Ancora una volta le tesi sostenute dall'ufficio legale Anief trovano consenso presso il tribunale amministrativo. Il sindacato plaude alla nuova pronuncia dei giudici in un contenzioso seriale nel merito che vede impegnato da anni per far riconoscere il servizio svolto dagli educatori come quello dei docenti della scuola di primo grado, come del resto già scritto nel contratto in termini giuridici. Ecco perché il presidente nazionale Anief, Marcello Pacifico, ha annunciato i prossimi ricorsi sul nuovo concorso: “Questa sentenza ci conferma che purtroppo il diritto in Italia troppe volte continua a passare per i tribunali, piuttosto che per le decisioni del legislatore e dell’amministrazione centrale. Ecco perché Anief ha deciso di impugnare l’imminente bando del concorso ordinario, per circa 17 mila posti, sempre per la scuola dell’infanzia e primaria, oltre che l’esiguità dei posti, anche per la mancata valutazione del servizio tra i titoli, per il calcolo errato degli ammessi agli scritti dopo l'eventuale preselettiva e per il limite del 10% degli idonei già impugnato negli altri bandi di concorso.
Il personale educatore della scuola ha pieno diritto a partecipare al concorso per la scuola dell’infanzia e primaria, sia su posto comune che su sostegno: Anief lo sostiene da tempo. Ora lo dice anche il Tar del Lazio che con la sentenza n. 9474/2019 ha dato il via libera alla partecipazione degli educatori interessati di partecipare alle sessioni suppletive. Gli educatori, del resto, sono a tutti gli effetti dei maestri della scuola primaria e non si comprende il motivo per il quale, anche se già di ruolo, debbano essere esclusi dai pubblici concorsi che li interessano.
LA POSIZIONE DEL PRESIDENTE ANIEF
“Siamo sempre stati convinti – commenta Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief – della bontà della nostra tesi, ovvero che il personale educativo può certamente partecipare alle stesse procedure concorsuali alle quali sono ammessi i colleghi maestri del primo ciclo. Negare questo presupposto, significa discriminare questa categoria di lavoratori, che operano nei convitti nazionali pubblici in qualità di docenti a tutti gli effetti. Tra l’altro, si tratta di un numero non altissimo di dipendenti: pertanto, i risparmi per l’erario che deriverebbero dalla loro esclusione sarebbero davvero limitati. Un motivo in più per presupporre che l’amministrazione agisce non solo per limitare le spese dello Stato, spesso sulla pelle dei lavoratori e degli studenti, ma anche in modo sempre più superficiale e pressappochista”.
LA PREPARAZIONE AL CONCORSO
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