Anief sostiene la protesta e nel pomeriggio presenta una serie di emendamenti al Decreto Scuola, tra cui quello che permetterebbe un’immediata e maggiore spendibilità del titolo conseguito da 20mila aspiranti docenti.
I precari della scuola tornano a manifestare il loro dissenso contro le promesse disattese da parte del Miur e lo sbarramento alla stabilizzazione lavorativa deciso dall’amministrazione statale: stamattina, dalle 10,00 alle 14,00, diverse centinaia di docenti abilitati durante la scorsa estate attraverso i “Tirocini Formativi Attivi” (TFA) si riuniranno a Roma, davanti al Ministero dell’Istruzione, per chiedere di dare un maggiore peso specifico al titolo conseguito, sia ai fini delle supplenze sia per avviare i presupposti per la loro progressiva assunzione a titolo definitivo.
L’Anief, nata proprio per tutelare i diritti dei precari della scuola, sostiene la manifestazione. Perché ritiene ingiusto negare a più di 20mila nuovi docenti l’immediata spendibilità lavorativa del titolo conseguito. Peraltro, a costi di sacrifici economici non indifferenti (4mila euro di tasse di iscrizione a corsista), dopo aver superato una dura selezione iniziale, un lungo corso universitario, decine di esami, un alto numero di ore di tirocinio svolte all’interno delle scuole ed una verifica finale dell’operato ad opera di una commissione accademica.
Sempre oggi, a partire dalle ore 15,00, il giovane sindacato presenterà in audizione ai componenti della VII Commissione Cultura della Camera una serie di emendamenti al D.L. 104/13, già approvato lo scorso 9 settembre dal Consiglio dei Ministri. Tra le modifiche al Decreto figura anche una revisione degli articoli che riguardano le graduatorie ad esaurimento, motivo della manifestazione di oggi al Miur: in particolare, l’Anief chiederà formalmente alla Commissione di competenza di unificare la quarta fascia delle graduatorie dei precari con la terza fascia. Con il conseguente inserimento dei docenti inseriti nelle graduatorie di merito di cui al D.D.G. n. 82 del 24.9.12, dei docenti iscritti ai corsi di Scienze della Formazione a partire dall’a.a. 2008-2009, con riserva se non ancora laureati e dei docenti abilitati con il TFA ordinario.
Tra le modifiche al Decreto Scuola che l’Anief chiederà di fare proprie, sempre alla VII Commissione Cultura della Camera, figura anche la necessità, nel rispetto della normativa nazionale (D.Lgs 29/93, D.Lgs 165/01) e comunitaria (direttiva 1999/90/CE), di cancellare l’invarianza finanziaria da disporre con un nuovo contratto che bloccherà la ricostruzione di carriera ai 26.264 docenti di materie curricolari, ai 13.400 ATA e ai 26.684 docenti di sostegno che saranno assunti nei prossimi tre anni su posti vacanti in organico di diritto.
Queste le altre richieste: l’introduzione dell’organico funzionale per i circa 4mila inidonei e insegnanti tecnico pratici in esubero; una deroga alle norme sul dimensionamento per garantire la peculiarità della sede di dirigenza nelle istituzioni scolastiche collocate in zone montane e piccole isole; il ripristino dei concorsi per ricercatore; la cancellazione del’obbligatorietà della formazione per quei docenti che operano in contesti particolari o cui alunni hanno fatto riscontrare basse valutazioni in occasione delle prove Invalsi.
Anief: è una posizione chiaramente in contrasto con le indicazioni comunitarie e con la giurisprudenza nazionale. Inevitabile il ricorso al giudice del lavoro.
Quando sembrava che la questione della monetizzazione delle ferie non godute nell'anno scolastico 2012/13 dal personale precario temporaneo volgesse al termine positivamente, è arrivata un’altra doccia fredda: il Ministero dell'Economia, attraverso la Nota del 4 settembre 2013, ha comunicato alla Ragioneria territoriale dello Stato, dopo il quesito espresso proprio da quest’ultima, che per quantificare le ferie da pagare al supplente occorre detrarre i giorni di sospensione delle lezioni. In base a questa originale interpretazione, bisognerebbe scorporare, ad esempio, i giorni di lavoro effettivamente svolti a scuola dalle vacanze di Natale e di Pasqua, ma anche da ogni eventuale sospensione della didattica per l'organizzazione di attività non prettamente scolastico-formative. Come l’attivazione dei seggi elettorali o lo svolgimento di pubblici concorsi.
