Bisogna salvare gli stipendi di circa 1 milione di dipendenti della scuola. Con questo intento i sindacati scuola si sono presentati stamane al Senato, per chiedere all’unisono di superare il blocco delle progressioni stipendiali e di carriera introdotto a settembre.
In particolare le varie sigle dei rappresentanti dei lavoratori hanno ricordato ai parlamentari che il Decreto Legge n. 3 sugli scatti di anzianità, approvato dal CdM a metà gennaio, necessita di alcuni emendamenti, in parte illustrati ai senatori dal coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, Rino Di Meglio.
Lo stesso ha poi sottolineato che l’anzianità di servizio, riconosciuta ai docenti in tutti i Paesi europei, in Italia è la più bassa in termini assoluti e che, secondo il rapporto Ocse, tra il 2001 e il 2010, in controtendenza rispetto ad altri Paesi europei, la spesa per studente è calata dell’8%.
Anche l’Anief ha consegnato alla Commissione Cultura una serie di emendamenti al Decreto Legge da sottoporre all’Aula, puntando l'attenzione sui precari e spiegando che per non calpestare i loro diritti basterebbe utilizzare una parte di quel 30% degli 8 miliardi di euro risparmiati dal dimensionamento delle scuole e dal piano di razionalizzazione scolastica derivante dalla Legge Tremonti-Gelmini.
"In tutto – ha detto Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Cofnedir - si tratta di estrapolare dei risparmi della scuola: l’operazione, che è quindi senza oneri per lo Stato, prevede l’utilizzo di circa 1 miliardo e 650 milioni di euro. È una cifra importante, ma non si può continuare a calpestare il diritto dei precari alla crescita del loro stipendio, prescindendo dall’immissione in ruolo, e a mantenere in vita la cancellazione illegittima del primo gradino stipendiale degli assunti in ruolo. Con i nostri emendamenti, inoltre, sarà finalmente anche possibile valutare per intero, ai fini della ricostruzione di carriera, quel servizio pre-ruolo che oggi invece – conclude Pacifico - viene considerato integralmente solo per i primi quattro anni di supplenze".
Nelle ultime settimane sono circolate sul web notizie esageratamente ottimistiche sull’effetto immediato che il pronunciamento della Corte di giustizia europea potrebbe avere sulla stabilizzazione delle migliaia di docenti precari con oltre 36 mesi di servizio. Abbiamo chiesto all’Avvocato Walter Miceli, che patrocina le cause per Anief, di fare chiarezza sui punti più delicati e di spiegarci esattamente i passaggi che dovranno essere compiuti prima che un’eventuale sentenza favorevole possa tradursi nei tanto agognati contratti a tempo indeterminato.
Su due cose in particolare l’avvocato ha tenuto a essere chiaro: anche se la Corte di Giustizia Europea darà ragione ai precari, dovranno comunque essere i giudici del lavoro italiani, adeguandosi alla decisione comunitaria, a pronunciarsi per i risarcimenti o le stabilizzazioni. Auspicabile, poi, ma niente affatto scontato un intervento legislativo che sani la situazione per tutti i precari che si trovino nella stessa situazione dei ricorrenti. “A Lussemburgo si giocherà la partita finale tra due opposte visioni dell’Europa: quella in grado di difendere i diritti dei lavoratori o quella che, con il pretesto di una fantomatica emergenza finanziaria, decide per una temporanea sospensione del principio di legalità, con conseguente impossibilità di ottenere giustizia contro gli abusi commessi a danno dei precari”. Una partita che non è solo dei lavoratori della scuola, vuole dire Miceli, ma che interessa l’intera società civile.
Avvocato, è ormai diffusa un’attesa quasi messianica su questo pronunciamento della Corte di giustizia dell’Unione europea. E’ ragionevole questa speranza secondo lei?
