Quella che per lungo tempo è stata considerata dal M5S una quota imprescindibile per superare l’assurda Legge Fornero, confermata anche nel contratto di governo sottoscritto con la Lega, rischia di franare dinanzi alle esigenze dei conti pubblici: è un dato di fatto che, alla richiesta pubblica della Ragioneria generale dello Stato di qualche giorno fa, non ha mai fatto seguito una smentita da parte dei rappresentanti di governo. Nelle ultime ore, questi si sono limitati a confermare che quota 100 verrà senz’altro introdotta, assieme ai 41 anni di contributi per il ripristino di una pensione di anzianità più equilibrata dell’attuale. L’unica certezza è quella dei tempi brevi. Ma siccome i finanziamenti della doppia operazione sono insufficienti, ci ritroveremo con forti penalizzazioni, che snatureranno la loro portata, risultata decisiva per arrivare al governo. E qui sta l’inganno.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): Fare un rilevante passo indietro rispetto a quanto espresso per mesi e risultato tra i motivi principali che hanno portato al consenso per il nuovo assetto politico, da cui è scaturito il nuovo assetto parlamentare e governativo, non sarebbe giustificato. E non basterebbe nemmeno dire che si applicherà la quota 100 ‘pura’, senza vincoli, appena si troveranno le risorse finanziarie. Queste, vanno rintracciate prima di subito: il tempo delle promesse è scaduto.
Secondo l’ufficio studi del giovane sindacato è evidente che nel sistema formativo e lavorativo italiano c’è più di qualcosa che non va: da un approfondimento dell’indagine Eurostat, che ha stimato la presenza nel nostro Paese del 25,7% di Not in education, employment or training, risulta che non è solo un problema dovuto alla mancanza di lavoro, visto che ogni anno ci sono decine e decine di migliaia di posti liberi che le aziende non riescono ad assegnare per mancanza di personale adatto. Per Anief, il nodo principale da sciogliere rimane quello dell’inadeguato ancoraggio al sistema scolastico dei nostri giovani.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): Uscire dalla scuola prematuramente significa in alta percentuale creare un solco rispetto alla società e rendere particolarmente difficile il proprio futuro formativo e professionale. Perché un ragazzo senza un titolo di studio, salvo i casi in cui esistono realtà familiari a protezione, è destinato a diventare un Neet. Ecco perché insistiamo sull’allargamento dell’obbligo scolastico, portandolo alla maggiore età, limite che, alla luce di una maggiore consapevolezza del sé e del mondo che ci circonda, responsabilizzerebbe di sicuro le scelte future dei nostri giovani. Altrettando importante sarebbe anticipare di un anno l’inizio della scuola dell’obbligo, creando in tal modo un’annualità ‘ponte’. Allo stesso tempo, è necessario l’adeguamento degli organici del personale scolastico ai bisogni del territorio, tenendo conto del tasso di disoccupazione e di abbandono scolastico. Tutelando maggiormente le zone più a rischio, ad alto flusso migratorio o geograficamente isolate. Non per ultimo, proprio per combattere l’esplosione di Neet, sarebbe stato fondamentale potenziare i CPIA, attraverso i quali si sviluppa lo studio degli adulti e l’educazione permanente. Tutte iniziative che chiediamo di attuare al governo del cambiamento, il quale ha appena preso in mano le redini politiche dell’Italia.
Il Tar Lazio, con l’Ordinanza Collegiale n. 6727/18, pubblicata ieri, ha accolto l’istanza di correzione presentata dall'Avvocato Anief Tiziana Sponga, modificando la sentenza n. 5324/2018 (R.G. 8558/14) con la quale era stato erroneamente rigettato il ricorso di centinaia di ricorrenti titolari di diploma magistrale conseguito entro l’a.s. 2001/2002 a seguito di un'udienza fissata per la sola correzione di errori materiali. Alcuni ATP, nonostante le segnalazioni ricevute direttamente dal nostro Ufficio Legale, avevano provveduto all'ingiusta esclusione dei nostri iscritti e ora dovranno, altrettanto prontamente, provvedere a reinserirli nelle graduatorie di competenza.
