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Prima uscita in Parlamento del ministro. Gli impegni programmatici del governo. Mentre le commissioni Bilancio e Lavoro chiedono una soluzione per gli insegnanti "quota 96".

ROMA - Riassorbire il precariato, valorizzare il merito degli insegnanti e valutare le performance delle scuole. Ma non solo: insegnare una materia in lingua inglese sin dalla scuola elementare e potenziare l'educazione motoria per scongiurare l'obesità sin dalla più tenera età. Ma anche, avviare una nuova tornata di Tirocini formativi attivi per dare l'abilitazione all'insegnamento ai laureati e rimettere in sesto gli edifici scolastici sgarrupati. La ministra dell'Istruzione, Stefania Giannini, nel corso della sua discussione sulle Linee programmatiche del suo dicastero in commissione Cultura al Senato, è stata come un fiume in piena. Ha toccato mille tasti, anche sensibili ma ha rivendicato la centralità della scuola per questo governo.

"Questo è il primo governo dal dopoguerra che mette la scuola al centro della discussione politica", ha detto in apertura. Il tutto, mentre, il Parlamento impegna il governo a risolvere la questione degli insegnanti "quota 96" e la Corte di giustizia europea prende tempo per esprimersi sulla legittimità di trattamento da parte del nostro paese dei 140mila precari - di cui 125mila nella scuola - di lungo corso che chiedono, appellandosi proprio alla normativa comunitaria, di essere stabilizzati.
Ed è proprio di precari che parla a lungo la Giannini oggi al Senato. Per il ministro i circa 500mila precari che, avario titolo, gravitano nel mondo della scuola sono troppi.

E' "un problema rilevante, drammatico per le vite di molte persone. Non si può ignorarlo sperando che scompaia da solo", spiega in commissione. E snocciola i numeri di un purgatorio formato da 170mila precari storici inseriti nelle graduatorie ad esaurimento, più di 460mila inseriti nelle graduatorie d'istituto - che comprendono anche i primi - 10mila abilitati secondo le nuove regole dettate dall'ex ministro Gelmini - 70mila abilitati con i Percorsi abilitanti speciali, 55mila diplomati magistrali e 40mila idonei dei concorsi "storici". Tutte persone che sono alla ricerca di una sistemazione.

"Affrontare questo tema - ha detto il ministro - significa darsi un obiettivo politico preciso e definito: i precari vanno riassorbiti, in un'ottica di medio-lungo periodo che si abbini a concorsi a cattedra. Ma nel frattempo per dare risposte immediate l'idea è inserire precari all'interno di organici funzionali". Ma assorbire il precariato non significa aprire le porte a tutti e basta. Nella scuola occorre valorizzare il merito. "Se nel secolo scorso l'obiettivo - chiosa la Giannini - è stato la scolarizzazione di massa, oggi l'obiettivo deve essere necessariamente una scuola di qualità per tutti: la valutazione che controlla, misura e certifica questa qualità diventa lo strumento decisivo per fondare la scuola del nuovo secolo".

"Ho intenzione di promuovere un ciclo di autovalutazione per il miglioramento e la verifica dei risultati. I risultati relativi al miglioramento delle attività didattiche e formative devono essere comparabili tra scuola e scuola e traducibili tra Italia e Europa". E rifiuta l'idea che la retribuzione per gli insegnanti debba basarsi "solo sugli scatti di anzianità". Presto sarà avviata la discussione sul rinnovo del contratto e si partirà "dalla valorizzazione" della professione. Poi, il ministro ha intenzione di attivare una nuova sessione di Tirocini formativi attivi e di riformare il percorso di formazione - attualmente di sei anni - per accedere all'insegnamento, inserendo il tirocinio nel corso dell'ultimo anno.