Tuttavia, ai consulenti legali dell’Anief risulta che questa scelta del Ministero dell’Economia, derivante da un’adozione estrema dell'art. 54 della Legge n. 228/12, è in palese contrasto con la Direttiva Comunitaria n. 2033/88. Oltre che con la giurisprudenza nazionale. Secondo cui, al fine dalla quantificazione corretta dei giorni di ferie da assegnare ad ogni lavoratore non di ruolo, va necessariamente computato l’intero periodo lavorativo svolto. Fermo restando che i tutti quei casi in cui i giorni di ferie non sono stati fruiti, vanno necessariamente quantificati e pagati (formula della modalità sostitutiva).
Anche i giorni di sospensione delle lezioni incidono, dunque, sulla quantità delle ferie da monetizzare ai supplenti temporanei in servizio nell’anno scolastico 2012/13. “Quanto indicato dal Mef alle ragionerie dello Stato - ribadisce Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir - non solo appare in evidente contrasto con il dispositivo previsto in Europa. Ma anche con le varie decisioni assunte dal giudice nazionale su casi simili: in passato, ad esempio, è stato stabilito che non si può ridurre il monte ore delle ferie da far percepire ai lavoratori della scuola sottraendo dal computo il numero di giorni che il dipendente ha passato nello stato di malattia. Ora, per estensione, lo stesso ‘metro’, va applicato a coloro che al termine dell’anno scolastico chiedono all’amministrazione - conclude Pacifico - di veder monetizzare i propri giorni di ferie non godute”.
Dopo il dietrofront del Ministero dell’Istruzione sulle ferie ‘coatte’, che di fatto ha riabilitato quanto disposto dal CCNL sulle ferie dei precari agli artt. 13 e 19, presto potrebbe arrivare anche quello sulla quantificazione dei giorni da monetizzare. Ma per far valere questo diritto è necessario ricorrere al giudice del lavoro: tutti coloro che desiderano ricevere supporto sindacale per un’eventuale impugnazione possono inviare una e-mail a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..
Pacifico (Anief-Confedir): nel testo ufficiale del decreto approvato dal CdM si parla di “invarianza finanziaria”, che per diverso tempo bloccherà le buste paga a circa 1.200 euro al mese. E nemmeno si garantisce il rispetto del piano triennale: in caso di riduzione di posti e mancato turn over, saranno inevitabili le conseguenze negative sul contingente da stabilizzare. C’è già il precedente del concorso a cattedra, con i vincitori rimasti a casa perché le cattedre non erano più libere.
Le 69mila assunzioni decise dal Consiglio dei Ministri hanno un prezzo non indifferente: quello del mancato adeguamento stipendiale di tutti coloro che verranno immessi in ruolo nel prossimo triennio. È quanto si evince da un’analisi del testo ufficiale del decreto, approvato il 9 settembre, nella parte in cui si indica la necessità di avviare “una specifica sessione negoziale concernente interventi in materia contrattuale per il personale della scuola, che assicuri l'invarianza finanziaria”.
“Da parte del Governo, dunque, - spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir - vi è la chiara volontà di assumere del personale e mantenerlo per un tempo congruo con lo stipendio bloccato a circa 1.200 euro al mese. Addirittura inferiore a quello che docenti e Ata percepiscono oggi da precari. Con la leggera flessione dello stipendio dovuta, una volta assunti in ruolo, all’aumento delle trattenute fiscali e previdenziali. E questa situazione rimarrà tale per diverso tempo. Inoltre, anche se i dipendenti, in caso di ricorso, dovessero ottenere l’adeguamento, il pagamento non sarebbe comunque retroattivo. Quindi si tratta di mancati aumenti irrecuperabili”.
Ma c’è anche un altro provvedimento, sempre contenuto nel decreto governativo, che farà discutere: la stima di assunzioni fornita dal Governo e dal Ministro dell’Istruzione, Maria Chiara Carrozza, è relativa alle attuali vacanze di posti e alle ipotesi di pensionamento. Che potrebbero anche variare. Purtroppo pure in negativo. Facendo ridurre, in tal caso, il numero di immissioni in ruolo. Evidentemente non è bastato all’amministrazione quanto accaduto questa estate con il concorso a cattedra, con migliaia di posti spariti nel nulla a causa di errori tecnici di programmazione, un’ulteriore “stretta” agli organici e il blocco del turno over imposto dalla riforma Fornero.
