Università

Come si fa a lasciare ad un neo-diplomato solo una settimana di tempo per prepararsi al difficile accesso a Medicina? Con la prospettiva di fare i test nel 2014 addirittura nel mese di aprile?

“Qualcuno ha detto al Ministro Profumo che anticipando al 23 luglio i test per accedere ai corsi a numero chiuso non farà altro che allontanare ulteriormente i nostri studenti dell’università italiana?” Così commenta l’Anief la decisione del Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca di fissare a ridosso degli esami di maturità i test d’ingresso ai corsi con numero limitato di posti, con la giustificazione - tutta da verificare - che dobbiamo avvicinare il nostro Paese all’Europa.

L’unica cosa certa è che se il Ministro non dovesse tornare su questa scelta, se dovesse lasciare ad un neo-diplomato solo una settimana di tempo per prepararsi ad una selezione così dura, come quella per tentare l’accesso a Medicina e Chirurgia, tanti studenti subiranno un danno enorme. Che arriva dopo tanti altri. Come la sensibile riduzione dei fondi per finanziare le borse di studio, il taglio di diversi corsi di laurea, il calo del 25% delle iscrizioni. La realtà è che anticipare da settembre a luglio i test di accesso al numero chiuso avrebbe solo un effetto: creare le condizioni per dare il ko finale ad un settore che gli ultimi Governi hanno messo già in ginocchio.

Secondo Marcello Pacifico, presidente dell’Anief, la decisione del Ministro Profumo non può essere condivisa: “come si fa a prospettare a quasi mezzo milione di studenti di prepararsi per un test così difficile in pochissimi giorni? E l’anno prossimo si rischia di rasentare la follia: anticipando ulteriormente le prove nel mese di aprile, come indicato sempre dal Ministro, si rischia di tirare fuori del tutto dalla contesa centinaia di migliaia di potenziali candidati. Ammesso, infatti, che venga data loro la possibilità di accedere prima che conseguano la maturità, saranno in tanti a disinteressarsi dei test perché concentrati sulla preparazione degli esami conclusivi del quinto anno”.

Il sindacato teme, a questo punto, che il vero motivo per cui il Miur ha introdotto questa norma sia proprio quello di attuare una preselezione naturale. “Se si fosse avuta veramente l’intenzione di introdurre un provvedimento per avvicinare l’Italia all’Ue – continua Pacifico – il Governo avrebbe dovuto escogitare delle misure per aumentare il numero di iscritti e ridurre l’alta percentuale di abbandoni universitari. Che c’entra, invece, il numero chiuso, che peraltro già di per sé contempla una discutibile selezione per l’accesso a determinati corsi e professioni?”.

Anief ritiene quindi che questa decisione del Ministro di anticipare i test a numero chiuso porti solo scompiglio tra gli studenti del quinto anno della scuola superiore, che avrebbero il diritto di concentrarsi totalmente sulla maturità. Anche perché che senso ha prepararsi per una prova, come vorrebbe il Miur nel 2014, quando non si è conseguito ancora il titolo per accedervi? Oppure è intenzione del Ministro far attendere questi studenti un anno, prima di tentare i quiz di accesso al numero chiuso?

Comunque vada, per il presidente dell’Anief “siamo di fronte ad una decisione che ha dell’incredibile: si chiede ad un maturando di sottrarre tempo ed energie mentali per affrontare una prematura prova di accesso. Poi si penalizzano quegli stessi studenti perché non hanno conseguito la maturità, non facendoli accedere all’eventuale test superato. Oppure li si ostacola nel conseguire la borsa di studio, in quanto la votazione alla maturità non è stata eventualmente sufficiente. Borse di studio, tra l’altro, che lo stesso Profumo, attraverso un altro discutibile decreto in via di formulazione, ha deciso di ridurre ulteriormente”.

