Il seminario, dal titolo “DIES IURIS LEGISQUE”, organizzato con Eurosofia e presieduto dal presidente nazionale Anief Marcello Pacifico, si svolgerà lunedì 29 gennaio, dalle 9.00 alle 13.00, ad Erice(TP). È gratuito ed è rivolto a tutto il personale della scuola: docenti, Ata, precari e di ruolo, ai candidati Rsu. I partecipanti hanno diritto all’esonero dal servizio, ai sensi della normativa vigente. Gli interessati possono inviare una e-mail, entro 5 giorni dall’evento, al seguente indirizzo: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Oltre alle norme sulla scuola dell’ultimo provvedimento approvato nella legislatura uscente, i punti che toccherà il presidente nazionale Anief riguarderanno i risvolti, economici e normativi, sulla trattativa in atto relativa al contratto collettivo nazionale, bloccato da quasi 10 anni, e sulla mobilità del personale a cui sono interessati tutti coloro che intendono spostarsi nel corso della prossima estate. Il sindacalista coglierà l’occasione per spiegare ai presenti come si va a formare l'organico dell'autonomia, le modalità che regolano la contrattazione d'Istituto, il merito professionale, la formazione e la progressione di carriera e la valutazione dei dipendenti: tutti punti fondamentali della scuola di oggi in Italia che però poggiano su un quadro normativo tutt’altro che impeccabile.
Fa discutere la decisione del Ministero dell’Istruzione di fare il punto sulla valutazione organizzando un Osservatorio nazionale di cui in pochi sentono il bisogno. Le priorità sono altre, soprattutto bisogna sgravare la categoria delle troppe responsabilità e competenze assegnategli, peraltro in cambio di compensi annui che anche dopo il rinnovo del contratto di categoria continuano a rimanere indietro di quasi 40mila euro rispetto ai dirigenti della stessa area professionale pubblica.
Marcello Pacifico (presidente Udir): È paradossale che l'aumento stipendiale previsto per il 2018 risulti ben tre volte sotto l'inflazione. Mentre l'adeguamento della sola parte fissa della retribuzione di posizione, sempre rispetto alle altre aree dirigenziali, si sarebbe dovuto disporre dal 2016 e non dal 2018. Al Miur pensano forse che questi problemi si risolvano con la verifica annuale delle prestazioni professionali, condotta, peraltro, con metodi su cui ci sarebbe pure molto da discutere. A queste condizioni, Udir ribadisce il suo no: sono valutazioni che aumenterebbero lo stipendio solo ad alcuni dirigenti scolastici di appena 300 euro al mese, non riconoscendo la professionalità di tutti gli altri che reggono con senso di responsabilità i nostri istituti scolastici.
Dal 1° settembre 2018a lasciare il servizio saranno nei prossimi mesi tra i 40mila e i 50mila dipendenti. Si vanno ad aggiungere a quelli già oggi disponibili su disciplina, alle 40mila cattedre di sostegno in deroga, ad altre 20mila spostate con l’ultima Legge di Stabilità dall’organico di fatto a quello diritto: la prossima estate ci ritroveremo con una quantità enorme di posti vacanti. Si tratta di cattedre che andrebbero assegnate come prevede la legge, ai precari e ai vincitori di concorso attraverso contratti a tempo indeterminato. A meno che non si voglia incentivare la “supplentite”. Ma ci sono candidati utili per coprirli? La risposta è negativa, almeno con le regole vigenti. Perché in attesa del nuovo reclutamento che porterà in cattedra in modo definitivo i primi docenti vincitori dei nuovi concorsi riservati non prima del 2021 (gli attuali abilitati di seconda fascia d’istituto) e con i nuovi che si metteranno in lista di attesa per diventare docente e che dovranno attendere almeno sei-sette anni, tra concorso pubblico e formazione triennale.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): Al Miur fanno finta di dimenticare che ci sono decine di migliaia di docenti già selezionati e formati, i quali non aspettano altro per subentrare sui tanti posti privi di titolare. Sono tutti gli abilitati degli ultimi otto anni, vittime della ingiustificata chiusura delle GaE, le stesse che l’Anief ha fatto riaprire dai giudici nel 2008 e nel 2012. Nella prima occasione perché si stavano esaurendo le Ssis, mentre nel secondo caso perché non erano ancora partiti i Tfa. Adesso c’è un motivo altrettanto valido. Per questo, continuiamo a chiedere al Governo di approvare con urgenza un decreto ad hoc, del quale possano beneficiare innanzitutto quei docenti che la Buona Scuola ha ignorato. A partire, certo, dai diplomati nella scuola magistrale, a cui il Consiglio di Stato con l’adunanza plenaria ha stoppato il passaggio nelle graduatorie ad esaurimento ma che lo stesso organo di giustizia continua ad avallare con sentenze a parte. La loro riapertura riguarderebbe anche gli abilitati con Tfa, Pas e Scienze della formazione primaria, pure loro ad oggi senza alcuna prospettiva, se non quella di vedersi negare le supplenze lunghe al compimento del trentaseiesimo mese di precariato. Il Governo faccia incontrare quella che gli economisti chiamano ‘domanda e offerta’. In caso contrario, attueremomobilitazioni, scioperi e una guerra legalesenza precedenti. Con il coinvolgimento della giustizia europea, della Cassazione e dei singoli tribunali, dove sicontinua a risarcire i precari per via dei mesi estivi, degli scatti di anzianità e altri diritti illegittimamente negati.