In base a quanto stabilito a Palazzo Chigi, inoltre, gli istituti con meno di 900 alunni verranno accorpati. E perderanno il dirigente scolastico. “Anziché aggirare la sentenza della Consulta - commenta Pacifico - sarebbe stato sicuramente più opportuno ripristinare il principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni. Annullando quella norma che ha già prodotto la soppressione di almeno 1.500 istituti scolastici”.
Il decreto legge recante misure urgenti per la scuola, approvato il 9 settembre dal Consiglio dei Ministri.
SCHEDE DI APPROFONDIMENTO DELLE NORME RIGUARDANTI I LAVORATORI DELLA SCUOLA
Articolo 12
Dimensionamento delle istituzioni scolastiche.
Al fine di consentire l'ottimale dimensionamento delle istituzioni scolastiche e la programmazione degli organici, all'articolo 19 del decreto-legge 6 luglio 2011, n . 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n . 111, sono apportate le seguenti modificazioni :
“Alle” sostituito da “Negli anni scolastici 2012/2013 e 2013/2014 alle istituzioni scolastiche autonome costituite con un numero di alunni inferiore a 500 unità, ridotto fino a 300 per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche, non possono essere assegnati dirigenti scolastici con incarico a tempo indeterminato. Le stesse sono conferite in reggenza a dirigenti scolastici con incarico su altre istituzioni scolastiche autonome”.
“A decorrere dall'anno scolastico 2012-2013”, sostituito da “Negli anni scolastici 2012-2013 e 2013-2014 le dotazioni organiche del personale docente, educativo ed ATA della scuola non devono superare la consistenza delle relative dotazioni organiche dello stesso personale determinata nell’anno scolastico 2011/2012 in applicazione dell’articolo 64 del decreto-legge 25 giugno 2008, n.112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n.133, assicurando in ogni caso, in ragione di anno, la quota delle economie lorde di spesa che devono derivare per il bilancio dello Stato, a decorrere dall’anno 2012, ai sensi del combinato disposto di cui ai commi 6 e 9 dell’articolo 64 citato”.
“I criteri per l'individuazione delle istituzioni scolastiche ed educative sede di dirigenza scolastica e di direttore dei servizi generali e amministrativi sono definiti con accordo in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n . 281, fermi restando gli obiettivi finanziari di cui ai commi 5 e 5-bis, come modificati dalla legge 12 novembre 2011, n . 183, su proposta del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze. Fino al termine dell'anno scolastico nel corso del quale è adottato l'accordo di cui al periodo precedente si applicano le regole di cui ai commi 5 e 5-bis”.
(…) “Dall'attuazione del presente articolo non possono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”. COMMENTO ANIEF: la decisione presa dal Governo sul dimensionamento è sbagliata, perché in questo modo si vuole aggirare la decisione della Consulta. Si tratta della sentenza n. 147 del 7 giugno 2012, che ha reputato incostituzionale la norma voluta dal Parlamento con cui sono state soppressi almeno 1.500 istituti scolastici: in particolare, la Corte Costituzionale ha abrogato l'articolo 19, comma 4, del decreto legge 98 del 2011, poi legge 111/2011, nella parte che fissava l'obbligo di accorpamento in istituti comprensivi di scuole d'infanzia, primaria e medie con meno di mille alunni. Quella sentenza dei giudici, oltre a ripristinare il principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni, aveva inviato un chiaro segnale verso il Governo. Che ora viene disatteso.
In base a quanto approvato il 9 settembre dal CdM, gli istituti con meno di 900 alunni sono infatti destinati ad essere accorpati. E perderanno il dirigente scolastico. Sarebbe stato invece opportuno ripristinare i valori concordati con le Regioni nel 1999.
