La denuncia è di Anief in risposta al messaggio del Direttore generale Unesco, Irina Bokova, nell’evento dedicato a “Insegnare in libertà, dare maggiore potere agli insegnanti”. Ricercatori precari, insegnanti precarizzati dall’infanzia alla secondaria, test standardizzati, salari scollegati dall’inflazione, nessuna progressione di carriera, questo è il quadro fosco del nostro Paese, dichiara Marcello Pacifico, che lancia un appello al governo per costruire una società migliore, equa e solidale
L'EVENTO
Oggi si celebra la Giornata Mondiale dell’Insegnante, l’evento che dal 1996, con la firma della Raccomandazione del 1966 sullo status di insegnante, che definì diritti e doveri di chi insegna e la necessità di una formazione permanente della categoria, commemora la sottoscrizione delle Raccomandazioni dell'UNESCO sullo status di insegnante, la principale struttura di riferimento per i diritti e le responsabilità dei docenti su scala mondiale: l’obiettivo, si legge nella pagina ufficiale dell’Unesco, è “quello di suscitare riflessioni sul ruolo dei professionisti della formazione, sulle sfide che affrontano quotidianamente, sulle difficili condizioni di lavoro a cui sono spesso sottoposti. Con l'adozione dell'Obiettivo 4 di Sviluppo Sostenibile dell'Agenda 2030 delle Nazioni Unite, "Istruzione di qualità", gli insegnanti vengono riconosciuti come soggetti chiave per l'attuazione dell'Agenda 2030 sull'educazione. Il loro impegno infatti è fondamentale per fornire un'educazione di qualità, equa ed inclusiva e opportunità di apprendimento per tutti, con l'obiettivo di incrementare il livello di alfabetizzazione globale e ridurre l'abbandono scolastico precoce, contribuendo a migliorare la vita delle persone e a raggiungere lo sviluppo sostenibile.
IL MESSAGGIO DEL DIRETTORE UNESCO
La Bokova nel ricordare il 20° anniversario della Raccomandazione dell’UNESCO del 1997 sullo Status del personale insegnante di istruzione superiore che integra la Raccomandazione del 1996 invita a tutelare la libertà e il sostegno di cui hanno bisogno gli insegnanti dalla scuola all’università nel giorno dedicato a “Teaching in Freedom, Empowering Teanchers”, come riporta Orizzonte scuola. Per essere un insegnante accreditato ci vuole “una formazione di alta qualità, salari equi e opportunità continue per lo sviluppo professionale”. La stessa libertà accademica e l’autonomia degli insegnanti è sotto pressione, specialmente in quei Paesi in cui si è chiesto alle scuole di fornire “risultati su test standardizzati, ignorando di assicurare un curriculum di ampio respiro che soddisfi le diverse esigenze degli studenti.” E’ criticato anche l’impiego “a tempo determinato e su base contingentale” quale fattore che porta a “una maggiore insicurezza del lavoro, minori prospettive di carriera, un carico di lavoro più elevato e stipendi inferiori”. Tutto ciò compromette il raggiungimento dell’Obiettivo 4 che vorrebbe garantire a ogni cittadino del mondo un’istruzione di qualità e l’opportunità “di apprendimento lungo tutto l’arco della vita”. Da qui l’appello ai governi perché attuano quanto possibile per tutelare gli insegnanti, fornire loro condizioni di lavoro dignitose, stipendi equi, formazione e sviluppo.
LA DENUNCIA DI ANIEF DELLO STATO DEGLI INSEGNANTI IN ITALIA
Anief condivide il contenuto del messaggio del Direttore UNESCO e chiede al premier Conte di intervenire immediatamente per combattere l’alto livello di precarietà nella scuola, il 13,5% dell’organico (200 mila insegnanti al termine delle attività didattiche o supplenti annuali), la precarizzazione del ruolo del ricercatore universitario messo ad esaurimento (da dieci anni), il basso livello degli stipendi (10 punti sotto l’inflazione registrata negli ultimi dieci anni), l’utilizzo di test per la valutazione degli studenti (INVALSI), degli Istituti, per la selezione del personale, l’assenza di una qualsiasi forma di carriera.
