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Ammontano a 26.684 i docenti di sostegno che verranno assunti nei ruoli dello Stato nei prossimi tre anni, 12.428 nella scuola primaria e 14.256 alle superiori: di questi, 5.733 otterranno la retrodatazione al 1° settembre 2013, 13.505 firmeranno il contratto a tempo indeterminato nel 2014, 9.003 nel 2015. I numeri sono contenuti nel Decreto Scuola n. 104 appena convertito in legge a Palazzo Madama, secondo quanto rende noto l'Anief, Associazione professionale sindacale.

Il piano triennale di immissioni in ruolo approvato dal Senato prevede, inoltre, l'assunzione di 26.264 insegnanti curricolari. Oltre che di altri 1.608 di sostegno di ogni ordine e grado e 13.400 unità di personale non docente (Ata).

Nei meandri del decreto - prosegue l'Anief - è stato tuttavia approvato un vincolo che per tutti i neo-assunti ha il sapore della beffa. La loro ricostruzione di carriera rimarrà infatti bloccata per i primi otto anni: gli stipendi, che a livello europeo sono già i più bassi dopo quelli della Grecia e a fine carriera fanno perdere quasi 8mila euro rispetto a quelli dei colleghi di tutto il vecchio Continente, saranno "congelati". Si tratta, secondo il sindacato, di una decisione "palesemente illegittima", contro cui l'Anief annuncia che presenterà migliaia di ricorsi, "creata per garantire la clausola di invarianza finanziaria prevista dal legislatore, nonostante la direttiva UE 1999/70 e il principio di non discriminazione, vietino espressamente la mancata valutazione degli anni di precariato a parità di servizio svolto".

Per Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo della Confedir, "è illegittimo bloccare la carriera ai neo-assunti e profondamente ingiusto dopo anni di abuso di contratti a termine".

Fonte: ANSA

 

Il governo stanzia 220 milioni agli istituti paritari, blocca il contratto degli insegnanti, all'università vanno 150 milioni. Precari Pa a rischio: contratti rinnovati solo per chi ha i requisiti del concorso. Contro la manovra studenti in piazza l'15 novembre, i sindacati protestano il 30.

La Commissione Europea ribadisce il concetto: la spesa pubblica italiana per l'istruzione è una delle più basse d'Europa, soprattutto per quanto riguarda l'università: il 4,2 per cento del Pil a fronte del 5,3 per cento di media Ue. Il dato è ormai conosciuto, come quello sull'abbandono scolastico. L'Italia è infatti quartultima in Europa, anche se il Ministero dell'Istruzione sostiene che i giovani tra i 18 e i 20 anni che hanno abbandonato prematuramente gli studi sono scesi di 29mila unità rispetto al 2011: nel 2012 erano 758 mila. Il fenomeno è drammatico al sud, con punte del 25% in Sardegna e Sicilia. Per quanto riguarda i laureati tra i 30 e i 34 anni, sostiene la Commissione Ue, pur essendo cresciuta al 21,7 per cento nel 2012 dal 19 per cento del 2009, resta lontana dal 35,7% della media continentale. L'invito è sempre lo stesso: aumentare i fondi, bloccare gli abbandoni, investire sulla formazione «terziaria» (cioè quella dei laureati) e valorizzare gli insegnanti.

In questo contesto si sta discutendo alla Camera sul decreto Istruzione. Il decreto dev'essere approvato entro l'11 novembre, e deve ancora passare al Senato, ma la discussione ieri si è arrestata perché nelle larghe intese non c'è intesa sul reperimento delle risorse. Il governo vorrebbe prendere una buona parte dei 400 milioni necessari per assumere 69 docenti e personale Ata, e 26 mila insegnanti di sostegno, aumentando le accise sugli alcolici. Per protesta il relatore del provvedimento, Giancarlo Galan (Pdl) si è dimesso.

