degli alunni per classe e sul dimensionamento della rete scolastica”. La riduzione della quantità di alunni collocati stabilmente in ogni aula e la cancellazione delle classi pollaio, ma più in generale delle classi con oltre 15 alunni, è uno dei cavalli di battaglia dell’Anief, per portare la scuola a dei livelli di didattica e di sicurezza decisamente più alti degli attuali. Come è evidente che bisogna riattivare le 4mila sedi scolastiche autonome cancellate per via della spending review applicata alla scuola.
Lo stesso investimento che il Ministero intende fare sul “potenziamento dell’offerta formativa” con “allineamento agli standard internazionali e alle nuove competenze richieste dal mondo del lavoro” comporta per forza di cose il ritorno al monte orario e all’organizzazione modulare, alla primaria, esistenti prima della riforma taglia-tutto Tremonti-Gelmini, con inevitabile adozione del tempo pieno in tutte le scuole del primo ciclo.
Tra i punti toccati dal ministro dell’Istruzione c’è anche la valorizzazione del personale scolastico, definita “una leva strategica fondamentale per riposizionare la Scuola al centro del processo di crescita del Paese”. Rimane troppo generica, tuttavia, la procedura indicata nel documento: non si fa cenno alcuno, ad esempio, alla carriera del personale Ata e alla attivazione di figure professionali di coordinamento, sempre tra gli Ata, previste dal Contratto collettivo nazionale ma mai attivati.
Il Ministero intende anche “potenziare la formazione iniziale dei docenti, che dovrà essere incentrata su un modello formativo strutturato, stabile nel tempo ed integrato con il mondo dell’Università, al fine di sviluppare in modo coerente le competenze necessarie per l’esercizio della professione docente”. Anche su questo punto, Anief ricorda che è indispensabile considerare la formazione svolta “sul campo” dagli insegnanti, perché non può essere ritenuta valida solo per fare supplenze e non ai fini dell’anno di prova che porta alla stabilizzazione.
A questo proposito, sempre il professore Patrizio Bianchi asserisce che “il tema del reclutamento assume una valenza strategica e centrale nell’azione del Ministero” e in questo quadro si “intende riformare il sistema di reclutamento degli insegnanti per stabilire un nuovo modello”, basato sulla “semplificazione delle attuali procedure di concorso per il personale scolastico, prevedendo una periodica continuità delle prove, al fine di superare le difficoltà connesse alla ripresa annuale delle attività didattiche e attraverso nuovi concorsi a cadenza regolare e con logica di programmazione”. Nemmeno una riga viene spesa per l’immissione in ruolo di decine e decine di migliaia di precari storici, ignorando la risoluzione dell'Unione europea del 2018 che impegna la Commissione a trovare delle soluzioni sull’abuso di precariato, come pure una sentenza della Corte di Giustizia UE che Anief ha ottenuto con un reclamo collettivo nel 2020, sempre sul medesimo tema.
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