Per i più piccoli della scuola dell'infanzia e della primaria è in cantiere l'idea di insegnare l'inglese fin dalle prime classi. "Non fare l'ora di inglese, ma insegnare in inglese un'altra materia", ha spiegato l'inquilino di viale Trastevere. E, per i più piccoli, è prevista anche "l'alfabetizzazione motoria e sportiva". "C'è un dato di partenza che è drammatico: il 10 per cento dei bambini italiani della scuola primaria è obeso. Il 32 per cento dagli otto ai nove anni è sovrappeso, vuol dire che c'è una deviazione alimentare ma anche che c'è una mancanza della cultura dello sport". E, in conclusione, ha ribadito

Ma oggi, per i quasi-pensionati della scuola bloccati dalla Fornero si intravede la luce in fondo al tunnel. La commissione Bilancio della camera ha approvato una risoluzione della vicepresidente, Barbara Saltamartini, e Nunzia De Girolamo, presidente dei deputati del Nuovo Centrodestra che impegna il governo a reperire, prima della presentazione del Documento di economia e finanza 2014, le risorse finanziarie volte per sanare la situazione degli insegnanti incappati nella tagliola della riforma Fornero a pochi mesi dalla pensione. In trepidazione, circa 4mila docenti con almeno 60 anni di età e 36 di contribuzione - o 61 di età e 35 di anzianità di servizio - bloccati per il semplice fatto che la riforma delle pensioni non ha tenuto in debito conto che nella scuola l'anno si conclude il 31 agosto e non il 31 dicembre.

Ad incappare nella trappola sono stati soprattutto maestri e professori della classe '52, che nel 2012 avevano già compiuto 60 anni e secondo la norma precedente avevano già maturato i requisiti per lasciare la cattedra, ma che adesso dovranno attendere di compiere 67 anni di età. E, nell'ipotesi di fuoriuscita dalla scuola dei "quota 96", si aprirebbero le porte a 4mila nuovi giovani in ingresso. Dovranno ancora aspettare alcuni mesi invece i 125mila supplenti di lungo corso che attendono la sentenza della Corte di giustizia europea per essere stabilizzati. La sentenza verrà La giornata di oggi, si apre con una buna notizia. "I giudici europei - dice l'Anief di Marcello Pacifico - prendono tempo: il governo ne approfitti e non attenda le motivazioni della sentenza".

"Ciò eviterà - continua Pacifico - cause giudiziarie che porterebbero lo Stato italiano ad essere condannato a risarcire danni superiori ai 4 miliardi di euro". Mentre gli studenti insorgono di fronte all'intenzione del ministro Giannini di equiparare le paritarie alle scuole statali. "Siamo sbalorditi - dichiara Roberto Campanelli, coordinatore nazionale dell'Unione degli studenti - di fronte all'ennesima dichiarazione in favore delle scuole private e della loro equiparazione a quelle pubbliche: uno schiaffo ai milioni di studenti che ogni giorno varcano le soglie delle pubbliche sempre più dequalificate e sottofinanziate. Rivendichiamo lo stop ai finanziamenti alle scuole paritarie private".

Fonte: Repubblica

 

Il ministro: «Sono loro a volere il minimo garantito per tutti». La risposta: «Se Giannini vuole premiare pochi e penalizzare tutti gli altri troverà la nostra ferma opposizione».

Scontro ministro-sindacati sugli stipendi degli insegnanti. All’origine della rissa l’articolo del Corriere sui prof italiani maltrattati dalla politica e pagati peggio della media Ocse. «Metterei il dato in un quadro più ampio - ha detto Stefania Giannini intervenendo su Radio1 Rai alla trasmissione «Prima di tutto» -, non sono solo meno soldi ma anche spesi male. Gli insegnanti italiani, rispetto a quelli dei paesi europei avanzati, sono insegnanti che non hanno alcuna prospettiva di carriera, ma non solo nel senso di una progressione, di un avanzamento, ma nel senso di una differenziazione di funzioni».

