Tutto il periodo precedente all’immissione in ruolo va valutato per intero e non con il meccanismo della ricostruzione di carriera ovvero soltanto per i primi quattro anni e con la riduzione di un terzo degli anni successivi. Lo hanno chiarito tantissime sentenze del giudice del lavoro su ricorsi presentati da Anief, tanto più dopo la sentenza delle Sezioni unite della Cassazione n. 22552/16. Pertanto, il contratto firmato è illegittimo. Per aderire al ricorso, vai al seguente link. La corretta valutazione è importante per non farsi dichiarare soprannumerario e rischiare di transitare in ambito territoriale.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): L’amministrazione, con la compiacenza dei sindacati firmatari delle regole vigenti sulla mobilità, ha creato un meccanismo che penalizza il docente che ha svolto un alto numero di anni di precariato, visto che gli viene considerato per intero solo il primo quadriennio. Il principio negato è lo stesso che riguarda i titoli conseguiti, anche questi non considerati alla stessa stregua. Il problema è che così facendo, l’Italia continua a violare una precisa direttiva UE, la n. 70/99, perpetrando le discriminazioni tra lavoratori che operano per la stessa amministrazione.
L’allungamento dei tempi della firma definitiva al rinnovo contrattuale è dovuto alla lentezza con cui gli organismi istituzionali stanno esprimendo i loro pareri: sempre più probabile l’emissione speciale, da attuare nell’ultima decade di aprile. C’è tuttavia un alto numero di docenti e Ata che dal sospirato rinnovo contrattuale, atteso da quasi dieci anni, non riceveranno quello che gli spetta: sono tutti coloro che hanno superato il 35esimo anno di anzianità e che si ritroveranno con lo stipendio praticamene fermo. A essere in questa situazione è un numero di lavoratori in sensibile crescita, visto che i nuovi parametri di pensionamento hanno fatto slittare di un decennio l’uscita dal lavoro. A fronte di questa novità importante, anche il contratto si sarebbe dovuto adeguare, introducendo un nuovo gradone stipendiale riguardante la fascia 36–43 anni. Invece, l’Aran, con il compiacente silenzio dei sindacati firmatari (Flc-Cgil, Cisl e Uil), ha pensato bene di lasciare immutati “gradoni” stipendiali, andando solo a ratificare l’annullamento della fascia 3-8 anni creando un bel danno economico ai neo-assunti e calpestando quindi in modo netto il principio della parità retributiva. Per il sindacato, inoltre, non si può ignorare l’alto tasso di burnout tra i dipendenti pubblici, ma che soprattutto subisce il personale della scuola. Di tutto ciò non c’è traccia nel nuovo contratto che si è rivelato l’ennesimo pacchetto risparmio, che penalizza sia i neo immessi in ruolo, sia chi è a fine carriera. Il tutto, in cambio di una manciatina di euro netti al mese.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): Sono sei le fasce d’anzianità previste dal nuovo accordo siglato dai sindacati confederali e valido per il triennio 2016-2018, ma colpisce la mancata applicazione di una nuova finestra temporale, da 35 in poi di anzianità. Al tavolo di contrattazione, dove abbiamo fondate ambizioni di andarci a sedere dopo le elezioni Rsu della prossima settimana, non si sono posti nemmeno il problema. Che invece esiste. Poiché, sappiamo bene che non vi è più la certezza di poter andare in pensione entro una data stabilita perché, anche per accedere all’assegno con il canale dell’anzianità, comunque per il 2018 i contributi sfiorano i 43 anni. In tal modo, si condanna la stragrande maggioranza dei lavoratori ultra 60enni a percepire sempre lo stesso stipendio, fissato a quota 35, fino all'ultimo anno prima di andare in pensione. Tra l’altro, per vedersi assegnare un assegno di quiescenza destinato a diventare della metà di quanto percepito con l’ultimo stipendio. Mentre per Anief, bisogna assolutamente ritornare a 61 anni e 35 anni di contributi con l’80% dell’ultima retribuzione. Tutto questo, anche e soprattutto alla luce del fatto che quella educativa è una professione particolarmente esposta a condizioni ‘stressogene’, come hanno confermato gli autori di un’indagine su larga scala che ha indagato sugli ambiti problematici connessi con lo sviluppo del burnout.
Questa differenziazione illegittima può andare a determinare seri problemi al personale docente, in particolare ai fini della mobilità. Perché vedersi riconosciuto un punteggio inferiore nella graduatoria d’istituto oppure in fase di richiesta di trasferimento, passaggio di ruolo o di cattedra, oltre che di utilizzazione e assegnazione provvisoria, può essere determinante in modo negativo. Al fine di ottenere la validazione totale del punteggio relativo all’insegnamento effettuato in tali istituti, tutti equiparabili alla scuola statale, il sindacato Anief ha promosso un apposito ricorso al giudice del lavoro: tale impugnazione va a contestare la tabella di valutazione dei titoli ai fini dell’attribuzione del punteggio della mobilità 2018. Non vedersi riconosciuto quel punteggio rischia di compromettere l’esito della mobilità alla quale i docenti di ruolo possono presentare domanda, tramite il portale Istanze on line, fino al prossimo 26 aprile.
