La stampa scrive

L’atto di indirizzo predisposto dal Governo per il ventilato recupero della validità dell'anno 2011 ai fini delle progressioni di carriera e il relativo pagamento degli scatti di anzianità non può essere considerato un obiettivo centrato: non si può superare una legge con un accordo, ma bisogna rivolgersi alla Corte costituzionale, come hanno fatto i giudici ottenendo giustizia.

Per questo motivo Cisl, Uil, Snals e Gilda sbagliano a svendere i diritti dei lavoratori sospendendo lo sciopero generale a poche ore dal suo svolgimento annunciato da oltre un mese. “

Chi conosce la legislazione - spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato Confedir per la scuola - sa che il contratto e la progressione di carriera per il 2010/ 2013 è bloccato e sa che tale blocco è incostituzionale. Quello che sta accadendo ha dell’incredibile, perché in cambio del pagamento di un’una tantum, che non avrà effetti sulla copertura pensionistica, si decide di far comunque privare i lavoratori degli altri fondi necessari allo svolgimento e al potenziamento dell'attività didattica”.

Il presidente del giovane sindacato non ha dubbi: “impugneremo l'accordo e porteremo in tribunale i sindacati che durante il blocco del contratto invece di ricorrere alla Consulta hanno svenduto i diritti dei lavoratori. Sembrava che dopo quattro anni avessero costituito un fronte unito, scioperando in blocco. Ma ora, a un giorno dello sciopero, tornano sui loro passi in cambio di una promessa tutta da verificare. Farebbero meglio a dimettersi per salvare l'istituzione che rappresentano. Nel frattempo – conclude Pacifico - come per i giudici, Anief farà riconoscere ai lavoratori i loro diritti e citerà in tribunale anche questi pseudosindacalisti”.

Fonte: AgenParl

 

Mai come oggi i sindacati appaiono divisi anche se fino a pochissimi giorni fa c'era già chi parlava di ritrovata unità. Una rassegna (quasi) completa delle prese di posizione.

Una rassegna completa delle prese d posizione sull’avvio della trattativa per il riconoscimento degli scatti di stipendio è quasi impossibile perché gli interventi che si sono susseguiti nella giornata del 22 novembre sono stati davvero tanti e il rischio di dimenticarne qualcuno è molto alto. 

I primi a commentare la situazione sono stati Cisl, Uil, Snals e Fgu-Gilda che hanno subito diramato un comunicato congiunto per dichiararsi soddisfatti della decisione del Governo di inviare l’atto di indirizzo all’Aran e per revocare lo sciopero proclamato per il 24 novembre. 

Cisl-Scuola sottolinea anche che la scelta di revocare lo sciopero è una scelta di serietà e non di debolezza. 
Soddisfazione viene espressa anche dalla UilScuola che ricorda anche l’accordo sottoscritto con il Governo in materia di assunzioni.

Lo Snals sottolinea che risolto il problema degli scatti ci sono ancora altre questioni da affrontare. 

Di segno opposto il commento di Flc-Cgil che fornisce dati un po’ diversi rispetto agli altri sindacati e ricorda che, attingendo al fondo di istituto anche per gli scatti del 2012, si finirà per azzerare il fondo nel giro di poco tempo, uccidendo l’autonomia scolastica e diminuendo nettamente l’offerta formativa. 

Ed è ovvio che per la Flc lo sciopero (con manifestazioni annesse) è confermato. 

Anche i Cobas di Bernocchi sono sulla stessa linea e accusano Cisl, Uil, Gilda e Snals di aver “fatto finta” di proclamare sciopero e di “non aver mai pensato sul serio di condurre una lotta contro la politica scolastica del governo”. 

Al Partito di Rifondazione Comunista piace la decisione di Pantaleo e di Bernocchi e annuncia che sarà presente a tutte le manifestazioni in programma.

Anche il Cidi (Centro iniziativa democartica insegnanti) conferma l'adesione allo sciopero. 

Durissimo il comunicato della CUB di Cosimo Scarinzi secondo cui quella proposta dal Governo “non è una soluzione, ma il gioco delle tre carte”. 
Infatti, aggiunge Scarinzi, “l'onere del pagamento si scarica sui lavoratori che dovranno rinunciare a una parte del salario accessorio; insomma gli scatti verranno pagati dagli stessi lavoratori che dovrebbero percepire lo scatto negli anni successivi e così in due anni le risorse disponibili per il fondo dell'istituzione scolastica si ridurranno a meno di un terzo di quelle attuali”. 

A proposito dello sciopero previsto per il 24 novembre Stefano d’Errico (Unicobas)parla di “sciopero farsa” e rivendica come unico vero e autentico sciopero quello del 14 novembre. D’Errico si interroga anche sulla strana alleanza Cobas – Flc visto che sul ddl sulla riforma degli organi collegiali le posizioni di Bernocchi e Pantaleo sono piuttosto divergenti. 

In tarda serata arriva anche il comunicato dell’Anief che mette in evidenza che il blocco degli scatti è stabilito da una legge (peraltro illegittima) che non può essere superato con un atto di indirizzo. 

E Pacifico, presidente dell’Anief, annuncia la propria linea: “Impugneremo l'accordo e porteremo in tribunale i sindacati che durante il blocco del contratto invece di ricorrere alla Consulta hanno svenduto i diritti dei lavoratori”. 

Chi nei giorni scorsi aveva parlato di ritrovata unità sindacale dovrà ricredersi. 

Mai come in questo momento i sindacati appaiono divisi e poco propensi a trovare soluzioni condivise. 

Fonte: Tecnica della Scuola

 

Nell’incontro coi sindacati, il Ministro si limita a consegnare i numeri. Mancano quelli della scuola, di cui si parlerà nell’incontro del 28. Pessimisti Anief e Confedir: il Governo bleffa, discute sull'ipotesi di un accordo quadro ma a legislazione vigente. Pacifico vola così a Bruxelles per depositare le denunce sulle mancate assunzioni dopo 36 mesi di servizio.

La stabilizzazione dei precari “storici” della pubblica amministrazione rimane una soluzione di difficile compimento. Il Governo, attraverso il ministro della Funzione Pubblica, Patroni Griffi, lo ha fatto capire nel corso del tavolo sul precariato, avviato alla presenza dei sindacati il 21 novembre.

Durante l’incontro il primo responsabile dell’amministrazione pubblica italiana si è limitato a consegnare ai rappresentanti delle organizzazioni presenti una fotografia della situazione esistente. Peraltro priva del personale non di ruolo degli enti locali, di varie amministrazioni centrali, ma soprattutto della scuola e della sanità. Due comparti, questi ultimi, dove il numero di precari è altissimo. I quasi seimila i precari della Pubblica Amministrazione indicati da Patroni Griffi – 3.259 a tempo determinato, 1.593 con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, 919 i rapporti derivanti da contratti di somministrazione di lavoro - sono quindi un’indicazione a dir poco sommaria.

Per il resto, non vi sarebbero novità particolari. Il Governo, infatti, non sembrerebbe affatto intenzionato a mettere sul tavolo dei fondi per assumere il personale precario. Se ne riparlerà, comunque mercoledì 28 novembre, quando i vertici del ministero della Funzione pubblica e i sindacati di categoria si incontreranno di nuovo. E nella riunione della prossima settimana si parlerà anche di scuola.

Le sensazioni negative sono state raccolte anche da Anief e Confedir. Secondo cui “il tavolo del Governo sui precari è un bluff”, perchè “si discute sull'ipotesi di un accordo quadro ma a legislazione vigente, che per scuola e sanità rappresenta una deroga alla direttiva comunitaria”.

Il riferimento è alla discriminazione dei lavoratori pubblici italiani, a cui continua ad essere negata l’applicazione della direttiva comunitaria 1999/70/CE, in base alla quale bisognerebbe assumere i precari dopo 36 mesi di servizio di servizio negli ultimi 5 anni. Certo, a complicare le cose per l’assunzione a titolo definitivo dei precari, di recente ci si è messa anche la Cassazione, con la sentenza n. 10127 del 20 giugno 2012.

Tuttavia la partita sembra ancora aperta. Soprattutto perché altre sentenze, in Italia ed Europa, continuano ad essere di tenore opposto. Il vero problema, almeno secondo Marcello Pacifico, presidente dell’Anief e delegato Confedir alle alte professionalità e alla scuola, è allora un altro: riguarda il fatto che “il Governo – sostiene Pacifico - non ha alcuna intenzione di trovare una soluzione sul personale statale non di ruolo. Malgrado l’apparente disponibilità del ministro Patroni Griffi, non trapela alcuna volontà di eliminare la reiterata violazione dell’Italia della direttiva comunitaria. Per questi motivi si deve prevedere uno strumento di armonizzazione della legislazione nazionale con quella comunitaria, tramite la stabilizzazione dei precari utilizzati per non incorrere in nuove procedure d’infrazione”.

Il sindacalista Anief-Confedir, deluso per l’incontro con il Governo, ha annunciato quindi che il 22 novembre volerà a Bruxelles e Strasburgo, per depositare, nei tribunali di riferimento dell’Ue, la denuncia del sindacato italiano per la reiterata violazione dell’Italia della direttiva comunitaria 1999/70. Pacifico annuncerà anche l’arrivo, sul tavolo della Commissione, di migliaia di denunce da parte dei precari docenti e Ata della scuola italiana. Il sindacato offrirà gratuitamente ai precari il modello di denuncia da inviare in Europa, dove è bene ricordare che ogni procedura acclarata costa una condanna fino a 8 milioni di euro per lo Stato soccombente.

“Non è possibile – conclude Pacifico – che il personale pubblico considerato nell’immediato idoneo a svolgere la funzione richiesta, non sia più tale per svolgere lo stesso lavoro a tempo indeterminato. È giunto il momento di eliminare tutte quelle norme derogatorie alla normativa comunitaria per evitare una palese discriminazione dei lavoratori italiani del pubblico impiego”.

Fonte: Tecnica della Scuola

 

Subito dopo l'incontro con il Ministro Patroni Griffi, in cui si è discusso di precarità, senza addivenire ad una soluzione per il personale della scuola assunto a tempo determinato per più di 36 mesi, l'Anief si appresta a depositare a Bruxelles la denuncia per la reiterata violazione dell'Italia della direttiva comunitaria 1999/70 e annuncia l'arrivo, sul tavolo della Commissione, di migliaia di denunce da parte dei precari docenti e Ata della scuola italiana. Il sindacato mette dunque a disposizione un modello gratuito (utilizzabile anche da coloro che hanno già presentato ricorso, o lo hanno fatto con altro sindacato o legale privato).

Comunicato ANIEF - Si è svolto il 21 novembre con le parti sociali il tanto atteso tavolo sulla precarietà convocato dal ministro della Funzione Pubblica, Patroni Griffi, a cui è stata invitata anche la Confedir, senza le attese risposte per centinaia di migliaia di precari perché permane la resistenza dell’amministrazione a stabilizzare nel pubblico impiego i dipendenti o i dirigenti assunti a tempo determinato per più di 36 mesi per garantire il suo funzionamento ordinario, così come è stato ricordato nel recente convegno organizzato dall’Anief su “diritto comunitario e diritto interno”, alla presenza di magistrati e avvocati. Le ragioni economiche sembrano imperanti rispetto allo stato di diritto dell’Unione, ma non per questo giustificabili.

Subito dopo l’incontro, preso atto dell’assenza di risposte adeguate, il presidente dell’Anief e delegato Confedir alla Scuola e alle alte professionalità, ha deciso di partire per Bruxelles e Strasburgo dove giovedì depositerà la denuncia del sindacato per la reiterata violazione dell’Italia della direttiva comunitaria 1999/70 e annuncerà l’arrivo di migliaia di denunce da parte dei precari docenti e ata della scuola italiana redatte dagli avvocati Sergio Galleano, Fabio Ganci e Walter Miceli al fine di aprire altrettante procedure d’infrazione. La questione, infatti, almeno per quanto riguarda la scuola, è ancora aperta nonostante la recente sentenza della Cassazione che, secondo indiscrezioni, per il Massimario della stessa Suprema Corte sembra necessitare per la congruità della legge 106/11 ai principi richiamati di un ulteriore avvallo transnazionale (Corte di Strasburgo) e nazionale (Consulta), come si legge anche in una delle relazioni della pareristica dell’avvocatura dello Stato (aprile 2012). Nel frattempo, come ha dimostrato il sindacato Anief nelle aule dei tribunali del lavoro, continuano le condanne alle spese e i risarcimenti danni a favore dei precari della scuola che hanno rivendicato il diritto agli stessi scatti di anzianità garantiti per il personale di ruolo negli anni 2004-2009 e al pagamento delle mensilità estive nei mesi di luglio e agosto.

Come richiedere il modello di denuncia

Il modello predisposto da Anief è destinato solo al personale docente precario, in quanto per il personale Ata è già operante un’apposita procedura di infrazione della Commissione Europea.

I ricorrenti Anief al giudice del lavoro che hanno richiesto la stabilizzazione riceveranno direttamente nei prossimi giorni il modello di denuncia e le istruzioni per l’invio alla Commissione Europea all’indirizzo di posta elettronica fornito, senza che sia necessario farne richiesta. Solo nel caso in cui non dovessero riceverlo entro il prossimo 28 novembre, potranno richiederlo a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo., specificando nella mail di essere già ricorrenti Anief per la stabilizzazione.

I precari della scuola che non hanno ancora proposto ricorso per la stabilizzazione o che lo hanno presentato con il patrocinio di altro sindacato e/o altro legale, possono chiedere il modello di denuncia gratuito da inoltrare per raccomandata alla Commissione Europea alla mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.. A tal fine, sarà necessario inviare in allegato alla mail di richiesta anche la scheda di rilevazione dati predisposta da Anief, debitamente compilata.

La scheda dati da inviare per richiedere il modello di denuncia (solo per coloro che non sono già ricorrenti Anief per la stabilizzazione)

Anief a Bruxelles per denunciare violazione della direttiva che obbliga ad assumere i precari dopo 36 mesi

 

Il ministro della P.A. e della Semplificazione, Filippo Patroni Griffi, ha riaperto oggi il tavolo sulla precarietà dei lavoratori del pubblico impiego. Secondo Marcello Pacifico, presidente dell'Anief e delegato Confedir, permane "l'anacronistica resistenza dell'amministrazione nel non volere stabilizzare centinaia di migliaia di dipendenti e migliaia di dirigenti assunti a tempo determinato per più di 36 mesi.

Malgrado l'apparente disponibilità del Governo – sostiene Pacifico - non trapela alcuna volontà di eliminare la discriminazione dei lavoratori pubblici italiani, vittime della reiterata violazione della direttiva comunitaria 1999/70/CE. Per questi motivi si deve prevedere uno strumento di armonizzazione della legislazione nazionale con quella comunitaria, tramite la stabilizzazione dei precari utilizzati per non incorrere in nuove procedure d'infrazione".

Il sindacalista ha annunciato di aver deciso di partire immediatamente per Bruxelles e Strasburgo, dove domani depositerà la denuncia del sindacato per la reiterata violazione dell'Italia della direttiva comunitaria 1999/70 e annuncerà l'arrivo, sul tavolo della Commissione, di migliaia di denunce da parte dei precari docenti e Ata della scuola italiana.

Secondo Pacifico la questione, almeno per quanto riguarda la scuola, è ancora aperta nonostante la recente sentenza della Cassazione che bloccherebbe le assunzioni dei precari anche di lunga durata. "Non è possibile - conclude Pacifico - che il personale pubblico considerato nell'immediato idoneo a svolgere la funzione richiesta, non sia più tale per svolgere lo stesso lavoro a tempo indeterminato. È giunto il momento di eliminare tutte quelle norme derogatorie alla normativa comunitaria per evitare una palese discriminazione dei lavoratori italiani del pubblico impiego".

Fonte: Italpress

 

Domani l'Anief depositerà a Bruxelles la denuncia per la reiterata violazione dell’Italia della direttiva comunitaria 1999/70 e annuncerà l’arrivo, sul tavolo della Commissione, di migliaia di denunce da parte dei precari docenti e Ata della scuola italiana. La questione è infatti ancora aperta, nonostante la recente sentenza della Cassazione che bloccherebbe le assunzioni dei precari anche di lunga durata.

Secondo il presidente Pacifico "La direttiva CE che obbliga ad assumere questi dipendenti, peraltro recepita nel nostro ordinamento già dal decreto legislativo 368/01, non può infatti continuare a non essere considerata, solo per garantire risparmi o aumenti di produttività e a dispetto della cancellazione di diritti soggettivi riconosciuti prima ancora che dall’Europa dalla nostra Costituzione".

“Non è possibile – conclude Pacifico – che il personale pubblico considerato nell’immediato idoneo a svolgere la funzione richiesta, non sia più tale per svolgere lo stesso lavoro a tempo indeterminato. È giunto il momento di eliminare tutte quelle norme derogatorie alla normativa comunitaria per evitare una palese discriminazione dei lavoratori italiani del pubblico impiego”.

Il sindacato offrirà gratuitamente ai precari il modello di denuncia da inviare in Europa, dove è bene ricordare che ogni procedura acclarata costa una condanna fino a 8 milioni di euro per lo Stato soccombente.

Nella giornata di oggi intanto si è svolto un incontro con il Ministro Patroni Griffi, che ha annunciato la costituzione, per la prossima settimana, di uno specifico tavolo sull'istruzione.

“Malgrado l’apparente disponibilità del Governo – sostiene Pacifico - non trapela alcuna volontà di eliminare la discriminazione dei lavoratori pubblici italiani, vittime della reiterata violazione della direttiva comunitaria 1999/70/CE. Per questi motivi si deve prevedere uno strumento di armonizzazione della legislazione nazionale con quella comunitaria, tramite la stabilizzazione dei precari utilizzati per non incorrere in nuove procedure d’infrazione”.

Fonte: Orizzonte Scuola

 

Secondo l'Anief, quanto evidenziato ieri da "Report" ha messo in luce "una vicenda gravissima". Marcello Pacifico, presidente dell'Anief e delegato Confedir per la scuola, osserva come "siamo di fronte a una vergogna nazionale, con i vertici del ministero dell'Istruzione, a iniziare dal Capo Dipartimento per la programmazione e la gestione delle risorse umane, finanziarie e strumentali, che non possono cavarsela ascrivendo i criteri di scelta e di assegnazione di quei fondi e di altri cinque milioni per la realizzazione di inutili prodotti multimediali a fantomatiche commissioni nate sotto la gestione Gelmini.