Se si fa una contrattazione, ha continuato, «se anche le forze sindacali spingono sempre e solo per salvaguardare il minimo garantito a tutti e non per valorizzare chi lavora meglio, quel poco che c’è non solo non serve a migliorare la qualità complessiva ma nemmeno a valorizzare le singole persone». Immediata la risposta dei sindacati. «Siamo pronti a discutere di valorizzazione professionale dei docenti ma nell’ambito dei rinnovi contrattuali, se invece la ministra Giannini vuole premiare pochi e penalizzare tutti gli altri troverà la nostra ferma opposizione», ha detto il segretario generale della Flc-Cgil, Mimmo Pantaleo. «Argomenti complessi come retribuzioni e carriere necessitano di una discussione seria con le organizzazioni sindacali e non - ha osservato il sindacalista - di essere affidati a interviste».

Ancora più netta la presa di posizione del sindacato Gilda. «Le esternazioni della Giannini ci lasciano esterrefatti perché dimostrano che il ministro non conosce affatto la drammatica situazione in cui si trovano gli insegnanti italiani a causa di una politica miope basata su tagli continui e indiscriminati», ha detto il coordinatore nazionale Rino Di Meglio. « Il contratto - ha detto - è scaduto ormai da cinque anni, l’inflazione finora ha eroso gli stipendi del 17% e non c’è l’ombra di un centesimo da contrattare». Dura anche la reazione dell’Anief. «Il Ministro dell’Istruzione Stefania Giannini - si legge nel comunicato dell’Associazione nazionale insegnanti e formatori - farebbe bene ad andare a leggersi quanto guadagna nel 2014 un insegnante della scuola pubblica italiana: in media non arriva a 1.300 euro, meno di un operaio».

Fonte: Corriere della Sera

 

Liste dimenticate, scontri tra insegnanti, concorsoni, bocciature del Tar, accorpamenti e caos dei presidi rimandati a settembre: l'elenco delle 'bombe' pronte a scoppiare nelle mani del neo-ministro dell'Istruzione si allunga ogni giorno di più.

Aveva un sorriso raggiante Stefania Giannini alla firma da ministro dell’Istruzione del neonato governo Renzi: «C’è qualcosa di meraviglioso in quel che inizia». Che non sarebbe stato facile l’ex rettore dell’Università di Perugia promossa nel dream team del rottamatore l’aveva capito quasi subito: «Il mio è un ministero dove ogni giorno c'è una bomba da disinnescare: ma questo perché ogni giorno sono tanti i settori che reclamano attenzione», dichiarava dopo appena due settimane dalla nomina. Le bombe burocratiche, gli scontri con gli insegnanti e i tanti nodi mai sciolti dai suoi predecessori cominciano a piovere con una certa frequenza. Così ecco la prima grana dei concorsi, il caos dei presidi rimandati a settembre, le bocciature del Tar della Toscana e gli accorpamenti bocciati dalla Consulta. Lei, da buon artificiere scolastico, cerca di metterci una pezza, promette di studiare come una «secchiona» anche se i fronti scoperti continuano ad allargarsi.

LE LISTE DIMENTICATE
«I concorsi, così come sono stati fatti, hanno creato più problemi che soluzioni». Mai parole di ministro furono più profetiche. La Giannini si riferisce al concorsone del 2012 che prevedeva 11.800 assunzioni entro l’anno scolastico successivo. La realtà è stata meno rosea del previsto: sono entrati in aula con il contratto firmato in tasca solo tremila insegnati perché alcune commissioni virtuose hanno finito in tempo le selezioni entro la data prevista. Per gli altri 8 mila si aspettano ancora le graduatorie finali. In quasi tutte le Regioni dodici mesi non sono stati sufficienti per esaminare tutti i partecipanti. Il ritardo è partito dalle commissioni d’esame composte da personale scolastico che per correggere i compiti dei futuri colleghi non è stato esonerato dal lavoro. A questo pasticcio se ne aggiunge un altro: oltre ai vincitori sono risultati idonei 17 mila aspiranti professori. Dovrebbero essere assunti man mano che si liberano i posti ma anche l’ex ministro Maria Chiara Carrozza, per le oltre quattromila assunzioni bandite a febbraio per il sostegno, ha preferito utilizzare i vecchi elenchi. Dimenticando le liste dei precari. Mentre viene convocato chi ha superato il concorso ad hoc del lontano 1999. «Un'assurdità perché quelle graduatorie dovrebbero essere già cancellate: stiamo parlando di persone che dopo 15 anni hanno tutte un altro lavoro. Il classico groviglio di burocrazia all’italiana che sfida le leggi e la logica» commenta Marcello Pacifico presidente di Anief, l’associazione nazionale degli insegnati.

