Precariato

Appello del sindacato al Governo a pochi giorni dall’approvazione del piano triennale di immissioni in ruolo: le 44mila in tre anni annunciate dal Ministro Carrozza non bastano. Ecco i numeri veri: 14.200 cattedre libere, 37.000 di sostegno, 25.000 Ata, 25.000 pensionati in due anni.

Non si può assumere al ribasso: solo nelle graduatorie ci sono 250mila precari. A cui si aggiungo 20mila abilitati con Tfa ordinario e migliaia di vincitori di concorso rimasti a spasso. Indispensabili anche una serie di misure parallele: sbloccare ‘Quota96’, aumentare le ore di tempo scuola, portare l’obbligo formativo a 18 anni, far tornare autonome 2mila scuole oggi in reggenza. Pacifico: se non si agisce subito ci ritroveremo con insegnanti stanchi e demotivati, costretti a trasmettere conoscenze a classi-pollaio di 30 e più alunni. Mentre le nuove leve invecchiano in attesa di subentrare.

Dopo il concorso a cattedra, anche il piano triennale di immissioni in ruolo che l'amministrazione scolastica si appresta a varare attraverso il Consiglio dei Ministri ha alte possibilità di rivelarsi un flop: sia perché il numero di docenti e Ata da assumere (44mila) corrisponde a meno della metà dei posti effettivamente liberi nel prossimo triennio (oltre 100mila), sia perché ad oggi non è prevista alcuna misura di accompagnamento necessaria a garantire un vero ricambio generazionale tra gli insegnanti.

Anief-Confedir ricorda che già in passato abbiamo assistito a programmi di assunzioni poi clamorosamente naufragati. Come quello del 2006, deciso dal Governo Prodi, con solo una parte dei 150mila docenti e Ata stabiliti che hanno trovato un posto stabile nella scuola per colpa delle intransigenze dei governi successivi. Assieme alle assunzioni, da aumentare, bisogna quindi permettere di collocare in pensione il personale ultra 60enne con almeno 36 anni di contributi. Che non può attendere ancora cinque anni per andarsene. Già il raffronto tra coloro che hanno lasciato un anno fa e quelli che andranno via domani, 1° settembre, a seguito dell’entrata in vigore della riforma Fornero, è significativo: a Campobasso nel 2012 sono andati in pensione 113 docenti e Ata; quest’anno saranno appena 34. A Terni lo scorso anno hanno lasciato la scuola in 93; ora se ne andranno solo in 22. Un ultimo esempio: a Salerno gli ultimi pensionati sono stati 676; domani lasceranno il servizio in 201.

"Per rendere efficace il piano di immissioni in ruolo in approvazione probabilmente nel CdM del 9 settembre - sostiene Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir - occorre prima di tutto favorire il pensionamento del personale con oltre 60 anni di età e 35 di contributi, catalogato come ‘Quota96’, ottusamente costretto a rimanere in servizio per via della riforma Fornero. Occorre poi agire sul tempo scuola, tornando alle ore di offerta formativa precedenti alla Legge 133 del 2008 voluta dai ministri Tremonti e Gelmini, e portare l’obbligo formativo a 18 anni".

"Ma anche riabilitare - continua Pacifico - il DPR 233/1998 sul dimensionamento ‘ottimale’, oltre che rispettare la sentenza della Consulta 147/2012, liberando dagli accorpamenti oltre 2mila scuole primarie e secondarie di primo grado, oggi dirette da dirigenti scolastici costretti a dividersi anche su tre-quattro istituti e a gestire oltre 400 dipendenti. Già agendo su questi fronti, si recupererebbero una parte dei 200mila posti tagliati negli ultimi sei anni, garantendo così ai vincitori di concorso di essere immessi in ruolo su quei posti liberi che in questi giorni in molte province sono risultati spariti. Ma anche di introdurre nella scuola finalmente del personale giovane, anziché il 60% dei nuovi assunti con oltre 50 anni".