È giunto il momento - sostiene Pacifico - di rendere realmente trasparenti, non solo sulla carta o a parole, le procedure ministeriali di assegnazione delle gare di appalto dei fondi pubblici: oggi con internet queste informazioni si possono rendere accessibili a tutti. E lo stesso vale per i criteri di valutazione e verifica delle risorse assegnate. È giunto il momento di finirla con questa gestione dell'istruzione pubblica italiana: serve da subito cambiare registro. E attuare un serio monitoraggio, anche al fine di operare una ricollocazione dei fondi pubblici, sino ad oggi sperperati per operazioni che non hanno nulla di formativo o educativo.

Per recuperare almeno un po’ di dignità - conclude il presidente dell'Anief - si riparta decidendo di finanziare gli scatti di anzianità e l'assunzione dei precari dimenticati".

Fonte: Italpress

 

Una terribile triade composta da commissioni ministeriali, Consip e banche “amiche” ha assegnato milioni di euro per produrre dei micro-filmati di tre minuti l’uno, al costo di 40mila euro ciascuno, di cui nessuno conosceva l’esigenza e l’esistenza. Siamo di fronte ad una vergogna nazionale, perché gli artefici sono gli stessi che hanno messo in ginocchio la scuola italiana. Si recuperi ora un po’ di dignità, dirottando quei fondi per sbloccare subito gli scatti di anzianità e assumere i precari.

Proprio mentre alla scuola pubblica si sottraggono 8 miliardi di euro, si cancellano 200mila docenti e Ata, si aprono le classi pollaio, si tagliano due istituti su dieci, oltre che i fondi per comprare la carta igienica e i gessetti, si bloccano i contratti e gli scatti automatici del suo personale, al Miur si creano commissioni di “sapienti” che, attraverso la Consip e delle banche “amiche”, elargiscono ad aziende private ben 730mila euro per comprare 19 “pillole del sapere” dalla durata di 3 minuti ciascuno: degli spot, già ribattezzati “supposte del sapere”, che costano allo Stato una cifra che sfiora i 40mila euro l’uno.

Secondo l’Anief, quanto evidenziato dalla trasmissione Report, andata in onda la sera del 18 novembre su RaiTre, ha messo in luce una vicenda gravissima: da una parte si chiede a tutti coloro che sono coinvolti nella scuola, dal personale docente agli Ata, dagli studenti alle famiglie, di affrontare duri sacrifici e di ridurre vergognosamente la qualità della didattica; dall’altra si elargiscono importanti somme, milioni di euro, a pseudo aziende per produrre dei filmati di cui nessuno conosceva l’esigenza e l’esistenza.

“Siamo di fronte ad una vergogna nazionale – commenta Marcello Pacifico, presidente dell’Anief e delegato Confedir per la scuola – , con i vertici del Ministero dell’Istruzione, ad iniziare dal Capo Dipartimento per la programmazione e la gestione delle risorse umane, finanziarie e strumentali, che non possono cavarsela ascrivendo i criteri di scelta e di assegnazione di quei fondi e di altri cinque milioni di euro per la realizzazione di inutili prodotti multimediali a fantomatiche commissioni nate sotto la gestione Gelmini”.

L’Anief ritiene che è ora di finirla: quanto è accaduto è ingiusto e ingiustificabile, ancora di più perché messo in atto dallo stesso staff ministeriale che ha avallato sacrifici tali da mettere in ginocchio la scuola pubblica italiana. “È giunto il momento – sostiene Pacifico – di rendere realmente trasparenti, non solo sulla carta o a parole, le procedure ministeriali di assegnazione delle gare di appalto dei fondi pubblici: oggi con internet queste informazioni si possono rendere accessibili a tutti. E lo stesso vale per i criteri di valutazione e verifica delle risorse assegnate”.

Non è possibile che una o due commissioni di super-esperti abbiano la facoltà assoluta di decidere il destino di ingenti fondi pubblici e senza, di fatto, rendere conto a nessuno. E che dire, sempre in tema di appalti pilotati, dello scandalo, reso pubblico da un “corvo” interno al Miur, dei fondi per la ricerca dirottati su progetti che non avevano i requisiti minimi necessari, in cambio probabilmente di tangenti o altri favori?

“È giunto il momento di finirla con questa gestione dell’istruzione pubblica italiana: serve da subito cambiare registro. E attuare un serio monitoraggio, anche al fine di operare una ricollocazione dei fondi pubblici, sino ad oggi sperperati per operazioni che non hanno nulla di formativo o educativo. Per recuperare almeno un po’ di dignità - propone il presidente dell’Anief – si riparta decidendo di finanziare gli scatti di anzianità e l’assunzione dei precari dimenticati”.

Fonte: AgenParl

 

Ieri tutti davanti al teleschermo, quello che oramai lo accendi solo come sonnifero prima di andare a letto, per vedere Report e le "scabrose" rivelazioni sugli sprechi del MIUR. In realtà ben poca cosa in più, rispetto a quanto già anticipato. Resta una vicenda di presunti sprechi tutta da chiarire. Interviene l'ANIEF: "quanto è accaduto è ingiusto e ingiustificabile".

L'argomento scuola al momento tira, tra 24 ore, scioperi, studenti in piazza, tagli passati e futuri, l'opinione pubblica al momento è molto sensibile sull'argomento. L'anteprima della puntata che circolava sul web ruotava tutta attorno alla scuola, ma durante la trasmissione ci si è resi conto che essa veniva toccata a malapena ed inserita in un contesto di traffici e presunti intrighi che la rendevano alquanto marginale. Tutto il mondo della scuola era davanti allo schermo e se l'aspettavano, visto lo sponsor che ha anticipato l'avvio della puntata. Operazione marketing riuscita, tutto lecito e corretto, ci mancherebbe.

E il problema, comunque, resta, il presunto spreco, sebben presunto, è lì, e se confrontato con il periodo di austerity imposto alla scuola, stride, e come!

Sull'argomento è intervenuta l'ANIEF, con il presidente Marcello Pacifico, che così ha commentato: "Proprio mentre alla scuola pubblica si sottraggono 8 miliardi di euro, si cancellano 200mila docenti e Ata, si aprono le classi pollaio, si tagliano due istituti su dieci, oltre che i fondi per comprare la carta igienica e i gessetti, si bloccano i contratti e gli scatti automatici del suo personale, al Miur si creano commissioni di “sapienti” che, attraverso la Consip e delle banche “amiche”, elargiscono ad aziende private ben 730mila euro per comprare 19 “pillole del sapere” dalla durata di 3 minuti ciascuno: degli spot, già ribattezzati “supposte del sapere”, che costano allo Stato una cifra che sfiora i 40mila euro l’uno".

"Si recuperi ora un po’ di dignità, - conclude Pacifico - dirottando quei fondi per sbloccare subito gli scatti di anzianità e assumere i precari."

Fonte: Orizzonte Scuola

 

La prima organizzazione sindacale della scuola a scendere in campo per commentare, condannando, quanto la trasmissione televisiva “Report” del 18 novembre ha mostrato e cioè gli sprechi ministeriale a fronte di tagli all’istruzione che chiedono a questo punto vendetta.

Una terribile triade composta da commissioni ministeriali, Consip e banche “amiche” ha assegnato milioni di euro per produrre dei micro-filmati di tre minuti l’uno, al costo di 40mila euro ciascuno, di cui nessuno conosceva l’esigenza e l’esistenza. 

“Siamo di fronte ad una vergogna nazionale”, sostiene Anief, “perché gli artefici sono gli stessi che hanno messo in ginocchio la scuola italiana. Si recuperi ora un po’ di dignità, dirottando quei fondi per sbloccare subito gli scatti di anzianità e assumere i precari”. 

Proprio mentre alla scuola pubblica si sottraggono 8 miliardi di euro, si cancellano 200mila docenti e Ata, si aprono le classi pollaio, si tagliano due istituti su dieci, oltre che i fondi per comprare la carta igienica e i gessetti, si bloccano i contratti e gli scatti automatici del suo personale, al Miur si creano commissioni di “sapienti” che, attraverso la Consip e delle banche “amiche”, elargiscono ad aziende private ben 730mila euro per comprare 19 “pillole del sapere” dalla durata di 3 minuti ciascuno: degli spot, già ribattezzati “supposte del sapere”, che costano allo Stato una cifra che sfiora i 40mila euro l’uno. 

Secondo l’Anief, quanto evidenziato dalla trasmissione Report, andata in onda la sera del 18 novembre su RaiTre, ha messo in luce una vicenda gravissima: da una parte si chiede a tutti coloro che sono coinvolti nella scuola, dal personale docente agli Ata, dagli studenti alle famiglie, di affrontare duri sacrifici e di ridurre vergognosamente la qualità della didattica; dall’altra si elargiscono importanti somme, milioni di euro, a pseudo aziende per produrre dei filmati di cui nessuno conosceva l’esigenza e l’esistenza. 

“Siamo di fronte ad una vergogna nazionale – commenta Marcello Pacifico, presidente dell’Anief e delegato Confedir per la scuola – , con i vertici del Ministero dell’Istruzione, ad iniziare dal Capo Dipartimento per la programmazione e la gestione delle risorse umane, finanziarie e strumentali, che non possono cavarsela ascrivendo i criteri di scelta e di assegnazione di quei fondi e di altri cinque milioni di euro per la realizzazione di inutili prodotti multimediali a fantomatiche commissioni nate sotto la gestione Gelmini”. 

L’Anief ritiene che è ora di finirla: quanto è accaduto è ingiusto e ingiustificabile, ancora di più perché messo in atto dallo stesso staff ministeriale che ha avallato sacrifici tali da mettere in ginocchio la scuola pubblica italiana. “È giunto il momento – sostiene Pacifico – di rendere realmente trasparenti, non solo sulla carta o a parole, le procedure ministeriali di assegnazione delle gare di appalto dei fondi pubblici: oggi con internet queste informazioni si possono rendere accessibili a tutti. E lo stesso vale per i criteri di valutazione e verifica delle risorse assegnate”. 

Non è possibile che una o due commissioni di super-esperti abbiano la facoltà assoluta di decidere il destino di ingenti fondi pubblici e senza, di fatto, rendere conto a nessuno. E che dire, sempre in tema di appalti pilotati, dello scandalo, reso pubblico da un “corvo” interno al Miur, dei fondi per la ricerca dirottati su progetti che non avevano i requisiti minimi necessari, in cambio probabilmente di tangenti o altri favori? 

“È giunto il momento di finirla con questa gestione dell’istruzione pubblica italiana: serve da subito cambiare registro. E attuare un serio monitoraggio, anche al fine di operare una ricollocazione dei fondi pubblici, sino ad oggi sperperati per operazioni che non hanno nulla di formativo o educativo. Per recuperare almeno un po’ di dignità - propone il presidente dell’Anief – si riparta decidendo di finanziare gli scatti di anzianità e l’assunzione dei precari dimenticati”. 

Fonte: Tecnica della Scuola

 

"Mentre si continuano a tagliare risorse e personale alla scuola pubblica, la Commissione Bilancio della Camera approva il finanziamento immediato di 223 milioni di euro da destinare agli istituti non statali. Come se non bastasse, i parlamentari, con consensi bipartisan, fanno cadere anche il vincolo del tetto minimo di alunni per la classe".

Così in una nota l'Anief, che ritiene che "è giunta l'ora di opporsi a questa sperequazione di trattamento. Che diventa ancora più clamorosa perché attuata in un momento storico particolarmente critico per le finanze dello Stato".

"La concessione di finanziamenti alle scuole non statali - commenta Marcello Pacifico, presidente dell'Anief e delegato Confedir per la scuola - rappresenta una vera beffa per l'istruzione pubblica: mentre, infatti, si adotta una severa spending review e si decide di riallocare su settori in sofferenza i risparmi derivanti dai tagli nella pubblica amministrazione, in particolare nella scuola, come se nulla fosse si continua a finanziare un servizio pubblico gestito da privati. Un servizio che, tra l'altro, continuerà a non rispettare i requisiti minimi per la costituzione delle classi, resi invece sempre più severi agli istituti statali".

L'Anief ricorda, inoltre, che a seguito delle ultime approvazioni delle leggi di stabilità due scuole pubbliche su dieci sono state cancellate. E negli ultimi giorni si starebbe anche pensando di ridurre fortemente il Fondo d'Istituto, per evitare l'assurdo aumento unilaterale dell'orario settimanale dei docenti in servizio nella secondaria di primo e secondo grado. Mentre non c'è Governo, neanche quello dei tecnici, che osa mettere in discussione, anche in parte, le risorse che lo Stato devolve incostituzionalmente alle scuole private. Alle quali, di fatto, "noleggia" quel servizio educativo di cui avrebbe esclusiva competenza.

"Ma lo Stato - continua Pacifico - non può continuare a comportarsi in questo modo: non può abdicare al suo diritto-dovere di educare al meglio le generazioni del domani, garantendo un'istruzione ed una ricerca di qualità. Giustificando questo grave limite con la mancanza di fondi adeguati. Destinare quei 223 milioni di euro alla scuola pubblica risolverebbe in colpo solo il problema degli inidonei, degli insegnanti soprannumerari, ad iniziare dagli Itp, e sbloccherebbe in un colpo solo quelle assunzioni del persona Ata che si sono andate a perdere - conclude il sindacalista Anief-Confedir - nei meandri burocratici dei ministeri dell'Istruzione e dell'Economia".

Fonte: Italpress

 

"Ci sono delle parti dell'ex ddl Aprea che renderebbero l'assetto organizzativo della scuola italiana sempre più in balia di soggetti esterni". Così Marcello Pacifico, presidente dell'Anief e delegato Confedir per la scuola.

"Come i rappresentanti di Enti locali e professionali - aggiunge -, che potrebbero indirizzare la politica scolastica a loro vantaggio. Ma anche dei genitori che si ritroverebbero a detenere lo stesso potere decisionale dei docenti, i quali si ritroverebbero invece ad assumere un ruolo marginale. Quasi impiegatizio".

Preoccupa, inoltre, la possibilità, prevista dall'art.10 del disegno di legge 953, che le scuole possano "ricevere contributi da fondazioni finalizzati al sostegno economico delle loro attività". Secondo il presidente dell'Anief, "anziché programmare il sostegno economico da parte di Fondazioni, spesso tutt'altro che avulse da interessi, il Parlamento farebbe bene a creare le basi per far reperire fondi adeguati alla crescita dei nostri giovani". 

Per tutti questi motivi, l'Anief si dice d'accordo con Francesca Puglisi, responsabile Scuola Pd, secondo cui se non si riuscirà ad arrivare ad un disegno condiviso sarà inevitabile bloccare la riforma del riordino degli organi collegiali. "Si tratta di una necessità che contrasta fortemente - sottolinea Pacifico - con quanto previsto dal Governo che, per cancellare l'assurda ipotesi del passaggio da 18 a 24 ore d'insegnamento settimanale, ha deciso di sottrarre quasi 50 milioni dal fondo d'Istituto, facendo sparire le funzioni strumentali. Bisogna tornare a considerare l'istruzione un investimento indispensabile, aumentando i finanziamenti per l'istruzione di almeno un punto percentuale rispetto al Pil. Il nuovo Governo è avvisato".

Fonte: Italpress

 

Per coloro che hanno scelto Trento, Bolzano o la Valle d'Aosta per l'iscrizione al concorso a cattedre, le istanze di partecipazione sono ancora aperte. Per Trento e Bolzano è possibile iscriversi tramite Istanze on line, per la Valle d'Aosta vale invece il modello cartaceo. Un'occasione anche per chi ha perso la scadenza nazionale del 07 novembre. Il sindacato Anief ricorre anche per i laureati esclusi dai termini del bando che presentano istanza di partecipazione per Trento o Bolzano.

Iscrizione per la Provincia Autonoma di Trento

Il modulo di domanda online è disponibile su Istanze on line dalle ore 09:00 del 15/10/2012. Il termine di presentazione della domanda via web è il 14/11/2012 alle ore 14:00.

Iscrizione per la Provincia Autonoma di Bolzano

Il modulo di domanda online è disponibile su Istanze on line dalle ore 08:00 del 08/11/2012. Il termine di presentazione della domanda via web è il 08/12/2012 alle ore 14:00.

Iscrizione per la Regione Valle d'Aosta.

La domanda è in formato cartaceo. Può essere presentata dal 15 ottobre al 15 novembre.

Il bando e gli allegati

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Il Sindacato ANIEF comunica inoltre che considerate le numerose richieste ricevute per la partecipazione al concorso dei laureati esclusi delle province autonome di Trento e Bolzano e alla luce del successo ottenuto con l’accoglimento della richiesta cautelare su ricorso al Tar del Lazio (ruolo 8181/2012), relativo all’ammissione dei docenti laureati negli ultimi dieci anni che hanno presentato la domanda e sono stati esclusi dal Miur, è ancora possibile ricorrere per presentare analogo ricorso per i candidati laureati esclusi delle province autonome di Trento e Bolzano entro 60 giorni dalla pubblicazione in gazzetta ufficiale del bando.

Pertanto, solo nel caso in cui il candidato abbia presentato regolare domanda di partecipazione al concorso, è possibile inviare un' e-mail di preadesione al ricorso all’indirizzo Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. (anche nel caso in cui si voglia attivare il ricorso per la provincia autonoma di Bolzano); le istruzioni operative per l’avvio del contenzioso verranno trasmesse nei prossimi giorni.

Fonte: Orizzonte Scuola

"Insegnare a scuola l'Inno di Mameli significa avvicinare i ragazzi alla vita civile e all'amore per l'enorme patrimonio culturale dell'Italia. Chi sostiene il contrario, come alcuni partiti politici e sindacati di settore, preferisce che la nostra istruzione pubblica sia contrassegnata dagli inni che esaltano l'egoismo e il rifiuto dei diritti fondanti della nostra collettivita'".

A sostenerlo e' Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato Confedir Mit-Pa alle alte professionalita', a proposito dei dissensi, seppure minoritari, che in questi giorni hanno caratterizzato l'introduzione della nuova legge grazie alla quale gia' dall'anno scolastico in corso l'inno di Mameli comincera' ad essere insegnato nel piano di studio delle nostre scuole.

Secondo Pacifico la legge approvata dal Senato, che riconosce anche il 17 marzo di ogni anno, in continuita' con il festeggiamento dei 150 anni, come ''Giorno dell'Unita' nazionale, della Costituzione, dell'inno e della bandiera'', allo scopo di promuovere i valori di cittadinanza e di consolidare l'identita' nazionale, e' un atto fondamentale per la formazione delle nuove generazioni: "non si tratta di un richiamo al passato – sottolinea il sindacalista Anief-Confedir - ma di un passaggio centrale nell'opera dell'educazione civile e sociale della cittadinanza italiana".

Fonte: Italpress

 

L'Anief reputa priva di fondamento la polemica che si e' venuta a creare tra il Governo e l'Upi, a seguito di quanto prospettato dal presidente dell'Unione delle Province Italiane, Antonio Saitta, sulla possibilita' di chiudere o ridurre il riscaldamento negli edifici scolastici come conseguenza degli ulteriori tagli operati alle istituzioni locali dall'esecutivo Monti.