PRESIDI RINVIATI A SETTEMBRE
In Lombardia i nuovi presidi che aspettano da due anni la nomina sono 355. Convocati al Pirellone di Milano la scorsa settimana per entrare a scuola con i gradi da dirigente hanno avuto una doccia fredda. Da Roma hanno deciso di rinviare tutto al prossimo anno scolastico perché se convalidati a tre mesi dalle fine delle lezioni perderebbero per strada gli insegnanti passati di grado. Il rinvio di sei mesi al Provveditorato regionale è arrivato giovedì 6 marzo in un comunicato del Capo dipartimento per l’istruzione del Miur, Luciano Chiappetta: «L’allontanamento dall’insegnamento ad anno scolastico in corso avrebbe avuto ripercussioni negative per la continuità didattica e lo svolgimento delle valutazioni finali e dell’esame di stato». Per questa ragione alcune scuole lombarde avevano protestato nei giorni scorsi. Con la decisione ministeriale si preferisce rinviare e appellarsi al «divieto dello spostamento dei docenti dopo il ventesimo giorno dall’inizio delle lezioni». La trattativa è andata aventi per ore fino alla soluzione-ponte all’italiana: far firmare ai neopresidi un contratto per formalizzare l’assunzione e la sede scelta, in attesa della presa di servizio da settembre prossimo, quando scatterà anche l’aumento di stipendio. Placati gli animi e firmati i contratti i neo-dirigenti hanno lasciato la Regione con qualche dubbio: «Speriamo non ci siano sorprese in futuro». Da viale Trastevere solo rassicurazioni: «Possono stare tranquilli: firmeranno subito il loro contratto, avranno le loro sedi assegnate e inizieranno subito la loro formazione».

PASTICCIO IN TOSCANA
L’ultimo capitolo della saga dei ricorsi e controricorsi è arrivato il 3 marzo: il Consiglio di Stato ha messo la parola definitiva annullando le graduatorie per 137 presidi della Toscana. Gettando nel caos la maggior parte di loro che sono già stati assunti. La sentenza riconosce l'illegittimità della commissione esaminatrice dopo la sostituzione di un presidente dimissionario e decide per la ripetizione delle correzioni degli scritti. Una leggerezza che ha permesso ad un candidato escluso di fare ricorso e avere una seconda chance di selezione. Rimane il pasticcio burocratico: in 112 vincitori erano stati già assunti e più di cento avevano già completato la formazione e superato favorevolmente il periodo di prova. La sentenza fa precipitare gli istituti locali nel caos: senza una guida quasi la metà delle scuole della regione. E per vedere i nuovi vincitori dobbiamo aspettare un altro anno.

