Secondo Marcello Pacifico, presidente Anief, è tutto inutile, “Serviva un organico aggiuntivo 30 volte superiore per abbattere il gap impietoso tra l’Italia e l’Europa: non si può pensare di intervenire e migliorare gli apprendimenti con misure minimali”. Il sindacalista ricorda che “sono 17 punti la differenza tra chi ha conseguito un titolo nella secondaria nel nostro Paese rispetto alla media europea: il 62,9% contro il 79% Ue; poi continuiamo ad avere il 13,1% di abbandono precoce nella scuola secondaria (ben 543mila giovani nel 2020) rispetto all’obiettivo del 10% della media dell’Unione a 27 nel 2020 e che passerà al 9% nel 2030; in base raccolti e elaborati da ISTAT il gap diventa maggiore nel Mezzogiorno, soprattutto rispetto al titolo di studio e lavoro della famiglia di provenienza (laddove il 22% si ferma alla licenza media e in alto numero svolge una professione non qualificata”.
Si è concluso da poco l’incontro sulla distribuzione dell’organico aggiuntivo per le aree a forte disagio economico e socio culturale: il confronto con l’amministrazione si è reso necessario per avere chiarimenti su alcuni dettagli tecnici che hanno portato alla definizione delle soglie degli indici Socio-Economici ESCS utilizzati dall’INVALSI per la definizione delle aree disagiate.
Su espressa richiesta da parte del delegato Anief Gianmauro Nonnis, il dottor Roberto Ricci, Presidente dell’Invalsi, spiega la tabulazione e la definizione delle soglie utilizzate nella bozza di decreto: per i dati sulla dispersione scolastica l’istituto ha distinto la primaria dalla secondaria, infatti nella scuola primaria i dati sull’abbandono scolastico non sono utili ai fini della definizione della dispersione, pertanto per la primaria l’istituto ha assunto il dato dell’apprendimento, mentre per la secondaria il dato dell’abbandono scolastico va a coincidere con quello della dispersione.
Molto più articolato e criptico appare il dato socio-economico ESCS: esso è stato ricavato istituto per istituto dai dati INVALSI individuando in maniera puntuale l’indicatore di ogni scuola; i dati complessivi delle oltre 8.000 scuole sono stati poi divisi in quartili, ovvero il 25% degli istituti sono stati collocati nella fascia più a rischio, due quote da 25% definiscono le fasce intermedie, l’ultima fascia del 25% definisce lo stato di benessere socio economico in cui operano gli istituti che ci ricadono. Le soglie del parametro ESCS di questi quartili definiscono anche le soglie di rischio.
Secondo Gianmauro Nonnis, “in questo modo gli istituti destinatari dell’organico aggiuntivo non sono il 25% del totale, ma solo quanti all’interno di questa quota registrano i più alti parametri di dispersione scolastica. A tal riguardo abbiamo chiesto esplicitamente il dato puntuale per una maggiore trasparenza della comunicazione, la risposta, solo parzialmente condivisibile, è stata negativa per la privacy relativa alla personalità giuridica degli istituti che affidano i propri dati all’Invalsi e questo non è autorizzato alla loro diffusione. Per questo motivo si sono chiesti i dati aggregati per aree geografiche”.
Marcello Pacifico, leader Anief: “Per quanto si sia d’accordo con interventi aggiuntivi nelle aree con maggior disagio socio-economico-culturale, questo non può essere ricondotto a un solo intervento correttivo per tali zone; tutta la scuola italiana necessita di interventi economici tesi non a sanare le situazioni più compromesse, ma a cambiare il corso della storia dell’istruzione che negli ultimi decenni è stata oggetto di tagli all’organico e di chiusure di interi istituti passando da oltre 12mila autonomie scolastiche del 2012 alle attuali 8mila, privando intere comunità dei plessi scolastici che, nella maggior parte delle piccole realtà periferiche, rappresentano l’ultima presenza dello Stato. L’Anief, pertanto, chiede non tanto interventi correttivi una- tantum, ma interventi strutturali per 10 miliardi sull’edilizia scolastica, e interventi per il ripristino dell’organico ante legge 133/2008”.
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