Sulla regionalizzazione non si scherza: il no è categorico. Anche il neo ministro dell’Istruzione sostiene che “l’autonomia nella scuola non si fa”. Immediata la reazione stizzita del presidente della Regione del Veneto, Luca Zaia, secondo il quale “prima di parlare di no all’autonomia nel settore della scuola, il Ministro Fioramonti si legga la proposta del Veneto. Evidentemente non l’ha ancora fatto”. Gli fa eco il presidente della Lombardia Attilio Fontana, il quale si dice pronto ad una legge regionale per garantire la continuità didattica dei docenti sul territorio. E per farlo torna a parlare delle espressioni in merito della Corte Costituzionale: peccato che siano tutte di tenore negativo.
Marcello Pacifico (Anief): “Sino a prova contraria, la sentenza n. 242/2011 della Corte Costituzionale non ha avallato la regionalizzazione, ma ha palesemente respinto le proposte prodotte dalla provincia autonoma di Trento. Per i giudici, infatti, non si possono accettare inquadramenti contrattuali e stipendi diversificati. Come, di conseguenza, non è possibile avere scuole con offerte formative diversificate. Il resto sono solo slogan. Se poi questi un giorno si dovessero tradurre in leggi dello Stato, anche se non crediamo visto che da questo Governo giungono indicazione opposte, non esiteremo a raccogliere le firme per un referendum abrogativo e a tornare a chiedere l’intervento della Consulta”.
I governatori del Nord non mollano. “Anche Fioramonti – ha detto Luca Zaia, presidente della regione Veneto – rappresenta un Governo che a tutt’oggi parla per spot su scuola, strade e ogni altro tipo di argomento. Sarebbe invece il caso – aggiunge il Governatore del Veneto – che si prendessero la briga di elaborare una loro proposta alle Regioni. Finalmente potremmo capire cos’hanno in testa, perché fino ad ora non abbiamo visto nulla di concreto”.
LE CITAZIONI DEL GOVERNATORE FONTANA
Di autonomia aveva parlato nei giorni scorsi anche il governatore della Lombardia Attilio Fontana, dicendosi pronto ad una legge regionale per garantire la continuità didattica dei docenti sul territorio. Secondo Fontana, la Consulta, l’organo di garanzia costituzionale deputato a legittimare gli atti dello Stato e delle Regioni, avrebbe detto di sì a quel modello discriminante. Il giovane sindacato non comprende, poi, a quale sentenza della Corte Costituzione si riferisse il governatore Fontana, quando dice che parlerebbe a favore del processo di autonomia differenziata normato. In una posizione di mezzo si pone il presidente dell’Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, che partendo dai fabbisogni differenziati rivendica una diversa formazione dei docenti.
Tra i primi a discostarsi dalla posizione del presidente della Lombardia è stato il sindacato l’Anief, secondo il quale le sentenze della Consulta sono tutte di parere negativo rispetto alle ipotesi di autonomia differenziata. E Attilio Fontana lo dovrebbe sapere bene, perché l'ultima legge ad essere bocciata, sul reclutamento differenziato dei docenti, è stata proprio un’ipotesi di testo avallato dalla Regione Lombardia. E lo stesso è accaduto in passato con la Provincia autonoma di Trento, sempre nelle parti in cui violava palesemente i principi fondamentali della nostra Carta costituzionale.
IL PENSIERO DEL PRESIDENTE ANIEF
Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, “la scuola è già più che sufficientemente autonoma. Piuttosto lo Stato intervenga per risorse umane e finanziarie ridotte laddove nel territorio c'è più bisogno. È in queste zone che si deve agire con fermezza, non nelle aule dove certi problemi non esistono e gli studenti arrivano in massa al diploma di maturità. A ricordarlo all’opinione pubblica e agli addetti ai lavori sono stati recentemente anche gli ultimi dati Invalsi, dai quali risulta che al Sud permane, anzi si incrementa, un ritardo strutturale e di competenze acquisite che l’Italia non si può più permettere. Crediamo che la secessione derivante dall’autonomia differenziata divisiva, caldeggiata solo dalla Lega, possa tranquillamente essere messa nel dimenticatoio. Perché al Sud le risorse vanno incentivate, anziché lasciarle alle regioni del Nord Italia che non ne hanno bisogno: quando si riduce un gap – conclude Pacifico – prima si agisce in difesa, sul disagio maggiore, poi sull’evoluzione del sistema”.
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