La stampa scrive

"E' un'Italia a due velocita' quella che il Miur ha registrato in questi giorni per determinare il numero di addetti del prossimo anno scolastico. Da una parte c'e' il Centro-Nord, che si contraddistingue per gli aumenti costanti delle iscrizioni degli alunni, con delle regioni, come la Lombardia e l'Emilia-Romagna, dove l'incremento annuo e' anche di decine di migliaia di allievi ed in cinque anni si sono registrati quasi 200mila iscritti in piu' (con un incremento medio del 5% circa di alunni). Dall'altra c'e' il Sud, dove nell'ultimo quinquennio si sono persi per strada quasi 95mila alunni. I quali rappresentano una riduzione del 4,8%, con la primaria a preoccupare maggiormente, visto che il saldo negativo e' di oltre 41 mila iscritti (-5,8%)". Lo afferma in una nota l'Anief. 

"Molise, Basilicata e Calabria rappresentano i casi peggiori, con riduzioni che si attestano tra il 7% ed il 9%. Mentre negli istituti superiori la flessione ha addirittura superato il 10%. Desolante anche il resoconto delle Isole, dove dal 2007/08 ad oggi mancano all'appello 53mila alunni in meno (-5,9%)", spiega il sindacato, che parla di "dati inequivocabili, che non possono in alcun modo far giungere a conclusioni positive e rassicuranti.
Prima di tutto perche', nonostante siano passati piu' di 150 anni dall'Unita' d'Italia, ancora rimane irrisolto il problema del troppo diverso sviluppo delle aree del Paese".

"Se non si inverte la tendenza, almeno a livello scolastico, il Meridione sembra sempre piu' condannato all'eutanasia – sostiene Marcello Pacifico, presidente dell'Anief -. E' evidente che se non si attua con urgenza un serio piano di sviluppo economico - continua il rappresentante del giovane sindacato - il nostro Paese e' destinato, almeno a livello di istruzione, a separarsi. Con il Nord che guarda sempre piu' da vicino l'Europa, mentre il Sud non riesce nemmeno a garantire il diritto allo studio".

Quanto alle cause, l'ufficio studi dell'Anief ritiene che "non possa essere ininfluente il fenomeno della forte riduzione del tasso demografico. A cui si aggiunge quello dei flussi migratori. Entrambi, di sicuro, penalizzano il Meridione. Ma c'e' dell'altro: assieme a certi andamenti, che potremmo definire 'fisiologici', si deve registrare il colpevole fenomeno dei mancati investimenti da parte dello Stato, della scarsita' delle idee e delle risorse messe a disposizione dal Governo centrale".

"Con i cittadini del Meridione e delle Isole - continua Pacifico - che si sono ritrovati in un inconcepibile stato di abbandono e di solitudine, contro i quali ben poco puo' fare anche l'Unione Europea. La quale ha sempre cercato, nello stesso periodo, di stimolare i Paesi membri, indicando l'esigenza di raggiungere delle percentuali nazionali sulla dispersione scolastica sempre piu' modeste. Anche perche' e' storicamente provata, oltre che confermata di recente dall'Istat, la forte associazione tra poverta', bassi livelli di istruzione, modesti profili professionali ed esclusione dal mercato del lavoro".

Fonte: Italpress

 

Anche nella scuola c'è un'Italia a due velocità: in 5 anni al Sud 150mila iscritti in meno, al Nord +200mila alunni. È un'Italia a due velocità quella che il Miur ha registrato in questi giorni per determinare il numero di addetti del prossimo anno scolastico. Da una parte c'è il Centro-Nord, che si contraddistingue per gli aumenti costanti delle iscrizioni degli alunni, con delle regioni, come la Lombardia e l'Emilia-Romagna, dove l'incremento annuo è anche di decine di migliaia di allievi ed in cinque anni si sono registrati quasi 200mila iscritti in più (con un incremento medio del 5% circa di alunni).

Dall'altra c'è il Sud, dove nell'ultimo quinquennio si sono persi per strada quasi 95mila alunni. I quali rappresentano una riduzione del 4,8%, con la primaria a preoccupare maggiormente, visto che il saldo negativo è di oltre 41 mila iscritti (-5,8%). Molise, Basilicata e Calabria rappresentano i casi peggiori, con riduzioni che si attestano tra il 7% ed il 9%. Mentre negli istituti superiori la flessione ha addirittura superato il 10%. Desolante anche il resoconto delle Isole, dove dal 2007/08 ad oggi mancano all'appello 53mila alunni in meno (-5,9%).

Secondo l'Anief, associazione sindacale professionale, si tratta di dati inequivocabili, che non possono in alcun modo far giungere a conclusioni positive e rassicuranti. Prima di tutto perché, nonostante siano passati più di 150 anni dall'Unità d'Italia, ancora rimane irrisolto il problema del troppo diverso sviluppo delle aree del Paese.

"Se non si inverte la tendenza, almeno a livello scolastico, il Meridione sembra sempre più condannato all'eutanasia", sostiene Marcello Pacifico, presidente dell'Anief. "È evidente che se non si attua con urgenza un serio piano di sviluppo economico - continua il rappresentante del giovane sindacato - il nostro Paese è destinato, almeno a livello di istruzione, a separarsi.
Con il Nord che guarda sempre più da vicino l'Europa, mentre il Sud non riesce nemmeno a garantire il diritto allo studio".

Ma a cosa si deve questa netta discrepanza? L'ufficio studi dell'Anief ritiene che non possa essere ininfluente il fenomeno della forte riduzione del tasso demografico. A cui si aggiunge quello dei flussi migratori. Entrambi, di sicuro, penalizzano il Meridione. Ma c'è dell'altro: assieme a certi andamenti, che potremmo definire 'fisiologici', si deve registrare il colpevole fenomeno dei mancati investimenti da parte dello Stato, della scarsità delle idee e delle risorse messe a disposizione dal Governo centrale.

"Con i cittadini del Meridione e delle Isole - continua Pacifico - che si sono ritrovati in un inconcepibile stato di abbandono e di solitudine, contro i quali ben poco può fare anche l'Unione Europea. La quale ha sempre cercato, nello stesso periodo, di stimolare i Paesi membri, indicando l'esigenza di raggiungere delle percentuali nazionali sulla dispersione scolastica sempre più modeste. Anche perché è storicamente provata, oltre che confermata di recente dall'Istat, la forte associazione tra povertà, bassi livelli di istruzione, modesti profili professionali ed esclusione dal mercato del lavoro".

Non a caso, pure sul versante dell'abbandono dei banchi di scuola, la storia si ripete: mentre l'Ue ci chiede di raggiungere, nel 2020, un tasso medio nazionale di abbandono tra il 15 e il 16%, in Italia ci ritroviamo con il Centro-Nord vicino a questa soglia. E la forbice rispetto al Sud che continua sempre più ad allargarsi. Con alcune regioni, come la Sicilia, dove la quota di coloro che lasciano gli studi in età di obbligo formativo supera ancora il 25%.

Fonte: TMNews

 

Il calo degli iscritti nelle scuole ''non e' solo un problema demografico e migratorio, ma preoccupa anche il divario sul tasso di abbandono scolastico in eta' di obbligo formativo; se non si inverte la tendenza con un serio piano di sviluppo economico, l'implementazione di idee e risorse, il Meridione e' condannato all'eutanasia'': e' quanto sottolinea in una nota l'Anief.

E' un'Italia a due velocita' quella che il Miur ha registrato in questi giorni per determinare il numero di addetti del prossimo anno scolastico, segnala l'Anief. ''Da una parte c'e' il Centro-Nord, che si contraddistingue per gli aumenti costanti delle iscrizioni degli alunni, con delle regioni, come la Lombardia e l'Emilia-Romagna, dove l'incremento annuo e' anche di decine di migliaia di allievi e in 5 anni si sono registrati quasi 200mila iscritti in piu' (con un incremento medio del 5% circa di alunni); dall'altra c'e' il Sud, dove nell'ultimo quinquennio si sono persi per strada quasi 95mila alunni che rappresentano una riduzione del 4,8%, con la primaria a preoccupare maggiormente, visto che il saldo negativo e' di oltre 41 mila iscritti (-5,8%)''.

''Se non si inverte la tendenza, almeno a livello scolastico, il Meridione sembra sempre piu' condannato all'eutanasia'', sostiene Marcello Pacifico, presidente dell'Anief. ''E' evidente che se non si attua con urgenza un serio piano di sviluppo economico il nostro Paese e' destinato, almeno a livello di istruzione, a separarsi. Con il Nord - conclude Pacifico - che guarda sempre piu' da vicino l'Europa, mentre il Sud non riesce nemmeno a garantire il diritto allo studio''

Fonte: ANSA

 

"Domani la Commissione Cultura della Camera non ha scelta: adotti il buon senso, prendendo esempio dai colleghi del Senato, e si esprima favorevolmente sul testo voluto dal Ministero dell'Istruzione per introdurre i tirocini formativi che permetterebbero ad oltre 50.000 docenti precari di conseguire l'abilitazione all'insegnamento e partecipare ai concorsi pubblici". Lo afferma in una nota L'Anief, che esorta "gli onorevoli che fanno parte della Commissione a fare il loro dovere fino in fondo, anche a pochi giorni dallo scioglimento delle Camere. In modo che il Ministro Francesco Profumo possa sicuramente firmare il decreto di avvio dei corsi di abilitazione alla professione di insegnante, prima che decada dal suo ruolo".

"Nell'eventualita' contraria, qualora il parere fosse eluso per mancanza del numero legale o, peggio ancora, negativo – sostiene Marcello Pacifico, presidente dell'Anief - non si farebbe altro che alimentare l'ennesima 'guerra tra poveri'. In questo caso tra docenti precari che si apprestano a svolgere il tirocinio abilitante speciale, riservato a chi ha svolto gia' del servizio come insegnante, e coloro che hanno gia' iniziato il Tfa ordinario aperto a tutti".

"Il sindacato autonomo non puo' pensare che i parlamentari privino decine di migliaia di aspiranti docenti di un loro diritto", spiega ancora l'Anief. "Non puo' essere colpa loro – sottolinea Pacifico - se vengono costretti ad insegnare, seppure privi di abilitazione, su posti vacanti e per lunghi periodi acquisendo la professionalita' sul campo. Come non e' colpa loro se esistono ancora nelle scuole paritarie realta' di colleghi sfruttati che lo Stato ne' controlla ne' tutela. A questo punto - continua il presidente del giovane sindacato - non rimane altro che permettergli di regolarizzare la loro posizione, come del resto gia' accaduto con i corsi di abilitazione riservati del 1999 e nel 2004. E come del resto indica l'Ue, che chiede di collocare tra i professionisti tutti coloro che svolgono un'attivita' definita da almeno un triennio".

E proprio per adottare la politica delle pari opportunita', rispetto a questi ultimi corsisti, l'Anief esorta la Commissione Cultura "a indicare al Miur la necessita' di ridurre a 360 giorni il servizio minimo necessario per accedere ai prossimi Tfa speciali abilitanti. Cio' eviterebbe, tra l'altro, l'avvio di un contenzioso presso i tribunali della Repubblica: infatti, finche' la legge non cambia, le modalita' per accedere alla professione non possono che rimanere le stesse".

"Inoltre - conclude il presidente dell'Anief - il nostro sindacato reputa necessario far inserire nelle graduatorie ad esaurimento, contrariamente a quanto e' previsto oggi dalla normativa, anche tutti coloro che conseguiranno l'abilitazione tramite i Tfa. Con la possibilita', analogamente con quanto avveniva per i corsi universitari Ssis, di conferire tre punti di maggiorazione a coloro che svolgono il piu' impegnativo Tfa ordinario. Si tratterebbe di un segnale importante se si intende davvero premiare il merito".

Fonte: Italpress

 

Il 6 febbraio la commissione Cultura della Camera dovrà esprimere il suo parere sui corsi predisposti dal Miur per far abilitare il personale precario con almeno tre annualità. Il sì unanime dei giorni scorsi a Palazzo Madama non deve illudere i 60mila interessati al provvedimento: diversi onorevoli si sono infatti espressi negativamente. Se il via libera non dovesse arrivare, l’ultima parola spetterà comunque a Profumo: ricevuto l’assenso dalla Corte dei Conti, potrebbe farli partire per motivi di urgenza. E stavolta avrebbe anche il benestare dei sindacati.

Per i Tfa speciali è giunta l’ora della verità: il 6 febbraio è stata infatti calendarizzata l’attesa riunione della commissione Cultura della Camera dei Deputati, che dovrà esprimere il suo parere sui corsi predisposti dal ministero dell’Istruzione per far abilitare il personale precario con almeno tre annualità. Si tratta di un appuntamento molto sentito: ai corsi sarebbero interessati tra i 50mila e i 60mila precari.

Come preannunciato e approfondito sul numero 11 cartaceo e on line de "La Tecnica della Scuola", il voto positivo e unanime della commissione analoga di Palazzo Madama non deve far illudere. Nei giorni scorsi diversi onorevoli hanno infatti espresso le loro perplessità sull’approvazione del regolamento, indispensabile modificare le norme vigenti sulla formazione in entrata previste dal D.M. 249/2010.

Forti perplessità sono state espresse dalla Lega. E anche il Pd non è sembrato così compatto. In tanti preferirebbero attendere lo scioglimento delle Camere. Un progetto che però si tradurrebbe, però, in una bocciatura del progetto ministeriale di avviare e concludere i Tfa speciali nel corso di quest’anno scolastico. E mettere così nelle condizioni gli idonei di partecipare, al pari di coloro che supereranno con successo i Tfa ordinari, i prossimi concorsi a cattedra.

Tra coloro che osteggiano la loro attivazione ci sarebbero proprio gli abilitandi che hanno appena iniziato i Tfa ordinari, spalleggiati dall’Associazione Docenti Italiani ha anche dato sostegno ad una diffida formale contro dei corsi definiti “dequalificanti sanatorie, che sviliscono la professione, riproducono precariato e annullano qualsiasi tentativo di programmazione”. Oltre che i precari abilitati. Se i tirocini riservati saltassero si lascerebbero infatti alle spalle decine di migliaia di precari “concorrenti”. E siccome siamo in piena campagna elettorale, sono influenze non proprio marginali.

Secondo Giorgio Mottola, responsabile nazionale settore Scuola Futuro e Libertà, “la bozza era conosciuta da tutti”. Eppure “‘se i pareri non sono vincolanti e il Ministro può farne a meno’ viene da chiedersi perché mai sono trascorsi 8 mesi?”. Per Mottola è quindi “strano che solo adesso si voglia più tempo per riflettere”.

Per Jole Santelli (Pdl) "il governo Monti si appresta a varare l'ennesima sanatoria ai precari della scuola. Un regalo alle pressioni dei precari e dei sindacati, l'ennesimo calcio in faccia alle nuove generazioni". Contrario è anche l’on Giovanni Bachelet (Pd), secondo cui l’approvazione equivale a “un condono che ingrosserebbe le fila dei docenti inclusi nelle graduatorie d’istituto”. Una posizione, la sua, in contrasto con componenti del suo stesso partito. Ad iniziare dal presidente della commissione Cultura, Manuela Ghizzoni, secondo cui il parere dell’organismo non sarebbe indispensabile: "il Governo, assumendosene la responsabilità politica, può comunque procedere all'adozione definitiva del provvedimento anche in assenza del parere delle Commissioni, una volta decorsi i termini". La tesi della Ghizzoni è confutata dal Miur: interpellato dalla Tecnica della Scuola, un dirigente ministeriale dichiara che “se la commissione della Camera dovesse dare parere negativo, il ministro Profumo potrebbe comunque adottare il provvedimento”. Non prima di avere avuto, comunque, il sì dalla Corte dei Conti. Che però sarebbe già stata informata da tempo e non sembra costituire un problema.

A favore dei Tfa speciali si schierano anche i sindacati. Nelle ultime ore si è espresso a difesa del provvedimento Massimo Di Menna, segretario generale Uil Scuola, secondo il quale “non c’è nessuna ragione per cui la Commissione Cultura della Camera, convocata per il prossimo 6 febbraio, non esprima il proprio parere. Al Ministro – continua Di Menna - compete emanare rapidamente il decreto. Il provvedimento, infatti, predisposto dal Governo, ha opportunamente previsto ai fini del conseguimento dell’abilitazione l’esperienza pluriennale maturata nelle attività didattiche”. Per il sindacalista della Uil “questa esperienza ha consentito il funzionamento della scuola oltre ad aver rappresentato un momento di crescita professionale, aspetti che non possono essere disconosciuti”.

Di Menna si sofferma anche sul fatto che “sarebbe stato necessario, come proposto allora dalla Uil, bandire i concorsi ordinari per i posti dove sono esaurite le graduatorie, nel momento in cui sono state bloccate le Siss. Ciò al fine di attivare un reclutamento efficace e garantire stabilità evitando il riformarsi di ulteriore precariato”. Per il leader del sindacato confederale, in conclusione, l’assenza di una buona politica non può danneggiare chi ha garantito funzionamento delle scuole e che comunque prima di essere assunto dovrà sottoporsi ad una selezione concorsuale”.

Sulla questione Tfa speciali è intervenuta pure l’Anief, che ha esortato “gli onorevoli che fanno parte della Commissione a fare il loro dovere fino in fondo, anche a pochi giorni dallo scioglimento delle Camere. In modo che il Ministro Francesco Profumo possa sicuramente firmare il decreto di avvio dei corsi di abilitazione alla professione di insegnante, prima che decada dal suo ruolo”. “Nell’eventualità contraria, qualora il parere fosse eluso per mancanza del numero legale o, peggio ancora, negativo – sostiene Marcello Pacifico, presidente Anief - non si farebbe altro che alimentare l’ennesima ‘guerra tra poveri’”. Per evitare diatribe tra gli iscritti al Tfa ordinario e quello speciale, l’Anief ha anche indicato la strada al Miur: “far inserire nelle graduatorie ad esaurimento, contrariamente a quanto è previsto oggi dalla normativa, anche tutti coloro che conseguiranno l’abilitazione tramite i Tfa. Con la possibilità, analogamente con quanto avveniva per i corsi universitari Ssis, di conferire tre punti di maggiorazione a coloro che svolgono il più impegnativo Tfa ordinario”. Sempre per adottare la politica delle pari opportunità, rispetto a questi ultimi abilitati, l’Anief si rivolge infine alla Commissione Cultura della Camera, perché indichi “al Miur la necessità di ridurre a 360 giorni il servizio minimo necessario per accedere ai prossimi Tfa speciali abilitanti. Ciò eviterebbe, tra l’altro, l’avvio di un contenzioso presso i tribunali della Repubblica”, minaccia il sindacato degli educatori in formazione.