Per quanto riguarda gli insegnanti, dalla scuola dell’infanzia a quella secondaria, come nell’Università, il giovane sindacato lancia un appello anche al ministro Fioramonti perché intervenga affinché dai tavoli tecnici circa i provvedimenti da adottare nella prossima legge di Bilancio in base all’Intesa del 1° ottobre, preveda:
- l’adeguamento dell’organico di fatto a quello di diritto, in presenza di posti vacanti senza titolare;
- la parità di trattamento economica e giuridica tra personale precario e di ruolo, con effetti su mobilità e ricostruzione di carriera;
- l’allineamento degli stipendi all’inflazione registrata negli ultimi dieci anni;
- il reclutamento su tutti i posti vacanti in organico attraverso l’estensione del doppio canale di reclutamento alle graduatorie di istituto, da cui sono chiamati i supplenti, trasformate in provinciali e aperte ogni anno a nuovi inserimenti;
- l’istituzione di una terza fascia della docenza universitaria con il ripristino del profilo di ricercatore a tempo indeterminato;
- l’utilizzo dei Test Invalsi per monitorare e non valutare i risultati degli studenti, per orientare e non per valutare il lavoro degli insegnanti.
IL COMMENTO DEL PRESIDENTE ANIEF, MARCELLO PACIFICO
“Nel nostro Paese si continua ad entrare di ruolo dopo i 40 anni, così ci ritroviamo con moltissimi docenti ultrasessantenni, anche a causa delle riforme pensionistiche che non prevedono anticipi per una professione ad alto rischio burnout e quindi di incorrere in malattie invalidanti che fanno salire i costi dello stato sociale. Negli ultimi dieci anni la supplentite è raddoppiata, i contratti annuali hanno superato le 35 mila unità, quelli al termine delle attività le 170 mila unità. Nell’università si sono bloccati i concorsi per assumere 40 mila ricercatori nello stesso periodo con la messa a esaurimento di tale profilo professionali e con in nuovi contratti a tempo determinato triennali. Poi ci sono gli stipendi ridotti all’osso, dieci punti sotto il costo della vita nonostante il recente rinnovo contrattuale, le difficoltà a trasferirsi e l’operare in classi sempre più spesso ‘pollaio’. Così, quella che una volta veniva considerata la professione più bella del mondo, oggi non prevede più alcuna certezza. Nell’evento istituito dall’Unesco in concomitanza con l’anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo del 1948, nella quale l'educazione fu posta tra i diritti fondamentali, oggi in Italia lo status dell’insegnante è sempre più calpestato. Chi decide di insegnare una disciplina è sempre più sottoposto a forme di stress e di prevaricazione, ad iniziare dalle supplenze, passando per i concorsi, fino alle mancate forme di carriera e agli stipendi lontani dalle medie degli altri Paesi moderni, senza dimenticare l’innalzamento progressivo dei requisiti per accedere alla pensione, che riducono fortemente il turn over, e norme assurde che autorizzano un elevato numero di alunni per classe e non garantiscono il diritto all’istruzione degli alunni disabili. Continuando così, l’Italia non si allontana dall’Europa ma dal resto del mondo. Il nostro governo intervenga fin dalla prossima legge di Bilancio. Noi siamo pronti a proporre soluzioni concrete”.
I NUMERI
Giornata Mondiale dell’Insegnante
Scuola italiana
Più della metà ha oltre 50 anni,
l’82% è donna,
il 13,5% è precario,
stipendi – 10% rispetto a tasso IPCA (2009-2019)
Università
Messa a esaurimento del ricercatore a tempo indeterminato
Contratti di docenza anche gratuiti
QUANTI DOCENTI NELL’UE
In base ad un rapporto dell'Eurostat sull'insegnamento in Europa, pubblicato in queste ore, risulta che sono 5,8 milioni i docenti nelle scuole dei Paesi dell'Unione europea nel 2017. Le donne sono largamente predominanti in tutti gli Stati: sono infatti il 72% e pari complessivamente a 4,2 milioni. Tra gli insegnanti, in Europa circa il 9% ha meno di 30 anni mentre il 36% (ovvero 2,1 milioni) ha più di 50 anni. In Italia e pochi altri Paesi membri più della metà dei docenti: percentuali elevate di età di chi insegna si registrano, oltre che nella nostra Penisola, solo in Lettonia, Estonia, Bulgaria e Grecia. Il 9% dei docenti dell’Unione europea ha più di 60 anni: le percentuali più alte sono in Estonia (19%), Italia (17%), Germania (16%).
QUANTI DOCENTI IN ITALIA
In Italia, il 53% dei docenti ha almeno 50 anni. Lo si evince anche dall’identikit statistico della scuola italiana – corredato da numeri, tabelle e grafici divisi per regione e livelli di formazione – pubblicato in questi giorni da Miur. Dal Focus ministeriale risulta che nelle oltre 8 mila scuole autonomo, cui fanno capo 42 mila sedi, operano 835.489 docenti. E di questi “degli oltre 684 mila posti comuni, 15.232 sono posti di “adeguamento”, mentre, dei 150.609 posti di sostegno, 50.529 sono “posti di sostegno in deroga”. Alla Lombardia e alla Sicilia, rispettivamente con 6.875 e 6.602 deroghe, spetta il primato dei posti liberi assegnati al 30 giugno 2020: seguono la Toscana, il Piemonte, il Lazio, l’Emilia Romagna, la Sardegna e il Veneto. Agli insegnanti specializzati nella didattica “speciale” (anche se poi 8 supplenti su 10 sono sprovvisti della specializzazione) spetta il sostegno ai 260 mila alunni con disabilità ufficialmente iscritti. Quindi, in Italia, sono presenti quasi 66 mila cattedre che ogni anno risultano esclusivamente da assegnare ai precari, ad anno scolastico abbondantemente avviato, minando gravemente la continuità didattica.
