Dal Documento Programmatico di Bilancio presentato dal Governo alle forze della maggioranza, per essere inviato a Bruxelles, si concretizza un impegno di 23 miliardi di euro, ma non spunta alcuna risorsa aggiuntiva utile per valorizzare il personale scolastico: l’incremento per il personale si ferma ai finanziamenti per il rinnovo del contratto, attorno al 3,5%, la stessa percentuale approvata nel 2019, e non va oltre un impegno importante (8 miliardi subito, 9 a regime) sul taglio del cuneo fiscale che però al momento non si comprende quali effetti cumulativi avrà sugli stipendi degli statali. Anche il dopo “Quota 100” si conferma deludente, perché riporta almeno a 64 anni l’età per lasciare il lavoro, non c’è traccia dell’insegnamento nella lista dei lavori gravosi ed elimina anche l’opportunità, già poco conveniente, fornita da “Opzione donna”. L’unico provvedimento in linea con quanto chiesto dal sindacato è quello della proroga dei contratti Covid fino a giugno 2022.
Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, giudica le decisioni prese dal Governo con il Dpdb della Legge di Bilancio 2022 approvata dal Cdm poco incisive: “Avevamo chiesto almeno 3-4 miliardi per dare finalmente sostegno ad un milione e 400mila docenti e Ata con stipendi non solo inadeguati ma anche penalizzati dall’inflazione che negli ultimi 13 anni li ha sempre più fatti sprofondare: l’unico contratto, firmato per il triennio 2016-2018, anche quello oltre la scadenza, e comunque quasi dieci anni di blocco, aveva solo in parte cancellato il gap, a due cifre, che si era venuto a creare tra i compensi percepiti e l’innalzamento progressivo del costo della vita. I finanziamenti del prossimo rinnovo rimangono fermi a quelle percentuali, tra il 3 e il 4%, ma siccome sono passati altri tre anni, solo per azzerare l’inflazione occorre un impegno doppio se non triplo”.
“Se poi vogliamo parlare di aumenti e di valorizzare il personale, introducendo premi e indennità – di sede, di incarico per i precari e di rischio biologico per tutti –, in linea con quanto chiesto e già fatto legiferare dal ministro Renato Brunetta, allora servono i 4 miliardi che abbiamo chiesto. Come è indispensabile trovare una formula per permettere l’uscita dal servizio a 62 anni o come le forze armate, senza decurtazione sulla pensione, perché il rischio burnout nella scuola esiste ed è pure alto. Come pure – ricorda Pacifico - bisogna rilanciare il comparto scuola attraverso finanziamenti utili a ridurre il numero di alunni per classe, aumentare le sedi scolastiche e implementare gli organici del personale”.
I PROVVEDIMENTI
Dalla Legge di Bilancio del 2022 non arrivano le scelte che servivano a rilanciare la scuola e a valorizzare i suoi lavoratori. Non va oltre a un impegno di riduzione del cuneo fiscale, tutto da decifrare nella traduzione pratica. Mentre c’è un arretramento sull’anticipo pensionistico per evitare di finire nelle maglie della legge Fornero: chi può vantare 38 anni di contributi, passa dall’attuale possibilità di lasciare a 62 anni a quella futura, dal 2022, di andare via dal lavoro non prima di 64 anni; anche l’allagamento dell’Ape Sociale ad altri mestieri si dimostra un bluff, perché dopo le iniziali disponibilità, con una lista più che raddoppiata, si è passati al nulla di fatto. Sparisce addirittura “Opzione donna”, l'uscita a 58-59 anni con 35 di contributi che con il ricalcolo dell'assegno con il sistema contributivo, quindi un taglio del 30%, andava a costituire una possibilità di uscita anticipata in cambio di un costo altissimo sull’entità dell’assegno di quiescenza.
Gli unici (scarsi) soldi diretti alla scuola, poche decine di milioni di euro da dividere per 8.200 istituzioni scolastiche suddivise per la Penisola, sono quelli dell’ampliamento della gratuità dei testi scolastici nella scuola dell'obbligo. Viene infine disposta la proroga fino a giugno dei contratti a tempo determinato stipulati dagli insegnanti durante l'emergenza Covid-19, da tempo chiesta dal sindacato.
IL COMMENTO DEL PRESIDENTE ANIEF
Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, “pensare di incentivare i lavoratori del pubblico impiego e della scuola riducendo la pressione fiscale, senza dare loro soldi veri, la dice lunga sulla volontà effettiva di cambiare il destino dell’ultimo decennio, impostato su una politica al risparmio e all’applicazione di tagli alternate a periodi di spending review più o meno spinta. Continuare a portare avanti questa politica è un errore, che alla lunga si riflette sui servizi: una politica a perdere che nel caso della scuola si traduce in decremento delle conoscenze da parte delle nuove generazioni e quindi del peso della cultura dell’intero Paese. Con riflessi diretti anche sul Pil”.
“Era quanto mai importante – continua il leader del giovane sindacato rappresentativo della scuola - cambiare marcia e comunicare introdurre forme di carriera vera e trovare le risorse per innalzare di almeno 300 euro al mese i compensi di chi si ritrova da troppi anni lo stipendio al di sotto dell’inflazione e rispetto a quanto percepito negli altri Paesi. Confidiamo in una presa di coscienza, anche tardiva, perchè ciò si realizzi”.
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