Insomma, le interpretazioni sono davvero tante e diversificate. Tanto che per più di qualcuno l’incontro tra i componenti della VII commissione, a seguito delle troppe pressioni, potrebbe anche saltare.

Fonte: Tecnica della Scuola

 

In vista delle elezioni Os.it chiede alle sigle sindacali le loro proposte concrete ai politici. Dopo FLCGIL, CISL, UIL ecco le proposte dell'Anief. “La XVII legislatura - scrive Marcello Pacifico, presidente di Anief - deve ripartire dalla promozione del sapere se vuole educare le generazioni del domani a una cittadinanza attiva e responsabile e indirizzare il mondo del lavoro verso nuove forme di riconversione industriale e produzione economica”.

1. Aumento di un 1% di Pil nel settore della conoscenza

Senza maggiori investimenti non ci può essere alcun progetto. E’ stato tagliato più del 20% del personale dalla scuola materna all’università attraverso un reiterato blocco del turn over e un abuso dei contratti a termine. Chiede anche l’Ocse che l’Italia finalmente, allochi le risorse dove sono necessarie alla ripresa.

2. Revisione dei criteri del dimensionamento scolastico

La cancellazione di 200.000 posti nella scuola degli ultimi sei anni, così come la soppressione di diversi corsi di laurea sono il risultato di scelte politiche avventate che privilegiato la massificazione dei sapere a scapito della qualità. Il ruolo dell’autonomia delle scuole e dell’università deve essere recuperato attraverso il ripristino della rete antecedente alle ultime riforme.

3. Revisione dei criteri sulla rappresentanza sindacale

Le attuali regole sulle relazioni sindacali sono obsolete, non legate all’attuale flessibilità del mondo del lavoro. Bisogna dare voce ai lavoratori precari e slegare il voto delle Rsu, da svolgersi annualmente e in forma telematica, dal voto alle organizzazioni sindacali che intendono misurare ogni tre anni la loro rappresentatività.

4. Revisione dei criteri di valutazione

Il monitoraggio delle attività svolte è centrale per una programmazione a livello di classe, di istituto, di ateneo ma non può essere vincolante per l’erogazione delle risorse essenziali per l’ordinario funzionamento. Le indicazioni dell’Invalsi non possono non tener conto della situazione del territorio e della centralità dello studente nel processo educativo.

5. Stabilizzazione degli organici

Bisogna adeguare la normativa italiana a quella comunitaria con l’aumento del 35% dell’organico di diritto sul sostegno e la progressiva trasformazione di tutti i contratti da tempo determinato, con più di tre anni di servizio, a tempo indeterminato. Solo così si può garantire la continuità didattica necessaria.

6. Attuazione della legge sui disturbi specifici di apprendimento

All’approvazione della norma non sono seguiti gli interventi necessari per creare le figure professionali necessarie, nonostante più di 350mila alunni soffrano di questi disturbi. È necessario rimuovere gli eventuali ostacoli e accantonare le risorse per partire subito fin dal nuovo anno scolastico.

7. Revisione dei criteri di pensionamento

Il progressivo aumento dell’età pensionabile legato alla speranza di vita degli italiani non tiene conto del burnout elevato nel settore della conoscenza. La rapida evoluzione dei saperi in un mercato globale impone, inoltre, l’introduzione di nuovi ruoli, dopo una certa anzianità maturata, che siano da supporto all’attività educativa in termine di tutoraggio e organizzativi.

8. Ripristino della figura del ricercatore

Da ormai un triennio non possono essere più banditi concorsi sebbene sulla categoria dei ricercatori ricada il 70% del carico didattico. La ricerca deve essere incentivata perché rappresenta il volano dell’economica.

9. Formazione in servizio e riconversione professionale

Nell’attuale reticolare economia mondiale la formazione continua, in modalità e-learning, rappresenta il valore aggiunto nell’adeguamento dei servizi alle necessità rilevate dal cittadino che in quanto lavoratore deve ritornare anche tra i ‘banchi’ periodicamente non soltanto per aggiornarsi ma anche per riqualificarsi in base ai nuovi settori produttivi.

10. Revisione dell’apprendistato e obbligo a 18 anni

Contrariamente alle ultime ipotesi di riduzione dell’orario scolastico o di svalutazione dei titoli di studio, bisogna da una parte collegare il nuovo mondo del lavoro alla scuola e all’università con nuove regole sull’apprendistato come in Germania e aumentare l’età d’obbligo scolastico perché senza sapere non ci può essere lavoro.

11. Revisione dei criteri di accesso alle Gae

Il sistema di reclutamento deve prevedere la spendibilità del titolo abilitante acquisito anche attraverso i Tfa ordinari o speciali nelle graduatorie permanenti all’insegnamento con regole chiare e trasparenti sull’attribuzione dei punteggi.

12. Revisione dei criteri relativi alla mobilità

La contrazione degli organici e le nuove regole del mercato del lavoro impongono la rivisitazione delle norme contrattuali nel rispetto del diritto al trasferimento dentro e fuori le frontiere nazionali e al riconoscimento delle qualifiche professionali acquisite.

13. Ripristino scatti di anzianità e recupero Tfr

Il potere d’acquisto degli italiani è sceso ai livelli di 24 anni fa, mentre gli stipendi restano lontani dai livelli dell’Ocse specie a fine carriera con 8mila euro in meno. La stessa trattenuta del 2,5% del Tfr si è rivelata illegittima mentre le risorse dal fondo d’istituto sono state utilizzate per attutire la povertà dei salari. Bisogna sbloccare i contratti e gli scatti di anzianità senza alcun baratto.

14. Introduzione della vice-dirigenza e di una carriera

Nel rispetto degli aumenti minimi degli stipendi legati all’aumento del costo della vita, si devono trovare risorse aggiuntive per programmare una carriera che, specialmente, nella scuola individui figuri intermedie tra il docente e il dirigente e all’interno del personale dedicato all’amministrazione.

15. Sviluppo, valorizzazione e tutela del patrimonio culturale

Senza un piano di sviluppo economico che coinvolga tutte le professionalità del Paese intorno all’unica risorsa, la nostra cultura, che il resto del mondo non ha, nel rispetto dell’ecosostenibile, non si potrà mai risanare il debito pubblico e garantire gli attuali livelli di welfare.

Fonte: Orizzonte Scuola

 

“Sono dati davvero sconfortanti quelli che il Ministero dell'Istruzione ha fornito ai sindacati in vista del prossimo anno scolastico: gli alunni della scuola italiana previsti sono oltre 6 milioni e 858 mila. Rispetto all'anno in corso aumenteranno di quasi 30 mila unita', soprattutto alla primaria (con leggero calo alle medie), ma per effetto del blocco normativo approvato con la legge 111/2011 la quantita' di docenti rimarra' bloccata. L'organico sara' lo stesso di quest'anno: 600.839 posti di docente comuni e 63.348 di sostegno". Lo afferma l'Anief in una nota.

"Cio' comportera' un ulteriore innalzamento del numero di alunni per classe. E diventera' soprattutto sempre maggiore la distanza tra il numero di alunni disabili e i docenti di sostegno di ruolo", sottolinea il sindacato, che ritiene "inaccettabile" tutto questo. "Perche' tali decisioni della macchina amministrativa e politica si ripercuoteranno negativamente sulla didattica, sugli alunni e sulle famiglie - prosegue l'Anief -. Ad essere penalizzati nelle classi 'pollaio' saranno, in particolare, gli studenti con maggiori difficolta' di apprendimento e con disabilita'. Per non parlare dei docenti, nei confronti dei quali solo a parole si continua a indicare la necessita' di fornire 'grande rispetto sociale a chi dedica la sua vita alla scuola come insegnante', come ha fatto nelle ultime ore il presidente del Consiglio uscente Mario Monti".

"In molti casi la didattica non potra' essere garantita – sostiene Marcello Pacifico, presidente Anief -, in particolare laddove le ore di sostegno che lo Stato concedera' agli alunni portatori di handicap o con problemi di apprendimento saranno molte di meno rispetto a quelle che la legge prevede. Questo avviene anche e soprattutto perche' ad oggi e' stato stabilizzato solo il 65% dell'organico di docenti di sostegno. Almeno 35 mila insegnanti specializzati attendono di essere assunti, malgrado i posti di lavoro siano vacanti e disponibili. E con un docente precario ogni tre, quello che si produce e' un risultato di forti disagi per i ragazzi e per le loro famiglie".

"Non occorre essere esperti di formazione scolastica – continua Pacifico - per capire che in questa situazione non si riesce a sviluppare un valido progetto didattico. Cosi' a fare da garante per famiglie e studenti continuano ad essere i giudici: sempre piu' sentenze stabiliscono che quei posti in deroga vanno assegnati per intero su un solo alunno. E non su due o tre ragazzi. Con il risultato che ad ognuno di loro viene garantita solo una manciata di ore di sostegno".

Il sindacato reputa "grave che cio' avvenga anche dopo il pronunciamento della Corte Costituzionale, con la sentenza n. 80 del 26 febbraio 2010, a proposito della illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 413, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, nella parte in cui fissa un limite massimo al numero dei posti degli insegnanti di sostegno". "L'abolizione dei limiti imposti dal legislatore nell'attribuzione dei posti in deroga - prosegue il presidente dell'Anief - rappresenta una bocciatura a tutti i tentativi, come questo, di negare per meri motivi di finanza pubblica il diritto allo studio a tutti gli alunni portatori di disabilita', grave o lieve che sia. Ed altrettanto grave e' trasformare in docenti di sostegno figure non idonee".

Qualora l'annuncio sul tetto dei docenti, fatto in questi giorni, dovesse avere seguito, l'Anief conferma il supporto legale a tutte le famiglie che intendono rivolgersi ai tribunali. Ad iniziare proprio da quelle con figli portatori di handicap. "Possono decidere di presentare ricorso - conclude Pacifico - anche nel corso dell'anno scolastico e nessun giudice potra' negare ai loro figli le ore di sostegno di cui hanno bisogno durante la permanenza a scuola e personale adeguatamente qualificato. L'Anief su questi punti ha un impegno morale da condurre: ha gia' promosso diversi ricorsi e continuera' a farlo".

Fonte: Italpress

 

400 ricorrenti sono stati ammessi con riserva al concorso per docenti dal Tar del Lazio con decreto monocratico. "Ancora un successo dell'Anief che ottiene un provvedimento d'urgenza dal presidente della sezione 3-bis. Confermato il precedente orientamento espresso in sede collegiale per l'ammissione agli scritti dei candidati che hanno contestato la soglia dei 35 punti e hanno ottenuto la sufficienza (30). Ancora possibile aderire al ricorso presso gli uffici legali aperti nel territorio entro domenica - spiega il sindacato in una nota -. Nel ricorso n. 937/12 i ricorrenti hanno ottenuto il decreto n. 411/13 che permette loro di prendere parte alle prossime prove scritte in programma dall'11 al 21 febbraio 2013".

Per il presidente Anief, Marcello Pacifico, "si conferma in questa fase cautelare il pregiudizio grave e irreparabile che potrebbero subire i ricorrenti dall'esclusione dalle procedure concorsuali, in presenza, peraltro, di un'indicazione precisa del legislatore (c. 11, art. 400, d.lgs. 297/94). Il sindacato non contesta il criterio dei 7/10 utilizzato come soglia per la misurazione del merito (scritti e orali) ma l'utilizzo dello stesso criterio per le prove preselettive che doveva essere misurato in 6/10. Per la prossima settimana si attende il responso dei giudici per gli altri 6.000 ricorrenti, mentre sono migliaia i candidati che si ritrovano nelle stesse condizioni e che, in questi ultimi giorni, si stanno recando presso gli uffici legali dell'Anief per ricorrere a seguito della proroga dei termini per l'adesione".

Fonte: Italpress

 

Il Tar del Lazio ha ammesso con riserva, con decreto monocratico, 400 ricorrenti contro il concorsone della scuola. Lo comunica l'Anief spiegando che il presidente della sezione 3-bis ha confermato il precedente orientamento espresso in sede collegiale per l'ammissione agli scritti dei candidati che hanno contestato la soglia dei 35 punti e hanno ottenuto la sufficienza (30).

Nel ricorso n. 937/12 notificato dall'avvocato Irene Lo Bue, i ricorrenti hanno ottenuto il decreto n. 411/13 che permette loro di prendere parte alle prossime prove scritte in programma dall'11 al 21 febbraio 2013.

Per il presidente Anief, Marcello Pacifico, "si conferma in questa fase cautelare il pregiudizio grave e irreparabile che potrebbero subire i ricorrenti dall'esclusione dalle procedure concorsuali, in presenza, peraltro, di un'indicazione precisa del legislatore". Il sindacato non contesta il criterio dei 7/10 utilizzato come soglia per la misurazione del merito (scritti e orali) ma l'utilizzo dello stesso criterio per le prove preselettive che doveva essere misurato in 6/10. Per la prossima settimana si attende il responso dei giudici per gli altri 6.000 ricorrenti.

Fonte: TMNews

 

Gongola l’Anief ed esultano altri avvocati fra cui i catanesi Dino Caudullo e Salvatore Spataro. Adesso è atteso lo stesso esito per almeno altri 6mila candidati esclusi dopo aver conseguito al termine delle prove preselettive di dicembre tra 30 e 34,5 punti. Il Miur conferma: tutto sotto controllo.

Era corretta l’impressione che avevamo avuto qualche giorno fa sull’esito dei ricorsi per accedere alla prova scritta del concorso a cattedra: dopo il primo ricorrente ammesso in sede cautelare, attraverso il tribunale amministrativo, anche gli altri giudici stanno man mano dando ragione alla linea dei legali dell’Anief che sin dall’uscita del bando di concorso, a settembre, avevano sostenuto l’ammissibilità alle prove successivo anche di coloro che in occasione delle preselettive avrebbero fatto registrare almeno 30 punti su 50 totali.

Nel pomeriggio del 31 gennaio, a 10 giorni dall’avvio degli scritti, l’Anief ha fatto sapere che “altri 400 ricorrenti sono ammessi con riserva dal Tar Lazio con decreto monocratico”. Stavolta il provvedimento d’urgenza è stato emesso dal presidente della sezione 3-bis.

Per il sindacato degli educatori in formazione è stato dunque ribadito “il precedente orientamento espresso in sede collegiale per l’ammissione agli scritti dei candidati che hanno contestato la soglia dei 35 punti e hanno ottenuto la sufficienza (30)”. I 400 ricorrenti hanno ottenuto, attraverso il decreto n. 411/13, così il permesso, sempre con riserva, a “sedersi alle prossime prove scritte”.

Soddisfatto il presidente Anief, Marcello Pacifico: “si conferma in questa fase cautelare – dichiara il leader del sindacato autonomo - il pregiudizio grave e irreparabile che potrebbero subire i ricorrenti dall’esclusione dalle procedure concorsuali, in presenza, peraltro, di un’indicazione precisa del legislatore (c. 11, art. 400, d.lgs. 297/94). Il sindacato non contesta il criterio dei 7/10 utilizzato come soglia per la misurazione del merito (scritti e orali), ma l’utilizzo dello stesso criterio per le prove pre-selettive che doveva essere misurato in 6/10”.

Per la prossima settimana si attende il responso dei giudici per gli altri ricorrenti. Che nel frattempo sono già arrivati a quota 6mila. E potrebbero ancora aumentare, visto che per gli incerti c’è possibilità di ricorrere fino a domenica 3 febbraio (recandosi stavolta personalmente presso gli uffici legali dell’Anief), a seguito della proroga dei termini per l’adesione. Considerando che di diritto erano stati ammessi oltre 88mila candidati, non è da escludere che con il via libera, seppure con riserva, delle aule dei tribunali l’accesso superi addirittura le 100mila unità.
Il Miur cosa farà? A quanto risulta alla Tecnica della Scuola, starà alla finestra: i tecnici del Ministero hanno già garantito di poter gestire fino a 10mila candidati in più. Gli Usr presto avranno indicazioni di come inserire i ricorrenti che tra l’11 e il 21 febbraio si presenteranno in sede d’esame con in mano il via libera del Tar.

Fonte: Tecnica della Scuola

 

È la quota di candidati che, attraverso l’Anief, potrebbe chiedere al Tar di essere ammesso per aver conseguito tra i 30 e i 34,5 punti: in 5mila lo hanno già fatto, per gli altri c’è tempo fino a domenica 3 febbraio. La sentenza “pilota” fa crescere le loro speranze. E per evitare intoppi in sede d’esame il sindacato pronto ad inviare gli elenchi dei ricorrenti a tutti gli Usr.

Il ministero dell’Istruzione sarebbe pronto ad accogliere, senza cambiare il programma degli scritti in programma dall’11 al 21 febbraio, fino a 10mila candidati oltre gli 88.610 ammessi a seguito dell’esito positivo delle preselettive svolte nel dicembre scorso. Le rassicurazioni del Miur erano tutt’altro che scontate. Lasentenza “pilota”, vinta da una ricorrente assistita dall’Anief ha infatti posto più di un dubbio sulla conferma del programma degli scritti, peraltro pubblicato già di diversi giorni.

L’Anief si aspetta, infatti, che anche gli altri 5mila candidati che hanno impugnato la decisione del Miur di alzare a 35/50 la soglia minima per accedere agli scritti, vengano ammessi con riserva. Si tratta, come più volte spiegato, di aspiranti docenti che hanno conseguito tra i 30 e i 34,5 punti. E che, sostenendo di avere raggiunto la sufficienza (non essendo necessario i 7/10) ora possono sperare con cognizione di causa di ritrovarsi ancora in corsa.

Ma il loro numero potrebbe addirittura crescere. Nella serata del 30 gennaio, l’Anief ha infatti comunicato, attraverso il proprio sito internet, di concedere un’ulteriore proroga a coloro che vogliano presentare ricorso all’ultimo momento per cercare di ottenere quel decreto monocratico che, alla luce dell'ordinanza cautelare n. 375/13, gli darebbe il via libera per partecipare alle prove: “viste le numerosissime richieste di ulteriore proroga pervenute dopo il successo ottenuto dal ricorso pilota e in considerazione dell’ormai esiguo tempo per la consegna della documentazione, Anief proroga fino al 3 febbraio i termini per aderire al ricorso contro la soglia di 35/50 alle preselezioni”, ha scritto il sindacato degli educatori in formazione.

