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Riflessione delle scuole e delle università a seguito della tragedia di Lampedusa; giornata mondiale dell'insegnate; lotta alla dispersione scolastica; attività motoria negli istituti scolastici.
Sferzata del presidente Napolitano ai governanti degli ultimi anni per aver attuato tagli alla cieca sull’istruzione pubblica italiana; soddisfazione del ministro Carrozza per l’approvazione del Decreto sulla Scuola; modifiche che associazioni e sindacati stanno cercando di far attuare al decreto; difficoltà ad assumere i 20mila docenti precari che si sono abilitati con il Tfa.
La Commissione Istruzione sta attuando la “scrematura”, con l’eliminazione delle modifiche inammissibili. Proteste del M5S, che si è visto negare dal presidente Galan (PdL) l’esame di 50 emendamenti su 163: come si fa a dire che classi ‘pollaio’ e latino falcidiato nei licei non sono attinenti? Tante le richieste fatte pervenire dell’Anief, tra cui l'approdo dei neo-abilitati nelle GaE. I timori del Ministro: alcune sono preoccupanti.
Il Decreto Legge sulla Scuola entra nel vivo. La Commissione Istruzione del Senato sta infatti provvedendo alla prima “scrematura” dei tanti emendamenti presentati sul testo approvato lo scorso 9 settembre dal Consiglio dei Ministri, prima di approdare in Gazzetta Ufficiale il 12 dello stesso mese.
Se è ancora presto per fare un resoconto sul destino delle modifiche richieste da tante parti in causa (oltre al mondo politico, hanno presentato emendamenti diversi sindacati e associazioni di categoria), dalle parole del ministro dell'Istruzione, Maria Chiara Carrozza, pronunciate il 14 ottobre a margine dell'iniziativa, sempre in Senato, “La memoria e l'immagine - La scuola”, si comprende che l’attenzione per i provvedimenti legislativi sulla scuola è davvero alta.
Dopo aver annunciato l’intenzione di comporre “un gruppo di giuristi, per ricostruire un percorso delle leggi che hanno fatto la scuola, anche di quelle parzialmente attuate, per valutare l'impatto di tutti i provvedimenti”, Carrozza sul decreto istruzione ha detto che “stiamo discutendo: ora stiamo valutando gli emendamenti. Stamattina c'era l'ammissibilità e iniziamo la discussione credo stasera in commissione Istruzione”, ha aggiunto. Per poi concludere: alcuni “sono più preoccupanti altri meno, ne stiamo discutendo. Penso sia corretto lasciare alla commissione Istruzione il dibattito nel rispetto dei ruoli. Il mio compito è dare il parere del Governo”.
E quello che la Commissione di Palazzo Madama sta assumendo è un ruolo tutt’altro che marginale: il presiedente, Giancarlo Galan (PdL), si è già pronunciato sulle richieste considerate inammissibili. Tra queste ve ne sarebbero addirittura 50, su un totale di 163, presentate dal M5S: non verranno neppure discusse in Commissione Istruzione. Su molte delle dichiarazioni di inammissibilità il M5S ha presentato altrettanti ricorsi, che però sono stati respinti.
Ai grillini bruciano, in particolare, le bocciature del testo che riguardano classi ‘pollaio’ e aumento delle ore di latino: “solo la scorsa settimana – dice la deputata Silvia Chimienti - è stato approvato in aula un decreto sul femminicidio che conteneva provvedimenti in materia di province e di militarizzazione dei territori a rischio (TAV). E oggi vengono a raccontarci che la questione delle classi pollaio non ha a che vedere con l'art. 4 del decreto che parla di tutela della salute nelle scuole! O ancora, rendono inammissibile l'emendamento all'art. 5 (potenziamento dell'offerta formativa) per ripristinare le ore di latino falcidiate dalla Gelmini nei licei, dicendo che non è materia disciplinata dal decreto... Forse – conclude Chimienti - abbiamo sbagliato noi a presentare emendamenti attinenti alla scuola in un decreto che si chiama ‘decreto scuola’”. Per poi lanciare la stoccata finale: “di fronte a questi giochi procedurali e all’utilizzo di cavilli pretestuosi, è evidente che manca la volontà politica di far ripartire sul serio l’istruzione pubblica del nostro Paese, e che le parole altisonanti di Letta e del Ministro Carrozza sono semplici proclami”.
Ma tra gli emendamenti al D.L. 101 vi sono anche, come dicevamo, quelli dei sindacati (presentati comunque tramite esponenti che siedono in Parlamento). L’Anief, che ha presentato un lungo elenco di modifiche riguardanti precariato, dimensionamento, Afam, GaE, concorso, Tfa, Pas, Sfp e neo-assunti, sostiene che “è giunto il momento che la politica si assuma le sue responsabilità e ristabilisca le regole del diritto senza più demandare tale compito ai tribunali. La sensibilità mostrata da quasi tutti gli schieramenti al dibattito animato dall’Anief in audizione dimostra che c’è una maggioranza in Parlamento sensibile al mondo della scuola”.