L’ETÀ AVANZATA DEI DOCENTI ITALIANI
L’ultimo studio svolto nei Paesi sviluppati sull’anzianità dei docenti non lascia ombra di dubbio: l’Italia è al primo posto per numero di docenti più avanti negli anni. Seguono - scrive Orizzonte Scuola - l’Estonia, la Lettonia, il Cile, l’Austria, la Repubblica Ceca, la Germania, la Nuova Zelanda, la Spagna, il Giappone, la Svezia, l’Ungheria, la Finlandia, gli Stati Uniti, la Francia, il Belgio, il Canada, la Corea del Sud, il Regno Unito, la Slovacchia, l’Irlanda, l’Olanda, la Grecia, il Lussemburgo, la Svizzera, Israele, il Portogallo, la Norvegia e la Turchia (quest’ultima con il corpo docente più giovane). Già il Conto annuale publicato dal Mef, all’inizio dell’estate 2019, l’indagine internazionale Talis, Teaching and Learning International Survey, evidenziò che i docenti italiani hanno un’età media attorno ai 59 anni e che l'Italia dovrà rinnovare circa un docente su due nel prossimo decennio. Successivamente, dalla “Nota Paese rivolta all’Italia”, si trasse comunque un giudizio più che positivo del docente medio italiano, sempre aggiornato, collaborativo e al passo con la tecnologia applicata alla didattica. Il nostro insegnante medio frequenta corsi di formazione e aggiornamento almeno una volta l’anno, nella maggior parte dei casi “riferisce di aver spesso calmato studenti problematici” e “valuta abitualmente i progressi dei propri studenti osservandoli e fornendo un feedback immediato”. Inoltre, “l’uso delle TIC per l'insegnamento è stato incluso nella formazione o istruzione formale” e per due insegnanti su tre quella dell’insegnamento “è stata la prima scelta professionale”.
CHI SONO I DOCENTI ITALIANI
In Italia l’82% dei docenti sono donne, con punte del 99% alla scuola dell’infanzia e una presenza più equilibrata alle superiori (poco sopra il 60%). L’età media dei nostri docenti è di 54 anni, con sempre più ultrasessantenni e meno under 40. La regione italiana con il numero più alto di insegnanti è la Lombardia, dove si supera abbondantemente quota 100 mila. Sparsi per la Penisola, all’interno degli oltre 8 mila istituti scolastici, quasi 300 mila lavorano nelle scuole secondarie di secondo grado; un po’ meno nella scuola primaria; quasi 200 mila nella scuola secondaria di primo grado; circa 100 mila in quella dell’infanzia che copre la fascia 3 – 6 anni.
Per tutti, la professione rimane una di quelle a più alto rischio burnout: oggi più che mai il “lavoro educativo” è un “ambito professionale particolarmente esposto a condizioni stressogene”, soprattutto tra i più docenti più giovani e caratterialmente più fragili e vulnerabili. Con il 13,5% nazionale, quella dei docenti italiani è la categoria, in assoluto, con più dipendenti pubblici precari: nell’ultimo triennio, anche dopo la Buona Scuola di Renzi che doveva abbattere la supplentite, i contratti annuali sono risultati in sensibile crescita. Con l’inizio del corrente anno scolastico, si è toccato il record di supplenze annuali, con oltre 200 mila cattedre con le supplenze, per via anche di sole 20 mila immissioni in ruolo andate in porto su oltre 53 mila autorizzate, 70 mila supplenze annuali di sostegno, in otto casi su dieci a docenti nemmeno specializzati, i presidi obbligati a fare largo uso delle Mad, le richieste di messa a disposizione, assegnando più di qualche cattedra anche agli studenti universitari. 31 mila le cattedre andate deserte nell’ultimo agosto durante le immissioni in ruolo a fronte dei 22 mila contratti a tempo indeterminato siglati, 90 mila negli ultimi quattro anni, per via delle errate politiche sul reclutamento che hanno chiuso le graduatorie ad esaurimento del personale abilitato e disconosciuto il servizio svolto dal personale precario inserito nelle graduatorie di istituto, anche senza abilitazione.
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