Sull’esito positivo dei ricorsi sembrano credere anche i dirigenti del Miur. Tanto che nei gironi scorsi alcuni rappresentanti di un paio di Usr avrebbero contattato l’Anief per avere un quadro dettagliato, suddiviso per classi di concorso, dei ricorrenti appartenenti alla propria regione. E in queste ultime ore il sindacato, proprio per evitare problemi di saturazione dei posti nelle aule predisposte degli uffici periferici per la realizzazione delle prove, ha deciso che informerà per iscritto anche tutti gli altri Uffici scolastici regionali d’Italia. I quali, in tal modo, non potranno certo dire di essere all’oscuro sulla possibilità concreata di un sostanzioso numero di candidati ammessi tramite tribunale.

Fonte: Tecnica della Scuola

 

I candidati con punteggio da 30 a 34,5 possono partecipare agli scritti con riserva per ordine del giudice se in possesso dell'ordinanza. La prima ricorrente del sindacato potra' accedere alle successive prove. Il 7 febbraio l'udienza per altri 5.000 candidati. Prorogati i termini per l'adesione al ricorso al 30 gennaio. Questi gli esiti del ricorso presentato dall'Anief al Tar del Lazio.

"Per la seconda volta i giudici amministrativi danno dunque ragione - anche se in sede cautelare - ai legali dell'Anief, questa volta ammettendo alle prove scritte in calendario dall'11 al 21 febbraio prossimi i ricorrenti che erano stati esclusi pur avendo raggiunto la soglia della sufficienza (30/50) prevista dalla legge rispetto alla soglia arbitraria dei 35 punti scelta dal Miur", spiega il sindacato in una nota.

"Ancora una volta la giustizia ha sanato una evidente condizione di illegittimita' che aveva escluso dalle selezioni candidati che ora possono dimostrare il loro merito - dichiara il presidente Anief, Marcello Pacifico -. Questo e' il secondo dei ricorsi annunciati a settembre all'indomani della pubblicazione del bando di concorso che il sindacato vince".

"Chi tra i candidati non ha ancora proposto ricorso al TAR Lazio e vuole chiedere un decreto monocratico alla luce dell'ordinanza cautelare n. 375/13 per partecipare alle prove, se in possesso di un punteggio da 30 a 34,5 ottenuto alle preselezioni – sottolinea l'Anief -, deve chiedere le istruzioni operative di adesione al ricorso alla mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. improrogabilmente entro le ore 15 del 30 gennaio. Per info chiamare lo 091.6598362. I candidati di Trento e Bolzano dovranno invece richiedere, sempre entro il 30 gennaio 2013, le istruzioni operative scrivendo a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.".

Fonte: Italpress

 

"Vogliamo denunciare come nella scorsa legislatura ci si sia allontanati dall'Europa e dalla Costituzione, senza rispettare il ruolo dei dirigenti dello Stato". Così Marcello Pacifico, Presidente dell'Anief (Associazione Nazionale Insegnanti E Formatori), intervistato dall'AgenParl a margine della conferenza della Confedir oggi alla Camera, dove sono state presentate le proposte della dirigenza pubblica per il Governo del Paese.

Fonte: AgenParl

 

 

Dopo la Gilda degli insegnanti anche l'Anief prende posizione contro l'ipotesi di abbassare a 18 anni l'età per la conclusione degli studi secondari.

"Mentre in Europa si procede verso l'educazione permanente e la formazione di qualità, una commissione di pseudo-esperti consiglia al Miur di far fare all'Italia un ulteriore passo verso l'insuccesso formativo. Se l'indicazione dovesse avere seguito, il nostro sindacato siopporrà in tutte le sedi, a partire da quelle legali. Se occorre proprio risparmiare 1 milione e 300 mila euro, si recuperino sottraendoli dagli stipendi iperbolici dei parlamentari". È il commento dell'Anief al documento predisposto da una commissione di esperti del Miur, come riferisce l'agenzia Dire.

L'Anief "si opporrà in tutte le sedi contro la riduzione del percorso scolastico di un anno e il conseguimento del diploma di maturità a 18 anni: le indicazioni della commissione tecnica di esperti, incaricata dal ministro dell'Istruzione Francesco Profumo di riformare il percorso scolastico, lasciando 'invariate le risorse umane e materiali attuali e mantenendo l'impegno generale al miglioramento degli esiti di apprendimento', hanno un solo scopo: risparmiare 1 miliardo e 380 milioni di euro annui. Dietro a questa scelta non c'è nulla di didattico e di pedagogico".

Secondo Marcello Pacifico, presidente dell'Anief, ad avvantaggiarsi di questa scelta sarebbe sarebbe solamente il ministero dell'Economia.

Fonte: Tuttoscuola

 

"L’Anief si opporrà in tutte le sedi, ad iniziare da quelle legali, contro la riduzione del percorso scolastico di un anno e il conseguimento del diploma di maturità a 18 anni: le indicazioni della Commissione tecnica di esperti, incaricata dal ministro dell’Istruzione Francesco Profumo di riformare il percorso scolastico, lasciando “invariate le risorse umane e materiali attuali e mantenendo l'impegno generale al miglioramento degli esiti di apprendimento”, hanno un solo scopo: risparmiare 1 miliardo e 380 milioni di euro annui. Dietro a questa scelta, infatti, non c’è nulla di didattico e di pedagogico". Lo si legge in un comunicato Anief.

"Ancora una volta – commenta Marcello Pacifico, presidente dell’Anief – si commette un errore a priori gravissimo: considerare la scuola un lusso, che in tempo di crisi non ci possiamo più permettere. Ma allora perché gli altri Paesi europei, ad iniziare dalla Germania, continuano ad investire sull’istruzione? Semplicemente perché la considerano, giustamente, un investimento per risollevare la competitività del Paese e salvaguardare il futuro formativo e professionale delle nuove generazioni. Decidere di cancellare un anno di scuola, penalizzando il percorso della scuola superiore, ridotto da 5 a 4 anni, andrebbe inoltre in controtendenza rispetto alle politiche formative di tutta l’area Ocse, dove l’istruzione sta diventando di tipo permanente".

Il presidente Pacifico propone, quindi, un modo diverso di recuperare quei soldi: “piuttosto che sottrarli alla formazione di nostri giovani, si recuperino riducendo gli stipendi iperbolici dei parlamentari. Dare seguito ad una scelta scellerata come quella indicata dagli pseudo-esperti di istruzione sarebbe un vero suicidio. Ad avvantaggiarsene sarebbero solamente il Ministero dell’Economia e la cerchia di coloro che da tempo cercano di ridurre la qualità della formazione scolastica italiana, anche tentando di abolire il valore legale del titolo di studio. In una società sempre più incentrata sull’hi-tech e sulle alte competenze – conclude il presidente dell’Anief - , anticipare a 18 anni il termine degli studi produrrebbe, in sintesi, un ulteriore avvicinamento verso l’insuccesso formativo”.

Fonte: AgenParl

 

"L'Anief si opporra' in tutte le sedi, ad
 iniziare da quelle legali, contro la riduzione del percorso 
scolastico di un anno e il conseguimento del diploma di maturita'
 a 18 anni: le indicazioni della Commissione tecnica di esperti, 
incaricata dal ministro dell'Istruzione Francesco Profumo di 
riformare il percorso scolastico, lasciando 'invariate le risorse
 umane e materiali attuali e mantenendo l'impegno generale al
 miglioramento degli esiti di apprendimento', hanno un solo scopo: 
risparmiare 1 miliardo e 380 milioni di euro annui. Dietro a 
questa scelta, infatti, non c'e' nulla di didattico e di
pedagogico".

E' quanto si legge in una nota del sindacato.
 "Ancora una volta - commenta Marcello Pacifico, presidente
 dell'Anief - si commette un errore a priori gravissimo:
 considerare la scuola un lusso, che in tempo di crisi non ci 
possiamo piu' permettere. Ma allora perche' gli altri Paesi
 europei, ad iniziare dalla Germania, continuano ad investire 
sull'istruzione? Semplicemente perche' la considerano ,
giustamente, un investimento per risollevare la competitivita' del
 Paese e salvaguardare il futuro formativo e professionale delle 
nuove generazioni".


Decidere di cancellare un anno di scuola, penalizzando il
 percorso della scuola superiore, ridotto da 5 a 4 anni, andrebbe 
inoltre in controtendenza rispetto alle politiche formative di 
tutta l'area Ocse, dove l'istruzione sta diventando di tipo
 permanente", spiega l'Anief. Il presidente Pacifico propone,
quindi, un modo diverso di recuperare quei soldi: "piuttosto che 
sottrarli alla formazione di nostri giovani, si recuperino
 riducendo gli stipendi iperbolici dei parlamentari".


"Dare seguito ad una scelta scellerata come quella indicata dagli 
pseudo-esperti di istruzione sarebbe un vero suicidio. Ad
 avvantaggiarsene sarebbero solamente il Ministero dell'Economia e 
la cerchia di coloro che da tempo cercano di ridurre la qualita'
 della formazione scolastica italiana, anche tentando di abolire il
 valore legale del titolo di studio. In una societa' sempre piu'
 incentrata sull'hi-tech e sulle alte competenze - conclude il
presidente dell'Anief -, anticipare a 18 anni il termine degli 
studi produrrebbe, in sintesi, un ulteriore avvicinamento verso 
l'insuccesso formativo".

Fonte: Italpress

 

"In questi giorni non si fa che parlare di problemi di connessione al sito del Miur e della capacità del sistema informatico approntato dal Ministero dell'Istruzione per accogliere circa 1 milione e 700 mila iscrizioni scolastiche in poco più di 30 giorni. Nessuno però si preoccupa del fatto che almeno 300 mila di queste iscrizioni sono illegittime e dovranno essere riformulate. E questo perché, come sottolineato di recente dalla Corte Costituzionale attraverso la sentenza n. 147/12, il 20 per cento degli istituti sono stati immotivatamente soppressi o accorpati dal Miur".

Lo afferma in una nota l'Anief, che nei giorni scorsi ha mosso i primi passi "perché ciò avvenga, scrivendo ai governatori di tutte le regioni italiane per chiedere spiegazioni sulla mancata applicazione della sentenza della Consulta, che ha sottratto all'amministrazione centrale la potestà sul dimensionamento scolastico e affidato proprio alle regioni il potere decisionale sulla materia. Ma non solo: il giovane sindacato presto raccoglierà tutti gli elementi utili e si rivolgerà ai Tribunali amministrativi regionali".

Secondo Marcello Pacifico, presidente dell'Anief, quella di far iscrivere di nuovo i propri figli in istituti diversi dagli attuali "è quindi molto più che una eventualità. Saranno i giudici - spiega Pacifico - a cassare quello su cui il premier Monti e il suo esecutivo all'ultimo momento hanno deciso di soprassedere: sto parlando dei decreti di rideterminazione della rete scolastica, in particolare il c. 4, art. 19, della Legge 111/11, attraverso cui l'ultimo governo Berlusconi aveva illegittimamente deciso, senza l'indispensabile parere della Conferenza Stato-Regioni, di sopprimere dall'anno scolastico in corso ben 2.611 istituti pubblici".

"Quanto accaduto è ancora più grave, dal momento che il governo è di fatto ritornato sui propri passi, stralciando quanto riportato nel disegno di legge di stabilità (n. 5534) presentato ad ottobre dallo stesso esecutivo - prosegue l'Anief -: il comma 36 dell'art. 1, infatti, prendeva atto della decisione della Corte costituzionale e preannunciava una nuova intesa Stato-Regioni per l'attuazione di un nuovo dimensionamento in base al numero di 900 alunni per le scuole di ogni ordine e grado, precisando che valeva soltanto per l'a.s. 2012/13 quanto previsto dal c. 5, art. 19 dalla stessa L. 111/11 per le scuole superiori dove, peraltro, doveva essere disciplinata la reggenza e non la soppressione indebita di 236 scuole superiori. Il risultato è che nell'anno scolastico in corso ci ritroviamo con 2.611 scuole soppresse illegittimamente: 1.404 appartengono all'infanzia, sono primarie e circoli didattici, 2.375 nel primo ciclo di istruzione, 39 istituti professionali, 174 istituti tecnici e 23 licei. Quasi la metà dei tagli al Sud in Campania, Sicilia, Puglia e Calabria, anche il Lazio a quota meno 300 istituti. È indicativo, a tal proposito, che persino, l'ARAN, sempre dopo un'articolata denuncia dell'Anief, sia intervenuto sulla questione il 22 novembre scorso, chiarendo che le RSU elette lo scorso marzo nelle scuole dimensionate rimarranno in carica per tutto il loro mandato, viste le novità normative previste proprio nel disegno di legge di stabilità (n. 5534) presentato ad ottobre dal Governo".

"Giunti a questo punto - conclude Pacifico - per l'Anief sarà inevitabile ripercorrere quella via giudiziaria il cui iter era stato sospeso lo scorso autunno in virtù delle nuove regole che sembrava dovessero essere approvate. Rimane il rammarico, perché si sono persi mesi preziosi. E perché ora si stanno ingannando oltre 300 mila famiglie: presto quelle scuole dove stanno iscrivendo i figli torneranno ad avere la loro autonomia. E loro dovranno rifare l'iscrizione".

Fonte: Italpress

 

Almeno 300mila del milione 700mila iscrizioni scolastiche fatte on line dovranno essere "riformulate perchè illegittime. E questo perché, come sottolineato di recente dalla Corte Costituzionale attraverso la sentenza n. 147/12, il 20% degli istituti sono stati immotivatamente soppressi o accorpati dal Miur".  Lo spiega in una nota l'Anief, sottolineando che nei giorni scorsi il sindacato aveva scritto ai governatori di tutte le regioni italiane per chiedere spiegazioni "sulla mancata applicazione della sentenza della Consulta, che ha sottratto all'amministrazione centrale la potestà sul dimensionamento scolastico e affidato proprio alle regioni il potere decisionale sulla materia".

Il sindacato annuncia anche che raccoglierà tutti gli elementi utili e si rivolgerà ai Tribunali amministrativi regionali.

Secondo Marcello Pacifico, presidente dell'Anief, quella di far iscrivere di nuovo i propri figli in istituti diversi dagli attuali è quindi molto più che una eventualità. "Saranno i giudici - spiega Pacifico - a cassare quello su cui il premier Monti e il suo esecutivo all'ultimo momento hanno deciso di soprassedere: sto parlando dei decreti di rideterminazione della rete scolastica, in particolare il c. 4, art. 19, della Legge 111/11, attraverso cui l'ultimo governo Berlusconi aveva illegittimamente deciso, senza l'indispensabile parere della Conferenza Stato-Regioni, di sopprimere dall'anno scolastico in corso ben 2.611 istituti pubblici".

Secondo il sindacato nell'anno scolastico in corso" ci ritroviamo con 2.611 scuole soppresse illegittimamente: 1.404 appartengono all'infanzia, sono primarie e circoli didattici, 2.375 nel primo ciclo di istruzione, 39 istituti professionali, 174 istituti tecnici e 23 licei. Quasi la metà dei tagli al Sud in Campania, Sicilia, Puglia e Calabria, anche il Lazio a quota meno 300 istituti".

Fonte: TMNews

 

Il 23 gennaio il presidente dell’Anief, docente all’Università di Palermo e di Parigi X presenterà la sua ultima fatica libraria: un testo che alla luce delle sue nuove interpretazioni, intende sovvertire quanto sino ad oggi appurato sull’antico e difficile rapporto cristianità-islam. Appuntamento a Napoli mercoledì 23 gennaio, con inizio alle ore 16, all’interno del Complesso monumentale Santa Maria La Nova.

"Federico II e Gerusalemme al tempo delle crociate. Relazioni tra cristianità e islam nello spazio euro-mediterraneo medievale, 1215-1250": è il nuovo libro di Marcello Pacifico, presidente dell’Anief, l’associazione sindacale degli educatori in formazione, e docente presso l’Università di Palermo e di Parigi X. Nel testo, Pacifico introduce e argomento delle innovative interpretazioni storiche sul periodo delle crociate, che sovvertono quanto sino ad oggi appurato sull’antico e difficile rapporto cristianità-islam.

La presentazione del testo si svolgerà a Napoli mercoledì 23 gennaio, con inizio alle ore 16, all’interno del prestigioso Complesso monumentale Santa Maria La Nova (in piazza Santa Maria La Nova, n. 44). Assieme all’autore, che condurrà una lectio magistralis, interverranno Danilo Iervolino (presidente dell’Università Telematica Pegaso), Giovanni Di Giandomenico (rettore dell’Università Telematica Pegaso) e la ricercatrice universitaria Genny Manzo.

Fonte: Tecnica della Scuola

 

L’Anief contro i sindacati degli insegnanti che hanno accettato la sottrazione di risorse destinate al Fondo di istituto per coprire gli scatti di anzianita’. Secondo il sindacato si tratta di 570 milioni di euro in due anni, una somma che si abbattera’ pesantemente sui bilanci degli istituti, costretti di conseguenza a ridurre la qualita’ dell’offerta formativa.

Per l’Anief i sindacati avrebbero dovuto chiedere giustizia ai tribunali. Il fondo di istituto – spiega l’Anief in una nota – copre infinite attivita’ collaterali e fondamentali per il miglioramento della didattica. Il risultato dell’operazione sara’ che “si ridurranno i compensi per le ore eccedenti del personale insegnante di educazione fisica nell’avviamento alla pratica sportiva; le risorse destinate alle funzioni strumentali; quelle annualmente destinate agli incarichi specifici del personale non docente; i fondi ogni anno destinati ai progetti relativi alle aree a rischio; i finanziamenti per le competenze accessorie del personale comandato. Ma soprattutto verra’ privato il fondo per l’istituzione scolastica – attraverso cui le scuole finanziano svariate attivita’ e progetti basilari per realizzare la loro autonomia scolastica – di 7 milioni di euro nel 2011, di 138,91 milioni di euro nel 2012 e di ulteriori 275,41 milioni di euro per l’anno corrente.

“Oltre al danno – dichiara il presidente del giovane sindacato, Marcello Pacifico – si aggiunge la beffa, visto che gli stessi scatti non sono utili per la ricostruzione di carriera dei neoassunti negli ultimi due anni e per l’anzianita’ economica maturata da tutto il personale della scuola, a meno che nel prossimo cedolino si recuperi per lo scatto la data prevista nel cedolino del dicembre 2010. Bastava seguire la strada giudiziaria intrapresa dall’Anief, sulla scia di quella portata avanti dagli stessi giudici: senza contrattare niente, i tribunali avrebbero provveduto a far prevalere quella giustizia che chi governa oggi la scuola intende ancora una volta negare”.