Il TAR Lazio, constatato l'errore prontamente segnalato dai legali Anief, infatti, evidenzia come “in effetti la camera di consiglio era fissata per la mera delibazione dell’istanza di correzione, con derivata preclusione alla decisione di merito, nemmeno ex art.60 cpa, sicché l’errore materiale appare evidente e non si traduce, come non implausibilmente, prima facie, opina la difesa erariale, in vizio della sentenza, evocabile in via esclusiva davanti al giudice d’appello” e, considerando che “da un lato la domanda di correzione dell’originaria ordinanza deve essere accolta, risultando tra i ricorrenti i nominativi indicati, dall’altro che la sentenza n. 5324/2018 deve essere modificata”, provvede a cancellare dal provvedimento precedente tutti i riferimenti ai motivi di rigetto sostituendoli con il mero inserimento, come sarebbe stato corretto sin dall'inizio, dei nominativi dei ricorrenti mancanti.
L'Anief, che ha nuovamente dimostrato di saper ben tutelare i diritti dei propri iscritti attraverso la competente azione dei propri legali, rassicura tutti gli interessati confermando che, nelle more del giudizio, potranno continuare a permanere nelle graduatorie a esaurimento usufruendo delle favorevoli ordinanze cautelari già ottenute in loro favore e comunica che provvederà immediatamente a far notificare il provvedimento, ora corretto, a quegli ATP che avevano erroneamente e incautamente provveduto a cancellare i ricorrenti dalle graduatorie.
Il messaggio INPS n. 2389 del 13 giugno 2018 comunica l’importo della somma aggiuntiva, c.d. quattordicesima, che sarà liquidata ai pensionati aventi diritto unitamente alla pensione del prossimo mese di luglio.
Anief ha sempre detto che per ostacolare la formazione di una prospettiva di questo genere, c’è solo una soluzione da adottare: quella di inserire tutti i supplenti forniti di abilitazione nelle GaE, includendo nella lista anche gli altri abilitati, di tutti i cicli scolastici, quindi pure della scuola secondaria. In questo modo, si garantirebbero la continuità didattica e la parità di trattamento rispetto a candidati che posseggono il medesimo titolo per insegnare nelle stesse scuole. Inoltre, con tale collocamento verrebbero salvaguardate le assunzioni a tempo indeterminato, come da parere espresso dell’ex presidente della sezione Lavoro della Cassazione, Michele De Luca, e si permetterebbe di inserire nella terza fascia delle GaE tutti i docenti ad oggi esclusi o accolti con riserva purché in possesso di un titolo abilitante.
A fronte della nostra proposta, spuntano idee alternative, frutto di altre organizzazioni, che avrebbero pochissime chance di attuazione, proprio per i rischi di bailamme che comporterebbe la loro adozione: in particolare, tra i sindacati Confederali, una delle tre organizzazioni ritiene che non serva un provvedimento uniforme per tutti che debba essere affrontato in modo articolato, che tenga conto di almeno tre diverse posizioni giuridiche e geografiche, senza lasciare i lavoratori in balia degli eventi.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): Chi è in possesso di un titolo abilitante all’insegnamento deve per forza trovare spazio nelle GaE. Punto: senza andare a creare nuove inutili graduatorie. In questo modo, si garantirebbe anche la continuità didattica e la parità di trattamento rispetto a candidati che posseggono il medesimo titolo per insegnare nelle stesse scuole. Se il Governo vuole cambiare le regole, ben venga. Ma lo faccia, allora, adeguandosi una volta per tutte a quello che l’Unione Europea sostiene dal 1999, con la direttiva n. 70, e che ha ribadito solo pochi giorni fa con una risoluzione del Parlamento di Bruxelles, la quale, partendo dalla storica sentenza Mascolo del novembre 2014 e dal rispetto del principio di uguaglianza, chiarisce che dopo 36 mesi di servizio da precario il datore di lavoro deve immettere in ruolo i docenti.