Art. 16
Personale scolastico
1. “Per garantire continuità nell'erogazione del servizio scolastico ed educativo e conferire il maggior grado possibile di certezza nella pianificazione degli organici della scuola, in esito a una specifica sessione negoziale concernente interventi in materia contrattuale per il personale della scuola, che assicuri l'invarianza finanziaria, con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, nel rispetto degli obiettivi programmati dei saldi di finanza pubblica, nell'ambito delle risorse rese disponibili per effetto della predetta sessione negoziale, è definito un piano triennale per l'assunzione a tempo indeterminato di personale docente, educativo e ATA, per gli anni 2014-2016, tenuto conto dei posti vacanti e disponibili in ciascun anno, delle relative cessazioni del predetto personale e degli effetti del processo di riforma previsto dall'articolo 64 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n . 133, fatto salvo quanto previsto in relazione all'articolo 2, comma 414 ,della legge 24 dicembre 2007, n. 244. Il piano è annualmente verificato dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, d'intesa con il Ministero dell'economia e delle finanze e con la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica, ai fini di eventuali rimodulazioni che si dovessero rendere necessarie, fermo restando il regime autorizzatorio in materia di assunzioni di cui all'articolo 39, comma 3-bis, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 e successive modificazioni”. COMMENTO ANIEF: tra le righe del comma 1 dell’art. 16 del decreto approvato dal Consiglio dei Ministri, si evince che il governo ha avallato l’assunzione di un “piano triennale per l'assunzione a tempo indeterminato di personale docente, educativo e ATA, per gli anni 2014-2016” ancora non è quantificabile. La stima di assunzioni fornita dal Governo e dal Ministro dell’Istruzione, Maria Chiara Carrozza, è relativa alle attuali vacanze di posti e alle ipotesi di pensionamento. Che potrebbero anche variare. Purtroppo pure in negativo. Facendo ridurre, in tal caso, il numero di immissioni in ruolo. Evidentemente, quanto accaduto questa estate con il concorso a cattedra, con migliaia di posti spariti a causa di errori tecnici di programmazione, un’ulteriore “stretta” agli organici e blocco del turno over, non è bastato all’amministrazione.
Sempre nel comma 1 dell’articolo 16 è presente un’altra grave decisione del legislatore: quella di legare le assunzioni all’invarianza finanziaria degli stipendi. Pertanto tutti coloro che verranno immessi in ruolo verranno rimarranno fermi allo stipendio da precari. Anzi, per il maggior numero di trattenute fiscali e previdenziali, il loro stipendio subirà anche una leggera flessione. E rimarrà tale per diverso tempo.
2. Al fine di assicurare continuità al sostegno agli alunni con disabilità, all'articolo 2, comma 414, della legge 24 dicembre 2007, n . 244, dopo il primo periodo è aggiunto il seguente : "La predetta percentuale è rideterminata, negli anni scolastici 2013/2014 e 2014/2015, in misura pari rispettivamente al settantacinque per cento e al novanta per cento ed è pari al cento per cento a decorrere dall'anno scolastico 2015/2016".
3. Il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca è autorizzato, a decorrere dall'anno scolastico 2013/2014, ad assumere a tempo indeterminato docenti a copertura di tutti i posti vacanti e disponibili nell'organico di diritto di cui all'articolo 2, comma 414, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, ferma restando la procedura autorizzatoria di cui all'articolo 39, comma 3-bis, della legge 27 dicembre 1997, n. 449. COMMENTO ANIEF: se si vuole rispettare la normativa comunitaria in tema di contratti a termine e quella nazionale in tema di diritto all’istruzione, visto anche il progressivo aumento delle iscrizioni del numero degli alunni con handicap certificato (132.000 nell’a.s. 2000/01, 187.000 nell’a.s. 2006/07, 201.000 nell’a.s. 2012/13), non è soltanto necessario dopo due anni aggiornare il criterio di determinazione dell’organico di quello complessivamente attivato, incrementando la percentuale. Ma occorre stabilizzare 37.000 docenti di sostegno rispetto ai 63.000 assunti a tempo indeterminato.
La direttiva 1999/70/CE può giustificare le supplenze soltanto se i posti non sono vacanti e disponibili, ma se deve essere rispettato il rapporto medio di 1 a 2 tra insegnanti ed alunni è evidente che il fabbisogno naturale sia di 100.000 docenti di sostegno in organico di diritto. Ogni diversa soluzione alimenterebbe il contenzioso delle famiglie per l’assegnazione del docente di sostegno e degli insegnanti per la trasformazione dei contratti a tempo indeterminato e l’assegnazione della domanda risarcitoria.
Non a caso, l’Anief ha deciso di promuovere l'iniziativa “Sostegno: non un'ora di meno!” per l'immediata attivazione, con ricorsi d’urgenza, di nuovi posti di sostegno in organico e il recupero delle ore negate agli alunni con disabilità grave riconosciuta ai sensi dell'art. 3, comma 3 della Legge 104/92.