Fonte: Scuola Informazione

 

L'Anief denuncia che "i sindacati che siedono 
al tavolo delle trattative con il ministero dell'Istruzione, hanno
 accettato di privare gli istituti scolastici di fondi e risorse
 pari a 570 milioni di euro, più o meno equamente sottratti tra il
 2012 e il 2013".

"In questo modo - dichiara il presidente 
dell'Anief Marcello Pacifico - vengono colpite le scuole a
 rischio, gli straordinari del personale Ata, le funzioni
obiettivo, l'attività motoria nella scuola primaria: tutto per 
colpa di un accordo rivendicato da alcune sigle sindacali che non
 hanno saputo difendere i diritti dei lavoratori al rinnovo del 
contratto e alla progressione di carriera con l'intesa raggiunta 
in Aran".

"Oltre al danno - continua Pacifico - si aggiunge la 
beffa, visto che gli stessi scatti non sono utili per la 
ricostruzione di carriera dei neoassunti negli ultimi due anni e 
per l'anzianità economica maturata da tutto il personale della 
scuola, a meno che nel prossimo cedolino si recuperi per lo scatto
 la data prevista nel cedolino del dicembre 2010. Bastava seguire 
la strada giudiziaria intrapresa dall'Anief, sulla scia di quella 
portata avanti dagli stessi giudici: senza contrattare niente, i
 tribunali avrebbero provveduto a far prevalere quella giustizia 
che chi governa oggi la scuola intende ancora una volta negare".

Fonte: Italpress

 

"Il Miur continua a ignorare la sentenza della Corte Costituzionale n.147/2012: per il prossimo anno scolastico, ai fini della costituzione degli istituti scolastici imporrà il parametro medio di 900 alunni, che è l'ennesimo nuovo criterio illegittimo. Inoltre, applicando ostinatamente l'ormai superato comma 5 dell'art. 19 della Legge n.111/2011, provvederà alla mancata assegnazione del dirigente scolastico e del Dsga in tutti quei casi in cui gli istituti superiori non raggiungano i 600 alunni iscritti". Lo afferma in una nota l'Anief.

"Stavolta però a sbagliare non è solo il Miur, ma anche le Regioni: dalle prime risposte pervenute all'Anief dai governatori di Marche, Toscana e Lombardia, a seguito delle diffide inviate dal giovane sindacato all'inizio del 2013 alle giunte di tutta Italia, le Regioni sostengono che la Corte Costituzionale nel giugno scorso ha ribadito la loro competenza esclusiva sulla rete scolastica, ma che in ogni caso questa espressione non sarebbe in conflitto con le indicazioni del Miur - prosegue il sindacato -. E quindi con gli effetti devastanti del dimensionamento che ha dato il là alla illecita cancellazione di oltre 2.000 istituti. Per le Regioni, in sostanza, non sarebbe stata operata alcuna arbitrarietà. Si tratta, chiaramente, di interpretazioni errate. Come quella di coinvolgere nella soppressione degli istituti non solo i dirigenti scolastici ma anche ai Dsga".

"La Legge 111 del 2011 e le norme sull'autonomia scolastica - sottolinea Marcello Pacifico, presidente dell'Anief - non fanno alcun riferimento ai Direttori dei servizi generali e amministrativi: una figura professionale che quindi non doveva essere coinvolta nel dimensionamento. Ma non è solo questo l'errore: perché, infatti, si è permesso di far cadere l'autonomia delle scuole d'infanzia, primaria e secondaria di primo grado, accorpandole in mega-istituti senza capo né coda, rette da dirigenze in perenne difficoltà, dal momento che nessuna disposizione lo prevedeva?".

Secondo l'Anief "il problema è che sul dimensionamento, Miur e amministrazioni periferiche continuano a dare per buoni dei criteri e dei parametri arbitrari. Continuando in tal modo a non considerare il ruolo centrale che dovrebbero avere le Regioni, le quali conoscono molto meglio, come indicato chiaramente dalla Corte Costituzionale, le esigenze dei territori, della popolazione e degli enti locali".

"Se quindi dovessero continuare a prevalere sia la linea dispotica del Miur sia la subalternità delle Regioni, l'Anief non starà di certo a guardare - evidenzia il sindacato -: il nostro sindacato è pronto a patrocinare gratuitamente dei fondati ricorsi ai Tar, con il preciso fine di annullare anche questi ultimi atti sul dimensionamento scolastico palesemente illegittimi. Non bisogna poi dimenticare che siamo di fronte ad un disagio che si va a concretizzare nei giorni in cui milioni di studenti si apprestano a scegliere gli istituti da frequentare il prossimo anno scolastico: per questo motivo, il nostro sindacato ha deciso di difendere i diritti delle famiglie".

"L'Anief, inoltre, patrocinerà, sempre gratuitamente, i ricorsi dei tanti dirigenti scolastici che a seguito della soppressione e fusione degli istituti hanno perso la titolarità. Tutelerà poi i tanti Dsga finiti in esubero - conclude la nota -. Oltre che il personale docente che si è ritrovato perdente posto e il personale Ata che ha dovuto subire un illegittimo trasferimento d'ufficio. Tutti costoro - famiglie, DS, DSGA, docenti e Ata - possono inviare le richieste di informazioni sui ricorsi da attuare contro il dimensionamento del prossimo anno scolastico - quindi contro Miur e Regioni - scrivendo a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.".

Fonte: Italpress

 

L’Anief apre un nuovo fronte, quello del dimensionamento delle scuole, puntando come al solito sul versante del contenzioso giurisdizionale.

Secondo il sindacato infatti “il Miur continua a ignorare la sentenza della Corte Costituzionale n. 147/2012: per il prossimo anno scolastico, ai fini della costituzione degli istituti scolastici imporrà il parametro medio di 900 alunni, che è l’ennesimo nuovo criterio illegittimo. Inoltre, applicando ostinatamente l’ormai superato comma 5 dell’art. 19 della Legge n.111/2011, provvederà alla mancata assegnazione del dirigente scolastico e del Dsga in tutti quei casi in cui gli istituti superiori non raggiungano i 600 alunni iscritti”.

Però a sbagliare non è solo il Miur, ma anche le Regioni: “dalle prime risposte pervenute all’Anief dai governatori di Marche, Toscana e Lombardia”, a seguito delle diffide inviate dal sindacato all’inizio del 2013 alle giunte di tutta Italia, “le Regioni sostengono che la Corte Costituzionale nel giugno scorso ha ribadito la loro competenza esclusiva sulla rete scolastica, ma che in ogni caso questa espressione non sarebbe in conflitto con le indicazioni del Miur”.

Per il sindacato si tratta di interpretazioni errate, come quella che riguarda i Dsga. “La Legge 111 del 2011 e le norme sull’autonomia scolastica – sostiene Marcello Pacifico, presidente dell’Anief - non fanno alcun riferimento ai Direttori dei servizi generali e amministrativi: una figura professionale che quindi non doveva essere coinvolta nel dimensionamento. Ma non è solo questo l’errore: perché, infatti, si è permesso di far cadere l’autonomia delle scuole d’infanzia, primaria e secondaria di primo grado, accorpandole in mega-istituti senza capo né coda, rette da dirigenze in perenne difficoltà, dal momento che nessuna disposizione lo prevedeva?”

Di conseguenza l’Anief annuncia che intende patrocinare (gratuitamente) i ricorsi ai Tar “con il preciso fine di annullare anche questi ultimi atti sul dimensionamento scolastico palesemente illegittimi”.

Non solo: l’Anief patrocinerà, sempre gratuitamente, anche “i ricorsi dei tanti dirigenti scolastici che a seguito della soppressione e fusione degli istituti hanno perso la titolarità. Tutelerà poi i tanti Dsga finiti in esubero. Oltre che il personale docente che si è ritrovato perdente posto e il personale Ata che ha dovuto subire un illegittimo trasferimento d’ufficio”.

Fonte: Tuttoscuola

 

Tra le varie proposte per favorire la crescita, il responsabile dello Sviluppo economico individua anche quella di rendere disponibile mese per mese il Trattamento di fine rapporto, almeno per chi lo desidera. In tal modo si “gonfierebbero” gli stipendi e si stroncherebbero sul nascere le tante vertenze in arrivo per la discussa trattenuta.

Forse esiste una soluzione radicale per abbattere una volta per tutte la diatriba infinita sulla volontà dello Stato di sottrarre circa il 2% dallo stipendio per destinarlo alla formazione del Trattamento di fine rapporto: lasciare tutti i soldi, assieme a quelli accantonati dal “datore di lavoro”, direttamente in busta paga. La proposta, che non è nuova, è stata rilanciate nelle ultime ore dal ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera: commentando su Facebook un articolo di Ernesto Galli della Loggia, il ministro uscente (lo stesso che negli ultimi giorni ha preso le distanze dall’entrata diretta in campo politico, non più da tecnico, dell’attuale capo del governo Mario Monti) è dichiarato che per favorire la crescita e risollevare il mercato occorre eliminare o corregere alcune tasse. Come "l`Irap, per i suoi effetti perversi che penalizzano chi crea occupazione".

Passera ha poi detto che è prioritario "fare in modo che all`interno del budget europeo la componente di spesa per investimenti in infrastrutture, innovazione e coesione sia aumentata e non diminuita come molti paesi del Nord dell`Europa vorrebbero". Per il ministro va "poi razionalizzata la selva di detrazioni concentrandole su figli a carico, spese per istruzione e formazione, assistenza socio-sanitaria". Mentre "sul fronte del lavoro bisogna rendere il contratto di apprendistato più facilmente utilizzabile e appetibile: durata di 4 anziché 3 anni, periodo di prova esteso a 12 mesi, limiti di età più elevati, valorizzazione del training on the job. Rivalutare anche i contratti di inserimento/reinserimento".

A proposito del tanto discusso Trattamento di fine rapporto, Passera ha detto che "bisogna rendere disponibile il Tfr fino a prevedere di metterlo in busta paga, almeno per chi lo desidera".

Negli mesi, la questione del Tfr è tornata di attualità. Soprattutto dopo che la Corte Costituzione ha confermato che nei confronti di tutti i lavoratori, in virtù del D.P.C.M. del 20.12.1999, a partire dal 1° gennaio 2001, passati dal regime di TFS al regime di TFR, con la nuova aliquota del 6,91% non si sarebbe mai dovuto applicare “il contributo previdenziale obbligatorio nella misura del 2,5 per cento della base retributiva previsto dall’art. 11 della legge 8 marzo 1968 n. 152 e dall’art. 37 del DPR 1032/1973 n. 1032”, come statuito dal comma 2 dello stesso articolo 1 del decreto. Lo Stato, ha spiegato la Consulta, non può in pratica versare un Tfr inferiore a quello di un’azienda privata. “E poiché sempre lo Stato ha trattenuto dalla busta paga indebitamente questi soldi negli ultimi dieci anni, è tenuto ora a restituirli”, ha tuonato l’Anief.

Secondo Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato alla gestione del contenzioso nella Confedir, la partita finanziaria potenziale è altissima: “ogni dipendente, di ruolo o precario, potrà infatti rivendicare la restituzione di circa 500 euro annui, per un importo totale medio individuale vicino attorno ai 5mila euro. Considerando che il personale potenzialmente coinvolto, come possibili beneficiari, è composto da almeno mezzo milione di dipendenti pubblici, la somma che lo Stato potrebbe ritrovarsi a dover indennizzare non è molto lontana dai 2 miliardi e mezzo di euro”, ha concluso Pacifico. Il primo passo, prima di intraprendere la via giudiziaria, riguarda l’invio di una nuova diffida che il sindacato mette a disposizione gratuitamente per i soci del sindacato confederale assunti dopo il 2001 o precari in regime di Tfr.

Pochi giorni fa sulla questione è intervenuta anche la Presidenza del Consiglio dei Ministri: attraverso una nota web, ha fatto sapere che non è cambiato nulla. Rimane quindi sempre valido l’art. 9, comma 2, del d.l. n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, in Legge 122 del 2010, e che pertanto lo stesso organismo "non ha competenza ad operare la restituzione degli importi operata in base alla predetta norma che è stata successivamente dichiarata incostituzionale dalla Corte".

Replica immediata dell’Anief. “È una spiegazione davvero inadeguata: come fa la Presidenza del Consiglio dei Ministri a dichiararsi incompetente dal momento che, il 20 dicembre del 1999, ha emesso un decreto nel quale si stabilisce al regime di trattamento di fine rapporto non si applica il contributo previdenziale obbligatorio nella misura del 2,5 per cento della base retributiva previsto dall'art. 11 della legge 8 marzo 1968, n. 152, e dall'art. 37 del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1032?”.

A questo punto, la “ricetta” Passera potrebbe mettere tutti d’accordo. Se invece non se ne farà nulla, rimanendo una delle tante buone intenzioni esternate sotto campagna elettorale, la contesa diventerebbe lunghissima. Diventando inevitabilmente materiale da aula di tribunale.

Fonte: Tecnica della Scuola

 

Cisl Scuola, Uil Scuola, Snals e Gilda scrivono al Miur per sollecitare un incontro urgente e ottenere una circolare esplicativa. Anche dopo la legge di stabilità, intervenuta sul tema sollevato con la spending review, le interpretazioni dei dirigenti scolastici sarebbero infatti ancora diversificate. Creando non poche conflittualità col personale. L’Anief ricorda che qualsiasi novità va adottata solo dal 1° settembre 2013. Ma per la Flc-Cgil non si potrebbe neppure dopo: rimane materia di contrattazione.

Sulle controversa questione delle ferie da assegnare forzatamente ai precari, per evitare di liquidarle a supplenza finita, i sindacati vogliono vederci chiaro. Dopo aver preso atto che la legge di stabilità ha solo parzialmente risolto la questione delle ferie “coatte”, introdotta nell’estate scorsa attraverso la spending review, l’11 gennaio Cisl Scuola, Uil Scuola, Snals e Gilda hanno scritto a Miur per sollecitare “un incontro urgente” attraverso cui “discutere della nuova normativa relativa alle ferie del personale a tempo determinato, affichè le scuole possano avere una circolare esplicativa di riferimento”.

Secondo i sindacati di comparto, “le recenti modifiche normative di cui all’oggetto, hanno determinato un diffuso clima di conflittualità nelle Istituzioni scolastiche relativamente al diritto di fruizione delle ferie del personale con contratto a tempo determinato; ciò, in mancanza di indicazioni applicative delle norme citate da parte di codesto Ministero”.

Pertanto, le segreterie nazionali di Cisl Scuola, Uil Scuola, Snals e Gilda hanno chiesto “un incontro urgente per un confronto sull’argomento, preliminare ad una necessaria circolare applicativa, al fine di favorire una corretta ed omogenea applicazione delle norme in oggetto. Tale richiesta – sottolineano - è ulteriormente motivata dall’introduzione delle modifiche al D.L. n. 95/20123, per effetto dell’approvazione della legge di Stabilità” In caso contrario, se l’incontro non dovesse verificarsi, i sindacati sono convinti che non potrà che accentuarsi “clima di conflittualità che si regista nelle singole Istituzioni scolastiche, in assenza di indicazioni operative omogenee ed applicative delle norme di cui all’oggetto”.

Le organizzazioni che difendono gli interessi dei lavoratori hanno, infine, chiesto “la immediata attivazione su NoiPA, ove non ancora in funzione, della possibilità per le scuole di comunicare la liquidazione delle ferie maturate”.

Nella stessa giornata, anche l’Anief ha chiesto al Miur un intervento chiarificatore sulla questione. “Le necessità di fornire ‘indicazioni applicative’ deriva, in particolare, - sostiene il sindacato degli educatori in formazione - dai chiarimenti che la pubblicazione della legge di stabilità ha permesso di realizzare sull’adozione di alcune parti del D.L. 95/2012 approvato la scorsa estate. Modifiche che ora, al di là delle interpretazioni soggettive o di parte, contengono un punto fermo: qualsiasi modifica all’assetto tradizionale di fruizione delle ferie maturate dal personale a tempo determinato non può essere attuata prima dell’inizio dell’anno scolastico 2013/14”.

L’Anief ricorda quindi i punti che riguardano la questione affrontati nel testo della legge di Stabilità approvato poco prima di Natale a Palazzo Madama: “al comma 54 dell’art. 1, si indica che ‘il personale docente di tutti i gradi di istruzione fruisce delle ferie nei giorni di sospensione delle lezioni definiti dai calendari scolastici regionali, ad esclusione di quelli destinati agli scrutini, agli esami di Stato e alle attività valutative’. Di seguito, al comma 55, si ribadisce che la fruizione delle ferie del personale della scuola, docente e Ata, è subordinata alla mancanza delle lezioni. Nel comma successivo, il 56, viene tuttavia specificato che ‘le disposizioni di cui ai commi 54 e 55 non possono essere derogate dai contratti collettivi nazionali di lavoro. Le clausole contrattuali contrastanti sono disapplicate dal 1° settembre 2013’.

La conclusione è nelle parole del presidente, Marcello Pacifico: “è evidente a tutti che le norme contrattuali in vigore che regolano la gestione delle ferie del personale precario rimarranno, sino al termine dell’anno scolastico in corso, quelle precedenti alle disposizioni normative contenute nella legge di stabilità”.

“Cogliamo l’occasione – continua il presidente del giovane sindacato - per ricordare che diversi dirigenti scolastici prima dell’approvazione della legge di stabilità, adottando incautamente sul personale della scuola le novità introdotte dalla spending review per gli altri comparti della pubblica amministrazione, hanno collocato coattivamente in ferie i loro dipendenti in servizio attraverso contratti brevi o fino al 30 giugno 2013. Si tratta di soluzioni che ora, alla luce delle nuove norme, devono essere obbligatoriamente cancellate: le ferie d’ufficio, almeno fino al 1° settembre 2013, non si applicano”.

Molto critico sulla derogabilità dei contratti collettivi si è detta la Flc-Cgil. Secondo cui l’aggiramento delle norme contrattuali, formulato dal Governo Monti, rappresentano “un intervento gravissimo della legge su materie di esclusiva competenza contrattuale”. “Lo stesso art. 40 del decreto 165/2001 - sottolinea la Flc-Cgil - stabilisce che la contrattazione collettiva determina i diritti e gli obblighi direttamente pertinenti al rapporto di lavoro e orario e ferie rientrano pienamente in questa determinazione legislativa”. La conclusione del sindacato è davvero pessimistica: “prosegue quindi l'operazione di smantellamento dei contratti e della contrattazione già avviata”.