La Commissione Bilancio ha inoltre trovato ben 25 incongruità economico-finanziarie. La difficoltà a reperire risorse, che nelle intenzioni del governo dovrebbero segnare un'inversione di tendenza dopo anni di tagli alla scuola, non ha tuttavia impedito di rifinanziare parzialmente il fondo per le scuole paritarie. La legge di stabilità stanzierà 220 milioni per il 2014 a parziale compensazione della riduzione di 277 milioni di euro prevista dalla legge triennale di programmazione. Questo stanziamento dev'essere sommato ai 260 milioni di euro già stanziati nel 2013, per un totale di 480 milioni di euro. Una cifra che conferma la riduzione costante dei finanziamenti pubblici dal 2001, quando erano pari a 539 milioni di euro, e non soddisferà le organizzazioni degli istituti paritari che protestano da mesi, chiedendo di affrontare anche il nodo del pagamento dell'Imu e Tarsu.

Il governo le ha comunque ascoltate, sollevando la protesta di chi crede invece che i fondi pubblici non devono andare alle paritarie, tra le quali ci sono anche molti istituti privati e confessionali. «È un atto di cecità politica e asservimento agli interessi privati - spiega il coordinatore Uds Roberto Campanelli - Per risolvere definitivamente questa situazione riteniamo necessaria la modifica della legge 62 del 2000 paritari, ndr.] con la separazione tra scuole private e scuole pubbliche non statali». Gli studenti saranno in piazza il 15 novembre.

La legge di stabilità non prepara un futuro migliore alla scuola pubblica. Gli stipendi sono stati bloccati per i prossimi due anni. Lo conferma il regolamento approvato ad agosto dal Consiglio dei Ministri. Questo blocco peggiorerà le condizioni del personale che, secondo una stima dei sindacati, ha perso almeno 3500 euro in virtù di un blocco che dura dal 2010. «Il potere d'acquisto è tornato indietro di 24 anni - conferma Marcello Pacifico dell'Anief - la PA ha perso 300 mila posti di lavoro in sei anni». In queste condizioni, sembra difficile accogliere l'invito della Commissione Ue a valorizzare la figura degli insegnanti. Motivo in più per alimentare lo scontro con i sindacati della scuola che hanno indetto una manifestazione nazionale il 30 novembre e parlano di uno sciopero generale contro il governo.

«Piuttosto che rifinanziare la cassa integrazione o sostenere la scuola pubblica - afferma Massimo Mari, responsabile per le scuole non statali Flc-Cgil - si continua a bloccare il turn-over». In compenso la manovra prevederebbe 150 milioni per gli atenei e 400 milioni per la ricerca tramite il 5 per mille.

Altro fronte che riguarda il lavoro della conoscenza, e il pubblico impiego, è quello aperto dall'approvazione del Decreto D'Alia l'altro ieri in Senato. Il ministro ha confermato le peggiori previsioni dei sindacati e dei precari. Ai precari che hanno lavorato per la PA per tre anni nell'ultimo quinquennio saranno prorogati i contratti in scadenza e sarà permesso di partecipare ai concorsi per la quota del 50%. Per gli altri non ci sarà rinnovo. Si tratterebbe di 80 mila persone. Tra i più colpiti gli enti di ricerca da tempo in mobilitazione.

Fonte: Il Manifesto

 

Quello che nelle prime ore sembrava un mormorio di disappunto, si sta trasformando in un coro di polemiche: il taglio dei fondi attesi dalle università virtuose nel decreto scuola, approvato giovedì sera alla Camera, ha scatenato la rabbia dei rettori di tutta Italia, e non solo, che minacciano un’inaugurazione dell’anno accademico burrascosa.

«Non può esistere un rilancio in un Paese che taglia 41 milioni destinati agli atenei migliori - attacca il rettore della Statale di Milano Gianluca Vago -. È un segnale disastroso, proprio per i giovani migliori, in un momento in cui diversi Paesi in Europa e nel mondo stanno offrendo loro condizioni molto più vantaggiose delle nostre». E anche da Bologna arrivano segnali di insofferenza e l’annuncio di forme di protesta per attirare l’attenzione del governo.