Complessivamente quest’anno andranno in pensione 10.860 docenti e 3.662 tra amministrativi, tecnici ed ausiliari: si tratta di appena 14.522 lavoratori, un numero che corrisponde alla metà di quelli del 2102: lo scorso anno furono 27.754, suddivisi tra 21.114 docenti e 5.338 Ata (a cui si aggiunsero 35 del personale educativo, 207 insegnanti di religione cattolica e 1.060 dirigenti scolastici). Ma il dato odierno diventa ancora più clamoroso se si va a raffrontare con le cessazioni dal servizio di qualche anno prima. Come nel 2007, quando lasciarono oltre 35mila.

È evidente che la scuola italiana doveva assorbire la riforma Fornero in modo diverso. Il nostro Paese, infatti, annovera già da tempo i docenti più vecchi dell’area Ocse, con l’età media attorno ai 50 anni. E manda in ruolo la maggior parte dei precari sempre a quella età. Ora, con le nuove norme che obbligano ad andare in quiescenza non prima dei 65-67 anni, ci ritroveremo con un numero altissimo di insegnanti stanchi e demotivati, costretti a trasmettere conoscenze a classi-pollaio di 30 e più alunni.

“Sarebbe stato sicuramente più opportuno – continua il sindacalista Anief-Confedir – dare la possibilità a chi ha svolto 25 anni di insegnamento di rimanere nella scuola con il ruolo di tutor dei giovani docenti: una modalità già adottata in diversi Paesi. Perché non grava sulla previdenza, dà impulso alla didattica, migliorando la formazione delle nuove leve, e favorisce il turn over”.

Una volta adottate misure ad hoc per la scuola, il Miur farebbe bene anche a rivedere i conti sulle assunzioni da attuare nel triennio 2014-2016. In questo momento, infatti, vi sono oltre 14mila cattedre rimaste libere. A cui vanno aggiunti 37mila posti di sostegno e circa 25mila tra amministrativi, tecnici ed ausiliari. Considerando un minimo di altri 25mila pensionamenti nel prossimo biennio, si superano i 100mila posti. Perché, invece, il Miur si appresta a prevederne appena 44mila?

“Anziché continuare a dire che occorre investire nella scuola e che è finita l’epoca dei tagli – incalza Pacifico - il Governo faccia propri questi dati incontrovertibili. E provveda a cancellare quelle deroghe esplicite, come la legge 106/2011, alle norme europee (direttiva 1999/70/CE) che continuano a essere sanzionate dai tribunali del lavoro e a generare nuove procedure comunitarie d’infrazione a carico dello Stato italiano”.

“I fatti – conclude il sindacalista - dimostrano che non basta varare un piano di assunzioni: negli ultimi dieci anni è stata attuata l’immissione in ruolo di circa 300mila docenti e Ata, ma nello stesso periodo lo Stato ha adottato una serie di riforme improntate alla riduzione della dotazione organica. Con il risultato di creare altri 250mila docenti e Ata precari, oggi inseriti nelle graduatorie ad esaurimento in attesa dell’assunzione. A cui si aggiungono 20mila neo abilitati tramite Tfa, inspiegabilmente lasciati fuori, e migliaia vincitori del concorso a cattedre che dovranno attendere chissà quanto prima di prendere il ruolo”.

PROFILO PROFESSIONALE
NUMERO POSTI LIBERI E ASSUNZIONI

DA REALIZZARE NEL PROSSIMO TRIENNIO

Docenti delle discipline curricolari

14.200

Docenti di sostegno

37.000
Personale Ata
25.000

Pensionamenti previsti nel prossimo biennio (almeno)

25.000
           Totale                                     101.200

 

Anief-Confedir: è una docente di educazione artistica del grossetano, ma non è una rarità perché il 60% dei neo-assunti ha almeno 50 anni

Pacifico: “grazie” alla riforma Fornero e all’esclusione dei neo abilitati dalle GaE sarà sempre più frequente arrivare al ruolo alle soglie della pensione. Però non è detta l’ultima parola: la Corte di Giustizia europea potrebbe mettere le cose a posto.