Fonte: Tecnica della Scuola

 

"Si svolgeranno tra l'11 e il 21 febbraio le prove scritte del concorso a cattedra bandito dal Ministero dell'Istruzione attraverso il D.D.G. n. 82 del 24 settembre 2012: poco fa il Miur ha comunicato che gli 88.610 ammessi alle prove scritte, rispetto ai 264.423 che hanno svolto le preselezioni lo scorso mese di dicembre, avranno a disposizione due ore e mezza per rispondere a quattro quesiti a risposta aperta sulle rispettive discipline di competenza". Lo afferma in una nota l'Anief, che conta però di far approdare agli scritti almeno altri 6.000 candidati.

"Chiederà infatti ai giudici, in base alla corretta interpretazione della legge, di far valere il criterio del 7 per valutare il merito e quello del 6 per accedere da una prova all'altra. Poiché le prove preselettive non riguardano il merito, appare evidente che quanto rivendicato possa essere fondato in diritto - prosegue la nota -. E quindi che per accedere alle prove scritte possano bastare 30 punti, non 35 come indicato dal Ministero dell'Istruzione. Il sindacato è convinto che difendere questi aspiranti docenti consista in una importante battaglia attraverso cui far prevalere la giustizia. Stiamo infatti parlando di migliaia di candidati che posseggono anche diverse abilitazioni, conseguite presso le scuole di specializzazione universitarie. Di candidati docenti, quindi, che sono stati già valutati in passato e reputati idonei all'insegnamento. E che non meritano questo trattamento. A questo punto, vista la prima camera di consiglio utile del 7 febbraio, l'8 febbraio i 6mila ricorrenti conosceranno l'esito dell'ordinanza cautelare necessaria per partecipare con riserva alle prove scritte".

"Dopo l'ammissione dei giovani laureati e dei docenti già di ruolo alle prove preselettive - commenta Marcello Pacifico, presidente Anief e responsabile Confedir per la Scuola – anche stavolta il nostro sindacato intende far garantire il rispetto della normativa: il cosiddetto Testo Unico della Scuola, la Legge 297 del 1994, da cui derivano tutte le attuali norme susseguenti dei pubblici concorsi. Se non si rispetta la legge nello svolgimento delle prove concorsuali - conclude Pacifico - non si può chiedere ai candidati che vi hanno partecipato di insegnare poi il diritto, la Costituzione italiana e l'inno di Mameli".

Fonte: Italpress

 

Il giudice del lavoro di Napoli ha rinviato il 2 gennaio 2013 alla Suprema Corte un ricorso il cui esito interesserà quelli presentati da più di 20.000 precari della scuola con contratti a tempo determinato per un periodo superiore a 36 mesi, in merito alla legge derogatoria n. 106/11. La sentenza sarà vincolante per ogni giudice nazionale. Anief chiederà la sospensione dei processi in corso.

"Secondo il trattamento di funzionamento della Comunità europea, una sentenza della Corte di Strasburgo è vincolante per ogni giudice nazionale che, quindi, anche in presenza di una sentenza della Corte di cassazione o della Corte costituzionale italiana, dovrà adeguarsi sul tema decidendum - spiega in una nota il sindacato -. Nei mesi scorsi, il presidente dell'Anief, prof. Marcello Pacifico, dopo l'apertura di alcune procedure di infrazione - una, la 2120/10 trasformata in messa in mora da parte della Commissione UE -, era volato a Bruxelles per depositare una circostanziata denuncia a cui è seguito l'invio di altre migliaia di denunce dal contenuto analogo da parte dei precari della scuola, su testi redatti dagli avvocati Ganci, Miceli e Galleano.

Ora, il giudice del lavoro di Napoli, Coppola, rimette gli atti a Strasburgo e chiede ai colleghi europei di pronunciarsi sulla legittimità dell'intervento retroattivo e derogatorio del legislatore italiano in tema di stabilizzazione dei precari della scuola. In caso di risposta negativa, ovvero di censura della norma italiana, ogni giudice del lavoro dovrà adeguarsi e ordinare la stabilizzazione del ricorrente precario oltre a condannare alle spese legali il Miur - conclude il sindacato -. Soltanto così sarà messa la parola fine a una cattiva abitudine che mortifica la condizione lavorativa di migliaia di precari della scuola e incide anche non soltanto sulla continuità didattica ma sulla motivazione professionale".

Fonte: Italpress

 

Sulla pesante problematica relativa all’assunzione dei precari con più di 36 mesi di servizio a tempo determinato, l’Anief aveva fatto ricorso nel 2011, la Cassazione l’aveva bocciato; l’Anief ne ha fatta un altro. A questo punto il giudice del lavoro di Napoli ha spedito tutto alla Suprema Corte europea di Strasburgo.

Il giudice del lavoro di Napoli ha rinviato il 2 gennaio 2013 alla Suprema Corte un ricorso il cui esito interesserà quelli presentati da più di 20.000 precari della scuola con contratti a tempo determinato per un periodo superiore a 36 mesi, in merito alla legge derogatoria n. 106/11. La sentenza sarà vincolante per ogni giudice nazionale. Anief chiederà la sospensione dei processi in corso.

L‘Anief, nel gennaio 2010 lancia sulla stampa la campagna di denuncia di violazione della direttiva comunitaria 1999/70/CE da parte dello Stato italiano che, in un decennio, ha utilizzato più di 300.000 precari per coprire incarichi anche su posti vacanti e disponibili che dovrebbero essere assegnati in ruolo dopo 36 mesi di servizio, come nel privato. Nel 2011 partono i ricorsi seriali dell’Anief per migliaia di precari, a cui fanno seguito anche quelli di altre organizzazioni sindacali, con condanne alle spese che nelle prime udienze di merito arrivano fino a 30.000 euro di risarcimento danni a carico dell’amministrazione per abuso del contratto a termine e in alcuni – pochi – casi alla stabilizzazione, tanto da indurre il Governo Berlusconi a presentare con decreto legge in Parlamento una norma derogatoria che vorrebbe interpretare retroattivamente il decreto legislativo 368/01 (con il quale l’Italia ha recepito la suddetta direttiva) e la legge 124/99 (che disciplina l’affidamento degli incarichi di supplenza annuale).

Nei mesi scorsi, il presidente dell’Anief, Marcello Pacifico, dopo l’apertura di alcune procedure di infrazione – una, la 2120/10 trasformata in messa in mora da parte della Commissione UE -, era volato a Bruxelles per depositare una circostanziata denuncia a cui è seguito l’invio di altre migliaia di denunce dal contenuto analogo da parte dei precari della scuola, su testi redatti dagli avvocati Ganci, Miceli e Galleano. Ora, il giudice del lavoro di Napoli rimette gli atti a Strasburgo e chiede ai colleghi europei di pronunciarsi sulla legittimità dell’intervento retroattivo e derogatorio del legislatore italiano in tema di stabilizzazione dei precari della scuola. In caso di risposta negativa, ovvero di censura della norma italiana, ogni giudice del lavoro dovrà adeguarsi e ordinare la stabilizzazione del ricorrente precario oltre a condannare alle spese legali il Miur. Soltanto così sarà messa la parola fine a una cattiva abitudine che mortifica la condizione lavorativa di migliaia di precari della scuola e incide anche non soltanto sulla continuità didattica ma sulla motivazione professionale.

Fonte: Tecnica della Scuola

 

Il Miur anticipa il calendario delle prove scritte: si parte con Infanzia e Primaria. Anche stavolta prevista una sessione antimeridiana a una pomeridiana. Confermate tutte le anticipazioni pubblicate sul n. 9 della versione cartacea de La Tecnica della Scuola. Le domande saranno aperte, ma dai conteniti definiti: gli 88.610 candidati ammessi dovrebbero avere a disposizione non più di una pagina di spazio. Ma il numero di partecipanti potrebbe salire: l’Anief raccoglie oltre 6mila richieste di ricorso da parte degli esclusi che hanno conseguito tra i 30 e i 34,5 punti. Slitta al 25 febbraio l'elenco delle sedi d'esame.

Cominciano a delinersi i contorni delle prove scritte del concorso a cattedra per 11.542 nuovi docenti. Il 10 gennaio si è aperto con la notizia fornita dal Miur di slittamento, al 16 gennaio, della pubblicazione on line delle prove preselettive svolte il 17 e 18 dicembre. E nel pomeriggio della stessa giornata è stato pubblicato il calendario delle prove scritte. Le quali si svolgeranno tra l'11 e il 21 febbraio. Questo il passaggio saliente dell'avviso del Miur, firmato dal direttore generale Luciano Chiappetta: "la prova scritta avrà la durata di 2 ore e trenta minuti e si articolerà in quattro quesiti a risposta aperta. La prova scritta relativa all’insegnamento di discipline scientifiche e tecnico-pratiche (A020, A033, A034, A038, A049, A059, A060 e C430), che prevede anche l’espletamento di una ulteriore prova successiva di laboratorio, nonché le prove scritte relative all’insegnamento di discipline artistiche (ambito 01: classi A025/A028), che prevede anche l’espletamento di una ulteriore prova pratica successiva, avranno la durata di 2 ore e si articoleranno in tre quesiti a risposta aperta". Prevista, come nelle prove preselettive, una doppia seduta giornaliera di prove: "le operazioni di identificazione dei candidati avranno inizio alle ore 08.00 per la sessione antimeridiana e alle ore 14.00 per la sessione pomeridiana", ha sottolineato il Miur.

Da viale Trastevere non arrivano, invece, ulteriori indiscrezioni sui contenuti e lo spazio che verrà concesso ad ogni quesito. Lasciando ancora dei dubbi agli 88.610 che hanno superato il primo scoglio della verifica preselettiva dai contenuti generalisti.

La Tecnica della Scuola, come riportato all’interno del n. 9 della versione cartacea, disponibile anche on line, è in grado di fornire alcune anticipazione.

Innanzituto, trattandosi di domande disciplinari, viene da sé che queste cambieranno a seconda delle classi di concorso. Per quanto riguarda la tipologia di domande, gli esperti del Miur sono orientati a proporre argomenti “abbastanza definiti”. Ciò significa che pur trattandosi di risposte aperte, i candidati non potranno impostarle come se fosse un tema. “Certo, si potrà scrivere ciò che si vuole – ci ha detto un dirigente ministeriale – ma i margini non saranno poi così ampi. I partecipanti dovranno infatti muoversi all’interno di un format piuttosto delineato”.

Sembrerebbe, quindi, che le domande convoglino più verso un modello semi-strutturato, con argomenti chiari, mirati, poco trasversali, piuttosto che verso i quesiti aperti tradizionali che lasciano più spazio a risposte ad ampio spettro.

In questi giorni gli organizzatori del concorso stanno inoltre vagliando, attraverso delle simulazioni, il numero massimo di righe che ogni aspirante prof potrà riempire. Dalle ultime indicazioni, difficilmente si andrà oltre ad una pagina per quesito.

Intanto, l’Anief ha fatto sapere che oltre 6mila dei 175.815 esclusi dalle prove scritte hanno fatto ricorso: si tratta di candidati che hanno conseguito tra i 30 e i 34,5 punti. Un risultato che, alla luce della normativa vigente sui pubblici concorsi nella scuola, sempre secondo l’associazione degli educatori in formazione, basterebbe per passare agli scritti. E che invece il Miur ha reputato insufficiente, alzando “l’asticella” fino a 35 punti. “I ricorsi – scrive l’Anief - saranno notificati il 14 gennaio per intercettare l’udienza del 7 febbraio”. Ma il numero di ricorrenti potrebbe anche salire. Gli indecisi hanno ancora una settimana di tempo: potranno infatti chuedere di fare ricorso sino al 18 gennaio.

Fonte: Tecnica della Scuola

 

La sentenza della Consulta n. 223/12 è chiara, pertanto se tutto rimane immutato per il personale della scuola in regime di TFS, in verità, fino a 10.000 euro possono essere restituiti al personale precario e di ruolo che è stato assunto e ha prestato servizio nell’ultimo decennio, in regime di TFR. Scrivi a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. per ricevere la diffida e le istruzioni operative per ricorrere anche contro il blocco del contratto.

L’art. 1, cc. 98-100 della legge n. 228/12 ha cessato la materia del contendere rispetto alla richiesta di restituzione della trattenuta del 2,5% da parte di chi (assunto prima del 2001) era transitato dal regime TFS al regime TFR dal 1° gennaio 2011 a causa dell’applicazione dell’art. 12 c. 10 della legge 122/2010, dichiarata incostituzionale, perché riporta il TFS alla precedente aliquota del 9,60%, ma non può essere applicata ai neo-assunti dopo il 2001 o ai precari. Per questi lavoratori che in virtù del D.P.C.M. del 20.12.1999, a partire dal 1 gennaio 2001, sono passati dal regime di TFS al regime di TFR regolato dall’art. 2120 del Codice civile per i privati, con la nuova aliquota del 6,91%, non si sarebbe mai dovuto applicare “il contributo previdenziale obbligatorio nella misura del 2,5 per cento della base retributiva previsto dall’art. 11 della legge 8 marzo 1968 n. 152 e dall’art. 37 del DPR 1032/1973 n. 1032”, come statuito dal comma 2 dello stesso articolo 1 del decreto. La ratio è spiegata dalla stessa Corte costituzionale: lo Stato, in quanto datore di lavoro, non può versare un TFR inferiore a quello di un’azienda privata. E poiché lo Stato ha trattenuto dalla busta paga indebitamente questi soldi negli ultimi dieci anni, è tenuto ora a restituirli. Soltanto nella scuola, sono oltre 250.000 i possibili beneficiari, la metà degli assunti nel pubblico impiego.

Il primo passo, prima di intraprendere la via giudiziaria, riguarda l’invio di una nuova diffida che il sindacato mette a disposizione gratuitamente per tutto il personale della scuola neo-assunto dopo il 2001 o precario in regime di TFR che lo richiederà scrivendo a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.. Nell’oggetto si dovrà indicare “richiesta diffida regime TFR post 2001 (se assunti a TI dopo il 1° gennaio 2001)” oppure “richiesta diffida regime TFR precario (se con contratto a TD negli anni 2011 e 2012)”, mentre nel testo si dovranno riportare i propri dati anagrafici e i recapiti telefonici. Ai fini della corretta individuazione dell’importo di cui si chiede la restituzione, si consiglia di verificare tutti i cedolini, mese per mese, ricevuti nei dieci anni precedenti la data dell’invio della diffida e di sommare gli importi presenti alla voce “Ritenute”, OP. DI PREV./TFR.

Lo stesso modello nei prossimi giorni sarà fornito dalla Confedir a tutti i dipendenti e ai dirigenti pubblici.

In caso di esito negativo, dopo i termini preventivati, ogni interessato riceverà le istruzioni operative per ricorrere al giudice del lavoro e recuperare le somme spettanti. Sarà possibile in quella sede, richiedere contestualmente anche lo sblocco degli scatti di anzianità e del contratto, bloccati da una legge che, per quanto riguarda gli effetti sullo stipendio dei magistrati e degli avvocati dello Stato, è stata dichiarata incostituzionale. Chi ha già inviato la diffida, interrompendo così la data di prescrizione decennale del credito, riceverà nei prossimi mesi le istruzioni per ricorrere.

 

Approfondimenti

 

D.P.C.M. 20.12.1999

2. A decorrere dalla data dell’opzione prevista dall’art. 59, comma 56, della legge n. 449 del 1997 ai dipendenti che transiteranno dal pregresso regime di trattamento di fine servizio, comunque denominato, al regime di trattamento di fine rapporto non si applica il contributo previdenziale obbligatorio nella misura del 2,5 per cento della base retributiva previsto dall’art. 11 della legge 8 marzo 1968, n. 152, e dall’art. 37 del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1032. La soppressione del contributo non determina effetti sulla retribuzione imponibile ai fini fiscali.

 

Legge 228/12, cc. 98-100

98. Al fine di dare attuazione alla sentenza della Corte costituzionale n. 223 del 2012 e di salvaguardare gli obiettivi di finanza pubblica, l’articolo 12, comma 10, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, è abrogato a decorrere dal 1° gennaio 2011. I trattamenti di fine servizio, comunque denominati, liquidati in base alla predetta disposizione prima della data di entrata in vigore del decreto legge 29 ottobre 2012, n. 185, sono riliquidati d’ufficio entro un anno dalla predetta data ai sensi della disciplina vigente prima dell’entrata in vigore del citato articolo 12, comma 10, e, in ogni caso, non si provvede al recupero a carico del dipendente delle eventuali somme già erogate in eccedenza. Gli oneri di cui al presente comma sono valutati in 1 milione di euro per l’anno 2012, 7 milioni di euro per l’anno 2013, 13 milioni di euro per l’anno 2014 e 20 milioni di euro a decorrere dall’anno 2015. All’onere di 1 milione di euro per l’anno 2012 si provvede mediante corrispondente riduzione della dotazione del Fondo per interventi strutturali di politica economica di cui all’articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307.

99. I processi pendenti aventi ad oggetto la restituzione del contributo previdenziale obbligatorio nella misura del 2,5 per cento della base contributiva utile prevista dall’articolo 11 della legge 8 marzo 1968, n. 152, e dall’articolo 37 del testo unico delle norme sulle prestazioni previdenziali a favore dei dipendenti civili e militari dello Stato di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1032, si estinguono di diritto; l’estinzione è dichiarata con decreto, anche d’ufficio; le sentenze eventualmente emesse, fatta eccezione per quelle passate in giudicato, restano prive di effetti.

100. Restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti sulla base delle norme del decreto-legge 29 ottobre 2012, n. 185, recante «Disposizioni urgenti in materia di trattamento di fine servizio dei dipendenti pubblici» non convertite in legge.

 

 

 

Termini di prescrizione del credito

 

La perdita del diritto alla riscossione del credito si determina nel caso in cui il proprio diritto non venga esercitato per un delimitato periodo.

I tempi di prescrizione vengono definiti a seconda della tipologia del credito ed in generale, salvi i casi in cui la legge dispone diversamente, il credito si prescrive in 10 anni (art. 2946 c.c).

Il decorso della prescrizione del credito può essere interrotto con la notifica al debitore di un atto con cui il creditore manifesti in maniera esplicita la propria intenzione di interrompere il decorso della prescrizione oltreché costituire in mora il debitore.

Dalla data di ricezione di tale atto il termine di prescrizione ricomincerà a decorrere.

Fonte: Scuola Informazione

 

Prosegue l'iter del concorso a cattedra Le prossime settimane saranno importanti anche per coloro che partecipano al concorso in virtù di un'istanza cautelare, che hanno presentato ricorso avverso il punteggio della prova preselettiva, che attendono l'esito del controllo dei titoli di accesso, o che devono ancora presentare i Titoli valutabili. 