"Le scuole vivono in difficolta' crescenti ormai da anni - sostiene in una nota Marcello Pacifico, presidente dell'Anief - tanto e' vero che devono fare i conti con mancanze di ogni genere: dalla carta igienica, ai gessetti per le lavagne, dai toner per le stampanti all'assenza di manutenzione ordinaria e straordinaria.

Se la minaccia dell'Upi dovesse realizzarsi, vorra' dire che si organizzeranno per sopravvivere anche al freddo: di sicuro, pero', non chiuderanno. Come qualcuno ipotizzava".

Altri hanno anche gia' ipotizzato che potrebbero essere le famiglie degli alunni a dover sopperire a finanziare l'eventuale riduzione di riscaldamento: "Anche in questo caso si tratterebbe - sottolinea Pacifico - di una richiesta del tutto inappropriata. Proprio come lo e' stata quella dei non pochi dirigenti scolastici che hanno autorizzato a chiedere i contributi direttamente ai genitori per il sostentamento delle scuole da loro gestite. E' evidente che non possono essere le famiglie a farsi carico della fornitura dei servizi essenziali della scuola pubblica".

"Come non possono farsi carico i genitori della gestione delle scuole: se queste sono sporche e non ripulite, giornalmente o periodicamente, la colpa e' anche delle decine di migliaia di unita' di personale Ata (tra cui tantissimi collaboratori scolastici) cancellate negli ultimi sei anni. Il Governo si metta in testa che non puo' tagliare e poi delegare al volontariato: i servizi pubblici, come la scuola, vanno posti tra le priorita' del Paese. E questo - conclude il presidente dell'Anief - lo devono sapere pure le Province".

Fonte: Italpress

 

Lo abbiamo chiesto al professor Marcello Pacifico, presidente del sindacato ANIEF che ha patrocinato i ricorsi al Tar. Quali risvolti per l'attuale concorso? Cosa accadrà al futuro sistema di reclutamento? Far partire i TFA speciali. Prossimi giorni pronunciamento docenti ruolo esclusi.

Intanto, ci spiega esattamente cosa è accaduto venerdì al Tar Lazio?

Il Tar Lazio ha accolto in questa fase cautelare con riserva la richiesta di una candidata laureata nel 2006 di partecipare alla procedura concorsuale dopo che aveva regolarmente presentato domanda come consigliato dall'Anief. Nelle prossime settimane e comunque prime delle prove preselettive altre migliaia di ricorrenti nelle stesse condizioni potranno ottenere il provvedimento del giudice. Sempre nei prossimi giorni si attenderà analogo pronunciamento per i docenti di ruolo esclusi.

Se l'accoglimento dovesse diventare sentenza, quali conseguenze potranno esserci per quanto riguarda le procedure del concorso avviato?

La vittoria in sede cautelare permette al giudice di salvare l'intera procedura concorsuale nel caso in cui al termine della stessa o il ricorrente non risulta fra gli idonei o se risulti abbia nel merito ragione. E' una scelta di ponderazione tra interessi che nel caso il fumus non sia inizialmente ritenuto totalmente infondato permette il regolare procedimento del concorso. Se avessero rigettato la cuatelare, allora nel merito avrebbero dovuto o rigettare il ricorso o annullare e rinnovare la procedura come per il concorso a dirigente scolastico.

Pensa che l'accoglimento definitivo dei ricorsi possa influenzare l'impianto della formazione e del reclutamento dei docenti?

Ritengo che la prossima riforma del reclutamento sia ancora troppo lontana. Se il ministro avesse avuto i tempi tecnici non avrebbe riesumato una legge di quasi vent'anni fa per bandire un concorso. Il regolamento basato sulla delega richiesta otto anni fa dal ministro Fioroni ha bisogno di un passaggio parlamentare per il prescrittivo parere che arriverebbe a fine legislatura quando l'azione del Governo sarebbe paralizzata dalle imminenti elezioni. In questo momento sarebbe meglio far partire i Tfa speciali. L'esito degli ultimi ricorsi presentati dall'Anief dovrebbero portare un po' più di buon senso.

Fonte: Orizzonte Scuola

 

"Nelle prossime ore si capirà quanto la scuola sia a cuore dei nostri decisori politici. Se faranno prevalere il buon senso o se prevarranno le fredde logiche del fare 'cassa', anche calpestando più di un articolo della Costituzione e la qualità del nostro sistema scolastico. Da cui deriva la valenza dell'insegnamento rivolto ai nostri bambini e ragazzi. Delle future generazioni. Valori e risultati reputati fondamentali in ogni Stato moderno, ma di cui non si sente incredibilmente la necessità in Italia".

Così Marcello Pacifico, presidente Anief, in merito al comma 42 dell'art.3 del dl attraverso cui il Governo vorrebbe ampliare da 18 a 24 le ore di insegnamento settimanale dei docenti della scuola media e superiore.

"A questo punto - continua Pacifico - non possiamo che estendere l'appello del nostro sindacato a tutti i parlamentari. Non solo a quelli che guidano il Miur. Nell'Italia degli sprechi, ad iniziare da quelli della politica, dei clientelismi, dell'evasione fiscale, non è possibile far diventare la scuola italiana il peggior modello internazionale perché non si sono trovati 183 milioni. È bene che tutti i componenti del Parlamento, che entro mercoledì sarà chiamato a votare sulla legge di stabilità, si assumano le loro responsabilità. E sappiano anche che dire sì a una norma così ingiusta e incostituzionale, a fine legislatura, difficilmente - conclude il presidente dell'Anief - potrà essere dimenticato da un milione e mezzo di elettori".

Fonte: Italpress

 

"Dal Parlamento si continua a dare un giorno per cancellato ed un altro per incancellabile il comma 42 dell'articolo 3 del disegno di legge, attraverso cui il Governo vorrebbe ampliare da 18 a 24 le ore di insegnamento settimanale dei docenti della scuola media e superiore".

Così in una nota Marcello Pacifico, presidente Anief, che sottolinea che "di certo, però, c'è solo un dato: occorre garantire i cosiddetti 'saldi invariati'. E siccome fino ad oggi il Miur non è stato in grado di trovare risparmi alternativi ai 183 milioni di euro previsti dalla spending review, l'innalzamento a 24 ore rimane più che plausibile".

"Nella prossime ore - commenta Pacifico - si capirà quanto la scuola sia a cuore dei nostri decisori politici. Se faranno prevalere il buon senso o se prevarranno le fredde logiche del fare 'cassa', anche calpestando più di un articolo della Costituzione e la qualità del nostro sistema scolastico. Da cui deriva la valenza dell'insegnamento rivolto ai nostri bambini e ragazzi. Delle future generazioni. Valori e risultati reputati fondamentali in ogni Stato moderno, ma di cui non si sente incredibilmente la necessità in Italia".

Secondo l'Anief, per evitare di mettere in ginocchio l'insegnamento nella scuola media e superiore italiana, "bisogna fare di tutto per trovare misure alternative. Non dobbiamo dimenticare, infatti, che si sta cercando di imporre un innalzamento di orario settimanale ad una categoria, i docenti, che nell'ultimo decennio si è già vista aumentare le ore di insegnamento, visto che lavorano in media 39 settimane rispetto alle 38 Ocde. E la cui busta paga è cresciuta, ogni anno a partire dal 2005, solo del 4-5%; mentre nella media Ocde l'incremento è stato del 15-22%".

"A questo punto - continua Pacifico - non possiamo che estendere l'appello del nostro sindacato a tutti i parlamentari. Non solo a quelli che guidano il Miur. Nell'Italia degli sprechi, ad iniziare da quelli della politica, dei clientelismi, dell'evasione fiscale, non è possibile far diventare la scuola italiana il peggior modello internazionale perché non si sono trovati 183 milioni di euro. È bene che tutti i componenti del Parlamento, che entro mercoledì sarà chiamato a votare sulla Legge di Stabilità, si assumano le loro responsabilità. E sappiano anche che dire sì a una norma così ingiusta e incostituzionale, a fine legislatura, difficilmente - conclude il presidente dell'Anief - potrà essere dimenticato da un milione e mezzo di elettori".

Fonte: TMNews

 

"Ancora una volta i giudici danno ragione ai legali dell'Anief. Gli avvocati Fabio Ganci e Walter Miceli ottengono l'accoglimento della richiesta di partecipazione al concorso dei docenti laureati negli ultimi dieci anni che hanno presentato la domanda e sono stati esclusi dal Miur". Lo rende noto l'Anief.

"Ora possono partecipare anche i giovani laureati esclusi. Migliaia di aspiranti si erano rivolti nei giorni scorsi al sindacato per ottenere tutela giudiziaria contro un atto amministrativo irragionevole che discrimina gli aspiranti candidati in base alla data di conseguimento della laurea - sottolinea il presidente dell'Anief, delegato Confedir per la scuola -. Nei prossimi giorni saranno discussi gli altri ricorsi. Ora si attende analogo accoglimento per i docenti di ruolo".

È ancora possibile ricorrere per presentare analoghi ricorsi per gli altri candidati laureati esclusi entro 60 giorni dalla pubblicazione in gazzetta ufficiale del bando. Pertanto Anief ha riaperto i termini di adesione per chi ha presentato la domanda. È necessario richiedere le istruzioni operative inviando una e-mail a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. entro e non oltre mercoledì 14 novembre.

Fonte: Italpress

 

Gli avvocati Fabio Ganci e Walter Miceli, del sindacato Anief, hanno ottenuto l'accoglimento della richiesta di partecipazione al concorso dei docenti laureati negli ultimi dieci anni che hanno presentato la domanda e sono stati esclusi dal Miur.  

Il presidente dell'Anief, delegato Confedir per la scuola, spiega: "Ora possono partecipare anche i giovani laureati esclusi. Migliaia di aspiranti si erano rivolti nei giorni scorsi al sindacato per ottenere tutela giudiziaria contro un atto amministrativo irragionevole che discrimina gli aspiranti candidati in base alla data di conseguimento della laurea. Nei prossimi giorni saranno discussi gli altri ricorsi. Ora si attende analogo accoglimento per i docenti di ruolo".

È ancora possibile ricorrere per presentare analoghi ricorsi per gli altri candidati laureati esclusi entro 60 giorni dalla pubblicazione in gazzetta ufficiale del bando. Pertanto Anief ha riaperto i termini di adesione per chi ha presentato la domanda.

Fonte:TMNews

 

Secondo alcune indiscrezioni, nei prossimi giorni il ministro dell'Istruzione, Francesco Profumo, sarebbe intenzionato a firmare il regolamento che per la prima volta introduce una cadenza periodica dei concorsi di tipo biennale.  

Secondo l'Anief, se queste sono le intenzioni del Miur, "stiamo assistendo a una sorta grande spot. Forse utile all'avvicinarsi della competizione elettorale politica. Ma non di certo al bene dalla scuola e di chi vi opera. Per bandire un concorso con modalità innovative - sostiene Marcello Pacifico, presidente dell'Anief - il ministero deve necessariamente superare il cosiddetto Testo Unico, che prevede il rinnovo dei concorsi ogni tre anni. E per farlo, Profumo deve per forza introdurre un regolamento attuativo della legge 244/2007, approvata durante la gestione Fioroni, legato alla formazione iniziale. Solo che per concludere questo passaggio è obbligatorio il passaggio in Parlamento.  

L'esame delle commissioni Cultura di Camera e Senato - continua Pacifico - non è facoltativo. E lo stesso obbligo riguarda la revisione delle classi di concorso di insegnamento. Quelle che sempre il ministro Profumo avrebbe promesso di approvare entro pochissimi mesi, in modo da utilizzarle proprio per il concorso a cattedra del prossimo anno. Ma a quanto risulta all'Anief, i parlamentari deputati a tali verifiche ad oggi non hanno ancora nemmeno ricevuto le proposte ufficiali su nuovi concorsi e insegnamenti.

Come si fa allora a continuare a prendere in giro centinaia di migliaia di aspiranti docenti, dal momento che i tempi per il nuovo reclutamento non sono ancora maturi?". A questo punto, secondo l'Anief non vi sono dubbi: il ministro Profumo "farebbe bene, nei pochi mesi di mandato rimasti, ad adottare una politica meno fantasiosa e più di sostanza".

Fonte: Italpress

 

"I numeri emessi oggi dal Miur sulle domande presentate per partecipare al concorso a cattedra per 11mila posti - oltre 320 mila candidati, con un'età media vicina ai 40 anni e per due terzi senza esperienza sul campo - confermano in pieno quanto l'Anief sostiene da mesi: con questa selezione diretta il Governo non vuole di certo stabilizzare i 250 mila precari inseriti nelle graduatorie ad esaurimento, tanto è vero che meno della metà di questi ha deciso di parteciparvi".

È quanto afferma in una nota il sindacato, che prosegue: "E’ ora evidente a tutti che il Ministero dell'Istruzione ha invece solo un obiettivo: lasciare i giovani al palo e mettere in competizione decine di migliaia di italiani disoccupati over 40, illudendoli con il miraggio del posto fisso. Solamente uno ogni trenta aspiranti, infatti, la spunterà e diventerà insegnante nel prossimo biennio".

"I dati pubblicati oggi dal Miur - commenta Marcello Pacifico, presidente dell'Anief - dimostrano chiaramente che i precari della scuola hanno snobbato il concorso-farsa. E che coloro che avrebbero avuto più motivi per mettersi in gioco, i giovani, sono rimasti esclusi da una norma incostituzionale che prevede l'accesso alle selezioni solo per coloro che hanno una laurea conseguita da almeno dieci anni. Si tratta di un'esclusione inconcepibile: a parità di titolo, infatti, tutti hanno lo stesso diritto a partecipare al concorso pubblico".

"E' ormai sempre più evidente - continua Pacifico - che il ministro Profumo è stato sconfessato dai fatti. Sia per le tantissime domande, circa 215mila, presentate da personale senza un minimo di esperienza nella scuola, sia perché lasciando fuori i neo-laureati non si ringiovanisce di certo un'età media di insegnamento già tra le più alte al mondo".

L'Anief torna quindi a chiedere al Governo e all'Amministrazione di "non insistere con questa fumosa politica di stabilizzazioni, priva di una reale progettualità. La precedenza nelle immissioni in ruolo, infatti, sarebbero dovuta andare ai precari che hanno svolto almeno tre anni di servizio - sottolinea il sindacato -. Come previsto, del resto, da una direttiva comunitaria che però nel nostro Paese continua ad essere sistematicamente ignorata. A questo punto, il giovane sindacato non ha dubbi: la parola non può che passare ai tribunali della repubblica italiana".

Fonte: Italpress

 

Il concorso per docenti segna un "boom di laureati over 40 privi di esperienza, E solo 100mila provengono dalle graduatorie", sottolinea l'Anief, avvertendo: "Il governo ha fallito. E' così che si aiutano giovani e precari? Il ministro Profumo è sconfessato dai fatti".

I dati ufficiali pubblicati oggi dal Miur sulle domande presentate per partecipare al concorso a cattedra per 11mila posti - oltre 320mila candidati, con un'età media vicina ai 40 anni e per due terzi senza esperienza sul campo - "confermano in pieno quanto l'Anief sostiene da mesi: con questa selezione diretta il Governo non vuole di certo stabilizzare i 250mila precari inseriti nelle graduatorie ad esaurimento, tanto è vero che meno della metà di questi ha deciso di parteciparvi".

"È ora evidente a tutti che il Ministero dell'Istruzione ha invece solo un obiettivo: lasciare i giovani al palo e mettere in competizione decine di migliaia di italiani disoccupati over 40, illudendoli con il miraggio del posto fisso. Solamente uno ogni trenta aspiranti, infatti, la spunterà e diventerà insegnante nel prossimo biennio", ricorda l'Anief. 

"I numeri emessi oggi dal Miur - commenta Marcello Pacifico, presidente dell'Anief - dimostrano chiaramente che i precari della scuola hanno snobbato il concorso-farsa. E che coloro che avrebbero avuto più motivi per mettersi in gioco, i giovani, sono rimasti esclusi da una norma incostituzionale che prevede l'accesso alle selezioni solo per coloro che hanno una laurea conseguita da almeno dieci anni. Si tratta di un'esclusione inconcepibile: a parità di titolo, infatti, tutti hanno lo stesso diritto a partecipare al concorso pubblico".

"È ormai sempre più evidente - continua Pacifico - che il ministro Profumo è stato sconfessato dai fatti. Sia per le tantissime domande, circa 215mila, presentate da personale senza un minimo di esperienza nella scuola, sia perché lasciando fuori i neo-laureati non si ringiovanisce di certo un'età media di insegnamento già tra le più alte al mondo".

L'Anief torna quindi a chiedere al governo e all'amministrazione "di non insistere con questa fumosa politica di stabilizzazioni, priva di una reale progettualità. La precedenza nelle immissioni in ruolo, infatti, sarebbe dovuta andare ai precari che hanno svolto almeno tre anni di servizio. Come previsto, del resto, da una direttiva comunitaria che però nel nostro Paese continua ad essere sistematicamente ignorata". E a questo punto, il sindacato non ha dubbi: "La parola non può che passare ai tribunali della Repubblica".

Fonte: TMNews

 

I numeri abnormi delle domande di partecipazione al concorso hanno destato parecchio clamore e diverse critiche da sindacati e partiti politici; ve ne riportiamo alcune: CGIL, PD, CISL, ANIEF.

Francesco Scrima, Segretario Generale CISL Scuola, ha commentato il dato enorme di domande pervenute al MIUR per la partecipazione al concorso.
" Più di trecentomila domande di partecipazione al concorso a cattedre: questo il dato, che smentisce clamorosamente le previsioni al ribasso fatte a suo tempo dal Miur, mentre conferma la drammaticità dello scarto tra domanda e offerta di lavoro nella scuola." ha affermato il segretario. Poi, continuando, ha espresso la preoccupazione del sindacato sul funzionamento della macchina organizzativa e la possibilità di ricorsi:"Cresce, di fronte al numero delle domande, la preoccupazione che la macchina organizzativa da attivare già a partire dalle prove preselettive si dimostri all'altezza del compito, viste le infelici recenti esperienze. La CISL Scuola non ha mai assunto posizioni di contrasto "ideologico" allo strumento del concorso, ma non può non essere preoccupata in una situazione che rende arduo assicurare chiarezza, regolarità e trasparenza delle procedure. Guai se in questo senso non venissero date le garanzie necessarie: già troppe volte la competenza a decidere sul reclutamento del personale è stata consegnata ai tribunali, sarebbe bene porre fine a questa pericolosa deriva."