Oggi la scuola italiana batterà un altro dei suoi poco invidiabili record: metterà in ruolo una docente di 62 anni, di cui 33 passati a fare la precaria. La storia è quella della professoressa Lia Baffetti, classe 1951, di Castell'Azzara, in provincia di Grosseto, che questa mattina, a 36 anni dal conseguimento dell'abilitazione, si recherà nell’ufficio scolastico territoriale per sottoscrivere l’assunzione a tempo indeterminato nella classe di concorso A028 (educazione artistica nelle scuole medie). La docente ha spiegato al quotidiano “Il Tirreno”, “che lo Stato, alle soglie del pensionamento, mi assume e mi gratifica come avrei voluto che accadesse 30 anni fa. Non fraintendete: a scuola vado volentieri, ma questo posto ho come la sensazione di toglierlo a un insegnante giovane”.

Purtroppo non è una sensazione: degli 11.542 nuovi docenti che verranno immessi in ruolo in questi giorni – ma non tutti i vincitori del concorso a cattedra, per i quali i posti liberi sono spariti oppure non sono pronte le graduatorie definitive – quasi il 60% ha oltre 50 anni di età. Un numero altissimo, che andrà ad invecchiare la già alta media dei docenti di ruolo: secondo il rapporto 'Education at a glance', pubblicato a fine giugno, nel 2011 il 47,6% dei maestri elementari, il 61% di quelli delle medie e il 62,5% delle superiori aveva oltre 50 anni. Con il risultato che oggi i nostri alunni si ritrovano davanti insegnanti anziani, stanchi e demotivati. Mentre i giovani vengono lasciati fuori.

“L’aspetto paradossale di questi numeri, che non hanno bisogno di commento per quanto sono evidenti, – sostiene Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – è che le regole che l’amministrazione scolastica italiana si è data negli ultimi mesi produrranno nel tempo un’ulteriore innalzamento dell’età media dei nostri docenti destinati ad essere assunti. Perché alla riforma Fornero, che costringe oltre l’80% del corpo docente italiano, composto da donne, a rimanere in servizio fino a 66 anni e tre mesi, si è aggiunta la decisione di lasciare fuori dalle Graduatorie ad esaurimento i circa 20mila neo-abilitati attraverso i Tfa ordinari. Una decisione presa, tra l’altro, nei confronti di aspiranti docenti che hanno speso tra i 3mila e i 4mila euro ciascuno. E per formare i quali lo Stato ha investito a sua volta ingenti risorse”.

Il sindacato coglie l’occasione, quindi, per chiedere al Miur di rendere spendibili i titoli conseguiti al termine di lunghi, faticosi e dispendiosi corsi: altrimenti lo si dica prima che equivalgono a “carta straccia”. Così un abilitato è cosciente che occorre attendere anche tre decenni prima di essere assunto. E non si pensi che quella della docente del grossetano sia un’eccezione: sono decine di migliaia i supplenti della scuola che hanno iniziato la loro carriera da insegnanti nei primi anni Ottanta. E che oggi, ormai 60enni, dopo aver collezionato titoli universitari, abilitazioni, idoneità, master e specializzazioni, sono ancora alla ricerca dell’immissione in ruolo per colpa dell’inefficienza dello Stato e dei Governi che si sono succeduti.

“Con la giustificazione di introdurre manovre di risparmio della spesa pubblica – ricorda Pacifico - si continua a derogare alla direttiva comunitaria, la 1999/70/CE, che da 13 anni impone ai Paesi che fanno parte dell’Ue di assumere tutti i lavoratori che hanno svolto 36 mesi di servizio nell’ultimo quinquennio. Come si continua a non tenere conto del decreto legislativo 368/01, che dava seguito a questa direttiva a livello nazionale. Per non parlare dell’oltraggio che si perpetra nei confronti dell’articolo 1 della Costituzione. Per tenere i precari lontano dal ruolo si è fatto di tutto: dalle deroghe alle direttive Ue, a partire dalla Legge 106/2011, al taglio di 200mila posti solo negli ultimi sei anni; dalle classi-pollaio alla riduzione del tempo-scuola ai minimi termini, dalla soppressione incostituzionale di 4mila istituti alla sparizione di altrettanti dirigenti e Dsga”.

Tuttavia, è fuori di dubbio che la scuola senza docenti precari morirebbe. Ogni sette insegnanti di ruolo vi è un supplente. Con province dove si concentra il 50 per cento di personale precario. “Ora, visto che lo Stato continua a ‘traccheggiare’ la loro assunzione potrebbe comunque per tanti di loro diventare realtà: con ordinanza n. 207/13, la Corte Costituzionale ha infatti rinviato alla Corte di Giustizia europea la questione sulla compatibilità della normativa italiana con la direttiva comunitaria in tema di reiterazione dei contratti a termine e assenza di risarcimento del danno per i supplenti con oltre tre anni di servizio. Che potrebbero così entrare di ruolo senza più attendere 30 anni”.