Art. 29
Reclutamento dei dirigenti scolastici
5. “(…) i docenti di cui al comma 1 del predetto articolo 459, che prestano la propri a attività d'insegnamento presso istituzioni scolastiche autonome, non assegnate a dirigenti scolastici con incarico a tempo indeterminato o alla conferma degli incarichi di presidenza di cui all'art . 1sexies del decreto-legge 31 gennaio 2005, n . 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n . 43, ma conferite in reggenza a dirigenti aventi incarico presso altra istituzione scolastica autonoma, possono ottenere l'autorizzazione all'esonero dall'insegnamento”. COMMENTO ANIEF: in quelle regioni dove i concorsi per dirigenti scolastici non si sono ancora conclusi, a causa delle irregolarità organizzative, il Governo prevede l’assegnazione di incarichi temporanei di presidenza a reggenti, assistiti da docenti incaricati. Questi ultimi saranno esonerati dall’insegnamento. Premesso che il sindacato ha da sempre reputato fondamentale, da una parte, salvaguardare i diritti dei vincitori del concorso per dirigente scolastico, chiedendone la stabilizzazione, e dall’altra rinnovare la procedura concorsuale per tutti i ricorrenti che non si sono arresi all’imposizione del Miur di sottoporli a trovare una soluzione impossibile per rispondere a centinaia di quiz errati o inesatti, l’Anief coglie l’occasione per ricordare che per i docenti che sostituiscono il capo d’istituto per oltre 15 giorni spetta l’assegnazione del compenso previsto dal Ccnl. Il motivo è evidente: ricoprono funzioni superiori. Non regge la tesi, condotta fino ad oggi Miur, di aggirare il pagamento (fino a 10mila euro l’anno) imputandolo sul Fis o rivendicando la spending review. Dopo quello di Milano, anche il Tribunale di Lavoro di Frosinone ha confermato la tesi dell’Anief prodotta oltre un anno e mezzo fa.
Se confermate saranno una prima risposta alla denuncia Anief su 100.000 posti vacanti e disponibili e al pressing del Sindacato sulla Corte di Giustizia dell'Unione Europea grazie alle migliaia di ricorsi depositati. Il possibile aumento di 1/3 dei posti previsti nel piano programmatico di immissioni in ruolo che il Governo potrebbe approntare andrebbe nella giusta direzione ma dovrebbe essere accompagnato dalla cancellazione della riforma Gelmini e dal ripristino dei 200.000 posti e delle 2.000 scuole autonome cancellate negli ultimi sei anni.
Non è soltanto il vento elettorale a rendere più attento l’atteggiamento del legislatore e del Governo al personale precario della scuola ma la decisa azione giudiziaria nei tribunali della Repubblica portata avanti dal Sindacato, che già aveva convinto l’ex ministro Gelmini a sbloccare 67.000 immissioni in ruolo dopo il blocco del piano programmatico di 150.000 assunzioni previsto dall’ex ministro Fioroni.
Centinaia di tribunali del lavoro, a seguito dei ricorsi dell’Anief, hanno condannato il Miur a pagare scatti biennali, mensilità estive e risarcimenti per reiterazioni dei contratti, in media 20.000 euro a precario, con punte di 150.000 euro al Tribunale di Trapani, nonostante una sentenza della Cassazione. Anche la Corte costituzionale si è dovuta fermare, rinviando alla Corte di giustizia europea la questione della compatibilità della deroga introdotta dalla legge 106/11 sulla stabilizzazione dei precari della scuola. Che ben vengano allora queste immissioni, se veramente programmate come sembrerebbe dalle ultime indiscrezioni; un nuovo segnale d’apertura rispetto a una situazione giuridica insostenibile.
"Ma il Parlamento dovrà anche cancellare i tagli prodotti dalla legge 133/2008", dichiara Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo della Confedir. "Una riforma - continua Pacifico - intesa come ricostruzione della situazione pregressa e fotografata all’a.s. 2007/2008 in termini di organici, tempo scuola, scuole autonome che deve necessariamente ripartire dalla centralità assunta dall’istituzione scolastica nella vita di milioni studenti e famiglie italiane. Per questa ragione, Anief chiederà al Parlamento di esaminare con estrema attenzione il decreto del Governo sulla Scuola calendarizzato per il 9 settembre 2013, non appena approvato, senza dimenticare però anche tutti quei precari che insegnano nei Conservatori o nell’Università e che attendono il riconoscimento del servizio prestato per il Paese".
Anief-Confedir: colpa di chi governa lo Stato, che continua a far prevalere le logiche di “cassa” anziché favorire il turn over e assumere i precari dopo tre anni di supplenze.