Per aderire, vai al seguente link. L’impugnazione è allargata alle graduatorie interne d'istituto, per la formulazione delle quali si continua a non considerare per intero il servizio d’insegnamento pre-ruolo svolto nella paritaria, nei percorsi di formazione professionale, nelle scuole comunali e anche nelle piccole isole.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): Quel servizio va dichiarato e valutato se prestato dopo il 2000. E a pensarla come noi sono anche i tribunali del lavoro. Per questi motivi, Anief conferma la strada del ricorso dopo il rinnovo del divieto già siglato nel precedente contratto. Le tante pronunce positive dei giudici ci inducono ad essere davvero fiduciosi anche per l’esito di questa ennesima battaglia legale. Siamo convinti di far prevalere sempre la giustizia a danno di quelle norme discriminanti e inique che il Miur si ostina a tenere in vita.
Dall'accordo sottoscritto da Flc-Cgil, Cisl e Uil lo scorso 9 febbraio all’Aran risulta un totale disinteresse verso coloro che vengono immessi in ruolo: a breve porterà i micro-aumenti e ha ratificato l'annullamento del primo gradone stipendiale (3-8 anni) per chi è stato assunto a partire del 2011, come previsto dal Contratto integrativo di lavoro di quello stesso anno. Una norma, peraltro, disapplicata da diverse sentenze dei tribunali del Lavoro con ricorsi presentati dall’Anief. Il giovane sindacato, di contro, non ha mai approvato ciò che è accaduto e crede proprio che sia stato portato avanti un disegno atto a penalizzare gli incolpevoli immessi in ruolo nella scuola a partire dal 2011, danneggiando chi aveva già diversi anni di precariato e violando pure la normativa comunitaria. A sostenerlo sono anche i tanti giudici che si sono espressi favorevolmente sui ricorsi promossi dall’Anief.
Marcello Pacifico (presidente nazionale Anief): Nelle tabelle degli aumenti siglati dai sindacati confederali è scomparso il primo gradino stipendiale (fascia 3/8 anni) per chi è entrato in ruolo a partire dal 2011 per via dell'accordo integrativo del 4 agosto 2011, firmato anche da Snals e Gilda, che realizzava l'obiettivo dell'invarianza finanziaria per le prime 67mila assunzioni previste dalla legge 106/11, poi dichiarata illegittima dalla Consulta nella parte in cui proprio non applicava il diritto comunitario nella scuola. Noi a questo gioco proprio non ci stiamo. L’unica strada che proponiamo ai nostri soci è ricorrere in tribunale.
Anief ha quindi predisposto il ricorso per il recupero del “gradone” stipendiale degli immessi in ruolo dal 2011: sono interessati docenti e Ata che hanno stipulato il contratto a tempo indeterminato dall'anno scolastico 2011/12 (anche con decorrenza giuridica), al fine di ottenere il risarcimento del danno e il recupero delle somme perdute a causa della fusione dei primi due gradoni stipendiali. Il ricorso, inoltre, comprende la richiesta di valutazione per intero, ai fini giuridici ed economici, di tutti gli anni di precariato per la ricostruzione di carriera. Il personale immesso in ruolo con nomina giuridica ed economica non successiva all'a.s. 2010/11 può aderire al ricorso ricostruzione di carriera sia nella scuola statale sia nella paritaria.
Con la Circolare n. 62 del 4 aprile l’Inps comunica che dal prossimo 1° gennaio per accedere alla pensione di vecchiaia bisognerà avere ben 67 anni. Ma c’è di più. Prosegue infatti la circolare dell’istituto di previdenza nazionale:coloro che avranno meno di 20 anni di contributi, ma almeno 5, con il primo accredito avvenuto dopo il 1996, dovranno attendere 71 anni per avere la pensione. Per i lavoratori e per la stampa, la situazione è ormai “insostenibile agli occhi dei lavoratori, che chiedono una modifica urgente alla Legge Fornero”.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): Nel pubblico impiego si andrà via dal lavoro a 67 anni, ad eccezione delle maestre dell'infanzia, il cui lavoro appartiene alla categoria gravosa. Le soglie innalzate diventano ancora più difficili da digerire, dal momento che in Europa si va in media a riposo a 63 anni. Per questi motivi, Anief ha deciso di avviare ricorsi, comunque, per estendere il riconoscimento a tutto il personale docente, prescindendo dalla tipologia di insegnamento: a breve, faremo sapere le modalità di accesso a questo genere di impugnazione. Visto che la politica e il legislatore non riescono a far prevalere il buon senso e la giustizia, spetterà ai giudici mettere a posto le cose. Ricordo che diversi studi scientifici, anche recenti, hanno confermato che per i lavoratori della scuola il burnout presenta percentuali superiori rispetto ad altre professionalità, con un’alta incidenza di malattia psichiatriche ed oncologiche. La storia della scarsità di fondi pubblici adeguati, ripresa anche ieri dall’economista esperto di Fmi Carlo Cottarelli, è una scusante che non regge. Così come sono stati trovati i fondi per finanziare progetti meno rilevanti o salvare aziende o banche si dovranno trovare per evitare di far morire gli italiani sul lavoro, a partire degli insegnanti.
Coloro che hanno necessità di chiarimenti possono chiedere una consulenza personalizzata a Cedan per sapere se si ha diritto ad andare in quiescenza prima dei termini contributivi e di vecchiaia previsti dalla legge e per scoprire il valore dell’assegno pensionistico. Oltre a ulteriori servizi. Per informazioni, contatta la sede Cedan più vicina a te e visita il nostro sito! Per contattare la sede nazionale scrivi un’e-mail all'indirizzo Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. e contatta il numero 091 7098356.