Replica di Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, alle dichiarazioni tranquillizzanti delle organizzazioni sindacali maggioritarie, a seguito del pre-accordo sottoscritto in settimana al Miur: stanno lavorando su un contratto che porterà dritti verso la chiamata discrezionale dei presidi. Ed è falso dire che la chiamata diretta è svincolata dalla sequenza contrattuale. Viene da chiedersi a cosa possa servire un referendum interno alle scuole su un argomento su cui il personale si è già espresso in modo netto: in 600mila hanno scioperato a maggio contro la riforma, il merito e per dire no proprio ad una modalità di selezione e di trasferimento del personale che non è compatibile con la PA. La sottoscrizione del contratto non è obbligatoria, l’atto unilaterale sulla mobilità fu prodotto nel 2011 e ora la proposta dell’amministrazione è molto più irricevibile.
“Firmare il contratto sulla mobilità sulla base della proposta del Miur, significa avallare la chiamata diretta dei docenti da parte dei presidi: pertanto, se i sindacati si renderanno artefici di questo accordo, si prenderanno una responsabilità enorme nei confronti dei loro iscritti”. A dirlo è Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, in risposta alle dichiarazioni tranquillizzanti delle organizzazioni sindacali maggioritarie prodotte nelle ultime ore, a seguito del pre-accordo sottoscritto in settimana con l’amministrazione scolastica.
“I sindacati rappresentativi – sostiene Pacifico – stanno lavorando attorno ad un contratto che attraverso una modalità sequenziale porterà dritti verso la chiamata diretta dei docenti da parte dei dirigenti scolastici. E viene da chiedersi a cosa possa servire portare il contratto in via di definizione all’attenzione dei lavoratori, facendo una sora di referendum interno alle scuole: il personale della scuola si è già espresso in modo netto, con 600mila dipendenti che hanno scioperato ad inizio maggio contro la riforma, il nuovo merito e per dire no proprio ad una modalità di selezione e di trasferimento del personale che non è compatibile con le amministrazioni pubbliche. Perché chiedergli di essere consenzienti, dal momento che si sono già espressi?”.
Anief ricorda che la firma del contratto sulla mobilità del personale non è un atto indispensabile: nel 2011, ad esempio, i sindacati non accettarono le modifiche imposte dalla Funzione Pubblica e quelle condizioni era decisamente più ricevibili di quelle di oggi. Inoltre, il giovane sindacato ritiene inappropriato pensare che la chiamata diretta non abbia nulla a che vedere con il contratto sulla mobilità. Quasi che si preveda un secondo confronto, a parte, sulla selezione dei docenti operata direttamente dai presidi. Invece, è evidente che il “pacchetto” è unico.
“Non è ammissibile pensare che la chiamata diretta sia svincolata dalla sequenza contrattuale – sostiene Pacifico – perché i docenti che si sposteranno a livello interprovinciale, qualora non si concretizzi con il primo ambito professionale, e per tutti gli assunti con le fasi B e C del piano straordinario della Buona Scuola, nelle intenzioni del Miur il destino è segnato sin d’ora. E sottoscriverlo nero su bianco, rappresenterebbe solo una conferma di questo atto illegittimo, con tanto di via libera del sindacato. Per tali motivi, il contratto sulla mobilità proposto ai sindacati diventa addirittura propedeutico all’attuazione della Legge”.
“Ci vuole coerenza – continua il presidente Anief – perché è palese che si sta avallando un sistema di trasferimenti difforme nei confronti del personale. Che si sposterà in base a criteri diversi, a seconda del tipo di destinazione o del momento in cui si è stati assunti. Si tratta di parametri inapplicabili, almeno per un sindacato a cui interessa prima di tutto la salvaguardia del lavoratore e dei suoi diritti. I quali sono stati acquisiti al momento dell’immissione in ruolo. Invece, qui si vuole far sembrare accettabile un accordo che avrà come conseguenze il passaggio dei docenti da una scuola all’altra sulla base dei voleri del dirigente scolastico. Pensare di convincere il personale ad accettare tutto questo è un tentativo che non possiamo accettare”.
“Non dimentichiamoci che gli effetti perversi di questo modello di mobilità comportano anche la scelta di personale che andrà ricoprire degli insegnamenti pur in assenza di specifica abilitazione, quindi su posti difformi rispetto a quelli per i quali si sono formati professionalmente e sono stati poi assunti. Quello che sta accadendo ai docenti del potenziamento, utilizzati su progetti improvvisati, è solo l’inizio di un quadro assurdo e sempre più desolante. I lavoratori della scuola non si meritano un trattamento del genere. I sindacati rappresentativi lo sanno bene e pensino a difenderli, ostacolando con tutti i mezzi – conclude Pacifico – l’adozione della Legge 107/15”.
Per approfondimenti:
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