TREMONTI E L’ACCORPAMENTO BOCCIATO
L’idea per tagliare le spese delle sedi scolastiche è dell’ex ministro berlusconiano dell’economia Giulio Tremonti. Con l’accorpamento si possono risparmiare denari e a governo già pronto a passare la mano a Monti ecco il colpo di coda. Senza più alcun argine da Mariastella Gelmini che inscatolava le sue cose a novembre 2011, si decide la soppressione di 297 presidenze e uffici amministrativi all'interno di altrettanti istituti superiori. Dalla stagione 2012-2013 in 297 perderanno i dirigenti, resteranno le sedi che passeranno sotto un’unica direzione. Meno personale e meno stipendi. I vecchi parametri sono saltati perché fino ad allora le scuole dovevano avere tra un minimo di trecento studenti e un massimo di cinquecento. Il nuovo range sale: tra 400 e 600 per restare in vita. La gran parte delle vittime dei tagli orizzontali si trova al Sud. Peccato che la modifica sia stata decisa senza consultare le Regioni che hanno presentato un ricorso in Corte Costituzionale e l’abbiano vinto. Dopo di allora però nessun ministro ha messo una pezza e nessun accordo riparatore è stato siglato. Rimane un limbo per trecento scuole accorpate e bloccate. Che fine faranno?

Fonte: L'Espresso

 

Via libera ai ricorrenti appellati seguiti dall'Anief per frequentare i corsi abilitanti iniziati da qualche giorno o che sono in procinto di partire. Intanto, sempre il sindacato autonomo denuncia la mancata concessione delle 150 ore a tutti i corsisti: eppure il Miur era stato chiaro.

Dopo mesi di incertezze, arriva il via libera dal Consiglio di Stato per i primi trecento tra i tremila ricorrenti che attendevano di iscriversi con riserva ai corsi universitari abilitanti. A renderlo noto è l’associazione sindacale Anief, che sottolinea anche che i docenti esclusi, in totale, rappresentavano il 5% dei più di 60 mila candidati.

Grazie alle ordinanze del Consiglio di Stato (nn. 950, 951, 952, 956 del 2014), che confermano alcuni decreti monocratici già ammessi, i ricorrenti appellati seguiti dal sindacato ora - spiega l'Anief - possono iscriversi ai corsi abilitanti iniziati da qualche giorno o che sono in procinto di partire presso le Università.

Marcello Pacifico, presidente Anief aveva denunciato fin dall'inizio i motivi di illegittimità del Regolamento che aveva cambiato i criteri di accesso ai corsi riservati per il conseguimento dell'abilitazione presso le Università rispetto a una chiara espressione del legislatore negli ultimi quarant'anni: 360 giorni di servizio prestati in un determinato periodo sono sempre stati considerati un titolo congruo per valutare la capacità didattica e maturare il diritto a poter conseguire un'abilitazione, in possesso del titolo di servizio e di studio. Mentre in questa prima tornata di Pas, il ministero dell’Istruzione ha introdotto le tre annualità da almeno 180 giorni ciascuna.

"I legali dell'Anief non hanno dubbi sull'esito finale del contenzioso che riguarda una trentina di ricorsi pendenti, vista la chiara espressione del legislatore e della giurisprudenza nel merito. Nel frattempo, finalmente, i ricorrenti esclusi - conclude l'associazione - potranno frequentare un corso che costa quasi 3.000 per conseguire un titolo che hanno già conquistato tra i banchi in tutti questi anni".

Sempre l’Anief ha fatto rilevare che iI docenti precari hanno pieno diritto a svolgere i corsi Pas ed il Tfa sul sostegno, senza licenziarsi, quindi continuando ad insegnare grazie alla fruizione delle 150 ore di diritto allo studio. Malgrado le indicazioni del Miur fossero chiarissime (riassumibili nella Nota Miur n. n. 12685, del 25 novembre 2013), è curioso che ad oggi non sia stata ancora emanata una Circolare in merito. Il risultato è che in diverse province le procedure indicate non sono state attuate: al sindacato continuano infatti a pervenire lamentele per la negazione delle ore di diritto allo studio da parte degli uffici scolastici periferici che le dovrebbero accordare. Soprattutto in questi ultimi giorni, duranti i quali stanno prendendo il via i Tfa per il sostegno. In molti casi, gli Ambiti territoriali sostengono, a torto, che i tempi per la presentazione delle domande sono ampiamente scaduti. “Ma un candidato ammesso ai corsi a dicembre o gennaio, chiede oggi il sindacato, come avrebbe potuto presentare la domanda di accesso alle 150 ore a novembre?”.