L’Anief si appella al buon senso del Ministro: ritiri subito il provvedimento contenente le nuove date dei test di accesso ai corsi a numero chiuso. In caso contrario, se verranno confermate queste date, sarà la magistratura a dare ragione agli studenti. Già si sono attivate, in tal senso, alcune associazioni per patrocinare i ricorsi e tutelare i diritti dei nostri ragazzi.

 

Rimangono diversi svarioni. Scandaloso che commissari e aspiranti associati e ordinari debbano avere gli stessi requisiti. Tradita la Raccomandazione Ue per i ricercatori. Valutata la quantità delle pubblicazioni piuttosto che la qualità della ricerca, contro il tetto previsto dalla legge. Rivolta tra i candidati e si profila l’ennesimo ricorso al Tar Lazio.

Che fosse travagliata la nuova organizzazione dei concorsi per ordinario e associato si era capito all’indomani dell’approvazione della legge n. 240/2010, che rispetto alla legge n. 1/2010 che avrebbe dovuto bandire 5000 posti per il primo gradino della ricerca cancellava la figura del ricercatore e rimandava a diversi decreti attuativi per il nuovo reclutamento. Il Consiglio di Stato aveva espresso ben tre pareri sulla riforma (25 febbraio 2011, 21 aprile 2011, 23 febbraio 2012) con diverse considerazioni, al netto di quelli espressi e ignorati dalle Commissioni parlamentari del Senato e della Camera e delle proposte di modifica richieste dal Cun, dalla Crui e dai Sindacati, tra cui l’Anief.

Il 24 agosto 2012, a procedura bandita e in scadenza per il 20 novembre prossimo, venivano resi noti i criteri dell’Anvur per la partecipazione dei candidati al concorso, ed ecco che già ieri, 27 agosto, ne arrivano di nuovi perché i primi non erano perfettamente corrispondenti a quanto previsto dal Decreto. Ogni candidato dovrebbe superare la mediana per il settore concorsuale in base agli indicatori bibliometrici e all’età accademica in uno dei tre settori individuati, rispettivamente dimostrando di aver pubblicato almeno due o più libri, o 18 o più articoli, o a volte 2 o più articoli nelle riviste classificate di “serie A” non ancora individuate.

Eppure per l’Anief il calcolo continua a essere pretestuoso, illegittimo e foriero di nuovo contenzioso: uno studioso, infatti, con un libro rivoluzionario nella ricerca, anche di 1.000 pagine, pur avendo soddisfatto tutti i requisiti previsti dalla Carta europea dei ricercatori, con dottorato e anni di docenza alle spalle, nonché rispondente ai criteri individuati dal decreto, non meriterebbe di essere abilitato in Italia all’esercizio della professione e deve emigrare all’estero. Per non parlare del fatto che se la legge impone la presentazione al massimo di 12 pubblicazioni non si comprende perché se ne debbano vantare 19, o ancora del fatto che se lo stesso criterio di selezione dei requisiti è adottato per commissari ed esaminandi non si comprende come possa essere garantita l’obiettività della valutazione.

E che dire del numero iniziale di pubblicazioni richiesto dall’Anvur in violazione della Raccomandazione della Commissione delle Comunità europee n. 251 dell’11 marzo 2005 riguardante la carta europea dei Ricercatori e un Codice di condotta per l’assunzione dei Ricercatori, come richiamato, peraltro, dall’articolo 18 (chiamata dei professori) e dall’articolo 24(ricercatori a tempo determinato) della stessa legge 240/2010, che così recita: «Ciò significa che il merito dovrebbe essere valutato sul piano qualitativo e quantitativo, ponendo l’accento sui risultati eccezionali ottenuti in un percorso personale diversificato e non esclusivamente sul numero di pubblicazioni. Pertanto, l’importanza degli indicatori bibliometrici deve essere adeguatamente ponderata nell’ambito di un’ampia gamma di criteri di valutazione, considerando le attività d’insegnamento e supervisione, il lavoro in équipe, il trasferimento delle conoscenze, la gestione della ricerca, l’innovazione e le attività di sensibilizzazione del pubblico. […]Ciò comprende qualsiasi attività nel campo della «ricerca di base»; della «ricerca strategica », della «ricerca applicata», dello sviluppo sperimentale e del «trasferimento delle conoscenze», ivi comprese l’innovazione e le attività di consulenza, supervisione e insegnamento, la gestione delle conoscenze e dei diritti di proprietà intellettuale, la valorizzazione dei risultati della ricerca o il giornalismo scientifico».