Che a dire il vero si sta già muovendo: il ministro per i Rapporti con il Parlamento Dario Franceschini ha assicurato che cercherà di recuperare quei fondi, sbloccando l’impasse tecnica che impedisce di stornarli dalla voce «investimenti» a quella per le spese correnti degli atenei, mentre il ministro dello Sviluppo economico Flavio Zanonato ha ribadito: «Adesso ci muoveremo perché questi finanziamenti alle università rientrino». Spiega il sottosegretario all’Istruzione Gabriele Toccafondi: «Cerchiamo di rimetterli nella legge di Stabilità, sono fondamentali sia per i bilanci delle università sia perché rappresentano l’elemento di valutazione e merito, cosa di cui c’è un gran bisogno».

Ma resta il fatto che le risorse promesse e poi sparite hanno il sapore amaro dell’ennesima occasione mancata. «Hanno ragione i rettori a protestare: il taglio dei 41 milioni che erano stati promessi agli atenei virtuosi è scandaloso», sottolinea il presidente del Veneto Luca Zaia parlando da «presidente di una Regione che vede le università di Padova, Verona e Venezia, stabilmente nella top five Anvur (Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della Ricerca, ndr ) delle eccellenze nazionali».

Incalzano pure i sindacati: «Si può comprendere la rigorosa attenzione al contenimento dei costi, ma è indice di grave miopia non capire che la spesa per dare più efficacia al sistema di istruzione è un investimento necessario al Paese», dice il segretario scuola Cisl Francesco Scrima. E Domenico Pantaleo, della Cgil, puntualizza: «Il punto vero è che non ci sono risorse per un sistema al collasso: molte università del Sud e qualcuna del Nord rischiano il default». Mentre Marcello Pacifico, dell’Anief, ricorda: «Così non ci agganceremo mai alla competitività degli altri Paesi europei». Protesta anche l’Unione studenti universitari: «Quarantuno milioni di euro potrebbero essere sfruttati per un piano di investimenti reale per le residenze universitarie», sottolinea il presidente Gianluca Scuccimarra.

Il compito di mediazione del ministro Maria Chiara Carrozza, stretta tra obiettivi da raggiungere e conti da far quadrare, non è certo facile: «Ma se fossi nei suoi panni- prova a consigliarle l’ex ministro all’Istruzione Beppe Fioroni, Pd - partirei da quattro mosse per riconoscere il merito: formazione continua dei docenti; riconoscimento del merito degli studenti di scuola superiore; un sistema di valutazione serio per i migliori cervelli; un piano che premi le migliori scuole». Ma ormai il decreto scuola è in dirittura d’arrivo e non c’è più tempo per apportarvi modifiche: il provvedimento approderà in Senato martedì 5 novembre e dovrà uscirne con il via libera definitivo entro l’11, pena la decadenza.

Fonte: Corriere della Sera

 

Sulla monetizzazione delle ferie non godute per l'a.s. 2012/13 la partita potrebbe non essere chiusa. I Dirigenti Scolastici stanno ottemperando in questi giorni all'applicazione della nota Mef del 4 settembre, secondo cui per quantificare le ferie da pagare ai supplenti bisogna detrarre i giorni di sospensione delle lezioni. Secondo il sindacato Anief è ancora possibile intervenire per ottenere il pagamento dell'intero periodo.

ANIEF infatti reputa che questa scelta del Ministero dell'Economia, derivante da un'interpretazione estrema dell'art. 54 della Legge n. 228/12, sia in palese contrasto con la Direttiva Comunitaria n. 2033/88, oltre che con la giurisprudenza nazionale, secondo la quale, al fine dalla quantificazione corretta dei giorni di ferie da assegnare ad ogni lavoratore non di ruolo, va necessariamente computato l'intero periodo lavorativo svolto. Fermo restando che in tutti quei casi in cui i giorni di ferie non sono stati fruiti, queste vanno necessariamente quantificate e pagate secondo la formula della modalità sostitutiva.

Anche i giorni di sospensione delle lezioni incidono, dunque, sulla quantità delle ferie da monetizzare ai supplenti temporanei in servizio nell'anno scolastico 2012/13.