Fonte: Tecnica della Scuola

 

Nel 2014 via a 18 mila assunzioni di docenti in Italia ma solo 1604 saranno dedicati ai piccoli disabili, contro i 13 mila previsti in origine. Nella Capitale 16.841 alunni con handicap.

ROMA – Insegnanti insufficienti rispetto ai numeri e alle esigenze didattiche di bambini e ragazzi, carenza di personale specializzato, turnover esasperato e controproducente per gli alunni. Un intero sistema che rischia il collasso. I numeri relativi al sostegno scolastico in Italia, e in particolare nel Lazio, restano preoccupanti, nonostante il ministero dell’Istruzione abbia annunciato 18 mila assunzioni complessive per il 2014 fra docenti e personale Ata. Gli insegnanti di sostegno che rientrano in questo piano di immissioni in ruolo sono, però, solo 1.604, mentre inizialmente avrebbero dovuto essere 13.505. E se a livello nazionale la media è di una cattedra di sostegno ogni due alunni, nel Lazio secondo i dati relativi all’anno scolastico 2012-2013, c’è un insegnate ogni 2,3 bambini e ragazzi. Il rapporto tocca punte preoccupanti a Roma dove nelle scuole di primo e secondo grado c’è un insegnante di sostegno ogni 2,7 alunni.

NUMERI DEFICITARI – A suonare la campanella d’allarme è l’associazione professionale sindacale Anief. «In base al Decreto Scuola 104 si era stabilito un numero dieci volte superiore. Così, invece, oltre a danneggiare gli allievi con deficit di apprendimento, che perderanno ancora la continuità didattica, si rischia di lasciare per strada almeno 2.000 docenti specializzati vincitori di concorso». Il decreto, infatti, stabiliva che le assunzioni di docenti di sostegno nei prossimi tre anni dovevano essere 26.684, solo per il 2014 la norma prevedeva l’immissione in ruolo di 13.505 insegnanti.

COMUNQUE SOTTO-DIMENSIONATI - «Tra l’altro si sarebbe trattato di numeri già fortemente sottodimensionati, addirittura dimezzati – spiega l’Anief -. Anziché assumere sulla base dei posti reali dell’anno scolastico in corso, pari a oltre 110 mila insegnanti a copertura di circa 222 mila bambini disabili, lo Stato ha infatti continuato ad avere come riferimento il contingente dell’anno scolastico 2006/2007, che corrisponde a poco più di 90 mila posti di sostegno».

DOCENTI SENZA SPECIALIZZAZIONE – Un deficit numerico che investe soprattutto le città più grandi, come Roma. Nella Capitale , nell’anno scolastico 2012-2013, su un organico di fatto di 46.705 insegnanti solo 6.929 sono destinati al sostegno, mentre gli alunni con handicap sono 16.841. Un rapporto di un docente ogni 2,4 alunni, ben superiore alla media nazionale, rapporto che diventa di 1 a 2,7 nelle scuole di primo e secondo grado. Inoltre, molti insegnanti che in concreto si occupano di sostegno sono privi dell’apposita specializzazione. «Gli specializzati non sono sufficienti a coprire i posti disponibili, i presidi dunque devono intervenire e assegnare le cattedre che mancano a personale non specializzato – spiega Elena Duccillo, coordinatrice provinciale di Anief Roma -. Prima i docenti si specializzavano tramite le Sis, l’ultimo ciclo è del 2009».