È notizia di questi giorni che il decreto che istituisce il concorso riservato ai docenti abilitati è stato restituito mercoledì dalla Corte dei Conti. Attesa, dunque, a stretto giro, anche l'emanazione del bando concorsuale dedicato al primo dei tre concorsi previsti dal D.Lgs. n. 59/2017 ed espressamente dedicato al personale abilitato della scuola secondaria di primo e secondo grado. Marcello Pacifico (Anief-Cisal): “Troppe le categorie ancora illegittimamente escluse che avrebbero diritto a partecipare al concorso riservato agli abilitati; se il bando del Miur confermerà le restrizioni che già abbiamo segnalato, procederemo con il deposito dei ricorsi e tuteleremo ancora una volta i diritti dei lavoratori in tribunale”. Ancora possibile preaderire, entro il prossimo 31 gennaio, ai ricorsi predisposti dall'Anief per la fase transitoria.
Già erano stati pochi i docenti a potersi candidare per aderire all’anticipo pensionistico, fino a circa 3 anni e mezzo, finanziato con un prestito dello Stato: è notizia di queste ore che nessuno di quei maestri ha avuto la possibilità di lasciare il lavoro. E non si sa nemmeno quando potranno farlo, rischiando quindi pure di vanificare il già ridotto anticipo messo loro a disposizione perché individuati tra gli occupati in professioni usuranti.
Il vulnus, scrive oggi Orizzonte Scuola, è che “manca la normativa per applicare l’Ape sociale e consentire il pensionamento dei docenti che hanno presentato domanda e ricevuto dall’INPS regolare attestazione favorevole”. Una docente scrive alla Ministra Fedeli: “per l’INPS sarei già in pensione dal 1° agosto 2017, senonché nella legge di bilancio non è stata presentata alcuna normativa o emendamento che consenta al personale della scuola, destinatario della comunicazione INPS, di cessare dal servizio anche in corso d’anno, in deroga all’unica data che fissa la data di cessazione per il personale della scuola unicamente al 1° settembre”. Il risultato di questa situazione kafkiana è che “il MIUR, d’intesa con l’INPS-D.C. Pensioni, non ha ancora fornito indicazioni specifiche al riguardo. Solo agli insegnanti non viene riconosciuto un diritto a cui, per l’INPS e per la legge, avrebbero diritto. In altre parole una beffa e un diritto violato”. I docenti bloccati chiedono “con massima urgenza, l’emanazione di una norma ad hoc per sopperire a questa grave mancanza e per non ripetere errori già fatti in passato che non tennero in conto della peculiarità della categoria”.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): Stiamo assistendo ad una beffa cosmica, perché già l’Ape Social doveva essere estesa a tutti i docenti e non solo ad una parte, visto che diversi studi, tra cui spicca il ‘Getsemani Burnout e patologia psichiatrica negli insegnanti’, hanno accertato l’alto grado di stress determinato dall’insegnamento. I 67 anni di età, cui il Governo Gentiloni ci ha portato, stridono poi non poco con la media Ue, visto che anche il recente rapporto Ocse Pensions at a glance ha confermato che in Europa si continua a lasciare il lavoro a 63 anni. Ci sono Paesi, come la Francia, che consentono agli insegnanti di andare in pensione ancora a 60. Altri, come la Germania, che con circa 25 anni di insegnamento permettono di lasciare il lavoro. Come se non bastasse, va ricordato che ammesso che si riesca ad anticipare l’accesso al pensionamento, questi docenti percepiranno in media un assegno pensionistico ridotto, rispetto al 2011, fino all’8%. Dinanzi a queste prospettive, basti pensare al contratto a perdere che l’Aran sta prospettando; siamo davvero stufi e ci appelliamo ai nostri governanti perché si adoperino, benché a fine legislatura, per attuare quei provvedimenti d’urgenza necessari a non penalizzare ancora una volta i dipendenti della scuola pubblica
Coloro che necessitano di una consulenza personalizzata a Cedan, per sapere se hanno diritto ad andare in quiescenza prima dei termini contributivi e di vecchiaia previsti dalla legge e per scoprire il valore dell’assegno pensionistico, oltre a fruire di ulteriori servizi, si possono collegare alsito internetoppure scrivere una e-mail all’indirizzo Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.