“Quanto indicato dal Mef alle ragionerie dello Stato - dichiara Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir - non solo appare in evidente contrasto con il dispositivo previsto in Europa. Ma anche con le varie decisioni assunte dal giudice nazionale su casi simili: in passato, ad esempio, è stato stabilito che non si può ridurre il monte ore delle ferie da far percepire ai lavoratori della scuola sottraendo dal computo il numero di giorni che il dipendente ha passato nello stato di malattia. Ora, per estensione, lo stesso ‘metro', va applicato a coloro che al termine dell'anno scolastico chiedono all'amministrazione - conclude Pacifico - di veder monetizzare i propri giorni di ferie non godute”.

Per questo motivo, ANIEF ha predisposto a beneficio dei propri iscritti una procedura di diffida che potrà essere attivata da tutti coloro che non hanno ancora ricevuto il pagamento delle ferie non fruite nello scorso anno scolastico, ma anche da coloro che hanno subito la decurtazione del pagamento a causa dello scorporo dei giorni di sospensione delle lezioni.

Per attivare la procedura leggi il comunicato

Fonte: Orizzonte Scuola

 

"Anche la Camera dei Deputati delude le aspettative del personale precario della scuola". E' quanto afferma l'Anief, commentando l'approvazione del decreto legge n. 104 che, tra le altre novità, prevede l'assunzione di 60 mila precari ma "a costo zero" e in tre anni. L'organizzazione sindacale lamenta che "alla scarsità di posti vacanti e disponibili, visto che sarebbero quasi il doppio quelli che si sarebbero dovuti accordare, si è aggiunta oggi la grave decisione di non accompagnare il provvedimento con un'adeguata copertura finanziaria.

Al contrario di quanto accadde l'ultima volta, nel 2006, a tutti i docenti che verranno assunti nel triennio 2014-2016, si chiede di rimanere fermi allo stipendio base, senza progressioni di carriera, equiparando per ben 8 anni consecutivi la loro busta paga a quella dei precari". "Siamo di fronte ad un ricatto e a uno sfruttamento lavorativo - commenta Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir - al quale nessun cittadino europeo dovrebbe essere sottoposto. Secondo quanto indicato dall'Unione europea, infatti, le necessità legate ai finanziamenti statali non possono essere considerate imperative, perché violano chiaramente il diritto all'equo stipendio dei lavoratori. Questo decreto, inoltre, delude le attese riguardanti i portatori di handicap".

"Sempre tra i punti approvati dalla Camera, infatti, si prende atto della rimodulazione del numero di alunni con disabilità e della necessità di incrementare del 30% l'organico di diritto dei docenti di sostegno. Anche in questo caso, però, si poteva fare molto meglio perché per gli alunni con disabilità ci saranno meno garanzie: rimane in vita sia il problema dei tanti posti in 'deroga', con decine di migliaia di docenti a supporto degli alunni portatori di handicap gravi che rimangono precari, sia quello della riduzione del numero di posti di sostegno rivolti - conclude Pacifico - agli alunni con handicap meno gravi". Rimangono infine al palo tutti i 30mila insegnanti precari che lo Stato ha provveduto a selezionare, formare e abilitare, tramite concorso a cattedra o attraverso i Tfa ordinari: non saranno accolti nelle stesse graduatorie dove invece si trovano oggi i loro colleghi precari, allo stesso modo vincitori di procedure concorsuali o formati tramite analoghi percorsi universitari. Con gli emendamenti che avrebbero potuto sanare questa ingiustizia, presentati all'Aula della Camera anche dall'Anief, rigettati, reputati inammissibili o respinti.

Fonte: ANSA

 

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XXIV2012

 

 

 

In questo numero:

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I RICORSI

Dimensionamento: per evitare il licenziamento i Dsga costretti a cambiare regione

Ricorso contro il blocco quinquennale della mobilità per il personale docente neo immesso in ruolo 

Scheda di rilevazione dati Ricorso Mobilità - Trasferimenti