“Sì, ma occorre fare alcune precisazioni. La Corte di Giustizia ha il compito di compito di garantire l'osservanza del diritto nell'interpretazione e nell'applicazione dei trattati fondativi dell'Unione europea. La decisione che arriverà dalla Corte, dunque, consentirà di superare definitivamente il parere della Cassazione che, nel giugno 2012, aveva gelato le speranze dei ricorrenti negando ogni tutela contro gli abusi del contratto a tempo determinato. Se questo pronunciamento sarà favorevole ai ricorrenti, allora le migliaia di processi fermati dalla Cassazione potranno riprendere il loro iter con pieno accoglimento delle richieste dei lavoratori della scuola”.
La sentenza non avrà, dunque, un effetto immediato sulla stabilizzazione dei precari, ma servirà a rimettere in moto il lavoro dei giudici italiani, giusto?
“Esatto. La Corte di giustizia europea non risolverà direttamente i nostri contenziosi, ma vincolerà i giudici italiani a dare una certa interpretazione del diritto, interpretazione che nessun Tribunale potrà disattendere. Tengo a richiamare l’attenzione sul fatto che è solo per il merito di magistrati coraggiosi come il giudice Paolo Coppola di Napoli se la vicenda dei lavoratori precari della scuola è arrivata alla Corte di Giustizia e non si è arenata, visto che la Cassazione aveva intimato ai giudici italiani di non sollevare il caso davanti alla magistratura europea”.
Nell’ipotesi di un parere favorevole ai lavoratori della scuola italiani, a beneficiarne saranno solo i ricorrenti oppure il diritto alla stabilizzazione diventerà automatico anche per chi non ha percorso le vie legali?
“Per ottenere la stabilizzazione sarà necessario richiedere una tutela giudiziaria, non ci sarà nessun automatismo”.
In altre parole sarà necessario passare da un tribunale…
“Esatto, anche se sarebbe auspicabile un intervento legislativo: solo in questo modo si sanerebbero tutte le situazioni in cui sono stati commessi abusi. Ma purtroppo un’azione del genere non è scontata, in passato non è accaduto spesso che il legislatore abbia recepito le indicazioni provenienti dall’Europa”.
I giudici italiani hanno la facoltà di ignorare le indicazioni che arrivano dalla Corte europea?
“No, l’interpretazione della Corte di Giustizia è vincolante. Se la decisione sarà favorevole ai ricorrenti, tuttavia, per i giudici italiani si profileranno due alternative: alcuni potranno optare per la trasformazione dei contratti da tempo determinato a tempo indeterminato; altri invece, rifacendosi a una diversa corrente di pensiero, probabilmente affermeranno che la stabilizzazione è in contrasto col Decreto Sviluppo del 2011 (che vieta di estendere ai dipendenti del comparto scolastico le tutele previste per gli altri lavoratori) e così si pronunceranno piuttosto per cospicui risarcimenti”.
A quanto potranno ammontare questi risarcimenti?
“Si tratta di cifre ingenti: proprio di recente Anief ha ottenuto al Trapani un risarcimento di 200.000 euro. Certo è che allo Stato converrà di gran lunga accettare la stabilizzazione”.
Che tempi bisognerà attendere per arrivare alle prime stabilizzazioni o ai primi risarcimenti?
“La decisione della Corte di Giustizia è attesa tra luglio e settembre. A quel punto potranno rimettersi in moto le cause con i loro tempi tecnici, che in Italia variano dai pochi mesi a più di un anno nei tribunali più affollati. Per tirare le somme, direi che in Europa questa volta si gioca una partita cruciale per il diritto di tutti i cittadini, non solo dei lavoratori precari della scuola: si deciderà se le ragioni di un fantomatico dissesto finanziario in un determinato momento storico possono valere più dello stato di diritto”.
Il sindacato Anief ha consegnato alla VII Commissione del Senato gli emendamenti al Decreto Legge n. 3 sugli scatti di anzianità approvato dal CdM a gennaio, tra cui l’adozione degli scatti anche per i supplenti e il reintegro del secondo “gradone” stipendiale per chi è stato immesso in ruolo. Il finanziamento potrebbe venire da parte del 30% degli 8 miliardi di euro risparmiati sull’Istruzione nell’ultimo quinquennio.