Il giovane sindacato è per la linea della tolleranza zero: da tempo esiste un accordo scuola-famiglie, denominato “patto di corresponsabilità”, che entrambi le parti sono tenute a rispettare, in funzione del successo formativo degli studenti. Laddove questo non avviene, è ovvio che occorra intervenire. Venendo meno al “contratto” sottoscritto in sede di iscrizione dei figli, si rompe qualcosa nel rapporto e bisogna assolutamente prendere provvedimenti adeguati, sempre rapportati alla gravità dell’infrazione.
Marcello Pacifico (presidente Anief e Udir): Soprassedere, rimandare o, peggio ancora, minimizzare, ci ha portati ad un progressivo decadimento del ruolo dell’istituzione scolastica, dei docenti e dei dirigenti perché, parallelamente alle aggressioni dei genitori verso gli operatori della scuola, stanno crescendo anche gli episodi di bullismo che hanno come protagonisti negativi degli studenti che si possono scagliare sia contro i compagni di classe, sconfinando in certi casi addirittura nel reato di stalking, sia contro i docenti, i dirigenti e il personale scolastico. Quello che non è forse ancora pubblicamente chiaro è che si tratta di veri e propri crimini che la legge persegue, come ribadito di recente dalla Cassazione. Colpire al volto un insegnante, farlo cadere, costringerlo alle cure dell’ospedale, sono episodi intollerabili, che vanno sempre denunciati alla polizia giudiziaria. La quale provvederà, di volta in volta, a verificare la sussistenza delle accuse e se vi sono dei profili penali da percorrere. Quello della tolleranza zero, quando si producono dei reati, anche a scuola, è un punto fermo, su cui non si transige. Parallelamente, le scuole avranno anche l’onere di portare avanti dei progetti, finanziati dal Miur, che divulghino il senso civico, rivolti sia agli alunni che alle loro famiglie.
La riduzione è dovuta al decreto del Ministero del Lavoro del 15 maggio 2018, attraverso il quale è stata introdotta la “revisione triennale dei coefficienti di trasformazione del montante contributivo”. I nuovi parametri comporteranno la diminuzione degli importi delle pensioni: la penalizzazione riguarderà, indistintamente, sia coloro che accederanno al trattamento di quiescenza con il sistema di calcolo contributivo, sia con il sistema di calcolo misto. La pensione dei lavoratori italiani sarà sempre più fondata su un principio secondo cui l’allungarsi dell’età dei pensionandi sarà direttamente proporzionale alla percezione di un importo di pensione leggermente più basso ma ‘spalmato’ su un arco temporale un po’ più lungo. L’ufficio studi Anief ritiene, invece, che sarebbe molto più equo attribuire i coefficienti di trasformazione non in base all’anno di pensionamento, bensì a quello di nascita, in maniera da arginare una volta e per tutte il macchinoso tecnicismo dell’adeguamento all’aspettativa di vita. Altrimenti, l’importo delle pensioni diventerà man mano più esiguo: già oggi, rispetto al 2011, si è perso nell’assegno pensionistico fino all’8%.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): La penalizzazione per chi ha versato contributi per una vita è altissima, soprattutto per coloro che sono costretti ad andare in pensione sempre più tardi, pur svolgendo professioni altamente stressanti. È ovvio che lex specialis derogat generali, ovvero che indipendentemente da quello che vale statisticamente per tutti, non vale per forza di cose per il singolo pensionato.
Coloro che necessitano di chiarimenti in merito ai pensionamenti hanno facoltà di chiedere una consulenza personalizzata a Cedan, contattando la sede Cedan più vicina, anche per sapere se hanno diritto ad andare in quiescenza prima dei termini contributivi e di vecchiaia previsti dalla legge, oltre a scoprire il valore dell’assegno pensionistico ed ulteriori servizi. Per maggiori informazioni ci si può collegare anche al sito internet oppure scrivere una e-mail all’indirizzo Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. o contattare il numero 091 7098356.
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