Anche il Segretario generale della Federazione Lavoratori della Conoscenza CGIL, Domenico Pantaleo, ha commentato piuttosto duramente il dato relativo alle domande e parla del concorso come di una fabbrica di illusioni per tanti precari che hanno bisogno invece di stabilità: "Il Ministro Profumo dovrebbe interrogarsi sul concorso a fronte di oltre 300 mila domande per 11.500 posti disponibili. È la conferma che il concorso risponde solo alla demagogia di un Ministro che ritiene il lavoro non un diritto ma una lotteria a premi.Dove sono andati a finire i giovani, il merito, la valorizzazione dei talenti a fronte di un concorso che si è trasformato in una fabbrica di illusioni? La verità è che l'enorme numero di domande dipende esclusivamente dall'alto numero di disoccupati che aspirano legittimamente ad un lavoro. Nel contempo la situazione dei precari della scuola diventa ogni giorno più insostenibile e disperata."
È triste vedere un Ministro che non si rende conto degli ulteriori guasti che sta provocando nella scuola pubblica italiana e che ama mettere in competizione persone disperate" continua Pantaleo." Più che gioire dovrebbe vergognarsi! Le persone non sono stupide e le mobilitazioni sapranno difendere la scuola pubblica e la dignità del lavoro."

La Puglisi, responsabile Scuola PD, commenta negativamente i numeri delle domande e parla del concorso come di una lotteria per disperati alla ricerca di un posto fisso, e non di vera vocazione all'insegnamento: "Avevamo chiesto il bando solo per le classi di concorso esaurite o in via di esaurimento. In fase di disoccupazione, quello che spinge a partecipare non è la vocazione all'insegnamento ma la ricerca del posto fisso". Continua parlando della necessità di stabilizzare i precari storici:" La nostra preoccupazione e' che l'esperienza di chi ha maturato anni di servizio in condizioni di precariato venga riconosciuta e valorizzata, stabilizzando chi lavora su posti vacanti".

Anche l'ANIEF è molto critica nel suo comunicato, che cita i dati ufficiali delle domande: "I dati ufficiali pubblicati oggi dal Miur sulle domande presentate per partecipare al concorso a cattedra per 11mila posti confermano in pieno quanto l’Anief sostiene da mesi: con questa selezione diretta il Governo non vuole di certo stabilizzare i 250mila precari inseriti nelle graduatorie ad esaurimento, tanto è vero che meno della metà di questi ha deciso di parteciparvi."

Il presidente,Marcello Pacifico, così commenta."I numeri emessi oggi dal Miur – commenta Marcello Pacifico, presidente dell’Anief – dimostrano chiaramente che i precari della scuola hanno snobbato il concorso-farsa. E che coloro che avrebbero avuto più motivi per mettersi in gioco, i giovani, sono rimasti esclusi da una norma incostituzionale che prevede l’accesso alle selezioni solo per coloro che hanno una laurea conseguita da almeno dieci anni. Si tratta di un’esclusione inconcepibile: a parità di titolo, infatti, tutti hanno lo stesso diritto a partecipare al concorso pubblico."

Conclude con una richiesta di stabilizzazione per i precari in GE con almeno 3 anni di servizio:"L’Anief torna quindi a chiedere al Governo e all’Amministrazione di non insistere con questa fumosa politica di stabilizzazioni, priva di una reale progettualità. La precedenza nelle immissioni in ruolo, infatti, sarebbe dovuta andare ai precari che hanno svolto almeno tre anni di servizio. Come previsto, del resto, da una direttiva comunitaria che però nel nostro Paese continua ad essere sistematicamente ignorata. A questo punto, il giovane sindacato non ha dubbi: la parola non può che passare ai tribunali della Repubblica."

Fonte: Orizzonte Scuola

 

Il concorso a cattedra per 11.542 nuovi docenti deve ancora essere avviato: solo ieri sono terminati i tempi di presentazione delle domande. Si parla di oltre 300.000 candidati. Anche i Tfa sono fermi alle selezioni, e comunque i 21.000 partecipanti non potranno abilitarsi prima della prossima estate. Eppure il ministero dell'Istruzione continua a concentrarsi sul nuovo corso di reclutamento del personale.

Secondo alcune indiscrezioni giornalistiche, già nei prossimi giorni il ministro dell'Istruzione, Francesco Profumo, sarebbe intenzionato a firmare il regolamento che per la prima volta introduce una cadenza periodica dei concorsi di tipo biennale: al termine dei due anni decadranno tutti gli idonei non ancora assunti e le graduatorie dove verranno inseriti.

Ma secondo il sindacato Anief "se queste sono le intenzioni del Miur stiamo assistendo ad una sorta grande spot. Forse utile all'avvicinarsi della competizione elettorale politica. Ma non di certo al bene dalla scuola e di chi vi opera".

"Per bandire un concorso con modalità innovative - sostiene Marcello Pacifico, presidente dell'Anief - il Ministero deve necessariamente superare l'art. 400 del D.Lgs. 297/1994, il cosiddetto Testo Unico, che prevede il rinnovo dei concorsi ogni tre anni. E per farlo, Profumo deve per forza introdurre un regolamento attuativo della legge 244/2007, approvata durante la gestione Fioroni, legato alla formazione iniziale. Solo che per concludere questo passaggio è obbligatorio il passaggio in Parlamento".

Per Pacifico "l'esame delle commissioni Cultura di Camera e Senato - continua Pacifico - non è facoltativo. Come ribadito nella legge 296 del 2006, oltre che nella 133 del 2008. E lo stesso obbligo riguarda la revisione delle classi di concorso di insegnamento. Quelle che sempre il ministro Profumo avrebbe promesso di approvare entro pochissimi mesi, in modo da utilizzarle proprio per il concorso a cattedra del prossimo anno. Ma a quanto risulta all'Anief, i parlamentari deputati a tali verifiche ad oggi non hanno ancora nemmeno ricevuto le proposte ufficiali su nuovi concorsi e insegnamenti.
Come si fa allora a continuare a prendere in giro centinaia di migliaia di aspiranti docenti, dal momento che i tempi per il nuovo reclutamento non sono ancora maturi?".

A questo punto, secondo l'Anief non vi sono dubbi: "Il ministro Profumo farebbe bene, nei pochi mesi di mandato rimasti, ad adottare una politica meno fantasiosa e più di sostanza".

Fonte: TMNews

 

Si delinea la tornata di contestazioni contro, principalmente, il ddl Stabilità, l’inerzia del Governo su rinnovo del contratto e blocco degli scatti d’anzianità. I sindacati che aderiscono al doppio appuntamento sono Flc-Cgil e Cobas. Ci sono poi le iniziative dei coordinamenti autonomi che stanno prendendo corpo. Come quella di sabato 10 a Roma.

Si comincia a delineare con maggiore chiarezza il quadro delle proteste dei sindacati contro, principalmente, il ddl Stabilità, l’inerzia del Governo su rinnovo del contratto e blocco degli scatti d’anzianità. Con due date, mercoledì 14 e venerdì 24, attorno a cui, anche per via della spinta di tanti lavoratori della scuola, stanno confluendo un sempre maggiore numero di adesioni.

Partiamo dallo sciopero del 14 novembre, la giornata europea di mobilitazione contro i tagli alla spesa pubblica decisi da un nutrito numero di stati membri dell’Unione Europea, proclamata dalla Confederazione Europea dei Sindacati. Prima si sono uniti i Cobas, l’Unicobs e il Sisa. E nelle ultime ore anche la Flc-Cgil

Secondo Piero Bernocchi, portavoce nazionale Cobas, sarebbe stato un vero peccato non raccogliere “l’appello dei tre popoli affinché il 14 sia davvero la prima, grande e unitaria mobilitazione popolare europea”. Tra l’altro la data coincide con la decisione finale a Montecitorio sull’emendamento delle 24 ore settimanali: “la legge che verrà votata alla Camera tra il 14 e il 16 novembre – continua il leader dei comitati di base - prevede l’aumento dell’orario (a parità di salario) di un terzo ai docenti delle medie e delle superiori, con la conseguente espulsione di altre decine di migliaia di precari; la deportazione degli insegnanti “inidonei”, il blocco infinito di contratti e scatti di anzianità”. Per questi motivi, prosegue Bernocchi, “nelle piazze italiane e in particolare a Roma davanti al Parlamento, ove si svolgeranno le votazioni sulla legge di in-stabilità, chiederemo con forza la cancellazione delle 24 ore settimanali dell’orario di cattedra - folle aumento del 33% dell’orario di lavoro mai imposto in Italia o in altri paesi europei nel dopoguerra -, del blocco dei contratti e degli scatti di anzianità, del concorsaccio per i precari, della deportazione degli “inidonei” e della legge Aprea-Ghizzoni, per l’assunzione dei precari e massicci investimenti nella scuola pubblica”.

I Cobas, dopo aver tentato inutilmente di far confluire la protesta al 14, confermano, comunque, la partecipazione anche allo sciopero del 24 novembre.

Decisamente attivi, intanto, si dimostrano anche i sindacati maggiori - Cisl Scuola, Uil Scuola, Snals e Gilda -, che stanno coinvolgendo nella loro battaglia al disegno di legge di stabilità, in particolare all’incremento delle ore di insegnamento settimanale, diversi esponenti del mondo politico. L’ultimo incontro si è svolto il 6 novembre a Roma, con l’on. Lorenzo Cesa, segretario dell’Udc. Vi “hanno preso parte i segretari generali Scrima, Di Menna, Nigi e Di Meglio”, si legge in un comunicato unitario, e gli “sono state illustrate le ragioni della mobilitazione in atto e in particolare quelle che rendono inaccettabile, nel merito e nel metodo, l’ipotesi di un incremento pesante dell’orario di lavoro dei docenti attuato con una vera e propria invasione delle prerogative negoziali. L’on. Cesa, dichiarando di condividere sostanzialmente quanto rappresentato dai segretari, ha dichiarato piena disponibilità e assicurato l’impegno del suo partito a sostenere attivamente la necessaria azione emendativa del testo di legge nell’ambito del percorso di approvazione in sede parlamentare”.

Come annunciato, nel corso dei prossimi giorni si svolgeranno le assemblee provinciali, durante le quali saranno chiamati i lavoratori a discutere sui motivi della contestazione. Nel Lazio, ad esempio, per il 13 novembre “Flc Cgil, Cisl Scuola,Uil Scuola, Snals Confsal e Gilda Unams,dalle ore 8,00 alle ore 11,00 (comprensivo dei tempi di percorrenza)”, hanno indetto delle assemblee provinciali, “con il seguente ordine del giorno: cancellazione dal d.d.l. di stabilità delle norme che modificano il CCNL dei lavoratori della scuola; pagamento degli scatti di anzianità; preparazione dello sciopero e della manifestazione del 24 Novembre a difesa della scuola pubblica e del diritto allo studio”. Gli incontri serviranno anche a creare la maggiore partecipazione possibile allo sciopero, con manifestazione a Roma, del 24 novembre. Sciopero cui aderiranno anche i Cobas. Che così, assieme alla Cgil, chiederanno ai propri aderenti di incrociare le braccia per due volte in appena dieci giorni.

Continuano poi a svilupparsi le iniziative di protesta non prettamente sindacali. Come quella organizzata a Roma da un coordinamento di istituti che, dopo quattro assemblee molto partecipate, ha deciso di organizzare per il 10 novembre un corteo alle ore 14,30 da piazza dell'Esquilino (via Cavour) che si concluderà in piazza Ss. Apostoli. La protesta sta riscuotendo adesioni trasversali. L’Usb scuola, ad esempio, che ha ravvisato dei problemi a causa dell’applicazione della “legge 146/90 ancora una volta strumento contro la libertà”, ha deciso che sabato 10 novembre sarà “in piazza con i coordinamenti delle scuole con cortei cittadini per segnare la prima tappa della settimana di blocco delle attività aggiuntive, della settimana in cui avremo respirato il solo “Profumo di didattica” che resta della Scuola (l’astensione in corso dalle attività extra-didattiche avviata assieme a Unicobas, ANIEF, USI Scuola, CUB-Sur, Orsa Scuola e Università e SAB ndr) sotto i colpi del Governo Monti. E il 14 se ci saranno momenti di mobilitazione locali o delle scuole convocati su parole d’ordine condivisibili la USB non farà mancare il proprio apporto”.

Un altro raggruppamento di docenti e Ata, Rsu in servizio nelle scuole pubbliche di Roma del I Municipio e dei quartieri Monteverde, Eur, Garbatella, Ostiense, ha organizzato, infine, una “Fiaccolata per la Resistenza e la Difesa della Scuola Pubblica”, per Martedì 13 Novembre 2012 alle ore 17,30, con partenza dal piazzale antistante l’ITIS Armellini (Metro B San Paolo).

Fonte: Tecnica della Scuola

 

Lo ha affermato il Sottosegretario, Marco Rossi Doria, incalzato dalle domande di alcuni docenti a margine di una conferenza a Roma sui giovani delle periferie in merito alla legge di stabilità. Puglisi sui fondi: "abbiamo fatto proposte chiare". ANIEF: numerose le mozioni contro il provvedimento da parte dei Collegi.

La norma sulle 24 ore "va abrogata, su questo c'è il convincimento unanime del governo, del ministro, delle forze politiche. Ora si tratta di trovare le risorse, in particolare 182,9 milioni per onorare la spending review che è legge dello Stato". Ha affermato il Doria.

Replica la Puglisi, responsabile scuola del PD,: "Abbiamo fatto proposte chiare su dove andare a prendere le risorse per fermare i tagli al bilancio dell'istruzione: spesa corrente rimodulazione del ministero della Difesa, fondo per la vendita degli immobili di Stato e fondo Catricalà. Proprio perché la scuola ha fame di innovazione e di qualità, occorre tornare ad investire, restituendo il maltolto alla più grande istituzione democratica del Paese".

Insomma, adesso spetta alla commissione bilancio cogliere l'invito.

Nel frattempo, dalle scuole, giungono ancora segnali di agitazione, di insofferenza nei confronti del provvedimento in questione, nonostante le continue rassicurazioni.

"In questo modo – spiega il presidente del giovane sindacato, Marcello Pacifico – cerchiamo di far comprendere ai vertici di chi governa la scuola italiana qual è lo stato d’animo con cui verrebbe accolto questo provvedimento unilaterale. Giunto in Parlamento, peraltro, del tutto privo di un adeguato confronto con le parti interessate. Senza dimenticare l’evidente contrasto che presenta a livello di applicazione, sia con la Costituzione che con il Contratto collettivo nazionale".

Fonte: Orizzonte Scuola

 

"Le proiezioni emesse oggi dall'Istat sull'impennata di disoccupati in Italia rappresentano l'ennesimo colpo al cuore per l'economia italiana. Oltre che per i nostri giovani e per le loro famiglie. Sapere che nel 2013 gli italiani in cerca di occupazione passeranno dall'attuale 10,6% all'11,4%, con 'un deterioramento complessivo delle condizioni del mercato del lavoro', rappresenta un'ulteriore conferma della rottura in atto quella solidarietà sociale e professionale, la cui presenza rimane indispensabile per rilanciare il Paese". Lo afferma in una nota l'Anief.

Secondo Marcello Pacifico, presidente dell'Anief e delegato Confedir ai direttivi, quadri e alte professionalità, "siamo di fronte alla conferma che in Italia occorre da subito rilanciare l'economia attraverso un serio piano di riconversione industriale.

Per farlo è indispensabile che il Governo punti a potenziare quei comparti nei quali il Paese è notoriamente competitivo. Ad iniziare dallo sviluppo del patrimonio culturale. Invece si continua a fare 'cassa' - continua Pacifico - cercando di tagliare migliaia di posti nella pubblica amministrazione. Continuando a fare finta di dimenticare i quasi 280mila tagli che negli ultimi sei anni hanno colpito sempre i soliti 'noti': i ministeriali (che hanno perso 25 mila posti), le regioni e gli enti locali (-19 mila), la sanità (-28 mila) e soprattutto la scuola (-200 mila unità tra docenti e Ata)".

"Bisogna poi ricordare che nella nostra Penisola, rispetto alla media Ocse, si pagano pensioni superiori per via dei privilegi consentiti soltanto ad alcune categorie nel passato, quando con 15 anni di contributi o una legislatura si maturava il diritto a un beneficio a vita. Mentre oggi i giovani dovranno lavorare almeno 50 anni per andare in pensione dopo i 70 di età, peraltro con il 35% dell'ultima retribuzione", sottolinea l'Anief. "Per uscire da questo squilibrio - fa rilevare Pacifico – serve necessariamente più equità e un patto generazionale sulle pensioni. Inoltre, va sempre ricordato che la spesa per il settore dell'istruzione, dell'università e della ricerca è scesa negli ultimi venti anni del 5,4%. Adottando una politica opposta a quella degli Stati Uniti e della Germania. Senza dimenticare che gli stipendi sono stati bloccati per quattro anni, mentre si è proceduto all'utilizzo di personale precario per un settimo del fabbisogno ordinario per risparmiare le spese sugli stipendi. Per questo, consigliamo al Governo di abbandonare la strada controproducente dei tagli lineari ai servizi e dell'aumento della pressione fiscale: l'unica strada rimane la riconversione industriale e produttiva intorno a un progetto condiviso che rilanci il nostro unico patrimonio culturale, anche turistico, che ha già avuto in passato l'onore - conclude - di ospitare la metà dei monumenti Unesco dell'umanità".

Fonte: Italpress

 

I dati emessi oggi dall’Istat sull’impennata di disoccupati in Italia rappresentano un altro colpo al cuore per l’economia italiana. Ma anche per i nostri giovani e per le loro famiglie. Sapere che nel 2013 gli italiani in cerca di occupazione passeranno dall’attuale 10,6% all’11,4%, con “un deterioramento complessivo delle condizioni del mercato del lavoro”, rappresenta un’ulteriore conferma della rottura in atto di quella solidarietà sociale e professionale, la cui presenza rimane indispensabile per rilanciare il Paese.

Secondo Marcello Pacifico, presidente dell'Anief e delegato Confedir ai direttivi, quadri e alte professionalità, “siamo di fronte alla conferma che in Italia occorre da subito rilanciare l’economia attraverso un serio piano di riconversione industriale. Per farlo è indispensabile che il Governo punti a potenziare quei comparti nei quali il Paese è notoriamente competitivo. Ad iniziare dallo sviluppo del patrimonio culturale. Invece si continua a fare ‘cassa’ – continua Pacifico – cercando di tagliare migliaia di posti nella pubblica amministrazione. Continuando a fare finta di dimenticare i quasi 280mila tagli che negli ultimi sei anni hanno colpito sempre i soliti ‘noti’: i ministeriali (che hanno perso 25 mila posti), le regioni e gli enti locali (-19 mila), la sanità (-28 mila) e soprattutto la scuola (- 200 mila unità tra docenti e Ata)”.

