Il caso viene definito da Tuttoscuola di “ineluttabile lentezza legislativo-amministrativa: la vicenda si è aperta l’11 aprile, dal premier Renzi, dopo che i media denunciarono “paghe da fame per impegnativi incarichi di responsabilità da conferire a dirigenti e docenti” chiamati a valutare i 163mila candidati della selezione. Dopo il via libera di Camera e Senato, il decreto interministeriale di applicazione è oggi ancora impantanato nella burocrazia. Intanto, gli esami vanno avanti e fioccano le rinunce dei commissari. Con il Miur costretto a correre ai ripari: con una nota ufficiale, del 14 luglio, apre le commissioni giudicatrici ad “esperti di comprovata competenza nel settore”, quindi anche docenti con meno di 5 anni di ruolo e pure ai non insegnanti.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): è avvilente che per portare da 1 a 2 euro lordi l’ora il compenso dei commissari non siano bastati più di tre mesi: è da queste dinamiche che si comprende la scarsa considerazione che in Italia le istituzioni continuano ad avere per l’istruzione dei cittadini. E si comprende anche perché in tanti sono costretti a rivolgersi al tribunale per ottenere giustizia.
A 100 giorni dall’annuncio del premier Renzi di un immediato intervento riparatorio per raddoppiare il compenso infimo dei commissari del concorso a cattedra dei docenti, ancora non è stato pubblicato il decreto, ma neanche una nota ministeriale o un impegno scritto da parte dell’amministrazione. È un caso di ineluttabile lentezza legislativo-amministrativa, scrive oggi Tuttoscuola, ripercorrendo le fasi di una vicenda aperta l’11 aprile scorso dal premier Renzi, dopo che i media denunciarono “paghe da fame per impegnativi incarichi di responsabilità da conferire a dirigenti e docenti” impegnati a valutare i 163mila candidati a ricoprire i 63.712 posti messi a concorso dal Miur.
“Effettivamente il giorno dopo, 12 aprile – scrive Tuttoscuola -, il Ministero dell’Economia chiede con urgenza al Ministero dell’istruzione i dati necessari per quantificare l’onere finanziario e corrispondere all’impegno assunto pubblicamente dal premier. La macchina amministrativa pertanto si muove con tempestività, dietro la diretta sollecitazione del capo dell’esecutivo. Il problema è che serve una legge per modificare il compenso. Il 20 aprile il sottosegretario Faraone annuncia il raddoppio dei compensi per gli incarichi (una integrazione di 8 milioni sui fondi precedentemente stanziati). Dichiara che il Governo ha presentato un emendamento ad un decreto legge in fase di conversione. Si è scelta insomma la strada parlamentare più rapida possibile”.
Tuttavia, i fatti dicono che non si tratta affatto di un percorso rapido. Nel mese di maggio, entrambi i rami del Parlamento approvano la legge, che giunge pure in Gazzetta Ufficiale il 28 maggio. Il 29 maggio entra in vigore. “Finalmente – dice ancora Tuttoscuola - si possono alzare i compensi? Nient’affatto! L’emendamento approvato ha previsto che entro un mese dall’entrata in vigore della legge venga emanato un decreto interministeriale di applicazione. Discutibile la necessità di questo atto amministrativo. Comunque - si penserà - la bozza del decreto sarà già pronta (gli uffici amministrativi non si affretteranno a dare seguito nei tempi più stretti all’input del capo del Governo?) e verrà emanata in pochi giorni… Macché. I trenta giorni sono trascorsi il 28 giugno invano. Ci si avvia verso altri trenta giorni di attesa, se andrà bene”.
Intanto, gli esami vanno avanti: le prove scritte sono terminate da tempo e in diversi casi i commissari le hanno già corrette, portando avanti il loro lavoro “fino a 600 ore di lavoro per una retribuzione stimabile in poco più di 600 euro lordi: un euro l’ora! Una pessima figura, quella di un governo che fa caporalato di Stato, alla quale si è cercato di porre rimedio (parzialmente) con quel provvedimento. Peccato che dopo 98 giorni (3 mesi, una settimana e un giorno) ancora non sia in vigore”.