Anief chiede al Parlamento di cancellare il doppio “scippo” attuato nei confronti di docenti e Ata. I supplenti (tranne quelli di religione) infatti non hanno avuto diritto finora ad alcuno scatto stipendiale, indipendentemente dagli anni di precariato, che spesso sfiorano anche il ventennio.
Il riconoscimento dello scatto stipendiale farebbe venir meno le condizioni dell'accordo firmato il 4 agosto 2011, che abolisce il primo gradone stipendiale per i neo assunti dal 1° settembre 2011. Il leit motiv di questi anni è stato: assunzioni sì, ma a costo zero, ad invarianza finanziaria. E dunque il primo gradone stipendiale è stato spostato dal terzo all'ottavo anno di ruolo (in concreto dipende dalla singola situazione che scaturisce dalla ricostruzione di carriera).
Il sindacato Anief ha fatto i conti di quanto tale accordo sottragga per un lustro al personale della scuola: 1.130 euro annui per i docenti, 300 euro per i collaboratori scolastici, 400 euro per gli assistenti tecnici amministrativi e 650 euro per i direttori dei servizi generali e amministrativi.
Come fare? Dove reperire i soldi necessari per finanziare l'operazione?
“In tutto – spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Cofnedir - si tratta di estrapolare dei risparmi della scuola: l’operazione, che è quindi senza oneri per lo Stato, prevede l’utilizzo di circa 1 miliardo e 650 milioni di euro. È una cifra importante, ma non si può continuare a calpestare il diritto dei precari alla crescita del loro stipendio, prescindendo dall’immissione in ruolo, e a mantenere in vita la cancellazione illegittima del primo gradino stipendiale degli assunti in ruolo. Con i nostri emendamenti, inoltre, sarà finalmente anche possibile valutare per intero, ai fini della ricostruzione di carriera, quel servizio pre-ruolo che oggi invece – conclude Pacifico - viene considerato integralmente solo per i primi quattro anni di supplenze”.
"Se si vogliono veramente garantire gli scatti di anzianità e impedire la restituzione degli aumenti stipendiali ai dipendenti della scuola, i meno pagati di tutta la Pubblica Amministrazione, è necessario adottare alcuni emendamenti al Decreto Legge approvato dal Governo". La proposta dell'Anief, presentata oggi alla VII Commissione del Senato, "eviterebbe il tracollo del potere di acquisto degli stipendi del personale scolastico, già nel 2012 ridotti di 790 euro rispetto all'anno precedente".
La proposta emendativa all'art. 1, comma 4, prevede il ripristino della deroga per il personale della scuola al blocco stipendiale (Legge, 183, art. 4, comma 83) ripristinato dal D.P.R. 122/2013 che nega ai fini della progressione di carriera il riconoscimento di eventuali scatti stipendiali pagati a partire dal 2011. "Si tratta di una modifica che andrebbe anche a superare - si spiega - la proroga al blocco stipendiale per tutto il personale della P.A. nell'anno 2013 e 2014, ribadita dall'ultima Legge di Stabilità che livella ancora i valori di corresponsione dell'indennità di vacanza contrattuale del 2017 a quelli del 2013, ma che in realtà per la scuola sono addirittura quelli del 2010".
"E in tutto questo, non si tiene conto del personale precario che svolge le stesse funzioni di quello di ruolo. Nonostante un ultimatum della Commissione europea, già scaduto, del 20 novembre scorso, che imponeva all'Italia di adeguare la propria normativa entro 60 giorni sul principio di non discriminazione derivato dalla direttiva comunitaria 1999/70, da cui scaturisce la seconda proposta emendativa Anief all'art. 1, comma 4-ter: una volta riconosciuto lo scatto stipendiale al personale precario, verrà meno la ragione sottesa alla contrattazione collettiva nazionale firmata il 4 agosto 2011 che abolisce il primo gradone stipendiale per i neo-assunti al fine di garantire l'invarianza finanziaria".