Bisogna poi ricordare che nella nostra Penisola, rispetto alla media Ocse, si pagano pensioni superiori per via dei privilegi consentiti nel passato soltanto ad alcune categorie, quando con 15 anni di contributi o una legislatura si maturava il diritto a un beneficio a vita. Mentre oggi i giovani dovranno lavorare almeno 50 anni per andare in pensione dopo i 70 di età, peraltro con il 35% dell’ultima retribuzione.

“Per uscire da questo squilibrio - fa rilevare il sindacalista Anief-Confedir - serve necessariamente più equità e un patto generazionale sulle pensioni. Inoltre, va sempre ricordato che la spesa per il settore dell’istruzione, dell’università e della ricerca è scesa negli ultimi venti anni del 5,4%. Adottando una politica opposta a quella degli Stati Uniti e della Germania. Senza dimenticare che gli stipendi sono stati bloccati per quattro anni, mentre si è proceduto all’utilizzo di personale precario per un settimo del fabbisogno ordinario per risparmiare le spese sugli stipendi. Per questo, consigliamo al Governo di abbandonare la strada controproducente dei tagli lineari ai servizi e dell’aumento della pressione fiscale: l’unica strada rimane la riconversione industriale e produttiva intorno a un progetto condiviso che rilanci il nostro patrimonio culturale unico, anche turistico, che ha già avuto in passato l’onore di ospitare la metà dei monumenti Unesco dell’umanità”, conclude Pacifico.

Fonte: AgenParl

 

Parte dei dirigenti interpretano in tal modo il divieto di monetizzazione introdotto dalla spending review. Ma per i rappresentanti dei lavoratori costringere i precari a fruire delle ferie in periodo che non va tra il 1° luglio al 31 agosto porterà inevitabili controversie. L’Usb Scuola Sicilia parla di presidi-sceriffo e cita il caso della scuola media ‘Gregorio Russo’ di Palermo. Anche il responsabile dell'Ambito Territoriale di Bari si schiera coi supplenti.

Il lungo ponte di Ognissanti è ormai alle spalle. Con un numero imprecisato di precari temporanei, docenti e Ata, che hanno dovuto piegarsi alle richieste più o meno pressanti dei loro dirigenti. E usufruire, nei due giorni di sospensione dell’attività didattica, delle ferie maturate nel corso della loro supplenza. Tutto nasce dalla disposizione normativa prevista dal decreto legge 95/2012, del 6 luglio scorso, più noto come spending review, che vieta il pagamento, anche ai pubblici dipendenti, delle ferie maturate e non godute. In particolare l'art. 5 del dl prevede che “le ferie, i riposi ed i permessi spettanti al personale, devono essere obbligatoriamente fruiti e non danno luogo in nessun caso alla corresponsione di trattamenti economici sostitutivi”.

Dopo aver chiarito, dopo non poche incomprensioni, che l’adozione della norma non ha effetto retroattivo, nelle ultime settimane la disposizione ha indotto diversi dirigenti scolastici a prendere una posizione sulla questione decisamente rigida. Questi capi d’istituto hanno infatti invitato gli interessati, docenti e personale Ata con supplenze brevi o fino ad “avente diritto”, a consumare le ferie negli immediati giorni successivi alla maturazione. Con l’accortezza di concordare le date con la stessa dirigenza. In alcuni casi i presidi, timorosi di dover pagare di tasca propria le ferie dei precari quando questi saranno licenziati per la scadenza naturale della supplenza, si starebbero anche attivando per stipulare dei nuovi contratti indicanti una clausola dello stesso tenore.

In attesa di una deroga dell’applicazione della norma per il personale precario della scuola, prevista nel ddl Stabilità ora all’esame della Camera, i sindacati hanno sin da subito espresso la loro contrarietà.

Ad iniziare da Flc-Cgil, Cisl, Uil e Snals, che lo scorso 12 ottobre hanno inviato una lettera unitaria attraverso la quale si chiedeva un incontro al MIUR per superare la norma introdotta. I rappresentanti dei lavoratori del comparto scuola hanno tenuto a precisare che “si tratta di una norma di carattere generale che interessa tutti i lavoratori pubblici, la cui applicazione, a parere delle Scriventi Segreterie, risulta impossibile nel comparto scuola nel caso del personale precario (supplenti temporanei fino alla fine delle attività didattiche e supplenti temporanei), la cui assenza per ferie farebbe sorgere il bisogno di una supplenza, con il consequenziale costo aggiuntivo”. Per poi aggiungere che “in alcuni casi (nominati fino all’avente diritto) risulta addirittura impossibile mettere i lavoratori nelle condizioni di fruire delle ferie maturate, dal momento che non si conosce in anticipo quando terminerà il rapporto di lavoro”.

Nei giorni scorsi si è espressa anche la Gilda degli Insegnanti, secondo cui le richieste dei dirigenti di far fruire ai supplenti temporanei le ferie maturate nel corso del ponte di Ognissanti sarebbero “iniziative fantasiose in aperto contrasto con le disposizioni contrattuali in vigore”. Il sindacato guidato da Rino Di Meglio ha sottolineato che il “14 ottobre 2009, le Sezioni unite della Corte di cassazione, in funzione nomofilattica hanno stabilito che “nel contratto di lavoro nulla si rinviene in riferimento ad eventuali obblighi di fruizione delle ferie nei periodi di sospensione delle lezioni, essendo previsto che tale fruizione possa avvenire solo nei periodi di sospensione delle attività didattiche”.

In effetti il Ccnl obbliga il personale docente a fruire delle ferie esclusivamente nei periodi di sospensione delle attività didattiche, quindi dal 1° luglio al 31 settembre. “Mentre detto periodo è sufficiente a consentire la fruizione delle ferie a tutto il personale di ruolo e a quello supplente annuale – sottolinea la Gilda - ciò non vale per il personale supplente sino al termine delle attività didattiche e breve e saltuario. Si ritiene quindi, anche per evitare la probabile soccombenza dell´Amministrazione nelle inevitabili controversie, di consentire la ‘monetizzazione’ delle ferie”.

Anche la Usb Scuola Sicilia non sembra avere dubbi: “la norma della ‘spending review’ che vieta il pagamento delle ferie maturate e non godute oltre ad essere in pieno contrasto con l’art. 19 del CCNL della scuola, con la Costituzione italiana e col Codice Civile, non prevede nessun ‘consiglio o obbligo’ per i dirigenti scolastici a modificare i contratti a loro piacimento”.

Per la Usb siciliana, che teme l’espandersi dei “dirigenti-sceriffo”, “finchè si resta nell'ambito dell'‘invito’, i docenti possono tranquillamente declinare la sconcia proposta e decidere loro quando usufruire dei giorni di ferie, ma nel momento in cui si trascende nell'illegalità e nella tracotanza come è accaduto nella scuola secondaria di I grado ‘Gregorio Russo’ di Palermo, dove i colleghi precari sono stati ‘collocati d’ufficio’ in ferie, è necessario denunciare con forza l'arroganza di alcuni dirigenti scolastici e il loro collaborazionismo nella distruzione del Ccnl”.

“L’atto compiuto in questa scuola ad opera del dirigente scolastico – conclude la sezione siciliana - dimostra chiaramente la totale deriva e lo sprezzo dei diritti dei lavoratori, lasciando intravedere con chiarezza alcune delle conseguenze che produrrà l'ex ddl Aprea: i lavoratori in balìa delle ‘libere associazioni/interpretazioni’ di dirigenti-padroni che decidono persino quando un lavoratore debba riposarsi!”. Il concetto è ribadito da un comunicato, stavolta, nazionale dei Comitati di base nel quale si ricorda che “alla luce della normativa attualmente vigente non sussiste alcun obbligo di richiedere le ferie in giorni predeterminati di sospensione delle lezioni per cui qualsiasi imposizione in tal senso è da considerarsi illegittima”.

Sulla questione si è poi espressa l’Anief, che ha messo in guardia i dirigenti scolastici inviando loro una lettera proprio alla vigilia del ponte d’inizio novembre. Anief sostiene che “non esiste nessun riferimento legislativo o contrattuale che può collocare in ferie d’ufficio durante la sospensione delle lezioni i precari con contratto temporaneo, sino ad avente diritto o con supplenze fino al 30 giugno 2013, né tantomeno li autorizza a realizzare modifiche unilaterali dei contratti per prevenire ipotetiche richieste di pagamento”. Secondo il sindacato degli educatori in formazione “nessuna norma ha attualmente superato il disposto del c. 2 art. 19 del Ccnl Scuola, ove si stabilisce che ‘la fruizione delle ferie nei periodi di sospensione delle lezioni non è obbligatoria”. Dopo aver sottolineato che i periodi di sospensione delle lezioni (Ognissanti, pausa natalizia, pasquale, etc.) risultano “ben diversi da quello identificato come periodo di riferimento per la fruizione delle ferie, ovvero quello di sospensione delle attività didattiche (1° luglio-31 agosto)”, l’Anief ha chiesto a tutto il personale precario interessato di “non dare seguito alcuno agli ‘inviti’ a fruire delle ferie durante i periodi di sospensione delle lezioni da parte dei dirigenti scolastici. Nel caso in cui questi ultimi volessero ‘forzare la mano’, emanando provvedimenti di collocamento in ferie d’ufficio”, il sindacato ha fatto sapere di avere già predisposto le contromisure attraverso un modello di risposta ad hoc.

Sul caso si sono espressi però anche alcuni dirigenti ministeriali. Come quello responsabile dell'Ambito Territoriale di Bari,Giovanni Lacoppola, che, sollecitato dalle “numerose lamentele e richieste di chiarimenti” riguardo alle iniziative unilaterali dei ds, non ha esitato ad asserire, attraverso una lettera ufficiale che si tratta di prese di posizione fuori luogo. “In attesa di tali chiarimenti – ha scritto Lacoppola - si ritiene che il comportamento di quei Dirigenti scolastici che procedono alla ridefinizione unilaterale del contratto di lavoro a tempo determinato del personale scolastico sia di dubbia legittimità e si esponga inevitabilmente al contenzioso dei lavoratori interessati”. Il dirigente ha quindi invitato i ds ad evitare iniziative incaute, “in attesa di opportune indicazioni che perverranno nei prossimi giorni, allo scopo di rendere applicabili le norme approvate nel rispetto dei diritti di tutti gli operatori scolastici coinvolti. Inoltre, per la stessa ragione, non sembra condivisibile il comportamento di taluni Dirigenti Scolastici, i quali avrebbero manifestato l’intenzione di collocare in ferie i docenti a tempo determinato in concomitanza con il prossimo ‘ponte’ di Ognissanti”.

L’avviso però, a quanto ci risulta, non è servito a spazzare via gli equivoci. Nella provincia d Bari, come in molte altre. Il Miur farebbe bene a dare indicazioni. A meno che non intenda aspettare l’approvazione della Legge di Stabilità.

Fonte: Tecnica della Scuola

 

Passando per gli studenti. Un autunno costellato da proteste, il mondo della scuola è in subbuglio e i motivi sono molti: dall'edilizia, agli scatti stipendiali, dal concorso a cattedra ai nuovi tagli previsti nella legge di stabilità.

Partono i sindacati non rappresentativi (USB-Scuola, ANIEF, USI Scuola, CUB-Sur, Orsa Scuola e Università e SAB), che dal 5 al 10 di novembre hanno avviato l'iniziativa "Profumo di didattica". Si tratta di giorni cruciali, perchè in parlamento si discuteranno gli emendamenti alla legge di stabilità. Vi rimandiamo al nostro video servizio

Giorno 14 novembre i sindacati di base aderiranno allo sciopero generale europeo contro le politiche di austerità imposte dall'Europa.

Cisl Scuola, Uil Scuola, Snals Confsal e Gilda Fgu scioperano invece il giorno 24 novembre. Il motivo di base è il riconoscimento ai fini delle progressioni economiche e di carriera degli scatti di anzianità, ma si sono aggiunte anche altre ragioni,a partire dal disegno di legge di stabilità, nei confronti della quale è netto il dissenso delle quattro organizzazioni. Senza dimenticare i tagli previsti dalla Spending Review. Vi rimandiamo all'articolo specifico

Ma sul piede di guerra ci sono anche gli studenti dell'UDU che si dice pronto nuove mobilitazioni. oggetto della contestazione la diminuzione del fondo nazionale per il diritto allo studio. "Non accettiamo che il Governo scarichi il finanziamento delle borse di studio sulle tasse degli studenti" afferma Michele Orezzi, Coordinatore dell'Unione degli Universitari. "Occorre una risposta immediata e definitiva per gli oltre 45 mila studenti che ogni anno reclamano un diritto sancito dalla nostra Costituzione. Le politiche di austerità portate avanti finora hanno bloccato ogni investimento nell'istruzione, ma è ora di cambiare. Per questo saremo in piazza sia il 14 novembre per la mobilitazione dei lavoratori europei contro le politiche di austerità che il 17 novembre per la Giornata Internazionale dello Studente. Saremo in piazza per dimostrare che siamo il cambiamento che vogliamo vedere nel mondo".

Fonte: Orizzonte Scuola

 

Sale il malcontento per lo spettro delle sei ore d’insegnamento in più, l’approdo in Senato del ddl 953, il concorso a cattedra ritenuto inadeguato, il mancato rinnovo del Ccnl, il blocco degli scatti d’anzianità. Dai collegi dei docenti mozioni anti tagli con astensione dalle attività extra. A Roma decine di istituti in mobilitazione: il 10 un corteo. Il 14 primo sciopero generale europeo contro le politiche di Commissione europea e Bce e si fermano i sindacati di base. Il 17 la Giornata Internazionale dello Studente. Si chiude il 24 con l’astensione dei sindacati maggiori.

 

Cresce il malcontento per la politica dei tagli imposta alla scuola dal Governo Monti. I motivi sono molteplici: dalla minaccia dell’aumento dell’orario settimanale dei docenti di medie e superiori all’approvazione (manca solo il sì del Senato) del ddl 953, ribattezzato Aprea-Ghizzoni, dalla “stretta” arrivata in estate con la spending review al graduale processo di accorpamento degli istituti, dal ritorno ad un concorso a cattedra troppo pre-selettivo e in concorrenza coi candidati inclusi nelle GaE al mancato rinnovo del contratto collettivo nazionale sino al blocco degli scatti di anzianità. Ma il malcontento serpeggia pure tra gli studenti, in mobilitazione per i continui attacchi al diritto allo studio, alla riduzione di risorse per la scuola pubblica e per le borse di studio.

 

Le modalità delle proteste sono molteplici e trasversali. A livello nazionale e locale. A Roma oltre cinquanta istituti sono già in mobilitazione. E nei collegi dei docenti si approvano continue mozioni: quasi sempre si concretizzano con l’astensione da tutte le attività extradidattiche (funzioni strumentali, progetti, visite culturali, ecc.). Come al professionale alberghiero "U. Tognazzi" di Velletri, in provincia di Roma, dove la larghissima maggioranza del collegio dei docenti (98 voti a favore su 99) ha espresso “grave preoccupazione, indignazione e profondo dissenso nei confronti delle scelte politiche del Governo fortemente punitive verso la scuola pubblica, caratterizzate da tagli di risorse e personale, attuati in forme diverse e non sempre trasparenti. nonché da una martellante svalutazione della professionalità e della libertà di insegnamento”. Dopo aver elencato la “netta contrarietà” ad una serie “di provvedimenti all’ordine del giorno dell’agenda politica”, gli insegnanti hanno chiesto anche “con forza al Ministero di stanziare subito tutte le risorse utili alla copertura totale degli scatti (automatici in busta paga ndr) senza ulteriori decurtazioni dal bilancio della scuola pubblica, anche e soprattutto alla luce degli ultimi stanziamenti ad hoc per il comparto della scuola privata”. In attesa di risposte concrete, i docenti del “Tognazzi” annunciano quindi che nel corso dell’anno adotteranno “una didattica essenziale”, fatta di “lettura e commento dei testi, verifiche e interrogazioni, correzione in classe dei compiti e delle verifiche scritte”. Di mozioni di questo tenere se ne contano oramai sempre di più.

 

Ci sono poi le iniziative comuni. Come il funerale della scuola pubblica, andato on scena il 31 ottobre in piazza del Popolo. E come i due flash-mob svolti ad ottobre davanti al Miur: un terzo si è svolto domenica 4 novembre. Stavolta i manifestanti si sono presentati con delle rose in mano, in ricordo del collega di Carmine Cerbara, il 48enne docente precario di storia dell'Arte suicidatosi nei giorni scorsi dopo che aveva manifestato un crescente malcontento per le decisioni del Governo di tagliare ulteriori posti per il personale non di ruolo della scuola.

 

Da lunedì 5 a sabato 10 novembre, in concomitanza con la discussione in Parlamento egli emendamenti al testo del decreto di stabilità, è in programma l'iniziativa “Profumo di didattica”, promossa da Unicobas, USB-Scuola, ANIEF, USI Scuola, CUB-Sur, Orsa Scuola e Università e SAB: il programma prevede assemblee dei lavoratori, con gli studenti, con i genitori, didattica alternativa e l'astensione da ogni attività aggiuntiva non obbligatoria, presidi ed iniziative locali.

 

Nella capitale le scuole si sono organizzate in un coordinamento che, dopo tre assemblee molto partecipate, si rivedrà martedì 6 novembre alle 15,30 al Liceo Mamiani. Sabato 10 novembre a Roma partirà un corteo alle ore 14,30 da piazza dell'Esquilino (via Cavour) che si concluderà in piazza Ss. Apostoli.

 

La protesta degli istituti potrebbe presto svilupparsi su un livello extraregionale. Nelle ultime ore, il Coordinamento delle scuole di Roma ha lanciato un “appello a tutte le scuole d'Italia” per “coordinarsi e partecipare alla giornata del 10 novembre indicendo manifestazioni in tutte le città, per far sentire la voce di chi nella scuola ci lavora e ci studia e in generale dei cittadini tutti che vedono leso un diritto fondamentale come è quello all'istruzione; fa appello inoltre a tutte le organizzazioni sindacali di aderire e rafforzare la mobilitazione”.

 

La scuola sarà in piazza anche il 14 novembre per il primo sciopero generale europeo insieme ai lavoratori e cittadini del vecchio Continente, per contestare le politiche di austerità imposte dalla Commissione europea e dalla BCE, come è stato già fatto il 27 ottobre nell'ambito del No Monti Day. Nella stessa giornata si fermeranno i sindacati di base: allo sciopero indetto dai Cobas, con annessa manifestazione a Roma, ha già dato la propria adesione l’Unicobas. E nei prossimi giorni potrebbero unirsi anche altre organizzazioni sindacali minori.