Consultazione prova preselettiva

Dall'08 gennaio 2013, tutti i candidati che hanno partecipato alla prova preselettiva del concorso a cattedra, svolta il 17 e 18 dicembre 2012, potranno consultare la propria prova attraverso la pagina personale di Istanze on line, attraverso le credenziali (username e password già in possesso) Avviso del 27 novembre 2012

La pagina di Istanze on line

Le date delle prove scritte

Saranno comunicate con apposito avviso sulla Gazzetta Ufficiale del 15 gennaio 2013. L'elenco delle sedi d'esame, con la loro esatta ubicazione e con l'indicazione della destinazione dei candidati distribuiti in ordine alfabetico verrà invece comunicato dagli Uffici scolastici regionali competenti almeno quindici giorni prima della data di svolgimento delle prove tramite avviso pubblicato nei rispettivi albi e siti internet, nonché sulla rete intranet e sul sito internet del Ministero ( www.istruzione.it ). Detto avviso ha valore di notifica a tutti gli effetti.

La data è prevista per metà febbraio, come indicato dal Ministro stesso nella videochat del 19 dicembre 2012 Concorso a cattedra: prova scritta a febbraio

In Valle d'Aosta già il 15 gennaio si terrà la prova per l'accertamento della conoscenza della lingua francese. La prova di francese per il concorso a cattedra in Val d'Aosta sarà il 15 gennaio

Le modalità di svolgimento delle prove scritte

N. B. per le prove scritte di Lingue (classi di concorso A245/A246 - A345/A346) il Ministero ha emanato il 28 dicembre 2012 un'apposita FAQ

29) Dall'esame dei programmi allegati al bando di concorso (del D.D.G. 82 del 24 settembre 2012) relativi all'Ambito 5 – lingua inglese e francese – si rileva l'assenza totale dei contenuti per la prova scritta.

Per il programma e i contenuti della prova scritta dell'Ambito 5 deve farsi riferimento a quanto previsto e chiarito per la prova orale. Entrambe le prove dovranno essere svolte nella lingua straniera della relativa classe di concorso.

Tutti i programmi sono consultabili a questo link

Controllo dei titoli di accesso

Gli Uffici Scolastici avranno il compito di controllare la validità del titolo di accesso presentato nella domanda di partecipazione.

Il bando del concorso, DDG n. 82 del 24 settembre 2012 dispone infatti all'art. 2 comma 8 che la partecipazione di tutti i candidati potesse avvenire con riserva di accertamento del possesso dei requisiti di ammissione dichiarati nella domanda.

Tale adempimento è messo in atto solo dopo l'espletamento della prova di preselezione, limitatamente ai candidati che l'hanno superata.

In caso di carenza dei requisiti di ammissione, l'Ufficio Scolastico regionale dispone l'esclusione immediata dei candidati, che potrà avvenire in qualsiasi momento della procedura.

I candidati non dovranno produrre nulla in questa fase, l'accertamento avviene d'ufficio, a cura degli Uffici Scolastici regionali.

Si attende in modo particolare l'esito del controllo sui titoli relativi al diploma magistrale ad indirizzo linguistico. Concorso a cattedra: titolo di accesso "maturità magistrale ad indirizzo linguistico". Chiarimenti

Dichiarazione dei titoli valutabli per i candidati la cui domanda alla data del 07 novembre 2012 si trovava nello stato "inserita, non inoltrata"

Alcuni candidati devono inoltre presentare ancora la scheda Titoli valutabili, procedura alla quale non hanno avuto accesso entro il 21 novembre 2012, perchè lo stato della loro domanda risultava "inserita, non inoltrata", e quindi bloccava la funzione.

Sarà il Ministero ad emanare una specifica nota con la quale si riaprono i termini per la comunicazione dei titoli. La procedura sarà riservata esclusivamente ai candidati che si siano trovati nella situazione descritta e che hanno superato la prova preselettiva.

Candidati che hanno partecipato alla prova preselettiva con riserva

Nella FAQ del 28 dicembre 2012 il Ministero conferma "Come già fatto presente nella precedente Faq. n. 15, in conformità a quanto disposto nell'art. 2 del bando, al concorso possono partecipare, non solo gli abilitati, ma anche coloro che hanno conseguito i titoli di laurea e i diplomi richiesti per l'insegnamento entro l'anno scolastico o anno accademico 2001/2002 o entro l'anno accademico 2002/2003 per i corsi quinquennali. Fuori da queste ipotesi, esplicitamente previste nel bando, i semplici laureati che hanno partecipato alla prova preselettiva, lo hanno potuto fare solo in virtù di una ordinanza cautelare del TAR Lazio."

Secondo il Ministero cioè si fermerebbe qui la partecipazione di questi candidati

Candidati ammessi al concorso con riserva, il cammino si ferma alla prova preselettiva?

Di diverso avviso il sindacato ANIEF, che ha curato alcuni dei ricorsi Concorso a cattedra, candidati con riserva hanno diritto a proseguire le prove

A ciò si aggiunge che alcuni candidati che non hanno superato la prova preselettiva hanno inoltrato ricorso, il cui esito dovrebbe conoscersi entro l'8 febbraio

Concorso a cattedra: prima delle prove scritte, la decisione del TAR Lazio sulla soglia a 35/50

Fonte: Orizzonte Scuola

 

"Almeno mezzo milioni di dipendenti e dirigenti scolastici possono chiedere di farsi risarcire tutte le quote illegittimamente trattenute per il Tfr dal mese di gennaio 2011, poiché da quella data la 'voce' stipendiale riguardante il trattamento di fine rapporto è stata posta a carico esclusivo del datore di lavoro, che quindi nella scuola deve accantonare l'intera quota del 6,91%. Una procedura, del resto, che già è consuetudine tra i lavoratori privati, come previsto dall'articolo 3 e dell'articolo 36 della Costituzione italiana. E come, infine, appurato dal Tar della Calabria, attraverso la sentenza n. 53/2012, che ha risarcito la categoria dei magistrati a cui l'amministrazione aveva analogamente sottratto illecitamente una quota stipendiale proprio al fine di accantonarla per il TFR". Lo afferma l'Anief in una nota. 

"Recentemente anche la Corte Costituzione ha confermato che nei confronti di tutti i lavoratori, in virtù del D.P.C.M. del 20.12.1999, a partire dal 1 gennaio 2001 passati dal regime di TFS al regime di TFR, con la nuova aliquota del 6,91%, non si sarebbe mai dovuto applicare 'il contributo previdenziale obbligatorio nella misura del 2,5 per cento della base retributiva previsto dall'art. 11 della legge 8 marzo 1968 n. 152 e dall'art. 37 del DPR 1032/1973 n. 1032', come statuito dal comma 2 dello stesso articolo 1 del decreto - prosegue il sindacato -: lo Stato, ha spiegato la Consulta, in quanto datore di lavoro, non può versare un Tfr inferiore a quello di un'azienda privata. E poiché lo Stato ha trattenuto dalla busta paga indebitamente questi soldi negli ultimi dieci anni, è tenuto ora a restituirli".

"L'appropriazione indebita di una parte degli stipendi, già tra i più ridotti in Europa, riguarda anche i precari, che nel corso dell'ultimo decennio in occasione del pagamento del trattamento di fine rapporto riguardante le supplenze svolte si sono visti togliere ingiustamente una parte della busta paga", sottolinea l'Anief.

Secondo Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato alla gestione del contenzioso nella Confedir, la partita finanziaria potenziale è altissima: "ogni dipendente, di ruolo o precario, potrà infatti rivendicare la restituzione di circa 500 euro annui, per un importo totale medio individuale vicino attorno ai 5mila euro. Considerando che il personale potenzialmente coinvolto, come possibili beneficiari, è composto da almeno mezzo milione di dipendenti pubblici, la somma che lo Stato potrebbe ritrovarsi a dover indennizzare non è molto lontana dai 2 miliardi e mezzo di euro", ha concluso Pacifico.

Il primo passo, prima di intraprendere la via giudiziaria, riguarda l'invio di una nuova diffida che il sindacato mette a disposizione gratuitamente per i soci del sindacato confederale assunti dopo il 2001 o precari in regime di Tfr che lo richiederà.

"Ai fini della corretta individuazione dell'importo di cui si chiede la restituzione, si consiglia di verificare tutti i cedolini, mese per mese, ricevuti nei dieci anni precedenti la data dell'invio della diffida e di sommare gli importi presenti alla voce 'Ritenute', OP. DI PREV./TFR. Lo stesso modello nei prossimi giorni sarà fornito dalla Confedir a tutti i dipendenti e ai dirigenti pubblici", spiega l'Anief, che conclude: "In caso di esito negativo, dopo i termini preventivati, ogni interessato riceverà le istruzioni operative per ricorrere al giudice del lavoro e recuperare le somme spettanti. Sarà possibile in quella sede, richiedere contestualmente anche lo sblocco reale degli scatti di anzianità e del contratto. Chi ha già inviato la diffida, interrompendo così la data di prescrizione decennale del credito, riceverà nei prossimi mesi le istruzioni per ricorrere. Chi intende ricevere la diffida e le istruzioni operative per ricorrere, anche contro il blocco del contratto, può scrivere a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.".

Fonte: Italpress

 

Cosa succederebbe se venissero stabilizzati tutti i precari della scuola? Secondo stime della Ragioneria dello Stato, tra docenti e personale Ata, si parla di 113.556 lavoratori. Quasi ventimila dei quali hanno già presentato ricorso per ottenere il tempo indeterminato. Nel privato ormai la giurisprudenza è consolidata: bastano tre o più contratti a tempo determinato per 36 mesi consecutivi per essere certi della conversione, il passaggio cioè da determinato a indeterminato. Il sogno di ogni precario. Nella scuola, però, le regole sono diverse.

In dieci anni, sempre secondo la Ragioneria, soltanto 232 professori e collaboratori amministrativi hanno ottenuto dal giudice del lavoro l’assunzione d’ufficio (molti di più hanno invece incassato arretrati e scatti di anzianità).

Lo scorso 20 giugno la Cassazione si è espressa in maniera molto chiara sull’argomento, evidenziando che le assunzioni del precariato pubblico avvengono in perfetta conformità al dettato normativo. Ora però potrebbe essere l’Europa a cambiare le carte in tavola.

Un giudice del tribunale di Napoli, Paolo Coppola, ha infatti sollevato questione di pregiudizialità davanti alla Corte di Giustizia del Lussemburgo. Chiamato a dover decidere sulla richiesta di conversione di una docente precaria, la professoressa Raffaella Mascolo, il magistrato ha girato la questione ai magistrati europei.

Chiedendo, in sintesi, un chiarimento su come contemperare la direttiva europea del 1979 che impone un tetto alle assunzioni a tempo determinato e la sentenza dei supremi giudici italiani che invece le ritengono compatibili con le leggi italiane. Se la decisione dei giudici europei contraddicesse l’orientamento preso dalla Cassazione, ciò costituirebbe un precedente. Che spalancarebbe le porte alle decine di migliaia di docenti che, con anni di insegnamento alle spalle, abbiano maturato il diritto alla cattedra.

“Bisogna ricordare che a Bruxelles sono pendenti due procedimenti di infrazione nei confronti dell’Italia per la questione del precariato della scuola – sostiene l’avvocato Sergio Galleano, che difende gli interessi dell’Anief -. Un eventuale pronuncia della Corte Europea favorevole alle nostre richieste, potrebbe costringere lo Stato italiano a prendere provvedimenti”. Quali provvedimenti? “Ad esempio costringere lo Stato a stabilizzare i precari che ne hanno maturato il diritto. O, in alternativa, modificare la legge”.

Per Marcello Pacifico, presidente dell’Anief, “l’ordinanza di remissione del giudice Coppola conferma quanto diciamo da tempo: l’ultima parola sui ricorsi presentati dai precari della scuola che dopo aver svolto 36 mesi di servizio chiedono la stabilizzazione verrà dai giudici europei indipendentemente dall’intervento derogatorio del Parlamento, dalla sentenza della Cassazione o da eventuali pronunce della Consulta”.

Fonte: Corriere della Sera

 

"Per la scuola italiana la legge di stabilità per il 2013 continua a fornire amare sorprese. Da un esame approfondito dell'ultimo provvedimento licenziato sotto il Governo Monti, si apprende infatti che dal 2014 i 10mila istituti scolastici italiani riceveranno i finanziamenti pubblici non più in base al numero di alunni e docenti, oltre che la complessità delle scuole, ma in proporzione ai risultati conseguiti: attraverso il comma 149 dell'art. 1, il Parlamento ha infatti deciso che 'a decorrere dal 2014 i risultati conseguiti dalle singole istituzioni sono presi in considerazione ai fini della distribuzione delle risorse per il funzionamento'". Lo afferma in una nota l'Anief.

"Ora, al di là del fatto che non si comprende quali 'risultati' dovranno conseguire le scuole, visto che il grado d'istruzione raggiunto dagli alunni non può essere legato solo alla bravura dei loro insegnanti e dei dirigenti a capo degli istituti, ma anche a diversi altri fattori - come il contesto familiare, sociale ed economico -, sorprende davvero che si continui ad introdurre 'paletti' al fine di perseverare nel taglio di quei finanziamenti per l'organizzazione e la manutenzione ordinaria delle scuole già oggi largamente insufficienti - aggiunge il sindacato -. Tanto è vero che sempre più spesso le scuole devono ricorrere ai finanziamenti facoltativi dei genitori degli alunni, sia per l'avvio di progetti complementari sia per la gestione ordinaria del funzionamento scolastico, come la fornitura di gessetti e carta igienica".

Secondo l'Anief "la norma legiferata a fine 2012 non è altro che il continuum di quanto prodotto dal legislatore durante l'ultimo esecutivo guidato da Silvio Berlusconi. In particolare, già la riforma Brunetta della Pubblica Amministrazione, il decreto 150/09, aveva attribuito carattere imperativo alle logiche "premiali". Nella fattispecie della scuola, l'ex ministro della Funzione Pubblica aveva agito da una parte attraverso l'annullamento degli scatti di anzianità e dall'altra concedendo i finanziamenti pubblici solo alle scuole ritenute più produttive".

"Ma se il sistema Brunetta ha cercato di introdurre il merito attraverso l'assegnazione dei fondi legandole alle prestazioni individuali e a quelle delle singole scuole, nell'ultimo anno il ministro Patroni Griffi ha abbandonato gli incentivi rivolti ai singoli lavoratori per puntare su quelli da assegnare alle scuole-aziende. Contemporaneamente, però, dallo stesso Governo la scuola ha anche subìto il taglio dei fondi rivolti agli istituti: per compensare la cancellazione delle 24 ore di insegnamento settimanali, attraverso la stessa legge di stabilità e per coprire l'una tantum destinata ai docenti per l'anno 2011", spiega ancora il sindacato.

Secondo Marcello Pacifico, presidente Anief, "siamo chiaramente di fronte a logiche inapplicabili al mondo della scuola: prima di tutto perché la scuola non è l'università - sostiene il sindacalista - , visto che la formazione obbligatoria rientra nei servizi pubblici. In secondo luogo, adottando un criterio di meritocrazia all'istruzione pubblica si finirà inevitabilmente per danneggiare le scuole collocate in territori difficili e svantaggiati. Privandole dei pochi fondi che permettono oggi ai docenti di attivare progetti che danno sostegno ad una formazione scolastica svolta in contesti difficili, lo Stato di fatto condannerà gli alunni più svantaggiati, e i loro docenti, ad un percorso di crescita ancora più in salita di quello che il destino gli ha riservato".

Fonte: Italpress

 

Nata nel 2008, l'associazione sindacale Anief 
ha fatto registrare performance e risultati sempre maggiori: le
 azioni, le proposte e i tanti ricorsi vinti nel 2012 hanno 
confermato i successi del giovane sindacato.

Questi alcuni dei
risultati ottenuti dai lavoratori grazie all'operato dell'Anief:
 conferma della collocazione dei precari nelle graduatorie a
"pettine" e non in "coda", boom di indennizzi a favore dei
 supplenti, assunzione in ruolo di 21mila docenti, passo indietro
 del governo sull'orario dei docenti delle secondaria a 24 ore,
 infrazione della Commisisone Ue all'Italia per l'abuso di
 precariato, migliaia di candidati esclusi dal Miur hanno potuto
 svolgere le prove preselettive del concorso a cattedra, 
cancellazione del dimensionamento scolastico e della conseguente 
sparizione di oltre 2.500 istituti.

"Questi dati - commenta il
 presidente dell'Anief, Marcello Pacifico - sono il frutto di chi,
in questo nostro nuovo sindacato, ha creduto fermamente e continua 
a credere nel valore sociale e politico di un'azione che, grazie 
alla fiducia e al contributo di migliaia di persone, diventa 
sempre più incisiva e rilevante nella vita del Paese. È ferma
 intenzione dell'Anief realizzare l'auspicio espresso dal
 Presidente della Repubblica nel discorso di fine settennato, in 
merito al ruolo di protagonista che la scuola finalmente è chiamata ad assumere, in termini di risorse e valorizzazione delle
professionalità". Per questi motivi, il sindacato si appresta a
vivere il 2013 come un punto di riferimento centrale per la tutela 
dei diritti dei lavoratori della scuola.

Fonte: Italpress

 

"Il governo Monti si conferma sino alla fine il governo degli annunci ad effetto e vuoti di contenuti: nel documento 'Un anno di governo', pubblicato da poche ore sul sito palazzo Chigi, viene fatto un lungo elenco di 'azioni di sostegno alla istruzione' che tuttavia non corrisponde, nemmeno in minima parte, a quanto effettivamente realizzato. L'Anief non può tollerare che la Scuola, martoriata fino all'ultimo con ulteriori tagli al Miglioramento dell'offerta formativa, introdotti con la legge di stabilità, e l'Università, a cui sono stati sottratti altri 300 milioni di euro, vengano illustrate alla pubblica opinione come dei settori rafforzati". È quanto si legge in una nota del sindacato.

"La realtà è purtroppo un'altra, visto che anche nell'ultimo anno sono stati considerati unicamente dei comparti della pubblica amministrazione su cui fare cassa - prosegue l'Anief -: come non ricordare, ad esempio, il maldestro tentativo degli ultimi mesi di portare a 24 ore settimanali l'orario dei docenti della scuola media e superiore? Oppure la balzana idea di avviare un referendum per tentare di abolire il valore legale del titolo di studio? Decisamente nera è anche la pagina aperta dal governo Monti sul concorso a cattedra, le cui prove preselettive si sono svolte il 17 e 18 dicembre. Invece di ammettere l'inopportunità di un concorso per nuovi docenti, a fronte di decine di migliaia di abilitati e con più di 36 mesi di servizio, il ministro dell'Istruzione ha infatti voluto avviare una inutile e anacronistica procedura selettiva".