Questo è solo un caso di “pachidermia” legislativo-amministrativa, se si pensa ancora a quante questioni riguardanti la vita del paese, grandi e piccole, richiederebbero spesso tempi più stretti e certi. C’è da impazzire. Ma quale futuro ha un paese in cui la burocrazia può ridurre o annullare l’efficacia delle decisioni politiche del Governo e anche quelle (già rallentate dalle regole del bicameralismo “perfetto”) del Parlamento?”, conclude Tuttoscuola. Rimane del tutto in piedi quanto scritto tre mesi fa da Gian Antonio Stella sul Corriere della sera, il quale dopo aver ricordato “che i lavoratori agricoli sfruttati dal caporalato che raccolgono i pomodori, le arance e le mele che arrivano sulle nostre tavole sono pagati 2/2,5 euro (si presume netti...) per ogni ora di lavoro”, dichiara che “nella scuola si continuano a voler fare le nozze “con gli avanzi dei fichi secchi”.
Non deve sorprendere se poi da settimane si stanno tenendo le prove orali di molte classi di concorso, e gli uffici scolastici regionali ancora si affannano a ricercare i commissari. Non è un caso se stamane, la rivista Orizzonte Scuola parla di “sfilze di rinunce da parte dei commissari”, collegandole al fatto che probabilmente “al momento di presentare la domanda, pensavano che la contrattazione per l'aumento del compenso per il lavoro svolto, avrebbe raggiunto risultati migliori. A fronte di un compenso misero raddoppiato, e a fronte della mole di lavoro da affrontare, arrivano le rinunce. Se a tutto ciò si aggiungono ritmi di lavoro estenuanti, con rinuncia al diritto alle ferie, per fare in tempo entro il 15 settembre, forse si può comprendere cosa sta accadendo”.
“Accade così in Toscana – continua la rivista specializzata - che la commissione per A31 va riformulata per intero o quasi, e che mancando candidature dotate dei necessari requisiti, si ricorre a personale esperto appartenente al settore universitario ed in possesso di esperienza pluriennale nello specifico settore, come previsto dall'art. 4, comma 8, del D.M. 96 del 23/2/2016”. E che anche il Miur è costretto a ricorrere ai ripari, modificando, con la Nota 571 del 14 luglio 2016, l'articolo 2, comma 4 dell'Ordinanza Ministeriale n. 97 del 23 febbraio 2016, e comunicando agli Uffici scolastici regionali che "qualora non sia possibile reperire componenti aggregati nemmeno ai sensi del precedente periodo, il dirigente dell'USR competente può ricorrere con proprio decreto motivato alla nomina di componenti aggregati assicurando la partecipazione alle commissioni giudicatrici di esperti di comprovata competenza nel settore". Quindi, si prescinde pure dal requisito base, che era quello dell’immissione in ruolo da almeno 5 anni. Aprendo, in linea teorica, pure ai non insegnanti.
Anief ricorda che quanto sta accadendo con il concorso a cattedra del 2016 è un remake della selezione di quattro anni prima: “nel 2012 denunciammo un quadro non molto diverso dall’attuale, con diversi commissari, che per via dei compensi ridotti all’osso, si dimisero in corso d’opera, costringendo il Miur a chiamare pure i docenti in pensione”, dice oggi Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal. “È avvilente che per portare da 1 a 2 euro lordi l’ora il compenso dei commissari non siano bastati più di tre mesi: è da queste dinamiche che si comprende la scarsa considerazione che in Italia le istituzioni continuano ad avere per l’istruzione dei cittadini. E si comprende, anche, perché in tanti sono costretti a rivolgersi al tribunale per ottenere giustizia”, conclude il sindacalista Anief-Cisal.
Per approfondimenti:
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Cronaca di un caso di ineluttabile lentezza legislativo-amministrativa (Tuttoscuola del 18 luglio 2016)