Nella scuola italiana tutto è possibile: anche essere assunti a 66 anni. È quanto accaduto a due collaboratrici scolastiche in servizio nella provincia di Modena, immesse in ruolo dopo un lungo precariato. Le due donne, nate del 1947, non ci speravano più. E come loro una collega, sempre emiliana, che ha firmato l’assunzione a tempo indeterminato a 65 anni. L’aspetto paradossale è che devono anche sentirsi fortunate, visto l’alto numero di dipendenti della scuola andati in pensione da precari e senza una ricostruzione di carriera: colpa di chi governa lo Stato, che continua a far prevalere le logiche di “cassa”, piuttosto che garantire un servizio formativo stabile, assumendo regolarmente il personale che negli anni ha acquisito professionalità ed esperienza. E così, a 66 anni, anziché recarsi all’Inps per sottoscrivere le pratiche della pensione, si accetta la proposta di assunzione.
Secondo Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir, “purtroppo siamo arrivati al punto che i tanti casi di ultrasessantenni assunti nella scuola, come quello della docente 62enne di educazione artistica del grossetano, tra l’altro costretta a rifiutare il ruolo perché la proposta su più scuole presentatagli dall’amministrazione era incompatibile con i suoi spostamenti, non dovrebbero più farci meravigliare: basti pensare che in un colpo solo, senza gradualità, grazie alla riforma Fornero, dal 1° gennaio 2012 tutte le dipendenti della scuola, che costituiscono oltre l’80% del personale docente e Ata, sono state costrette a rimanere in servizio fino a 66 anni e tre mesi di età”.
I numeri, in questi casi, indicano la situazione meglio di qualsiasi spiegazione: quest’anno sono stati collocati in pensione 10.860 docenti e 3.662 tra amministrativi, tecnici ed ausiliari. Appena 14.522 lavoratori, un numero che corrisponde alla metà dei dipendenti pensionati del 2102 (lasciarono in 27.754), suddivisi tra 21.114 docenti e 5.338 Ata. E il dato odierno diventa ancora più clamoroso se si va a raffrontare con le cessazioni dal servizio del 2007, quando furono collocati in pensione più di 35mila dipendenti.
Se è vero che anche negli altri comparti, pubblici e privati, la situazione ha raggiunto livelli preoccupanti, con l’Istat che ha dichiarato il sorpasso dei precari rispetto ai dipendenti stabilizzati, la scuola continua ad essere il settore dove più degli altri si continua a derogare alla direttiva comunitaria, la 1999/70/CE, che da 13 anni impone ai Paesi che fanno parte dell’Ue di assumere tutti i lavoratori che hanno svolto 36 mesi di servizio nell’ultimo quinquennio. Per tenere i precari lontano dal ruolo si è fatto di tutto: dalle deroghe alle direttive Ue, a partire dalla Legge 106/2011, al taglio di 200mila posti solo negli ultimi sei anni; dalle classi-pollaio alla riduzione del tempo-scuola ai minimi termini e alla soppressione incostituzionale di 4mila istituti.
Esemplare, in questo senso, è la recente mancata immissione in ruolo di 3.730 Ata. Con il ripetersi dello 'scaricabarile' del 2012, quando per attendere la fine della vertenza su oltre 4mila docenti inidonei e quasi mille Itp titolari delle classi di concorso C999 e C555, che secondo il Governo Monti si sarebbero dovuti ‘declassare’ tra gli Ata, si è deciso di non decidere. L'assunzione dei circa 5.300 Ata, avvenuta nei giorni scorsi, seppur escludendo amministrativi e tecnici, sembrava un primo passo verso la normalizzazione del reclutamento del personale non docente della scuola. Ed ora, a distanza di un anno, la storia si ripete.
"Non si capisce – continua Pacifico - per quale motivo l'amministrazione, assistita dal Governo, non metta al primo posto le esigenze legate all'efficienza del servizio scolastico. Invece di incaponirsi su operazioni che mortificano tantissimi professionisti, in buona parte vittime di seri problemi di salute, anche derivanti da cause di servizio, utilizzandoli su ruoli a loro sconosciuti, perché non si impegna a produrre delle norme che rilancino la nostra scuola? Perché non si chiede cosa ha portato la Consulta a dichiarare incostituzionale il dimensionamento di 2mila istituti? Perché - conclude il sindacalista Anief-Confedir - non approfondisce i motivi che hanno convinto la Corte di Giustizia Europea ad avviare una procedura d'infrazione contro l'Italia per la mancata attuazione della normativa che tutela la stabilizzazione dei precari?".