"Escludendone, peraltro in modo del tutto immotivato, i giovani laureati e i docenti di ruolo (che però grazie all'intervento dell'Anief hanno invece potuto partecipare) - prosegue l'Anief -. Il governo ci dice, inoltre, che si è adoperato per 'promuovere una migliore scolarità in tutta la popolazione': ma come si può affermare questo, dal momento che proprio negli ultimi mesi si è portata a compimento la riduzione delle ore in tutti gli ordini scolastici e si è cercato in più occasioni di cancellare di un anno il percorso scolastico complessivo, proprio mentre tutti i Paesi più avanzati, su tutti Germania e Stati Uniti, puntano su un rafforzamento dell'istruzione pubblica? E pure sull'Università lo 'spartito' non cambia. Invece di incentivare il merito dei giovani emergenti, il governo ha dimenticato colpevolmente di avviare nuovi concorsi, fermi dal 2009, e di ripristinare la figura del ricercatore, al pari di quelle esistenti dedicate a professori associati e ordinari. Nulla è stato fatto per stabilizzare quelle migliaia di giovani dottori di ricerca che hanno passato questi ultimi anni tra aule e biblioteche da assegnisti di ricerca, docenti a contratto, cultori della materia. Tutte figure meritevoli e spesso artefici di pubblicazioni scientifiche di alto livello. Addirittura su quest'ultimo punto, anziché procedere nella direzione giusta, come anche indicato dall'Anvur, si è fatto in modo di far valere delle pubblicazioni universitarie davvero opinabili e di basso spessore scientifico".

"Non sono certamente questi i provvedimenti che ci aspettavamo da un governo di professori e di tecnici - commenta il presidente dell'Anief, Marcello Pacifico - che oltre ad aver collaborato al declino culturale e formativo in cui versa il paese, si ricorderà per non aver mai voluto avviare un reale confronto con le parti sociali e i sindacati. Nel settore dell'istruzione, quindi, l'esecutivo uscente avrebbe fatto bene a trovare altri argomenti per riassumere il proprio operato. Prendendo esempio dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che nel discorso di fine settennato - ha concluso Pacifico - ha insistito sulla necessità di far assumere alla scuola il ruolo di protagonista, in termini di risorse e valorizzazione delle professionalità".

Fonte: Italpress

Tuttoscuola dedica la lettera A del 2012 all'Anief nella rassegna consueta degli eventi dell'anno.

A - Anief

(dicembre) - Questo sindacato, che a dicembre celebra il suo primo congresso a quattro anni dalla fondazione, è il protagonista di una serie di azioni volte a spostare il baricentro dell'iniziativa sindacale dal classico terreno della lotta sociale (assemblee, scioperi, contrattazione) a quello delle controversie giurisdizionali in tutte le direzioni e a tutti i livelli.
Il successo ottenuto in non poche occasioni, a partire dall'inserimento a pettine dei precari in mobilità interprovinciale al ripescaggio di candidati esclusi nei concorsi o in altre operazioni amministrative, per arrivare all'applicazione ai precari italiani della normativa europea sull'assunzione a tempo indeterminato dopo tre anni, costringe gli altri sindacati a inseguire l'Anief su questo terreno, sul quale peraltro il sindacato fondato e guidato da Marcello Pacifico si muove con grande sicurezza. Non così sul terreno elettorale, come mostra il modesto risultato ottenuto dall'Anief nelle elezioni per le RSU.

Fonte: Tuttoscuola

"Per la scuola italiana il 2012 si chiude nell'illegalità: il governo Monti ha infatti deciso all'ultimo momento di annullare i decreti di rideterminazione della rete scolastica, in particolare il c. 4, art. 19, della Legge 111/11, attraverso cui l'ultimo governo Berlusconi aveva illegittimamente deciso, senza l'indispensabile parere della Conferenza Stato-Regioni, di sopprimere dall'anno scolastico in corso ben 2.611 istituti pubblici".

È quanto si legge in una nota dell'Anief che ritiene "ingiustificabile che l'esecutivo uscente abbia deciso di non dare seguito alla sentenza n. 147/12 della Consulta, che nel giugno scorso ha cancellato la norma unilaterale sul dimensionamento scolastico".

"Quanto accaduto - aggiunge – è ancora più grave, dal momento che il governo è di fatto ritornato sui propri passi, stralciando quanto riportato nel disegno di legge di stabilità (n. 5534) presentato ad ottobre dallo stesso governo: il comma 36 dell'art. 1, infatti, prendeva atto della decisione della Corte costituzionale e preannunciava una nuova intesa Stato-Regioni per l'attuazione di un nuovo dimensionamento in base al numero di 900 alunni per le scuole di ogni ordine e grado, precisando che valeva soltanto per l'a.s. 2012/13 quanto previsto dal c. 5, art. 19 dalla stessa L. 111/11 per le scuole superiori dove, peraltro, doveva essere disciplinata la reggenza e non la soppressione indebita di 236 scuole superiori".

"Ora con la stralcio del comma dalla legge n. 228 del 24 dicembre 2012, l'Anief - prosegue la nota - torna alla carica. Dopo la denuncia fatta alla stampa lo scorso giugno, subito dopo la sentenza della Consulta, e di fronte all'illegittima organizzazione delle scuole autonome nel territorio, ricorda che sono 2.611 le scuole soppresse illegittimamente nell'a.s. 2012/13: metà di esse (1.404) sono scuole dell'infanzia, primarie e circoli didattici, 2.375 nel primo ciclo di istruzione, 39 istituti professionali, 174 istituti tecnici e 23 licei. Quasi la metà dei tagli al Sud in Campania, Sicilia, Puglia e Calabria, anche il Lazio a quota meno 300 istituti.

Con il 2013 alle porte, l'Anief ha così deciso di scrivere a tutti i presidenti delle Regioni e agli assessori italiani competenti, per chiedere loro un incontro urgente con i propri referenti regionali, al fine di sapere quando saranno annullati i recenti decreti di rideterminazione della rete scolastica. È indicativo, a tal proposito, che persino, l'ARAN, sempre dopo un'articolata denuncia dell'Anief, sia intervenuto sulla questione il 22 novembre 2012, chiarendo che le RSU elette lo scorso marzo nelle scuole dimensionate rimarranno in carica per tutto il loro mandato, viste le novità normative previste proprio nel disegno di legge di stabilità (n. 5534) presentato ad ottobre dal Governo".

"Il momento è particolarmente delicato - spiega Marcello Pacifico, presidente nazionale dell'Anief e delegato Confedir alla scuola - perché dal 21 gennaio al 28 febbraio prossimi si riaprono le preiscrizioni degli studenti alle classi prime delle scuole primarie e secondarie di primo e secondo grado proprio per l'anno scolastico 2013/2014. Se la scuola rimarrà nell'illegalità, sarà necessario ripercorrere quella via giudiziaria il cui iter era stato sospeso lo scorso autunno in virtu' delle nuove regole che sembrava dovessero essere approvate".

"Bisogna ricordare, infatti, che a seguito di questo illegittimo dimensionamento - continua il sindacalista Anief-Confedir – sono saltate anche numerose direzioni-presidenze e sono stati dichiarati in esubero diversi direttori di servizi generali e ammnistrativi, mentre sono state sconvolte le graduatorie interne d'istituto e sono stati cancellati più di mille posti in organico Ata".

Secondo Pacifico non può passare inoltre inosservato il fatto "che la metà dei tagli riguardi proprio quel primo ciclo di istruzione che è stato già ferito dalla riforma Gelmini conl'introduzione del maestro unico, la cancellazione dell'insegnante specialista di lingua inglese, la riduzione dell'orario di lezione e del tempo pieno e prolungato: non e' un caso se nell'ultimo rapporto i nostri studenti delle scuole materne ed elementari da primi si sono ritrovati al fondo delle classifiche internazionali".

Fonte: Italpress

Anche se stavolta non sono arrivati altri tagli agli organici, dopo quelli draconiani degli ultimi sei anni, l'ultimo atto della legislatura e del Governo Monti ha rifilato alla scuola e all'università italiana un'altra brutta "spallata".

Lo sostiene l'Anief secondo cui attraverso la legge di stabilità si è provveduto ad applicare un ulteriore taglio del "fondo di istituto" di altri 47,5 milioni: per ogni scuola il taglio complessivo per finanziare progetti, ripetizioni agli studenti in difficoltà, visite didattiche e tutto quello che riguarda le attività a completamento della didattica si tradurrà quindi in una mancata assegnazione pari a 40-50mila euro.

Secondo Marcello Pacifico, presidente dell'Anief e delegato Confedir per la Scuola, "con l'attuazione di questi provvedimenti peggiorativi, si mette a serio rischio il regolare funzionamento dell'istruzione pubblica italiana. La decurtazione del trattamento accessorio riservato al Fis, altra contropartita per la cancellazione dell'inaudita norma sull'introduzione delle 24 ore di insegnamento settimanale dei docenti di scuola media e superiore, comporterà un ulteriore ridimensionamento delle attività funzionali al Piano dell'offerta formativa, approvate della scuole autonome ad inizio anno".

"Forte delusione - aggiunge Pacifico - c'è poi per la mancata approvazione dell'emendamento che avrebbe reso giustizia a più di 3mila docenti e Ata che lo scorso anno scolastico, avendo raggiunto la fatidica quota 96 tra periodo di servizio svolto ed età anagrafica, avevano presentato regolare domanda di pensionamento, salvo vedersela respinta a seguito di una riforma che non ha tenuto conto dei loro diritti acquisiti. Per non parlare dei 300 milioni di euro sottratti all'Università pubblica, che costringeranno gli atenei a non finanziare i servizi per gli studenti e metteranno in pericoli gli stipendi di professori, ricercatori e personale. Persino sul precariato questo Governo non poteva fare peggio: invece di assumere i precari che hanno svolto più di 36 mesi di servizio, ha ottenuto con il consenso dei sindacati la proroga dei contratti in scadenza, attuando un accordo in palese contraddizione con la normativa comunitaria. Se si voleva lasciare un messaggio al Paese - conclude il rappresentante Anief-Confedir -, con questi provvedimenti si è solamente confermata la scarsa attenzione che da troppo anni lo Stato italiano presta per l'istruzione e la cultura dei suoi cittadini".

Fonte: Italpress

 

"Quando l'UE apre una procedura d'infrazione per tutelare i nostri ovini, subito, il legislatore interviene, quando ne apre una sui precari della scuola, invece, emana norme in deroga per abusare dei contratti a termine, senza pensare alla conseguenze esistenziali di tale scelte nella vita degli assunti e sanzionatorie a carico di tutta la comunità".

Così in una nota l'Anief-Confedir, che chiede l'accesso agli atti su tutte le procedure d'infrazione attivate nello scorso trimestre contro lo Stato italiano e annuncia ricorso ai Tribunali.

Fonte: Italpress

 

Sottratti dal Fis altri 47,5 milioni, ridotti ancora i permessi sindacali e la portata di alcuni progetti nazionali. Per i sindacati è poi grave che nella versione approvata manchino alcuni emendamenti. Come quelli sui ‘quota 96’ e sullo stop al dimensionamento. E agli atenei non arriveranno 300 milioni: per la Flc-Cgil 30 rischiano di chiudere.

Per diverse settimane, a cavallo tra ottobre e novembre, si è parlato ininterrottamente di legge di stabilità. Poi, venuto meno, a furor di popolo, l’emendamento che avrebbe portato a costo zero l’orario settimanale da 18 a 24 ore, il mondo della scuola è tornata a disinteressarsi di quella che una volta era più semplicemente chiamata “finanziaria”. Al punto che l’approvazione definitiva, arrivata la sera del 21 dicembre, è stata quasi ignorata.

Eppure qualche provvedimento riguardante la scuola c’è. Ad iniziare da un ulteriore sforbiciata, “a decorrere dall’anno 2013” (dopo quella triennale prevista all’Aran per recuperare gli scatti d’anzianità) al taglio delle “competenze accessorie” allocate nel Fondo d’Istituto, pari a 47,5 milioni di euro. C’è poi, dopo il quasi dimezzamento operato dalla riforma Brunetta della Pa, un’altra riduzione dei distacchi e dei permessi per motivi sindacali. Per i comandi c’è una novità importante: potranno essere autorizzati “solo con oneri a carica dell’amministrazione richiedente”. In arrivo anche il ridimensionamento dei progetti Smart city, nonché dei fondi Frist e Trin.

Ai sindacati la manovra conclusiva del Governo Monti non è proprio piaciuta. Ad iniziare dall’Anief, secondo cui “si continuano a tagliare fondi importanti all’istruzione pubblica, in controtendenza con quanto avviene nei paesi più sviluppati”. Per l’organizzazione di Marcello Pacifico, l’ulteriore riduzione del Fis comporterà, alla resa dei conti, “per ogni scuola il taglio complessivo per finanziare progetti, ripetizioni agli studenti in difficoltà, visite didattiche e tutto quello che riguarda le attività a completamento della didattica”, per una “mancata assegnazione pari a 40-50mila euro” ad istituto.

L’Anief ha inoltre ricordato alcuni dei mancati provvedimenti. Sempre con al centro la scuola. Il primo riguarda , l’emendamento per i ‘quota 96’, che avrebbe permesso al personale della scuola che aveva fatto domanda di pensionamento di lasciare il servizio usufruendo delle norme precedenti alla riforma Fornero. “Di questa deroga, però, non c’è traccia. Come si è dissolto nel nulla – sottolinea il sindacato autonomo - l’emendamento che avrebbe dovuto cancellare la soppressione di 2mila istituti, ritenuta la scorsa estate incostituzionale dalla Consulta attraverso una sentenza inequivocabile”.

Secondo Marcello Pacifico, presidente dell’Anief e delegato Confedir per la Scuola, “con l’attuazione di questi provvedimenti peggiorativi si mette a serio rischio il regolare funzionamento dell’istruzione pubblica italiana. La decurtazione del trattamento accessorio riservato al Fis, altra contropartita per la cancellazione dell’inaudita norma sull’introduzione delle 24 ore di insegnamento settimanale dei docenti di scuola media e superiore, comporterà un ulteriore ridimensionamento delle attività funzionali al Piano dell’offerta formativa”.

A far alzare la voce dei sindacati è anche il mancato stanziamento di 300 milioni per il fondo di finanziamento ordinario delle università: quello che lo stesso ministro Profumo non ha esitato a definire come “un errore strategico che pregiudica il funzionamento dell'intero sistema della formazione superiore”.

Per il segretario generale della Flc-Cgil questa mancata operazione porterà “al rischio di fallimento di 30 atenei e gli altri non potranno garantire più una qualità formativa adeguata.Il fondo ordinario dopo, i tagli epocali della Gelmini, non garantisce nemmeno la copertura delle spese di funzionamento con l'inevitabile conseguenza di ridurre la ricerca e i servizi agli studenti. Le tasse universitarie saranno ulteriormente aumentate e tutto questo provocherà la diminuzione delle iscrizioni”. Secondo Pantaleo, inoltre, “sono stati ridotti 300 milioni al fondo ordinario 2013 ma sono stati distribuiti soldi a pioggia per accontentare lobby e microinteressi dai quali evidentemente Monti e i suoi Ministri pensano di ricavare qualche beneficio elettorale”.

Fonte: Tecnica della Scuola

Tra assenti alle preselettive e non idonei se ne contano già 240mila: i tre quarti dei candidati iniziali! Ora però anche i laureati prima del 2002-2004, pur avendo ottenuto da 35 punti in su, se non hanno fatto ricorso al Tar riceveranno nei prossimi giorni la notifica di esclusione. A meno che non facciano ora ricorso straordinario al Presidente della Repubblica.

La selezione per il concorso a cattedra si è rivelata più spietata del previsto: a seguito dei risultati delle prove preselettive sono rimasti esclusi, infatti, 175.815 dei 264.423 che hanno svolto la verifica. Se a questi aggiungiamo i 63.375 che non si sono presentati, il numero di candidati che non potranno svolgere le prove scritte, in programma a gennaio, sfiora quota 240mila. Considerando i 327.798 aspiranti docenti che hanno fatto domanda, le preselettive sono sicuramente servite a centrare lo scopo iniziale: tenere lontani dalle prove vere e proprie ben tre candidati su quattro iniziali.

Più di qualcuno ha detto che si è esagerato, proponendo dei test preselettivi davvero ostici. Il ministro Profumo ha invece parlato, riferendosi all’ausilio della rete informatica per realizzare le verifiche, di “primo passo verso la modernizzazione” e di modalità da esportare anche in altri settori delle pubblica amministrazione, visto che “chi ha studiato ha ottenuto ottimi risultati”.

Impossibile capire chi ha ragione. Di sicuro, però, la selezione non è certamente finita. Dalle risultanze delle prove successive dovranno infatti scaturire gli 11.542 vincitori. Che significa escludere ancora più o meno un candidato ogni otto ammessi. O forse anche meno. Visto che gli Usr nei giorni a cavallo delle festività natalizie avranno il compito di verificare i titoli di accesso. E poiché, a quanto sembra, vi sono diversi candidati che hanno svolto le prove pur avendo superato la soglia, posta dal Miur tra il 2002 ed il 2004, che intendeva discernere i titoli utili all’accesso al concorso da quelli ritenuti non utili, c’è da aspettarsi che il numero di esclusi possa anche crescere.

Questa possibilità è stata messa in evidenza in queste ore dall’Anief: il sindacato autonomo, dopo aver deciso da qualche giorno di difendere il diritto a proseguire le prove per coloro che hanno conseguito un punteggio tra 30-34,5/50, stavolta annuncia di voler tutelare i diritti dei “moltissimi” candidati prof che hanno partecipato con successo alle preselettive, pur essendosi laureati prima della fatidica soglia. L’Anief ricorda che tutti quelli che sono approdati alle preselettive in questa situazione senza fare ricorso al Tar del Lazio, è praticamente scontato “che riceveranno nei prossimi giorni la notifica di esclusione”.

Su di loro “pende adesso la spada di Damocle dell’esclusione per mancanza dei requisiti d’accesso previsti. Per evitare la loro esclusione, Anief riapre i termini di adesione proponendo un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica (i cui termini di scadenza sono di 120 giorni dall’emanazione del bando), al fine di consentire a questi candidati di poter prendere parte alle prove scritte”.

