Avrà importanti ricadute anche sulla scuola il sì dell’Unione europea ad un pacchetto da 1.800 miliardi di euro per affrontare le problematiche legate al Covid, in particolare i 750 miliardi che hanno scopo di stimolare la ripresa economica degli stati membri. All’Italia spetteranno 208,8 miliardi così ripartiti: 81,4 miliardi in sussidi a fondo perduto; 127,4 miliardi sotto forma di prestiti. Una quota di questi fondi andrà anche al sistema scuola italiano: oggi la ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, ha detto, in un’intervista a “La Stampa”, che è “una opportunità irripetibile”. Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, concorda con la ministra: “Per realizzare questo nobile obiettivo della scuola ‘aperta’ servirà incrementare gli organici di 250 mila docenti e Ata. Sarà anche l’occasione buona per spazzare via il precariato, derivante dagli errori di chi ha governato la scuola negli ultimi 15 anni”.
La ministra dell’Istruzione ha già le idee chiare su come saranno spesi i fondi derivanti dal Recovery Fund: “Voglio archiviare definitivamente le classi pollaio, – ha dichiarato Lucia Azzolina – che impoveriscono la didattica, e intervenire sugli edifici. Lavoriamo per scuole aperte oltre l’orario delle lezioni. Abbiamo messo 6 miliardi sulla scuola da inizio anno – 2,9 miliardi solo per settembre – ma siamo a un punto di svolta: gli investimenti europei per la scuola italiana sono un’opportunità irripetibile”.
LA MINISTRA: SOGNO CIVICO È UNA SCUOLA APERTA
Con il Recovery Fund, ha continuato Azzolina, ridurremo “il numero di alunni per classe evitando la dispersione scolastica e la povertà culturale che abbiamo nel paese”. Perché “il sogno civico è una scuola aperta. Ovvero, una scuola assolutamente accogliente. Una scuola aperta non è solo recarsi in classe la mattina per seguire le lezioni ma significa presidio di socialità, di legalità all’interno di un territorio. Che accoglie studentesse e studenti così come la stessa comunità del territorio. Una scuola aperta significa fare una didattica innovativa come vogliono i nostri studenti. Significa scuole nuove e colorate. Fare attività nel pomeriggio concordate con famiglie, personale scolastico”.
È chiaro che ridurre il numero di alunni per aula e allargare il numero delle classi comporterà un incremento importante di docenti. L’occasione buona per cancellare la supplentite. La pensa così anche la stessa ministra dell’Istruzione, che ieri, nel corso del suo intervento al Villaggio Rousseau, ha detto: “I precari li vogliamo assolutamente assumere. Ma lo vogliamo fare secondo le procedure previste dalla Costituzione. A fine agosto faremo sicuramente le assunzioni ed useremo le graduatorie dei vecchi concorsi, le graduatorie ad esaurimento. Poi facciamo i concorsi nuovi a fine settembre, all’incirca. I precari che faranno concorsi nuovi li assumeremo sempre con retrodatazione al 1 settembre 2020. Assumere i precari è un nostro obiettivo ma nel rispetto delle norme”.
LA RISPOSTA DEL SINDACATO
Anief concorda con la ministra dell’Istruzione quando sostiene che i precari vanno assolutamente assunti. Tuttavia, ricorda anche che il sistema di reclutamento sinora adottato è quello fallimentare che ci ha condotto alle attuali 250 mila supplenze annuali e alle procedure d’infrazione avviate dalla Commissione europea per abuso di contratti a termine. Per questo, il giovane sindacato è convinto che si debbano organizzare le immissioni in ruolo direttamente da graduatoria, anche dalle nuove Graduatorie provinciali per le supplenze, le cosiddette Gps: ci sono delle leggi dello Stato, in vigore, che permettono di farlo, come la L. 124/1999. Ma anche direttive UE, come la 70/CE del Consiglio dell’Unione Europea, sempre del 1999, che prevede la stabilizzazione automatica in presenza di titoli e posto vacante per chi ha svolto 36 mesi di servizio.
Certamente, i concorsi rimangono la via maestra per le assunzioni nello Stato. Però non quella esclusiva. Anche le stabilizzazioni di chi svolge la professione da anni, non di rado da decenni, garantiscono la meritocrazia, considerando che si tratta di docenti con titoli e che hanno dimostrato nei fatti, sul campo, di potere e sapere svolgere la professione di insegnante.
IL PARERE DEL PRESIDENTE ANIEF
Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, “i precari che garantiscono il servizio della formazione pubblica non sono ‘pedine’ da utilizzare all’occorrenza, ma professionisti ‘in carne e ossa’, titolati, formati, abilitati, super specializzati, che chiedono solo di svolgere questa professione senza più essere licenziati e assunti all’occorrenza. È una procedura anacronista, fuori dai tempi, quella di utilizzare un lavoratore più volte a tempo determinato”.
“Se l’Italia vuole stare in Europa deve stare alle regole che l’UE impone. Altrimenti, ne paga le conseguenze e il conto può essere molto salato. Ad iniziare dai risarcimenti ai docenti diretti interessati, sanciti dai tribunali per la mancate assunzioni in ruolo, fino alle multe che la stessa Commissione europea potrebbe decidere di far scattare, dopo avere appurato la reiterazione generalizzata dei contratti a termine. È un processo che riguarda i docenti, ma anche il personale Ata e i Dsga facenti funzione, ai quali si chiede ora di tornare a fare gli assistenti amministrativi dopo anche vent’anni di lavoro nel ruolo superiore. Se vi fossero dei profili di incostituzionalità, i giudici, italiani e transnazionali, non avrebbero fatto scattare alcuna sanzione”, conclude il sindacalista autonomo.
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