L’associazione sindacale conclude con un appello al ministro che recepisce quanto già espresso dalla magistratura: “E’ ovvio che di fronte a criteri definiti per legge, per le commissioni deve essere possibile che i parametri di natura quantitativa, ove opportunamente e accuratamente definiti e misurati, comunque, dovranno essere impiegati al fine di definire livelli di soglia per la produzione scientifica, al di sotto dei quali un positivo giudizio di merito possa essere formulato esclusivamente in casi eccezionali, associati a risultati di assoluto valore, la cui peculiarità risulti comprovabile mediante evidenze e attestazioni obiettive” (adunanza del 24.V.2011, prot. 786 del 9giugno 2011).

Se ciò non sarà consentito, sarà scontata l’apertura di nuova stagione di ricorsi al Tar Lazio.

Il precedente comunicato dell’Anief

Anief: basta indugi e rinvii dei nuovi concorsi, l’Italia deve investire nella ricerca tornando a ripristinare la figura del ricercatore. Anche la Commissione europea ce lo sta chiedendo. Se si attende ancora, il divario rispetto ai paesi tecnologicamente più avanzati o in ascesa, come India e Cina, sarà sempre maggiore.

Se l’Italia vuole tenere il passo dei paesi tecnologicamente più avanzati o in ascesa, come India e Cina, deve mettersi in testa di tornare ad investire nella ricerca, ad iniziare dalla valorizzazione delle risorse umane: secondo l’Anief quanto affermato nelle ultime ore dalla Commissione europea in tema di assunzione di ricercatori universitari (entro i prossimi 8 anni ne andrebbero assunti un milione!) sconfessa la riforma dell’Università voluta dal Ministro Gelmini che nel dicembre 2010 mise ad esaurimento proprio la figura del ricercatore a fronte dei 6.000 concorsi annunciati nel gennaio 2009.

Da oltre tre anni – ha detto Marcello Pacifico, Presidente dell’Anief – ci ritroviamo con i nuovi concorsi per ricercatore cancellati. Mentre il nuovo sistema di reclutamento per ottenere l’abilitazione per professore associato o ordinario non è ancora partito, né potrà partire legittimamente visto che il regolamento firmato dal ministro Gelmini a settembre e pubblicato in Gazzetta Ufficiale di gennaio, come il Consiglio di Stato in sede di parere consultivo ha già avuto modo di affermare, sfugge per eccesso di delega all’individuazione dei criteri per l’assunzione”.

Anief chiede dunque al Parlamento di rivedere quanto previsto con la Legge 240/10: “è giunto il momento – ha sottolineato il Presidente Pacifico - di ripristinare la figura del ricercatore, di sbloccare i concorsi e di stabilizzare quelle migliaia di giovani dottori di ricerca che hanno passato questi ultimi anni tra aule e biblioteche da assegnisti di ricerca, docenti a contratto, cultori della materia. Ma soprattutto rendendosi artefici di pubblicazioni scientifiche di alto livello”.

 

 

Riforma università:

presentati da PD e PDL alcuni emendamenti richiesti dall’ANIEF

 

Si attende ora la votazione in merito al rientro dei cervelli, aumento delle risorse per il FFO, valorizzazione titolo assegno di ricerca, docenza a contratto, dottorato di ricerca nell’accesso all’abilitazione e alla P.A., aumento degli anni di assegno e borse, la collocazione in congedo per i ricercatori a T. D.

Gli emendamenti  

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