28 agosto 2013
Ufficio Stampa Anief
www.anief.org

Per il sindacato è inaccettabile e incostituzionale la soluzione del Governo di attivare delle "procedure selettive" tra il personale che da tanti anni opera con profitto nei comparti pubblici.

Le norme sulla stabilizzazione dei precari approvate oggi dal Consiglio dei ministri rappresentano solo un timido segnale di attenzione verso l’operato di decine di migliaia di dipendenti. Rimaniamo esterrefatti di fronte alla prospettiva che decine di migliaia di precari continueranno a rimanere fuori dai procedimenti di stabilizzazione: attivare delle "procedure selettive" perché tra coloro che hanno avuto un contratto a tempo determinato per tre anni negli ultimi cinque "si scelgano i migliori", come ha dichiarato il ministro per la Pubblica amministrazione e la Semplificazione, Gianpiero D'Alia, rappresenta una soluzione inaccettabile e incostituzionale.

“Dopo centinaia di sentenze dei tribunali del lavoro di tutta Italia - dichiara Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario nazionale organizzativo della Confedir – e diverse procedure d’infrazione, oltre ad un’ordinanza della Consulta alla Corte di Lussemburgo in merito all’abuso del precariato della scuola italiana, il Governo cerca di ricorrere ai ripari con concorsi riservati a tutti i precari della pubblica amministrazione. Ma non possiamo dirci soddisfatti con la decisione di attivare ulteriori concorsi riservati, dopo quella di prorogare migliaia di contratti in scadenza solo di qualche mese. L’unica soluzione praticabile – continua Pacifico - è la loro stabilizzazione, come già avvenuto nel 2006 con l’approvazione della Finanziaria 2007 di chi aveva più di 36 mesi di servizio”.

Secondo Anief-Confedir, nel nostro ordinamento siamo obbligati a recepire la normativa comunitaria. Quanto stabilito dal Consiglio dei Ministri, quindi, non inibirà le domande risarcitorie relative al periodo di precariato pregresso o, nel caso del personale precario della scuola, al pagamento degli scatti biennali di anzianità.

“Anziché varare dei provvedimenti a metà – continua il sindacalista Anief-Confedir - il Governo si assuma le proprie responsabilità sino in fondo: dopo l’approvazione della Legge Bassanini, infatti, sono soltanto accresciuti i costi della spesa pubblica. A causa di una moltiplicazione dei costi legata soprattutto alla politica. Con un grave scadimento dei servizi: solo nella Scuola sono stati cancellati negli ultimi sei anni 200mila posti tra docenti e Ata, 4mila presidenze e scuole autonome. Cui prodest? Non certo ai servizi resi ai cittadini. In assenza di risposte adeguate, pertanto, continueremo a ricorrere alla magistratura per ottenere giustizia”.

 

Anief-Confedir: grande preoccupazione per quanto accaduto davanti Montecitorio, il Governo deve trovare subito i 100 milioni l’anno fino al 2017 e annullare gli articoli 13 e 14 della Legge 135/12 con cui si vorrebbero mortificare 5mila dipendenti e rendere disoccupati altrettanti amministrativi e tecnici precari.

L’Anief lo aveva denunciato alla vigilia di Ferragosto: mentre il ministro Carrozza va in giro per convegni a promettere di trovare soldi per salvare la scuola, tra gli addetti ai lavori l’aria che si respira si fa sempre più bollente. E sulla gravità della decisione di non assumere nemmeno un’unità di personale Ata, il sindacato si era espresso soli due giorni fa: pur di racimolare 100 milioni l’anno fino al 2017, collocando tra il personale amministrativo e tecnico oltre 4 mila docenti inidonei e quasi mille docenti tecnico pratici, il Governo Monti è riuscito nell’intento di scontentare tutti. Dai docenti inidonei, che oltre al cambio forzato di ruolo rischiano di cambiare provincia, agli Itp perché ‘degradati’, fino al personale Ata in attesa del ruolo, come la precaria campana che oggi ha tentato di darsi fuoco davanti a Montecitorio. Una donna che dopo 15 anni di supplenze si vede vanificare la stabilizzazione professionale per colpa dell’arrivo di personale docente trasformato coattivamente tra gli amministrativi.