Un'altra proposta di modifica del decreto, all'art. 1, comma 1, consentirebbe di evitare la restituzione di somme relative al beneficio della prima e seconda posizione stipendiale del personale Ata, conseguente al superamento di una procedura concorsuale in cui è prevista la frequenza di un apposito corso di formazione e il superamento di una prova conclusiva. L'ultima proposta emendativa all'art. 1, comma 4-bis intende risolvere il problema del blocco delle risorse aggiuntive destinate ai dirigenti scolastici, attraverso l'utilizzo dei risparmi derivanti dalla mancata corresponsione della RIA dei dirigenti collocati a riposo: si tratta di 36.421.995,48 euro, che vanno considerati un risparmio di sistema e riutilizzati a favore dei ds in servizio
Ancora troppi i nodi irrisolti, come i mancati chiarimento sulla validità abilitante dei titoli di scuola magistrale ottenuti dal 1997 al 2001. E continuano le resistenze degli atenei all’attivazione di alcuni corsi, soprattutto per la scuola dell’infanzia e primaria.
Continua la confusione sui Percorsi abilitanti speciali e in molti casi si brancola ancora nel buio.
È la Gilda degli Insegnanti a lanciare l’allarme.
Con un comunicato stampa del 4 febbraio il sindacato degli insegnanti ha chiesto al ministro Carrozza di intervenire con urgenza “per evitare che un provvedimento così importante per la scuola e le migliaia di docenti precari venga travolto dalla macchina burocratica del Miur e dagli interessi degli atenei”.
Infatti, Gilda denuncia la mancata attivazione di alcuni corsi, soprattutto per la scuola dell'infanzia e la primaria, a causa delle resistenze delle università. Inoltre, ad oggi mancano i necessari chiarimenti sulla validità abilitante dei titoli di scuola magistrale ottenuti dal 1997 al 2001.
Anche Anief torna a spronare il Ministero affinché dia risposte immediate alle tante questioni irrisolte. Oltre a quanto denunciato dalla Gilda, l’Anief chiede la pubblicazione definitiva da parte degli atenei dei corsi che effettivamente verranno attivati, al fine di permettere ai tanti candidati ai Pas, una volta acquisita la certezza della mancata attivazione del corso richiesto, di poter avviare la richiesta formale del nulla osta utile allo spostamento in un'altra regione.
Altra questione fondamentale riguarda la possibilità per tutti i corsisti di poter fruire dei permessi per il diritto allo studio, anche per un numero inferiore alle 150 previste dal C.C.N.L.. Per tale ragione l’Associazione chiede si sollecitare tutti gli atenei a pubblicare il programma delle lezioni e l’elenco degli ammessi ai corsi.
“Una volta superati questi aspetti organizzativi - scrive l’Anief - il nodo più difficile da sciogliere rimane sicuramente quello della spendibilità del titolo: premesso che gli atenei organizzatori dovranno ottemperare all’indicazione del Miur di assegnare i titoli di abilitazione entro la fine del prossimo mese di luglio: ciò permetterebbe l’immediato inserimento dei neo-abilitati nella seconda fascia delle graduatorie d’Istituto, la cui “finestra” di aggiornamento dovrebbe chiudersi più o meno in quei giorni”.
“Ma soprattutto, - continua l’Associazione - il Ministro Carrozza colga l’occasione per inserire i prossimi abilitati tramite i Pas, come attraverso i Tfa ordinari, all’interno delle graduatorie permanenti, da qualche anno ribattezzate “ad esaurimento”, perché rappresentano l’unico canale di assunzione, per il 50% dei posti vacanti, destinato al personale abilitato attraverso i corsi universitari”.
Tante dunque ancora le questioni rimaste aperte, mentre il tempo stringe.