 

Ma sul piede di guerra ci sono pure gli studenti. "E' inaccettabile prevedere una diminuzione del fondo nazionale per il diritto allo studio", tuona Michele Orezzi, coordinatore dell'Unione degli Universitari. "Ogni anno più di 45 mila studenti capaci e meritevoli ma privi di mezzi non ricevono la borsa di studio per mancanza di fondi. Più di 45 mila giovani cui viene negato il diritto a costruirsi un futuro. Di fronte a questa situazione per ora il Governo è stato capace solo di aumentare enormemente la tassa che gli studenti pagano per il diritto allo studio, aumentando ancora l'importo delle tasse universitarie, già fra i più alti in assoluto in Europa. Ora nella legge di stabilità vediamo un nuovo calo delle risorse a disposizione del finanziamento del diritto allo studio, da circa 180 milioni di quest'anno ad appena 103 per il prossimo, un calo di oltre il 40%". Il sindacato studentesco si dice pronto alla mobilitazione: "saremo in piazza sia il 14 novembre per la mobilitazione dei lavoratori europei contro le politiche di austerità che il 17 novembre per la Giornata Internazionale dello Studente", conclude Orezzi.

 

Una settimana dopo, venerdì 24 novembre, sarà la volta dei sindacati più rappresentativi e che siedono al tavolo della contrattazione. Con la Flc-Cgil che dopo quattro anni tornerà ad incrociare le braccia e a scendere in piazza, sempre a Roma, assieme a Cisl, Uil, Snals e Gilda.

 

Fonte: Tecnica della Scuola

La sentenza della Corte Costituzionale, che ha reputato incostituzionale far collaborare i dipendenti pubblici all’accantonamento del Tfr, è stata sovvertita da dl n.185: al personale della scuola non andranno nemmeno gli arretrati. I sindacati rimangono senza parole. L’Anief fa notare che nel decreto si citano 41 milioni di euro, una cifra risibile: il Governo avrebbe sbagliato i conti “seguendo una vecchia relazione tecnica”.

Diventa sempre più ingarbugliata la vicenda del 2,5% di trattenuta per il fondo di previdenza dell'INPS ex INPDAP, sull’80% dello stipendio: come rilevato da questo giornale on line, attraverso il Decreto legge n. 185 del 29 ottobre 2012, il Governo è voluto correre ai ripari introducendo una norma che, se approvata definitivamente, spazzerebbe via il pericolo di restituzione ai pubblici dipendenti di una quota vicina ai 4 miliardi di euro. Si tratta di quella fetta di stipendio sottratta negli ultimi 22 mesi che la Corte Costituzionale, attraverso la sentenza 223 dell’8 ottobre scorso, ha di fatto dichiarato incostituzionale, “nella parte in cui non esclude l’applicazione a carico del dipendente della rivalsa pari al 2,50% della base contributiva, prevista dall’art. 37, comma 1, del dPR 1032/73”.

Per i ministri del Governo Monti, però, la necessità di “salvaguardare gli obiettivi di finanza pubblica” prevale sui diritti dei lavoratori: pertanto, sempre attraverso il dl 185/2012, “non si provvede al recupero a carico del dipendente delle eventuali somme già erogate in eccedenza”. Ma non solo: “i processi pendenti aventi ad oggetto la restituzione del contributo previdenziale obbligatorio nella misura del 2,5 per cento della base contributiva utile prevista dall'articolo 11 della legge 8 marzo 1968, n. 152, e dall'articolo 37 del testo unico delle norme sulle prestazioni previdenziali a favore dei dipendenti civili e militari dello Stato di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1032, si estinguono di diritto; l'estinzione è dichiarata con decreto, anche d'ufficio; le sentenze eventualmente emesse, fatta eccezione per quelle passate in giudicato, restano prive di effetti”.

Insomma, per i quasi tre milioni e mezzo di dipendenti pubblici, il 30 per cento dei quali in forza alla scuola, non sembrerebbero esserci più molte speranze. Ma viene ora da chiedersi perché il Governo, appena quattro giorni fa, abbia emesso un comunicato rassicurante nel quale sosteneva che “Il Consiglio ha approvato un decreto legge che, in attuazione della recente sentenza della Corte costituzionale n. 223 del 2012, ripristina la disciplina del trattamento di fine servizio nei riguardi del personale interessato dalla pronuncia. Per quanto riguarda le altre parti della sentenza della Consulta, il Consiglio ha stabilito che si procederà in via amministrativa attraverso un DPCM ai sensi della legislazione vigente”.

La pubblicazione del decreto legge ha lasciato basiti i lavoratori interessati. Ma anche i sindacati. Ad iniziare dalla Flc-Cgil, che dopo aver impugnato l’applicazione della trattenuta, qualche giorno fa sembrava cantare vittoria. Definendo il dl approvato dal governo come “ilrisultato della iniziativa della nostra organizzazione che da anni si batte anche nelle sedi dei tribunali per affermare il valore delle regole e della legalità”. Il sindacato guidato da Mimmo Pantaleo, rimaneva comunque in attesa di prendere visione di “un provvedimento serio che restituisca ai lavoratori - anche a quelli che per aderire ad Espero hanno trasformato in TFR parte del loro TFS - quanto gli è stato ingiustamente decurtato dallo stipendio sin dal 1 gennaio 2011”. Sinora, a poche ore dalla pubblicazione del decreto, dai lavoratori della conoscenza Cgil non sono pervenute repliche.

Un comunicato decisamente anonimo è quello emesso dalla Cisl Scuola. Che si è limitata a fotografare l’accaduto, ricordando che se dal una parte “si ripristina la modalità di calcolo del TFS precedente il decreto-legge 78/2010, modalità più favorevole rispetto a quella introdotta dal decreto stesso”, dall’altra viene “rilegittimata la trattenuta del 2,5% a carico del dipendente pubblico. Non ci sarà, pertanto, alcuna restituzione delle somme trattenute nel 2011 e nel 2012. Per quanto riguarda le cause pendenti, ne consegue - conclude la Cisl - la loro estinzione di diritto”.

Anche la Uil Scuola, dal canto suo si sofferma sul fatto che il nuovo decreto legge “è subito attuativo, ripristina le modalità di calcolo del TFS facendo venire meno la materia del contendere, determina l’estinzione di tutti i processi pendenti (ad eccezione di eventuali sentenze “passate in giudicato”), priva di effetti le sentenze emesse. Per tutti coloro che, nel frattempo, hanno avuto la liquidazione della buonuscita in base alle disposizioni dell’art. 12, comma 10, della Legge sopra citata, si procederà nell’arco di 1 anno alla riliquidazione della stessa e, in ogni caso, non si provvederà al recupero delle eventuali somme già erogate in eccedenza”. Dalle organizzazioni di Francesco Scrima e Massimo Di Menna non giunge, di fatto, alcun commento negativo sul ripristino del 2,5% per l’accantonamento del Tfr e sul fatto che gli arretrati non verranno corrisposti.

Al momento, l’unico sindacato che si lascia subito andare a giudizi severi sulla soluzione trovata dall’esecutivo di Monti sul ripristino del 2,5% è l’Anief. Che oltre a sposare la teoria dei giudici e a minacciare un “nuovo contenzioso” con l’amministrazione, si sofferma sul fatto che “i conti non tornano”, poiché il Governo li avrebbe sbagliati “seguendo una vecchia relazione tecnica”. L’Anief fa notare che sono “previsti 41 milioni per riportare la disciplina alle norme previgenti la legge 122/2010, ma non bastano a coprire le sole riliquidazioni dei precari della scuola”. Mentre “per ricostituire la quota 9,60% per i dipendenti della P. A. prevista dalla legge 75/1980 e ricordata dalla Consulta” servirebbero “diversi miliardi”.

I conteggi sembrano dare ragione al sindacato degli educatori in formazione: in base a quanto sostengono i giudici, le amministrazioni dello Stato, in quanto datori di lavoro, dovrebbero infatti versare la quota rimanente al netto della trattenuta, il 7,10% sull’80% della retribuzione come quantizzato al 31 dicembre 2010 rispetto al 4,41% pagato sull’intera retribuzione dal 1 gennaio 2011 (che dovrebbe corrispondere al 4.91% sull’80%). E l’applicazione di questa ritenuta, da quasi due anni corrisposta non legittimamente in busta paga, non corrisponde di certo solo a qualche milione di euro. Visto che si tratta di arretrati che variano tra quale centinaio ad oltre mille euro, da assegnare a 3,4 milioni di dipendenti, gli arretrati ammontano necessariamente a miliardi di euro.

Per l’Anief la “svista” del Governo si spiegherebbe in un solo modo: il Governo ha confermato i numeri della relazione tecnica allegata dal ministro Tremonti al D. L. 78 del 31 maggio 2010, che prevedeva nel passaggio alla nuova norma un risparmio di 1 milione di euro per il 2012 e di 7 milioni di euro per il 2013, aggiungendone a regime 33 milioni. “Quanto sopra potrebbe anche essere considerato – prosegue il sindacato autonomo - un ragionamento di “finanza creativa”, se l’attuale decreto legge non prevedesse anche di riliquidare, alla luce delle norme previgenti alla L. 122/2010, i TFR/TFS già liquidati”.

A questo punto, per l’organizzazione di di Marcello Pacifico la matassa può essere ancora sciolta dagli “uffici legislativi del Parlamento”, che nelle prossime settimane “saranno chiamati a un’ardua verifica dei conti pubblici per evitare un buco all’erario”. Per l’Anief, che in attesa degli eventi ha sospeso le diffide già predisposte, comunque anche le modifiche parlamentari al decreto non salverebbero il Miur dal “pagare già la metà delle nuove spese, fino a 20 milioni su 41 dal fondo di riserva”.

Resta ora da capire chi ha sbagliato. Il Governo dei tecnici, costretti a decisioni difficili e al limite della fattibilità, pur di non mandare in sofferenza le casse dello Stato? Oppure i giudici che, sulla base delle norme vigenti, hanno esaminato il caso nelle aule dei tribunali?

Fonte: Tecnica della Scuola

 

"Il Governo, per non restituire la quota del 2,5% trattenuta ai dipendenti pubblici, riporta la norma alla disciplina previgente ma sembra dimenticare che le amministrazioni dello Stato, in quanto datori di lavoro, dovrebbero versare – a detta dei giudici - la quota rimanente al netto della trattenuta, il 7,10% sull'80% della retribuzione come quantizzato al 31 dicembre 2010 rispetto al 4,41% pagato sull'intera retribuzione dal 1 gennaio 2011 (che dovrebbe corrispondere al 4.91% sull'80%)". Lo sottolinea l'Anief in una nota, in merito alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del dl 185/2012.

"L'intera questione, infatti, dal punto di vista normativo è stata ricostruita dai giudici del Tar Calabria che, con la sentenza n. 53/2012, hanno condannato l'amministrazione alla restituzione della trattenuta del 2,5% e al pagamento della quota dovuta in quanto datore di lavoro, prima ancora della sentenza n. 223/12 della Corte costituzionale - prosegue l'Anief -. Ora, se con decreto legge il Governo ha annullato i processi in corso riportando la liquidazione e il calcolo per la costituzione del TFR/TFS allo status quo ante, è evidente che per i 3.000.000 di dipendenti pubblici ogni amministrazione dovrà versare-accantonare il 2,69% in più rispetto a prima sia per il biennio appena trascorso che per il futuro. Ma i conti sembrano negare questa tesi sostenuta dalla magistratura visto che il Governo ha confermato i numeri della relazione tecnica allegata dal ministro Tremonti al D. L. 78 del 31 maggio 2010, che prevedeva nel passaggio alla nuova norma un risparmio di 1 milione di euro per il 2012 e di 7 milioni di euro per il 2013, aggiungendone a regime 33 milioni".

"Quanto sopra potrebbe anche essere considerato un ragionamento di 'finanza creativa', se l'attuale decreto legge non prevedesse anche di riliquidare, alla luce delle norme previgenti alla L. 122/2010, i TFR/TFS già liquidati - sottolinea il sindacato -. Come pagare, infatti, i soli 50 milioni da rivalutare per i 100.000 precari della Scuola che hanno lavorato negli anni scolastici 2010/2011 e 2011/2012, considerato che ognuno di essi aveva diritto con le vecchie regole a un TFR di quasi 1.000 euro ad anno, che negli ultimi due anni è stato decurtato di un quarto? Gli uffici legislativi del Parlamento saranno chiamati a un'ardua verifica dei conti pubblici per evitare un buco all'erario".

Anief, che nei mesi scorsi aveva fornito un modello di diffida per recuperare la trattenuta del 2,5% del TFR dal 1 gennaio 2011, seguirà con attenzione il dibattito parlamentare "al cui termine darà precise istruzioni ai lavoratori per il ripristino dei diritti maturati, se necessario, attraverso un nuovo contenzioso - conclude -. Di certo, il ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca dovrà pagare già la metà delle nuove spese, fino a 20 milioni su 41 dal fondo di riserva".

Fonte: Italpress

 

Tutti gli studi, nazionali ed internazionali, convogliano su un dato inequivocabile: tra i paesi economicamente e socialmente più avanzati, gli insegnanti italiani sono tra i meno pagati.

L’ultima indicazione giunge da un’elaborazione delle tabelle, aggiornate al 2010, dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico: rispetto alle retribuzioni dei 35 paesi dell’area Ocse che hanno fornito i dati, l’Italia si colloca al 24° posto su 35.

Se si analizza il dato per settori scolastici, pur lavorando sostanzialmente lo stesso numero di ore, i docenti della scuola superiore guadagnano in media 36.582 dollari, l'11,2% in meno rispetto alla media dell'Ocse (con un differenziale negativo di oltre 4.500 dollari). Non va meglio per i docenti delle medie, per i quali se lo stipendio negli ultimi 10 anni è aumentato del 4,6% (contro però un +18,2% dei paesi Ocse), il reddito rimane fermo a 35.583 dollari, cioè il 9,7% in meno rispetto alla media dei colleghi (quasi 4.000 dollari di differenza). Ma i più penalizzati in Italia rimangono i maestri dalla scuola primaria, che hanno un reddito medio di appena 32.658 dollari, pari al 13,1% in meno rispetto alla media Ocse che corrisponde a quasi 5.000 dollari.

Per non parlare del fatto che lo stipendio dei maestri italiani nell’ultimo decennio è aumentato del 5,2%, a fronte di una media del +22,5%. E questo sebbene alla primaria il numero di ore raggiunga la considerevole quota di 770, in linea con quella degli altri paesi dell’area.

“Questi dati – commenta Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato Confedir alla scuola – confermano che, a dispetto di quanto vogliono farci credere il Governo e il Ministro Profumo, negli ultimi anni le ore di lavoro dei nostri insegnanti sono già aumentate. Ma lo stesso non vale per le retribuzioni, visto che anche dalla recente indagine Ocse ‘Education at a Glance’ è risultato che fatto 100 lo stipendio medio degli insegnanti dei 37 paesi economicamente più progrediti, la busta paga dei docenti italiani è cresciuta ogni anno a partire dal 2005 solo del 4-5%; mentre nella media Ocde l’incremento è stato del 15-22%. Col risultato che nel 2010 il reddito medio dei docenti italiani era di 32mila euro lordi, mentre in Inghilterra superava i 49mila”. Per non parlare del fatto che in Italia non esiste una carriera dei docenti: “dal momento dell’accesso alla professione, i nostri insegnanti – ricorda Pacifico - si ritrovano in busta paga 28.000 euro, una cifra abbastanza in linea con i colleghi europei. Ma nel corso dell’ultimo anno di servizio, quello precedente alla pensione, si forma un gap incredibile: tra i 7mila e gli 8mila euro”.

Il sindacalista di Anief e Confedir ritiene che non c’è altro tempo a perdere: “questa perdita secca dei salari influisce molto sulla motivazione del corpo insegnante, che accede al ruolo dopo anni di sfruttamento da precario e che di fatto non ha una prospettiva di carriera. Per cambiare rotta - conclude Pacifico - bisogna assolutamente tornare ad alzare l’asticella degli investimenti delle spesa pubblica nel settore dell’istruzione, sbloccare gli stipendi fermi al 2009, ridefinire gli organici e attuare un piano di assunzioni su tutti i posti vacanti”.

Fonte: AgenParl

 

Commento Anief sulle retribuzioni degli insegnanti: risultano tra i meno pagati dell'area OCSE e analisi dei dati per ordine di scuola.

Docenti scuola secondaria II grado: pur lavorando sostanzialmente lo stesso numero di ore, i docenti della scuola superiore guadagnano in media 36.582 dollari, l'11,2% in meno rispetto alla media dell'Ocse (con un differenziale negativo di oltre 4.500 dollari).

Docenti scuola secondaria I grado: se lo stipendio negli ultimi 10 anni è aumentato del 4,6% (contro però un +18,2% dei paesi Ocse), il reddito rimane fermo a 35.583 dollari, cioè il 9,7% in meno rispetto alla media dei colleghi (quasi 4.000 dollari di differenza).

Docenti scuola primaria: sono i più penalizzati, con un reddito medio di appena 32.658 dollari, pari al 13,1% in meno rispetto alla media Ocse che corrisponde a quasi 5.000 dollari.

“Questi dati – commenta Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato Confedir alla scuola – confermano che, a dispetto di quanto vogliono farci credere il Governo e il Ministro Profumo, negli ultimi anni le ore di lavoro dei nostri insegnanti sono già aumentate. Ma lo stesso non vale per le retribuzioni, visto che anche dalla recente indagine Ocse ‘Education at a Glance’ è risultato che fatto 100 lo stipendio medio degli insegnanti dei 37 paesi economicamente più progrediti, la busta paga dei docenti italiani è cresciuta ogni anno a partire dal 2005 solo del 4-5%; mentre nella media Ocde l’incremento è stato del 15-22%. Col risultato che nel 2010 il reddito medio dei docenti italiani era di 32mila euro lordi, mentre in Inghilterra superava i 49mila”.

Fonte: Orizzonte Scuola

 

Il concorso bandito dal ministro Profumo, oltre ad aver sollevato una marea di giustificate critiche e di perplessità, ripropone una schema ormai consueto delle nostre istituzioni scolastiche: sempre di più infatti il destino della scuola e degli insegnanti sarà deciso nelle aule dei tribunali che, nelle prossime settimane, saranno chiamati ad esprimersi sui ricorsi presentati dagli "esclusi", a loro avviso in modo ingiustificato, da questo concorso.

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Tutti gli studi, nazionali ed internazionali, convogliano su un dato inequivocabile: tra i paesi economicamente e socialmente più avanzati, gli insegnanti italiani sono tra i meno pagati. L'ultima indicazione, fa sapere l'Anief, giunge da un'elaborazione delle tabelle, aggiornate al 2010, per la cooperazione e lo sviluppo economico: rispetto alle retribuzioni dei 35 paesi dell'area Ocse che hanno fornito i dati, l'Italia si colloca al 24° posto su 35.