Fonte: Tecnica della Scuola

 

Qualche giorno fa i Precari Uniti contro i Tagli hanno scritto al capo dipartimento, Lucrezia Stellacci, come indicato dal ministro Profumo, per avere lumi su delle affermazioni dello stesso responsabile del Miur. Tra cui quella che il concorso a cattedra sarebbe stato bandito solo nelle classi di concorso e regioni prive di abilitati. La risposta: sono fuori sede fino al 7 gennaio, inviate un’e-mail.

“Sono fuori sede fino al 7 gennaio 2013. Le richieste di informazioni inerenti il concorso e le immissioni in ruolo degli ATA dovranno essere inviate all'indirizzo: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.”. È un risposta sintetica quella fornita dalla dottoressa Lucreazia Stellacci, capo dipartimento del Miur, al gruppo di docenti "Precari Uniti contro i Tagli" che nei giorni scorsi avevano aderito all’invito del ministro Profumo – espresso durante la video chat andata in onda al TG1 20 dicembre - di inviare proprio all’alto dirigente del Miur eventuali richieste sulle mancate immissioni in ruolo del personale Ata.
Il rinvio della Stellacci, che di fatto procrastina il chiarimento a dopo le festività natalizie, non piacerà ai precari. I quali nella lettera sottolineavano scarsa considerazione per delle recenti dichiarazioni di Profumo. E facevano intendere di avere una certa fretta nel conoscere come stanno effettivamente le cose.

“Il Ministro afferma erroneamente per ben due volte – hanno scritto i Precari Uniti contro i Tagli - che al concorso inizialmente non erano stati ammessi i non abilitati, ma che questi hanno potuto partecipare alla preselezione grazie ad un ricorso. Successivamente afferma anche, sempre erroneamente, che il concorso è stato bandito solo in classi di concorso e regioni in cui non sono presenti abilitati (cioè in c.d.c. esaurite). Da dove nascono affermazioni simili? Dall'ignoranza del Ministro oppure da una strumentalizzazione dei media? E' stato dichiarato il falso e Lei lo sa bene quanto noi precari”.

I precari ricordano che il concorso “è stato bandito su classi di concorso in Regioni in cui risultano esuberi: Campania, Sicilia, Calabria, Sardegna, Puglia. Regioni che sono state a suo tempo già abbondantemente massacrate dai tagli, le cui graduatorie ad esaurimento sono infinite, inesauribili; ci sono addirittura ancora le graduatorie di merito (del concorso del '99 e in alcuni casi anche del '90) e gli esuberi dei docenti di ruolo. E il concorso era aperto ai non abilitati di tutte queste c.d.c., come risulta dal bando. Perché – chiedono pubblicamente - dire il falso, perché affermare il contrario quando esistono dati e tabelle da voi stessi pubblicati?”.

Nella lettera, i precari si rivolgono quindi all’ex responsabile dell’Usr della Puglia con toni decisi. “Ci illumini, Dott.ssa Stellacci perché altrimenti non capiamo come mai ci siano così tanti insegnanti precari della scuola in attesa di stabilizzazione. I dati sulle graduatorie e sui posti messi in bando dal concorso sono accessibili da chiunque, non sono segrete ma pubbliche, vogliamo mettere a confronto tali dati? Vogliamo dare una smentita a ciò che il ministro Profumo ha asserito con tanto candore?”.

E ancora: “Indignati? Offesi? Sì!”. Prima di chiudere, i precari, “in nome della trasparenza”, hanno anche chiesto che siano rese pubbliche, “in tempi brevi, le effettive disponibilità per Provincia e non per Regione” del concorso a cattedra.

Nessuna risposta, almeno sino all’Epifania, nemmeno per quanto riguarda i tempi di assunzione dei circa 5.400 precari Ata che attendono dalla scorsa estate e per i quali nelle ultime settimane hanno fatto pressioni anche i sindacati della scuola, in particolare la Flc-Cgil e l’Anief.

Fonte: Tecnica della Scuola

 

Udu, Uds e Rete della Conoscenza ritengono grave che nel 2010 gli studenti che hanno conseguito la laurea siano calati di 3.700 unità. E che si siano ridotte le iscrizioni alla scuola superiore: colpa dell'aumento dei costi per i contributi volontari, vere e proprie tasse obbligatorie. Intanto l’Anief ricorda: un basso tasso di scolarizzazione è quasi sempre l’anticamera dell’emarginazione sociale.

I dati diffusi dall’Istat nell’Annuario Statistico 2012 non piacciono proprio agli studenti. Secondo Michele Orezzi, coordinatore dell’UdU, siamo di fronte a “solo l’ennesima dimostrazione della profonda crisi che denunciamo da tempo. Il calo delle immatricolazioni che ci portiamo avanti dal 2004 continua e nell’ultimo anno si è registrato un calo, proprio per le immatricolazioni, del 2,2%. Nel 2010 gli studenti che hanno conseguito la laurea sono calati di 3.700 unità. Il rapporto tra immatricolati all’università e studenti diplomati, ovvero il rapporto tra gli studenti usciti dalle scuole superiori e quelli che si iscrivono all’università, cala ancora raggiungendo il 61,3 %, due punti in meno dell’anno precedente.”

Continua Orezzi: “Gli obiettivi Europei ci chiedono di ridurre la dispersione scolastica e di aumentare il numero di laureati. Non è vero né che abbiamo troppe università né che abbiamo troppi laureati. Solo un piccolo gruppo di ideologi che non guardano alla realtà sostiene oggi queste assurde tesi”.

L’Unione degli Universitari ha già denunciato da tempo anche il pesante aumento delle tasse universitarie, le terze più alte in Europa, e i drastici tagli imposti al sistema di Diritto allo Studio Universitario, già sotto finanziato. “Serve una risposta – ha detto Orezzi - per i 46 mila studenti capaci e meritevoli ma privi di mezzi che non ricevono la borsa di studio per mancanza di fondi, serve una risposta al continuo aumento della tassazione studentesca”.

Sotto accusa, infine, il dato allarmante sul calo delle immatricolazioni. E quello sul calo del rapporto tra gli studenti diplomati che entrano nel mondo universitario.

Ma anche che non entrano nel mondo del lavoro (un under 35 su tre). O che nemmeno si iscrivono al biennio delle superiori. "I dati del 2011 - ha detto Roberto Campanelli, coordinatore nazionale dell'Unione degli Studenti - mostrano come calino anche le iscrizioni alla scuola superiore: un dato che deriva dall'aumento dei costi per i contributi volontari che troppo spesso sono vere e proprie tasse obbligatorie, esattamente come dei tagli sui servizi e delle difficoltà che sempre più famiglie incontrano per l'acquisto di libri o per pagare le ripetizioni. Per questo crediamo sia indispensabile investire realmente nella scuola pubblica, evitando la dispersione e permettendo agli studenti e alle studentesse di avere una loro autonomia sociale rispetto alla propria famiglia"

Sulla stessa lunghezza d’onda si posizione Federico Del Giudice, portavoce nazionale della Rete della Conoscenza: "Riteniamo drammatici questi dati: dimostrano infatti che la situazione della nostra generazione è estremamente difficile”. Basta dire che “il lieve aumento dell'occupazione nell'ultimo anno non ha minimamente toccato gli under 35".

Ma non sono stati solo i rappresentanti degli studenti ad aver mostrato preoccupazione per il rapporto annuale dell’Istat. Secondo l’Anief, ciò conferma che in Italia il quadro non è solo stagnante, ma sta peggiorando di anno in anno. Per il presidente dell’Anief, Marcello Pacifico, “è impossibile negare il nesso logico che si è venuto a determinare tra la sempre più modesta considerazione sociale verso l’istruzione superiore-universitaria e lo scarso investimento dei Governi degli ultimi anni nei confronti dell’istruzione. È un dato emblematico. Perché uno Stato che non investe nella scuola, non si capisce perché dovrebbe investire nelle famiglie”.

Ma l’Istat ci dice anche che la disoccupazione sta anche diventando sempre più di tipo intellettuale: i laureati tra i 25 e i 29 anni che non lavorano sono infatti il 16 per cento, mentre i diplomati della stessa fascia d’età privi di occupazione si fermano al 12,6 per cento. “È un altro dato su cui bisognerebbe far riflettere i nostri parlamentari – sostiene Pacifico – perché mentre in Italia non valorizziamo coloro che conseguono i titoli di studio più elevati, mettendo anche ciclicamente in discussione il loro valore legale, nei Paesi europei più sviluppati avviene esattamente l’opposto. Con incentivi sia sul fronte della formazione, sia in fase di spendibilità del diploma. Questi Paesi sanno bene che un basso tasso di scolarizzazione è quasi sempre l’anticamera dell’emarginazione sociale”.

Anche la volontà espressa dal Miur di chiudere il concorso a cattedra ai laureati degli ultimi dieci anni è davvero un brutto segnale: “in questo modo – ha concluso il leader dell’Anief – il Miur ha letteralmente tarpato le ali di centinaia di migliaia di giovani che hanno investito nello studio. E a cui si dice, senza nemmeno il supporto di una norma, che si devono accomodare in sala di attesa”.

Fonte: Tecnica della Scuola

 

I dati Istat 2011 su lavoro e istruzione, resi pubblici nelle ultime ore, sono davvero preoccupanti: dimostrano che in Italia il quadro non è solo stagnante, ma sta peggiorando di anno in anno. Ormai un giovane ogni tre con meno di 35 anni è privo di occupazione. E comincia a subentrare la sfiducia nella formazione superiore e specialistica: si riduce, infatti, il numero di iscrizioni alle scuole medie di secondo grado e di immatricolazioni all'università.

Secondo il presidente dell'Anief, Marcello Pacifico, "è impossibile negare il nesso logico che si è venuto a determinare tra la sempre più modesta considerazione sociale verso l'istruzione superiore-universitaria e lo scarso investimento dei Governi degli ultimi anni nei confronti dell'istruzione pubblica e universitaria. È un dato emblematico. Perché uno Stato che non investe nella scuola, non si capisce perché dovrebbe investire nelle famiglie".

"Ma l'Istat ci dice anche che la disoccupazione sta anche diventando sempre più di tipo intellettuale - sottolinea l'Anief -: i laureati tra i 25 e i 29 anni che non lavorano sono infatti il 16 per cento, mentre i diplomati della stessa fascia d'età privi di occupazione si fermano al 12,6 per cento".

" È un altro dato su cui bisognerebbe far riflettere i nostri parlamentari - sostiene Pacifico - perché mentre in Italia non valorizziamo coloro che conseguono i titoli di studio più elevati, mettendo anche ciclicamente in discussione il loro valore legale, nei Paesi europei più sviluppati avviene esattamente l'opposto. Con incentivi sia sul fronte della formazione, sia in fase di spendibilità del diploma. Questi Paesi sanno bene che un basso tasso di scolarizzazione e' quasi sempre l'anticamera dell'emarginazione sociale".

"Anche le scelte scellerate del Ministero dell'Istruzione di chiudere il concorso a cattedra ai laureati degli ultimi dieci anni è davvero un brutto segnale. In questo modo - continua il presidente dell'Anief - il Miur ha letteralmente tarpato le ali a centinaia di migliaia di giovani che hanno investito nello studio. 

E a cui si dice, senza nemmeno il supporto di una norma, che si devono accomodare in sala di attesa. E che dire, passando al livello universitario, della cancellazione della preziosa figura del ricercatore? Oppure della maggiore valutazione, in fase concorsuale per diventare docenti accademici, delle ricerche numericamente maggiori e non di quelle di alto spessore qualitativo? È questa la nuova linea del merito?".

Fonte: Italpress

 

Si avvia a conclusione lo svolgimento delle prove preselettive per l'accesso al concorso a cattedra, che consentirà di selezionare 11.542 docenti da assegnare a tutti i livelli scolastici. Dai primi dati, la media dei candidati che sono riusciti a superare la prova sembra attestarsi intorno al 30%. "Molti candidati si sono lamentati perché numerosi quesiti a cui hanno dovuto rispondere erano troppo generici, cervellotici e non certo indicati a selezionare dei futuri insegnanti – afferma l'Anief in una nota -. Con il risultato che migliaia di laureati, anche con il massimo dei voti e dopo aver conseguito master e dottorati, si sono ritrovati incredibilmente esclusi".

Secondo l'ufficio studi dell'Anief "siamo di fronte ad una selezione iniziale impropria: il criterio adottato dal Ministero dell'Istruzione è stato, evidentemente, quello di sfoltire il più possibile il futuro lavoro delle commissioni insediate dagli Uffici Scolastici Regionali per valutare la preparazione e le capacità degli oltre 320mila aspiranti docenti. Ponendo loro dei quesiti più adatti ad appassionati di enigmistica che a dei futuri professionisti dell'insegnamento".

"Ma anche scegliendo di collocare la soglia minima per passare alle prove selettive a 35/50: una soglia che va ben oltre, in proporzione, ai 6/10 previsti dal Decreto Legislativo 297/94 che costituisce, sino a prova contraria, il principale riferimento normativo per la selezione dei docenti nella scuola pubblica", prosegue il sindaco.

"L'Anief ha deciso di farsi portavoce di queste contraddizioni - spiega Marcello Pacifico, presidente del sindacato -, in particolare del fatto che il Miur avrebbe dovuto ridurre la soglia minima di accesso a 30/50. Tutti coloro che hanno dunque conseguito tra 30 e 34 punti non si rassegnino, perché tramite la nostra assistenza potranno rivolgersi al Tribunale amministrativo regionale e chiedere il rispetto delle norme vigenti. L'obiettivo, ovviamente, e' quello di accedere direttamente alle prove disciplinari scritte, il cui calendario verrà pubblicato il prossimo 15 gennaio".

"Il Miur si dovrà ricredere: alzare troppo l'asticella del punteggio minimo non è stata una scelta saggia. Il Ministero ha in questo modo inibito il diritto dei candidati a una valutazione equa del loro merito, ovvero di conoscenze e competenze acquisite, utile per accedere alle prove successive", conclude il presidente dell'Anief.

Fonte: Italpress

 

La Commissione Europea ha aperto una procedura di infrazione nei confronti dell'Italia per la reiterazione illegittima dei contratti a termine. Gli atti però sono stati segretati.

“Sono due le cose che ho fatto finora – spiega Tonino Russo, deputato Pd in Commissione cultura - innanzitutto ho chiesto gli atti all'Unione Europea, per capire quali fossero le ragioni dell'attivazione della procedura di infrazione, richiesta negata con la spiegazione che gli atti non saranno divulgati ai singoli parlamentari ma solo alle istituzioni. Fatto gravissimo di cui ho chiesto conto sia al Miur che a Manuela Ghizzoni, in qualità di presidente della Commissione cultura. Abbiamo poi domandato di avere accesso alla relazione dell'ufficio Massimario della Cassazione prodotta proprio per la Commissione Europea per documentare la vicenda del precariato. E siamo convinti che il motivo della segretazione degli atti sia proprio questa relazione”.

“Come Anief - aggiunge marcello Pacifico, presidente di Anief - abbiamo presentato una denuncia a Bruxelles per la reiterata violazione dell'Italia ed entro un mese i giudici decideranno se ci sono gli estremi per procedere contro lo Stato italiano. Dopodiché avranno un anno di tempo per verificare se quanto denunciato corrisponde al vero (cioè se l'Italia viola la direttiva europea). Lo Stato a quel punto è tenuto a rispondere nel merito della questione e se la violazione è accertata si procede con la messa in mora, cioè il pagamento di una di una sanzione che può arrivare fino a 8 milioni di euro, sanzione che poi darebbe indirettamente ragione a tutti i precari che hanno presentato ricorso nei tribunali italiani”.

Inoltre non è il primo richiamo che l'italia riceve: “Questa – contina Pacifico - è la terza procedura di infrazione aperta nei confronti dell'Italia a causa della reiterazione dei contratti a termini (sia per quanto riguarda il personale Ata che per i docenti)”

Per quanto riguarda però il riconoscimento del diritto alla stabilizzazione dei precari la situazione rimane confusa: “La parola 'fine' a questa questione deve essere messa da Bruxelles – spiega il presidente di Anief - , visto che si tratta del rispetto di una direttiva europea. Al momento invece la posizione dei giudici italiani non è scontata: dall'aprile scorso l'Avvocatura dello Stato tende invece consigliare agli avvocati di ostacolare chi chiede l'applicazione della sentenza di Strasburgo. D'altra parte lo Stato italiano non può delegare la regolamentazione della materia alla direttiva europea, ma deve piuttosto assicurarsi che le nostre leggi e la loro applicazione non siano in contrasto. Serve oggi una risposta chiara che a questo punto può essere data solo se un giudice italiano decide di sollevare la questione alla Corte europea”.

Probabilmente inoltre gli atti sono stati segretati anche per questo motivo: “Se venisse fuori che la Cassazione nella sua relazione presentata alla Commissione dà credito all'illegittimità della reiterazione dei contratti sarebbe in contraddizione con se stessa”,un fatto comunque “assurdo visto che l'Ue prevede la trasparenza degli atti”.

E dire che tutta la questione si basa su un illogicità di fondo, come chiarisce Russo: “ Pur di risparmiare sui diritti delle persone, le istituzioni finiranno per sborsare più soldi in risarcimenti e spese legali di quanto costerebbe stabilizzare i precari.”. Infatti, continua il deputato, “con il blocco degli scatti di anzianità attualmente un docente precario tra stipendio e disoccupazione costa allo Stato 30mila euro all'anno, contro i 29.500 di un indeterminato, stando a uno studio della Cgil. Questa situazione è il frutto di anni di politiche irresponsabili: tra le amministrazioni dello Stato il Miur è quella che ha il numero più alto di contenziosi aperti, eppure ci sono 100mila posti vacanti che potrebbero essere utilizzati per una stabilizzazione a scaglioni a costo zero. Come si può parlare di concorso, che pure di per sé è uno strumento valido, in una situazione del genere?”
E conclude: “La prossima legislatura dovrà necessariamente fare i conti con questa situazione: c'è bisogno di una forte discontinuità con l'atteggiamento attuale. Servono riforme pensate sul lungo medio-termine e avviare un serio tavolo di confronto per mettere fine al precariato. In ogni caso siamo convinti che alla fine la legge prevarrà”

Fiducioso anche Pacifico, pur premettendo che la strada è ancora lunga: “Il problema è che il ricorso deve essere fatto entro 10 anni, ma si tratta di una battaglia giuridica per il diritto al lavoro che siamo convinti nel lungo termine ci darà ragione (sia per quanto riguarda la stabilizzazione che il risarcimento)”.

Fonte: Orizzonte Scuola