Tra gli emendamenti del sindacato autonomo ve ne sono alcuni che avrebbero un’incidenza immediata sull’organizzazione scolastica. Ad iniziare dalla deroga per l’assegnazione del dirigente e del Dsga con 300 alunni per le scuole situate in piccole isole, comunità montane, specificità linguistiche prevista dal DPR 233/98. Ma anche il ripristino dell’autonomia scolastica delle 1.700 scuole elementari, materne e medie sottodimensionate a causa della legge 111/11.
Non poteva mancare, tra le richieste dell’Anief, il capitolo precari: il sindacato di Marcello Pacifico ha chiesto, a tal proposito, l’inserimento degli abilitati del TFA/SFP e degli Idonei del Concorso nella terza fascia delle GaE. E il contestuale inserimento nella fascia aggiuntiva dei futuri abilitati con il PAS e con il nuovo TFA ordinario. Inoltre, vorrebbe la validità delle graduatorie di merito fino a concorso successivo. C’è poi la richiesta, tramite alcuni deputati di Scelta Civica, di garantire la distribuzione degli organici di sostegno entro il 2015/16 nel rispetto degli organici attivati a livello regionale nell’a.s. 2005/06, al fin di superare l’attuale disomogeneità. Tramite il M5S, l’Anief ha chiesto, infine, di cancellare il testo sulla formazione obbligatoria (peraltro da attuare solo in casi particolari, derivanti anche dai pessimi risultati degli alunni ai test Invalsi).
Se i giudici sovranazionali dovessero dire sì all’assunzione del personale della scuola italiana con 36 mesi di servizio, superando la Legge 106/2011, per molti si aprirebbero le porte del ruolo. Marcello Pacifico (Anief): finalmente tanti docenti e Ata troveranno giustizia nei tribunali, perché è impossibile aggirare il diritto dell’Unione.
Si torna a parlare dell’assunzione dei precari “storici” della scuola. Quelli, per intenderci, con almeno tre anni di supplenze svolte. Secondo una stima fornita il 13 ottobre dal quotidiano ‘Il Messaggero’, sarebbero almeno 20mila (poi ce ne sono circa altri 100mila, che vantano periodi di servizio inferiori). Ebbene, per loro, docenti in maggioranza ma anche tanti Ata, si sta avvicinando un pronunciamento storico: quello della Corte di Giustizia di Lussemburgo. A sollecitarlo, la scorsa estate, è stata anche la Corte Costituzionale, con ordinanza n. 207/13, depositata il 18 giugno 2013, che ha rimesso ai giudici di Lussemburgo la questione sulla compatibilità della normativa italiana con la direttiva comunitaria in tema di reiterazione dei contratti a termine e assenza di risarcimento del danno per i precari della scuola. Sotto accusa è l’aggiramento in Italia della direttiva comunitaria 1999/70/CE, che da quasi tre lustri non ammette deroghe sulle assunzioni a tempo determinato per i precari con almeno 36 mesi di servizio, avvenuto attraverso il Decreto Legge 70/2011, convertito nella Legge 106 del 12 luglio 2011. E pensare che un anno prima, nel 2012, la Cassazione sembrava aver chiuso i giochi, sostenendo che la norma nazionale era chiara e che fosse quindi inutile rivolgersi ad un corte internazionale super partes per sanare possibili conflitti con la norma comunitaria. Ma poi la Consulta ha riaperto le speranze dei precari italiani. E spostato la partita in Europa. Dove, tra l’altro, la Commissione del vecchio Continente ha già sollecitato Lussemburgo, per avere una risposta definitiva su quattro ricorsi pendenti presso il tribunale di Napoli.
“Si tratta di un momento storico – dichiara al ‘Messaggero’ Marcello Pacifico, presidente dell’associazione sindacale Anief – perché le se le osservazioni della Commissione Ue saranno accolte della Corte di Giustizia, migliaia di precari troveranno giustizia in tribunale e si porrà fine alla precarietà”. Nel caso il tribunale di Lussemburgo dovessero dare ragione ai ricorrenti italiani, per i giudici italiani non ci sarebbe più possibilità di scelta: “il giudice nazionale – tiene a sottolineare Pacifico – ha l’obbligo di applicare integralmente il diritto dell’Unione, disapplicando le disposizioni che contrastano con la legge nazionale”. Con la L. 106/2011 che andrebbe in soffitta senza essere abrogata. Dando il via libera all’immissione in ruolo, con tanto di risarcimenti danni, inizialmente ad almeno 20mila precari. Con altre diverse decine di migliaia pronti a rivendicare la stessa sorte. Ecco perché l’attesa per la decisione della Corte di Lussemburgo si fa sempre più colma di significato.