Se si analizza il dato per settori scolastici, pur lavorando sostanzialmente lo stesso numero di ore, i docenti della scuola superiore guadagnano in media 36.582 dollari, l'11,2% in meno rispetto alla media dell'Ocse (con un differenziale negativo di oltre 4.500 dollari). Non va meglio per i docenti delle medie, per i quali se lo stipendio negli ultimi 10 anni è aumentato del 4,6% (contro però un +18,2% dei paesi Ocse), il reddito rimane fermo a 35.583 dollari, cioè il 9,7% in meno rispetto alla media dei colleghi (quasi 4.000 dollari di differenza). Ma i più penalizzati in Italia rimangono i maestri dalla scuola primaria, che e hanno un reddito medio di appena 32.658 dollari, pari al 13,1% in meno rispetto alla media Ocse che corrispondono a quasi 5.000 dollari.

Per non parlare del fatto che lo stipendio dei maestri italiani nell'ultimo decennio è aumentato del 5,2%, a fronte di una media del +22,5%. E questo sebbene alla primaria il numero di ore raggiunga la considerevole quota di 770, in linea con quella degli altri paesi dell'area.

"Questi dati - commenta Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato Confedir alla scuola - confermano che, a dispetto di quanto vuole farci credere il Governo ed il Ministro Profumo, negli ultimi anni le ore di lavoro dei nostri insegnanti sono già aumentate. Ma lo stesso non vale per le retribuzioni, visto che anche dalla recente indagine Ocse 'Education at a Glance' è risultato che fatto 100 lo stipendio medio degli insegnanti dei 37 paesi economicamente più progrediti, la busta paga dei docenti italiani è cresciuta ogni anno a partire dal 2005 solo del 4-5%; mentre nella media Ocde l'incremento è stato del 15-22%. Col risultato che nel 2010 il reddito medio dei docenti italiani era
di 32mila euro lordi, mentre in Inghilterra superava i 49mila".

Per non parlare del fatto che in Italia non esiste una carriera dei docenti: "Dal momento dell'accesso alla professione, i nostri insegnanti - ricorda Pacifico - si ritrovano in busta paga 28.000 euro, una cifra abbastanza in linea con i colleghi europei. Ma nel corso dell'ultimo anno di servizio, quello precedente alla pensione, si forma un gap incredibile: tra i 7mila e gli 8mila euro". 

Il sindacalista di Anief e Confedir ritiene che non c'è altro tempo a perdere: "Questa perdita secca dei salari influisce molto sulla motivazione del corpo insegnante, che accede al ruolo dopo anni di sfruttamento da precario e che di fatto non ha una prospettiva di carriera. Per cambiare rotta - conclude Pacifico - bisogna assolutamente tornare ad alzare l'asticella degli investimenti delle spesa pubblica nel settore dell'istruzione, sbloccare gli stipendi fermi al 2009, ridefinire gli organici e attuare un piano di assunzioni su tutti i posti vacanti".

Fonte: Italpress

 

I ricorrenti avevano segnalato la presenza nella Commissione di due membri che ricoprivano incarichi sindacali. Il Tar aveva dato loro torto, ma ora il Consiglio di Stato ha ribaltato il giudizio.

Continuano i problemi per il concorso per dirigenti scolastici. La notizia dell’ultima ora riguarda il concorso nel Lazio dove il Consiglio di Stato ha accolto l’appello di due ricorrenti che avevano posto la questione dell’incompatibilità di alcuni dei membri della commissione concorsuale. 

In prima battuta il ricorso era stato respinto dal Tar, ma ora il Consiglio di Stato ha riesaminato la situazione e ha deciso che l’incompatibilità potrebbe proprio esserci. 

Della Commissione concorsuale facevano infatti parte due membri che ricoprivano incarichi sindacali.  E questa sarebbe una palese violazione del 3° comma dell’articolo 35 del decreto legislativo n. 165 del 2001.  I giudici del Consiglio sollecitano il Tar a fissare con urgenza l'udienza di merito in modo da definire la controversia sollevata dai ricorrenti. 

La notizia è stata divulgata dall’Anief che segnala manca ormai un mese alla decisione dei giudici amministrativi sui ricorsi promossi dalla stessa associazione sull’erroneità dei quiz somministrati nelle prove preselettive. 

Intanto Marcello Pacifico, presidente Anief, ribadisce che l’intricata vicenda del concorso a dirigente scolastico non può che trovare soluzione per via legislativa in modo che a tutti i ricorrenti venga riconosciuto il diritto a essere valutati correttamente nelle prove scritte.

Fonte: Tecnica della Scuola

 

"Accolto l'appello di due ricorrenti con due ordinanze cautelari che sollecitano il TAR a una rapida decisione di merito sulla questione posta in merito all'incompatibilità di alcuni dei membri della commissione concorsuale. Nei mesi scorsi, sullo stesso tema, era intervenuto l'onorevole Russo (PD). Ancora una volta il Tar boccia ma il CdS accoglie. Attesa per l'udienza dei ricorsi Anief del 22 novembre".

È quanto si legge in una nota dell'Anief che aggiunge: "La storia si ripete e, spesso, in appello le sentenze o le ordinanze sono riformulate. È successo ancora una volta per il concorso a dirigente scolastico, dove i ricorrenti trovano ascolto dai giudici di secondo grado che già si erano pronunciati sull'erroneità dei quiz somministrati il giorno delle prove preselettive, sebbene in sede cautelare. In questo caso, i giudici del Tar Lazio nel luglio scorso avevano rigettato la richiesta di ammissione con riserva alle prove orali dei due ricorrenti della regione Lazio perché "le sollevate doglianze, ove fondate [avrebbero condotto] ad efficacia caducante in via generale degli atti impugnati", ovvero avrebbero annullato tutti gli atti delle commissioni preposte con verbali ed elenco degli ammessi annessi; ma per i giudici del Consiglio di Stato, con ordinanze 4259 e 4260 del 25 ottobre 2012, "l'appello sembra presentare apprezzabili profili di fumus boni iuris, con riferimento al motivo di ricorso articolato in primo grado concernente l'incompatibilità di alcuni dei membri della Commissione giudicatrice, con particolare riguardo alla violazione dell'articolo 35, comma 3 del decreto legislativo 165 del 2001"".

"La violazione - prosegue l'Anief - è la stessa denunciata nel giugno scorso dall'onorevole Russo (PD) che aveva annunciato in un comunicato un'interrogazione parlamentare con cui richiedere al ministro Profumo di verificare se alcuni membri della commissioni fossero anche dirigenti sindacali. Concludono i giudici di Palazzo Spada sollecitando il Tar a fissare con urgenza l'udienza di merito ai sensi dell'art. 55, comma 10, del codice del processo amministrativo. Mentre, ormai, manca un mese alla decisione dei giudici amministrativi sui ricorsi promossi dall'Anief sull'erroneità dei quiz somministrati nelle prove preselettive e sulla conseguente violazione del bando di concorso che, se acclarata, invaliderebbe l'intera procedura e ne richiederebbe l'immediata rinnovazione".

Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato Confedir alla scuola, a tal proposito ribadisce la richiesta al Parlamento perché affronti quanto prima il tema e riconosca a tutti i ricorrenti il diritto a essere valutati correttamente nelle prove scritte.

Fonte: Italpress

 

Il Consiglio dei Ministri il 26 ottobre 2012 ha approvato un decreto legge che, in attuazione della recente sentenza della Corte costituzionale n. 223 del 2012, ripristina la disciplina del trattamento di fine servizio per i dipendenti pubblici. In un comunicato Anief e Confedir avvertono però che secondo indiscrezioni la norma non prevede la restituzione delle trattenute del 2,5% illegittimamente sottratte dal 1° gennaio 2011.

La sentenza della Corte Costituzionale n. 223 del 2012 qualche settimana fa ha dichiarato illegittima la trattenuta del 2.5% a favore del “fondo di previdenza dell'ex ENPAS” e la contemporanea restituzione delle somme trattenute a decorrere dal 1°.1.2011, data dalla quale è stato modificato il sistema di calcolo della buonuscita sulla base di quanto previsto dall'articolo 2120 del codice civile per il trattamento di fine rapporto (TFR).

Di conseguenza il Consiglio dei Ministri nella seduta del 26 ottobre 2012 interviene con un apposito Decreto Legge, "Disposizioni urgenti in materia di trattamento di fine servizio dei dipendenti pubblici", del quale non è stato ancora diffuso il testo.

Tuttavia, ci comunicano Anief e Confedir, si apprende che con il decreto si cancella l’assegnazione ai lavoratori del “balzello” del 2,5% sull'80% della retribuzione da accantonare per i trattamenti di fine servizio ma, secondo indiscrezioni, "non prevede la restituzione delle trattenute del 2,5% illegittimamente sottratte dal 1° gennaio 2011 dagli stipendi di quasi tre milioni e mezzo di dipendenti della pubblica amministrazione, di cui un milione operanti nella scuola come docenti e Ata. Facendo così risparmiare allo Stato i 4 miliardi da restituire. Ma in tal caso, se ciò fosse confermato, ogni dipendente dovrà al più presto presentare richiesta individuale per il recupero delle somme indebitamente trattenute dallo Stato"

“Qualora questa ingiusta e incostituzionale eccezione fosse confermata nel testo di legge – dichiara Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato Confedir alle alte professionalità – il nostro sindacato non si fermerà di certo qui: dopo aver infatti spinto il Governo a varare il decreto, conseguente ai tanti ricorsi da noi presentati in tribunale, Anief e Confedir confermano l’intenzione di continuare a tutelare dipendenti e i dirigenti pubblici a cui è stata ingiustamente sottratta la quota nell’ultimo biennio. Rinunciarvi significherebbe piegarsi a chi continua a calpestare il rispetto per i lavoratori e per i loro diritti acquisiti”.

Fonte: Orizzonte Scuola

 

"La conseguenza dell'innalzamento a 24 ore delle attività di lezione in aula sarebbe quella di abbassare il livello qualitativo della didattica che - tanto per essere chiari anche verso qualche illustre rappresentante istituzionale dell'istruzione, ormai da anni lontano dalla cattedra - è cosa molto diversa dal presentarsi in classe e declamare i principi della propria scienza, senza badare a chi, tra gli studenti, ha bisogno di maggiore cura". Lo afferma l'Anief in una nota.

"Chi potrà permetterselo, si pagherà le ripetizioni private. Tutti gli altri, invece, non potranno far altro che ripetere l'anno, abbandonare la scuola oppure iscriversi a qualche diplomificio, per il quale i finanziamenti si trovano sempre. In sostanza, della didattica resterà solo il profumo – aggiunge -. Pertanto, invitiamo tutti i colleghi a dare un saggio di quello che succederà se, malauguratamente, dovesse essere innalzato l'orario dedicato alle lezioni in classe partecipando attivamente, a partire dal 5 novembre (in concomitanza con il relativo dibattito parlamentare), alla settimana dedicata al 'Profumo... di didattica'.

Si tratta di un'iniziativa promossa da Unicobas Scuola, USB-Scuola, ANIEF, USI Scuola, CUB-Sur, Orsa Scuola e Università e SAB che consisterà nel non partecipare a tutte le attività legate all'ampliamento dell'offerta formativa ed alla riuscita delle attività didattiche: incarichi per la realizzazione del POF, corsi di recupero, sportelli didattici e di supporto, disponibilità ad accompagnare ai viaggi di istruzione.

Queste, infatti, sono tutte attività non obbligatorie, dalle quali è possibile astenersi. Inoltre, l'iniziativa prevede assemblee dei lavoratori aperte a studenti e genitori. Infine, riguardo alle attività obbligatorie di insegnamento - conclude il sindacato -, l'invito è a limitarsi per quella settimana al livello di qualità didattica che sarà possibile fornire in futuro con 24 ore di lezione in classe ed una cinquantina (almeno) di ragazze e ragazzi in più da seguire. Studenti e studentesse di cui riusciremo forse ad imparare i nomi ed a leggere nei loro occhi la delusione per un futuro tradito".

Fonte: Italpress

 

Anief e Confedir esprimono in una nota "soddisfazione" per la decisione del Consiglio dei ministri di approvare un decreto legge che, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 223 dell'11 ottobre 2012, ha ripristinato la disciplina del trattamento di fine servizio nei riguardi del personale dipendente pubblico.

"Con questo decreto si cancella così l'assegnazione ai lavoratori del 'balzello' del 2,5% sull'80% della retribuzione da accantonare per i trattamenti di fine servizio. L'Inpdap si dovrà rassegnare - spiegano i sindacati -: la relativa trattenuta deve essere posta interamente a carico del datore di lavoro. E restituire ai dipendenti pubblici quasi 4 miliardi di euro indebitamente sottratti in questi ultimi due anni".

"Tuttavia, da indiscrezioni si apprende anche che la norma introdotta con decreto legge non prevede la restituzione delle trattenute del 2,5% illegittimamente sottratte dal 1° gennaio 2011 dagli stipendi di quasi tre milioni e mezzo di dipendenti della pubblica amministrazione, di cui un milione operanti nella scuola come docenti e Ata - prosegue la nota -. Facendo così risparmiare allo Stato i 4 miliardi da restituire. Ma in tal caso, se ciò fosse confermato, ogni dipendente dovrà al più presto presentare richiesta individuale per il recupero delle somme indebitamente trattenute dallo Stato".

"Qualora questa ingiusta e incostituzionale eccezione fosse confermata nel testo di legge - afferma Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato Confedir alle alte professionalità - il nostro sindacato non si fermerà di certo qui: dopo aver infatti spinto il Governo a varare il decreto, conseguente ai tanti ricorsi da noi presentati in tribunale, Anief e Confedir confermano l'intenzione di continuare a tutelare dipendenti e i dirigenti pubblici a cui è stata ingiustamente sottratta la quota nell'ultimo biennio. Rinunciarvi significherebbe piegarsi a chi continua a calpestare il rispetto per i lavoratori e per i loro diritti acquisiti".

I rimborsi da riscuotere non sono da poco: vanno da un minimo di 669 euro per il collaboratore scolastico ad inizio carriera ai 1.529 euro per i docenti di scuola secondaria di II grado alle soglie della pensione. E ancora di più per i dirigenti statali.

Per assicurarsi il recupero di tali importi e il conseguente aumento dello stipendio - tra i 25 euro per il collaboratore scolastico neo assunto e i 55 euro per il docente della secondaria superiore a fine carriera - derivante dalla ritenuta finalmente cancellata e messa interamente a carico dello datore di lavoro (lo Stato), l'Anief mette gratuitamente a disposizione il modello di diffida da compilare e inviare all'Amministrazione – concludono Anief e Confedir -. L'invio della diffida è requisito indispensabile per procedere, in caso di rifiuto dell'Amministrazione, a reclamare in giudizio quanto spettante.

Per richiedere le istruzioni operative basta inviare una mail a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.".

Fonte: Italpress

 

Pubblichiamo, insieme al relativo articolo, una video-intervista ai rappresentanti dei sindacati che promuovono l'iniziativa "Profumo di didattica", che si svolgerà dal 5 al 10 novembre 2012. Per l'Anief, interviene il presidente regionale per il Lazio, Orazio De Giulii. (da OrizzonteScuola.it)

Protestano principalmente contro l'aumento a 24 ore, la legge Aprea e il blocco degli scatti di anzianità e propongono nella settimana dal 5 al 10 novembre, in concomitanza con la discussione in Parlamento degli emendamenti al testo della Legge di stabilità, l'iniziativa di lotta "Profumo di didattica". Il 16 sciopero.

Dicono no all'innalzamento dell'orario lavorativo e ritengono "preoccupante, invece, il teatrino politico-sindacale che tenta di annullarne la prospettiva solo per fini elettorali, dando soluzioni minime e temporanee (i rumors della sola cancellazione dell'aumento delle ore a parità di stipendio) nascondendo provvedimenti ben più gravi".

Si oppongono al DdL ‘Aprea’, "alla chiamata diretta dei lavoratori da parte dei Dirigenti, alla spending review che ha colpito in modo indegno il personale ATA, i docenti inidonei, i precari e addirittura le minoranze linguistiche, sono parte integrante della nostra lotta alla politica dei ricatti che sta escludendo i figli dei lavoratori dalla Scuola."

E propongono una settimana di mobilitazione dal 5 al 10 novembre che prevede assemblee dei lavoratori, con studenti e genitori, didattica alternativa e l'astensione da ogni attività aggiuntiva non obbligatoria, presìdi ed iniziative locali. Iniziative che culmineranno nello sciopero generale dei lavoratori per il 16 novembre con manifestazione nazionale a Roma

Fonte: Orizzonte Scuola

 

 

Unicobas Scuola, USB-Scuola, ANIEF, USI Scuola, CUB-Sur, Orsa Scuola e Università e SAB hanno deciso di avviare un settimana di attività essenziali: i docenti non assolveranno incarichi per la realizzazione del Pof, corsi di recupero, sportelli didattici e di supporto, viaggi di istruzione.

Si susseguono le iniziative di protesta contro l'innalzamento a 24 ore dell’insegnamento settimanale dei docenti della scuola media e superiore. Si va da quelle che si svolgeranno a livello di singolo istituto fino allo sciopero, con manifestazione nazionale a Roma, del 24 novembre.

Tra le contestazioni più originali spicca senz’altra quella avviata da una serie di sindacati - Unicobas Scuola, USB-Scuola, ANIEF, USI Scuola, CUB-Sur, Orsa Scuola e Università e SAB – che a seguito di un incontro tenuto il 24 ottobre a Roma hanno deciso di avviare un settimana di didattica essenziale, priva cioè di tutte quelle attività non obbligatorie che però rendono la scuola funzionale agli obiettivi che si prefissa.

I giorni dello sciopero “bianco”, preannunciati come anticamera dello sciopero del 16 novembre proclamato dall’Unicobas, sono quelli che vanno dal 5 novembre (in concomitanza con il relativo dibattito parlamentare) al 10 novembre. L’iniziativa si chiamerà, ispirandosi al ministro dell’Istruzione, “Profumo... di didattica”.

i sindacati organizzatori della settimana alternativa spiegano che l’iniziativa consisterà nel non partecipare a tutte le attività legate all'ampliamento dell'offerta formativa ed alla riuscita delle attività didattiche: incarichi per la realizzazione del Pof, corsi di recupero, sportelli didattici e di supporto, disponibilità ad accompagnare gli alunni ai viaggi di istruzione. Queste, infatti, sono tutte attività non obbligatorie, dalle quali è possibile astenersi. Inoltre, l’iniziativa prevede assemblee dei lavoratori aperte a studenti e genitori.