Dopo che oggi si è sfiorata la tragedia, con la donna fermata appena in tempo, è bene che le nostre istituzioni si rendano conto che è giunto il momento di intervenire con provvedimenti seri: non si possono trattare le persone come se fossero delle carte. La prima cosa da fare, in primis sugli inidonei, è annullare gli articoli 13 e 14 della Legge 135/12 e il conseguente decreto interministeriale, firmato nel marzo scorso, che vorrebbero collocare su diversi ruoli professionali migliaia di dipendenti. Con conseguenze devastanti per tutti.

“Siamo pienamente solidali – commenta Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir - con chi in questi giorni sta chiedendo a chi governa il paese dei provvedimenti che mettano freno alle scellerate conseguenze sui tagli, sul dimensionamento, sul blocco del turn over e su una spending review generalizzata approvati nell’ultimo periodo. Lo ripetiamo: l’aria che si respira tra il personale è bollente. Serve un’inversione di tendenza, che guardi finalmente alle esigenze della scuola, dei suoi alunni e del suo personale”.

“Non è possibile – continua Pacifico – che i cittadini di uno Stato moderno e civile, dove dovrebbe prevalere il diritto e la giustizia, debbano essere costretti ad attendere gli esiti di migliaia di ricorsi alla Corte di Giustizia Europea, la quale presto si pronuncerà sulla compatibilità della normativa italiana rispetto alla direttiva comunitaria in tema di reiterazione dei contratti a termine e sull’assenza di risarcimento del danno per docenti e Ata precari della scuola con almeno 36 mesi di servizio. E sempre su questo tema – conclude il sindacalista Anief-Confedir – le nostre istituzioni continuano ad ignorare la procedura d'infrazione attivata dal 2010 dalla Commissione Ue contro l'Italia proprio sui precari della scuola, il cui testo rimane secretato persino ai parlamentari della Repubblica. La politica dello ‘struzzo’ è arrivata al capolinea: ognuno si prenda le proprie responsabilità”.

 

Alla vigilia del CdM che dovrebbe approvare il provvedimento sulla Pubblica Amministrazione, Anief-Confedir lancia un avvertimento al Governo insieme a un monito. Basta tagli! La cancellazione di 500.000 posti in dieci anni non ha prodotto alcun risparmio, mentre il debito pubblico è continuato a crescere insieme ai costi della politica e del decentramento amministrativo.

“Mentre si attende entro l’anno la sentenza della Corte di giustizia europea sulla reiterata e deliberata violazione da parte dello Stato italiano della direttiva comunitaria 1999/70/CE relativa alla stabilizzazione dei supplenti della scuola dopo tre anni di supplenze e al principio di non discriminazione tra personale assunto a tempo determinato, fermo allo stipendio inziale, e personale di ruolo - dichiara Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario nazionale organizzativo della Confedir - il Governo sembra voler correre ai ripari per evitare la stabilizzazione dei precari della P.A. con dei concorsi riservati. La soluzione è inaccettabile e incostituzionale laddove nel nostro ordinamento siamo obbligati a recepire la normativa comunitaria. Inoltre non inibirà le domande risarcitorie relative al periodo di precariato pregresso o al pagamento degli scatti biennali di anzianità”.

“Inoltre – conclude Pacifico – appare patetico il tentativo di tagliare nuovi posti di lavoro sotto la scusa di una semplificazione che dopo l’approvazione della Legge Bassanini ha soltanto accresciuto i costi della spesa pubblica a causa di una moltiplicazione dei costi legata soprattutto alla politica. Nella scuola sono stati cancellati negli ultimi sei anni 200.000 posti tra docenti e ata, 4.000 presidenze e scuole autonome. Cui prodest? Non certo ai servizi resi ai cittadini. In assenza di risposte adeguate, pertanto, continueremo a ricorrere alla magistratura per ottenere giustizia”.