RIPARTONO I CORSI - «Dal novembre 2009 a oggi, nessun docente di scuola secondaria superiore - prosegue - ha avuto la possibilità di specializzarsi sul sostegno, una possibilità che è rimaste per materne e elementari, ma anche in questo caso i contingenti che si sono formati sono inferiori al necessario». Casi che rischiano di diventare la regola, non l’eccezione. Alberto Luna è docente di sostegno in una scuola secondaria di secondo grado, ma è privo di specializzazione. Nonostante sia molto apprezzato dai genitori e dai colleghi, l’assenza del titolo, soprattutto all’inizio, gli ha procurato non poche difficoltà: «La specializzazione consente di capire quali siano le strategie migliori e il tipo di approccio che si deve avere con gli alunni in difficoltà. Da questo mese dovrebbe ripartire un corso di questo tipo, ma da quello che vedo i numeri sono comunque destinati a rimanere insufficienti».

TRANSITO AI RUOLI COMUNI – Il sistema rischia di assomigliare a un cane che si morde la coda. Gli insegnanti destinati dal ministero dell’Istruzione al sostegno sono insufficienti a coprire le disponibilità. E le cattedre sono, comunque, maggiori rispetto al numero di specializzati in Italia, così i presidi sono costretti a ricorrere a personale non specializzato. Il ridotto numero di specializzati, oltre al blocco dei corsi per 5 anni, è determinato anche dal continuo transito degli insegnanti di sostegno ai ruoli comuni. «Essendo questo un lavoro particolare, usurante sia a livello fisico, sia a livello psicologico, la maggior parte di docenti di sostegno dopo cinque anni usufruisce della possibilità, prevista dalla legge di passare alle cattedre comuni».

UN «IMPACCIO» NON GRADITO - Questo determina che poi sia necessario ricorrere a personale non specializzato per coprire i buchi. Insegnanti che spesso sono bistrattati dai colleghi. «Un elemento fondamentale per un buon percorso didattico consiste nell’appoggio degli altri professori curricolari – spiega Luna -. Io, personalmente, sono stato fortunato, ma in molti casi i docenti di sostegno vengono trattati dagli altri colleghi quasi come fossero un impaccio o un ostacolo per la classe».
Gaetano Avolio
Gaetano Avolio

«UN DIRITTO NATURALE» – Gaetano Avolio è il papà di un bambino che necessita di sostegno e ogni giorno si scontra con i problemi concreti dovuti a un sistema che rischia di incepparsi continuamente: «Inizialmente a mio figlio sono state assegnate solo 11 ore alla settimana – spiega -. Nel momento in cui abbiamo chiesto la documentazione per fare ricorso al Tar, gli sono state garantite altre due ore». Molti genitori, infatti, per garantire il diritto all’istruzione dei figli sono costretti a ricorrere alla via giudiziaria. E comunque l’iter scolastico non è quasi mai sufficiente (in termini di ore) per far fronte alle esigenze dei piccoli.

TERAPIE A DOMICILIO - «Noi facciamo anche terapia a casa – spiega Avolio -. Qualche ora in più sarebbe fondamentale. Chi cura il nostro piccolo, infatti, si è sorpreso che lui non ricordasse i nomi dei compagni di classe. Io sono molto arrabbiato con il sistema, è inammissibile che si arrivi a scontri per un diritto che dovrebbe essere naturale». Così come naturale dovrebbe essere l’obiettivo del sostegno. «Il traguardo ideale dovrebbe essere quello di aiutare la persona a diventare più autonoma – spiega Luna -. Il sostegno, almeno nei casi meno gravi, dovrebbe servire a non avere più bisogno del sostegno». Un traguardo che, per un sistema con questi numeri, rischia di diventare «insostenibile».

Fonte: Corriere della Sera

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XXIV2012

 

 

 

In questo numero:

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I RICORSI

Dimensionamento: per evitare il licenziamento i Dsga costretti a cambiare regione

Ricorso contro il blocco quinquennale della mobilità per il personale docente neo immesso in ruolo 

Scheda di rilevazione dati Ricorso Mobilità - Trasferimenti