“La conseguenza delle attività di lezione in aula – spiega l’Anief attraverso un proprio comunicato - sarebbe quella di abbassare il livello qualitativo della didattica che - tanto per essere chiari anche verso qualche illustre rappresentante istituzionale dell’istruzione, ormai da anni lontano dalla cattedra - è cosa molto diversa dal presentarsi in classe e declamare i principi della propria scienza, senza badare a chi, tra gli studenti, ha bisogno di maggiore cura”.

Anche riguardo alle attività obbligatorie di insegnamento, l’invito dei sindacati è quello di “limitarsi per quella settimana al livello di qualità didattica che sarà possibile fornire in futuro con 24 ore di lezione in classe ed una cinquantina (almeno) di ragazze e ragazzi in più da seguire. Studenti e studentesse di cui riusciremo forse ad imparare i nomi ed a leggere nei loro occhi la delusione per un futuro tradito”.

L’organizzazione di Marcello Pacifico è convinta che con l’incremento a 24 ore dell’orario di lezione rappresenta un ulteriore indebolimento della qualità dell’istruzione pubblica in Italia. Solo “chi potrà permetterselo, si pagherà le ripetizioni private. Tutti gli altri, invece, non potranno far altro che ripetere l'anno, abbandonare la scuola oppure iscriversi a qualche diplomificio, per il quale i finanziamenti si trovano sempre. In sostanza, della didattica – conclude l’Anief - resterà solo il… Profumo”.

Fonte: Tecnica della Scuola

 

Commissione di Garanzia permettendo, dal momento che per il 14 è già programmato lo sciopero generale dei Cobas. D'Errico (Unicobas) non risparmia critiche: "Gli obiettivi dello sciopero del 24 sono miseri".

A questo punto all’appello manca solamente la Flc-Cgil. 

Il 24 novembre, infatti, ci sarà lo sciopero di Cisl, Uil, Snals e Fgu-Gilda. 

Il 14 è in programma lo sciopero generale dei Cobas. 

Ed è di queste ore la notizia che il 16 novembre ci sarà uno sciopero di un ampio settore del sindacalismo di base (Unicobas, Usb, Cub, Usi, Orsa). 

Gli obiettivi di questa ulteriore protesta non si fermano alla questione delle 24 ore (ipotesi peraltro già ritirata dallo stesso Governo) e neppure al mancato riconoscimento degli scatti stipendiali. 

“Per noi - spiega Stefano d’Errico, segretario nazionale dell’Unicobas - c'è anche il netto rifiuto del cosiddetto ‘Ddl Aprea’, che introdurrebbe la chiamata diretta (e discrezionale) del personale da parte del dirigente scolastico, l’ingresso del privato come committenza nei Consigli di Istituto, la valutazione discrezionale del personale da parte del dirigente medesimo e l’annullamento di fatto degli organi collegiali”. 

“In questa prospettiva - aggiunge polemicamente d’Errico - ogni ipotesi di adesione alla giornata di sciopero del 24 novembre appare irricevibile, per la miseria degli obiettivi indicati nella piattaforma proposta (che non menziona l’opposizione al ddl ‘Aprea’, vero e proprio veicolo di privatizzazione dell’istruzione pubblica) e ancor più per la presenza tra le forze promotrici di sigle sindacali da sempre inclini ad avallare le politiche governative, che presumibilmente si preparano ad accettare compromessi al ribasso e a svendere la categoria, come già successo ai tempi dello sciopero del 30 ottobre 2008 ‘contro’ la riforma Gelmini, ‘piazzato’ esattamente per il giorno dopo l’approvazione definitiva di quella legge che destrutturò poi la qualità della scuola, tagliando 130.000 fra cattedre e posti ATA”. 

Ma le polemiche non si fermano qui. L’Unicobas, infatti, non risparmia neppure Piero Bernocchi e i Cobas: “Per quanto attiene allo sciopero intercategoriale proclamato dai COBAS per il 14 ottobre, denunciamo le contraddizioni di questa organizzazione che, dopo aver dato l’adesione allo sciopero CISL, UIL, SNALS e Gilda -ai quali s’è poi aggiunta anche la CGIL [va notato che per ora la notizia non trova ancora conferma nel sito della Flc, ndr] - del 24 novembre, è corsa nella stessa mattinata relativa alla nostra indizione del 16 a proclamare uno sciopero intercategoriale per il 14 novembre, scegliendo un giorno infrasettimanale non idoneo ad una manifestazione nazionale”. 

D’Errico, peraltro, è ben consapevole che la Commissione di Garanzia potrebbe mettere in dubbio la legittimità dello sciopero del 16: “Con la loro iniziativa, a causa dei parametri restrittivi delle norme anti-sciopero, i Cobas creano un problema serio per l’effettuazione del nostro sciopero, mandano in secondo piano la lotta della scuola ed ipotecano fortemente la riuscita della lotta della categoria. Perciò li invitiamo a convergere con urgenza sul giorno 16”. 

In preparazione dello sciopero i sindacati di base, in accordo con l’Anief, promuovono anche l'iniziativa di lotta "Profumo di didattica" che prevede assemblee dei lavoratori, con gli studenti, con i genitori, didattica alternativa e l'astensione da ogni attività aggiuntiva non obbligatoria, presidi ed iniziative locali. 

Fonte: Tecnica della Scuola

 

In Sicilia agli alunni delle scuole primarie il tempo pieno è garantito solo nel 3% dei casi. In Lombardia lo stesso servizio è messo a disposizione del 90% degli iscritti. La forte discrepanza si deve anche e soprattutto alla mancanza delle mense scolastiche. È quanto denuncia il sindacato Anief, che lancia un appello ai candidati alla presidenza della Regione siciliana affinché si impegnino sin d'ora, prima di essere eletti, a farle attivare in tutte le scuole siciliane.

"Questa enorme disparità - commenta Marcello Pacifico, presidente dell'Anief - se confermata dimostra che nella scuola siciliana occorre attuare il prima possibile adeguati incentivi. Finanziari, ma anche di carattere strategico. Questi serviranno, tra l'altro, ad attivare il servizio mensa. La cui mancanza, in quasi tutte le scuole primarie della Sicilia, è alla base della scarsità di istituti che garantiscono il tempo pieno nell'isola".

L'Anief si rivolge, quindi, a tutti i candidati alla presidenza e dell'Assemblea della Regione Sicilia, la cui elezione è stata fissata per l'ultima domenica di ottobre: si impegnino sin d'ora, prima di essere eletti, a fare in modo che nel più breve tempo possibile tutte le scuole primarie della regione siano fornite di una mensa. "Solo in questo modo - sottolinea il presidente del giovane sindacato - sarà possibile permettere la permanenza a scuola degli alunni anche nel pomeriggio. Ed in tal modo tentare seriamente di ridurre il fenomeno della dispersione scolastica e di elevare la qualità della didattica".

C'è, inoltre, un risvolto sindacale non certo marginale su cui vale la pena soffermarsi: "la generalizzata riduzione d'orario - sostiene Pacifico - spiegherebbe anche la penuria di posti di lavoro nelle scuole della Sicilia. Dove, rispetto all'alto bacino d'utenza, l'organico dei docenti e del personale Ata continua ad essere decisamente basso. Incrementare le ore di scuola permetterebbe, quindi, di portare il numero di posti dei docenti, degli amministrativi, dei tecnici e degli ausiliari a livelli più confacenti ad una delle regioni più grandi d'Italia".

Fonte: Italpress

 

"Fa un certo effetto sapere, leggendo il libro 'C'è un'Italia migliore', scritto da Nichi Vendola, candidato alle primarie del Pd, che nel 2012 il tempo pieno nella scuola primaria è stato attivato nel 90 per cento degli istituti della Lombardia; mentre in Sicilia dello stesso servizio pubblico ha usufruito appena il 3 per cento degli alunni. E che, di conseguenza, al termine dei cinque anni di scuola primaria i bambini della Sicilia studieranno 430 giorni in meno, che corrispondono a piu' di 2 anni scolastici". Lo afferma in una nota l'Anief.

"Questa enorme disparità - commenta Marcello Pacifico, presidente del sindacato - se confermata dimostra che nella scuola siciliana occorre attuare il prima possibile adeguati incentivi. Finanziari, ma anche di carattere strategico. Questi serviranno, tra l'altro, ad attivare il servizio mensa. La cui mancanza, in quasi tutte le scuole primarie della Sicilia, e' alla base della scarsità di istituti che garantiscono il tempo pieno nell'isola".

L'Anief si rivolge, quindi, a tutti i candidati alla presidenza e dell'Assemblea della Regione Siciliana, la cui elezione è stata fissata per l'ultima domenica di ottobre: "Si impegnino sin d'ora, prima di essere eletti, a fare in modo che nel più breve tempo possibile tutte le scuole primarie della regione siano fornite di una mensa".

"Solo in questo modo - sottolinea il presidente del sindacato - sarà possibile permettere la permanenza a scuola degli alunni anche nel pomeriggio. Ed in tal modo tentare seriamente di ridurre il fenomeno della dispersione scolastica e di elevare la qualità della didattica".

"La generalizzata riduzione d'orario - sostiene Pacifico - spiegherebbe anche la penuria di posti di lavoro nelle scuole della Sicilia. Dove, rispetto all'alto bacino d'utenza, l'organico dei docenti e del personale Ata continua ad essere decisamente basso. Incrementare le ore di scuola permetterebbe, quindi, di portare il numero di posti dei docenti, degli amministrativi, dei tecnici e degli ausiliari a livelli più confacenti ad una delle regioni più grandi d'Italia".

Fonte: Italpress

 

A Torino emessa una sentenza che per il Miur potrebbe rappresentare una seria minaccia economica: va rispettato il principio di non discriminazione, un’interpretazione diversa costituirebbe un privilegio, di dubbia costituzionalità. Anief soddisfatta: riconosciuto un diritto.

Lo Stato italiano non può usare due pesi e due misure. A sostenerlo è il giudice del Lavoro di Torino, che esaminando un ricorso dell’associazione sindacale Anief ha sottolineato che poiché nella ricostruzione di carriera ai docenti di religione cattolica vengono considerati, ai fini degli “scatti” biennali automatici, anche tutti gli anni di precariato, lo stesso calcolo deve venire per forza di cose adottato anche per gli insegnanti delle altre materie.

Nella sue sentenza il giudice del Lavoro ha condiviso e riportato la motivazione della Corte d'Appello di Torino, che di recente ha rilevato come “[...] la norma di cui all’art. 53 legge 312/1980, che prevede l’attribuzione al personale non di ruolo docente, educativo e non docente, di aumenti periodici per ogni biennio di servizio prestato, a partire dal 1.6.1977, in ragione del 2,50% sulla base dello stipendio iniziale, risulta esplicitamente richiamato sia dall’art. 142 CCNL 2002 - 2005 Comparto Scuola, sia dall’art.146 del successivo CCNL 2006 - 2009, sicché essa deve ritenersi applicabile prima facie al trattamento economico di tutto il personale docente non di ruolo”.

Per il giudice del Lavoro, quindi, non vi sono dubbi: su questo punto, sulla considerazione del precariato ai fini degli aumenti retributivi automatici biennali, “va rispettato il principio di non discriminazione ex art. 6 d.lgs 368/01”perché “un’interpretazione difforme si tradurrebbe in un ingiustificato privilegio, di dubbia costituzionalità, in favore degli insegnanti di religione”. Anche perché, conclude la sentenza, non vi sono “ragioni ostative per l’equiparazione discendenti dalla natura del contratto a termine”.

Secondo l’Anief, la sentenza di Torino rappresenta “un ulteriore e soddisfacente successo a tutela di una nostra iscritta con conseguente riconoscimento del diritto alla progressione stipendiale che, nonostante gli anni di lavoro a tempo determinato prestati alle sue dipendenze, il Miur non le aveva mai corrisposto”.

La sentenza cosa comporterà? Per il dicastero di viale Trastevere il danno economico non sarà altissimo: il Miur è stato infatti condannato al pagamento degli scatti biennali sino ad oggi non corrisposti alla ricorrente, quantificati in 1.570,10 euro, con ulteriore soccombenza per le spese di giudizio liquidate in 1.100 euro. Qualora però altri docenti (potenzialmente la grande parte di quelli di ruolo, quindi centinaia di migliaia, che prima di diventare tali hanno svolto diversi anni di precariato) dovessero chiedere la medesima equiparazione, è probabile che quanto espresso dal giudice di Torino possa rappresentare un precedente che fa, come si dice in gergo tecnico, “giurisprudenza”. Andando così a determinare il rischio di un effetto-cascata. Di cui il Miur farebbe volentieri a meno. In questo caso, infatti, le somme che andrebbero corrisposte sarebbero di ben altro tenore.

Fonte: Tecnica della Scuola

 

Vittorie nei tribunali per i ricorsi presentati sia da Anief che da Adida, sul riconoscimento degli scatti di anzianità per i docenti precari. E intanto per la Corte di Giustizia Europea, ci informa DirittoScolastico.it, "compito dei giudici deve essere quello di impedire qualsiasi trattamento sfavorevole del lavoratori a tempo determinato, sulla sola base della durata dei contratti di lavoro che giustificano la loro anzianità e la loro esperienza professionale.

“Forse siamo ad un giro di boa – ha commentato Barbara Borriero coordinatrice nazionale Adida – questa volta non si tratta di un accoglimento di sparuti e piccoli Tribunali della Penisola, ma di una svolta intervenuta in uno dei Tribunali e fori più importanti d’Italia”.

“L’accoglimento riguarda non solo gli scatti di anzianità ma anche il risarcimento del danno – riferiscono gli Avvocati Michele Bonetti e Santi Delia – il Tribunale ritiene che un lavoratore a tempo determinato sia tale e quale in termini di competenza e professionalità ad uno a tempo indeterminato e non fa distinzioni fra abilitati e non abilitati, equiparandoli finalmente in termini economici”.

Il Tribunale di Milano, riferiscono soddisfatti da Adida, accoglie i diritti dei precari e condanna alle spese del processo il Ministero.

La questione all’esame del Tribunale di Milano, sezione lavoro, concerneva l’impugnazione di contratti di lavoro a tempo determinato stipulati con il Ministero, per lo svolgimento dell’attività di docente, tra il 14 maggio 2006 e il 30 giugno 2012 per cui veniva richiesto il riconoscimento di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato; l’erogazione di una somma indennitaria come per legge; l’aumento periodico della retribuzione in base agli anni di servizio e gli scatti biennali di stipendio.

Il Tribunale di Milano ha così statuito: “orbene, lo scatto di anzianità ha la funzione di parametrare il trattamento retributivo alla progressiva acquisizione di una maggiore professionalità e competenza del lavoratore. Esso, in sostanza, tiene conto della maturazione della sempre più ampia esperienza che ciascun lavoratore consegue in forza del protratto svolgimento della propria prestazione.”

Secondo il Giudice Milanese: “Nel caso di specie, la progressiva reiterazione di rapporti di lavoro a tempo determinato ha di fatto realizzato un contesto del tutto identico, sotto il profilo dello sviluppo della professionalità, a quello tipico di un rapporto a tempo indeterminato.

Non v’è dubbio, infatti, che l’odierna ricorrente abbia prestato la propria attività senza soluzione di continuità e che lo abbia fatto sempre svolgendo mansioni corrispondenti al profilo di docente. Conseguentemente, non può revocarsi in dubbio che la stessa abbia nel tempo acquisito un’esperienza del tutto identica, sotto il profilo qualitativo e quantitativo, a quella maturata dai colleghi di pari anzianità, legati all’amministrazione da un rapporto a tempo indeterminato. La disparità di trattamento sin qui riservata alla parte attrice non risulta legittimata da alcuna ragione obbiettiva, né in altro modo giustificabile.
Può e deve quindi essere accolta la domanda relativa al risarcimento del danno subito per il pregresso mancato riconoscimento dell’adeguamento retributivo.

Per questi motivi, deve essere dichiarato il diritto della ricorrente al riconoscimento ad ogni effetto di legge e di contratto dell’anzianità maturata dal 11.09.2008, e al risarcimento del danno patito, consistente nella mancata percezione negli anni passati delle retribuzioni di volta in volta adeguate alla corrispondente anzianità”.

Vittorie anche anche per l'ANIEF, nei tribunali di Rossano (CS) e Cuneo.

Il Tribunale di Rossano (CS) ha dato ragione all'ANIEF e all'Avv. Ida Mendicino riconoscendo che il MIUR aveva stipulato con due docenti contratti di lavoro a tempo determinato senza una corretta ragione giustificatrice del termine apposto. Il Giudice ha, infatti, rilevato come “per ciascuna tipologia di assunzione a termine sia, comunque, richiesta la prova delle esigenze temporanee del datore di lavoro e come la parte resistente non abbia, invece, offerto alcuna dimostrazione di carattere fattuale”.
Il MIUR è stato, quindi, condannato al risarcimento del danno, liquidato in un totale di 17 mensilità della retribuzione mensile globale di fatto e ha inoltre condannato il MIUR ad adeguare la retribuzione delle ricorrenti con gli scatti biennali maturati “con riconoscimento degli arretrati retributivi e interessi dalle scadenze al saldo”. Le spese di lite a carico del Ministero sono state quantificate in € 2.000.

Presso il Tribunale di Cuneo, gli Avvocati Giovanni Rinaldi e Patrizia Gorgo hanno sostenuto la tesi da anni portata avanti dall'ANIEF e hanno chiesto al Giudice del lavoro di applicare agli stipendi degli insegnanti precari gli aumenti periodici legati all'anzianità nella misura del 2,5% per ogni biennio di insegnamento, deducendo l'applicabilità di detti benefici anche agli insegnanti non di ruolo, pena una palese discriminazione tra contratti a tempo determinato e contratti a tempo indeterminato.

Dando pieno accoglimento a quanto richiesto dai legali ANIEF, quindi, il Giudice ha condannato il MIUR “a pagare al ricorrente a titolo di scatti biennali maturati in corso di rapporto la somma di € 6.442,49, oltre interessi legali e l'eventuale ulteriore somma spettante a titolo di differenza tra questi ultimi e l'eventuale maggior importo della rivalutazione monetaria dalla maturazione delle singole differenze mensili al saldo” e ha concluso con la solita condanna alle spese per il MIUR dell'importo di € 1.550.

Le vittorie nei tribunali d'Italia sono oggi affiancate da un'importante sentenza della Corte di Giustizia europea che nega l'efficacia della norma italiana (contenuta nella finanziaria per il 2007, L. 296/2006), che prevede la possibilità, quando si assume personale nel pubblico impiego, di ignorare le precedenti assunzioni effettuate con contratti a tempo determinato.

La sentenza da www.dirittoscolastico.it

Fonte: Orizzonte Scuola