Quando si parla di stipendi, esce ancora una volta perdente l’insegnante italiano dal confronto con i Paesi aderenti all’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico: il Rapporto Ocse 2021 sull'istruzione, appena pubblicato, riporta che tra il 2005 e il 2020, nei Paesi dell'Ocse gli stipendi tabellari degli insegnanti con 15 anni di esperienza e con le qualifiche più diffuse sono aumentati dal 2 % al 3 % ai livelli di istruzione primaria e secondaria di primo e secondo grado a indirizzo generale e l’andamento positivo si è registrato nonostante un calo degli stipendi seguito alla crisi finanziaria del 2008. Invece, in Italia gli stipendi degli insegnanti che operano agli stessi livelli scolastici si sono ridotti del 5%.
Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief: “Ormai, quando si parla di stipendi del corpo docente italiano sembra come raccontare una barzelletta con lo stesso finale tragicomico. L’ultimo aumento è arrivato tre anni fa, dopo quasi dieci di blocco, ed è stato circa del 3,5%. Adesso ci si attesta su percentuali simili, che ovviamente reputiamo insufficienti. Il nostro sindacato ha già detto che occorre trovare le risorse per provvedere ad aumentare gli stipendi di chi opera nella scuola di almeno 200 euro, ma siccome bisogna anche pensare al recupero dei sette punti percentuali persi per via dell’inflazione degli ultimi lustri, riteniamo che l’incremento che farebbe cambiare le cose e colmare finalmente il gap che si separa dai Paesi a noi più vicini sia di 300 euro netti”.
“Nel computo – continua Pacifico - va anche messo il fatto che tra il 2009 e il 2015 le buste paga di docenti e Ata sono state congelate e che il 2013 è stato cancellato di fatto dalla ricostruzione di carriera. Inoltre, bisogna valorizzare il personale con forme di carriera reali e indennità di rischio biologico sinora negate. Riteniamo che si tratti di elementi fondamentali da collocare nel confronto con l’Aran che porterà, speriamo a breve, alla firma del nuovo contratto collettivo nazionale”.
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