L’Unione europea ha inviato al Governo italiana una ulteriore lettera nella quale si danno due mesi di tempo per eliminare le discriminazioni ai danni dei precari nella pubblica amministrazione: si tratta di una vera e propria procedura di infrazione, già avviata nel luglio 2019 e poiché le spiegazioni fornite dal nostro esecutivo non sono state ritenute soddisfacenti, la Commissione Ue ha inviato una seconda missiva. C’è poi un precedente che deve fare riflettere: quello del 2014, quando la Corte di giustizia europea condannò l’Italia per l’abuso di precariato nella scuola. Una posizione che costrinse il Governo, l’anno successivo, a chiedere la stabilizzazione di 148 mila precari, poi ridotti a meno di 100 mila per mancanza di aspiranti collocati nelle graduatorie blindate riconosciute dal ministero dell’Istruzione, pure in presenza di un altissimo numero di candidati con titoli ed oltre i 36 mesi di servizio minimo. Sono i requisiti ritenuti più che sufficienti dalla stessa Unione europea per essere immessi nei ruoli dello Stato. Una circostanza che è alla base del record di precariato proprio nella scuola, dove quest’anno sono state assegnate circa 250 mila supplenze annuali, di cui oltre 70 mila su sostegno. Con grandissime difficoltà, peraltro, nel reperire i docenti, considerando che solo a Firenze sono ancora da nominare ben 448 insegnanti.
Anief ricorda che su questo buco nero della scuola pubblica italiana ha avviato una battaglia ormai da oltre dieci anni: una delle strade percorse è quella dei reclami collettivi presentati in Consiglio d’Europa, con la procedura d’infrazione 4231/2014 ancora pendente, esattamente presso la stessa Commissione europea, nonostante le nuove procedure concorsuali (straordinarie e ordinarie, ora pure bloccate per via del Covid-19) bandite ai sensi dalla legge 20 dicembre 2019 n. 159, analogamente a quelle previste dalla legge 13 luglio 2015, n. 107. Il giovane sindacato, inoltre, si è fatto da tramite per presentare una serie di emendamenti sul precariato al Disegno di Legge di Bilancio 2021. Sullo stesso tema, il Congresso nazionale Anief ha ieri confermato per acclamazione come presidente Marcello Pacifico fino al 2024 e approvato una mozione specifica sul precariato per l’approvazione a livello nazionale di “procedure snelle di reclutamento a tempo indeterminato con graduatorie per titoli e servizio”.
Marcello Pacifico, presidente Anief: “Basta indugi, l’unica modalità è tornare ad assumere i precari della scuola con il doppio canale di reclutamento. Tra l’altro il Parlamento lo ha già fatto nel 2008 e nel 2012. Riapriamo le GaE e trasformiamo i concorsi da selettivi a canali di costruzione di graduatorie a scorrimento, da utilizzare ogni anno per assumere tutti i precari, anche a seguito di corsi abilitanti e sul sostegno aperti a tutti, pure a distanza. Se ci si ostina a rimanere fermi, stavolta l’Italia rischia molto, sia in termini di immagine che di risarcimenti, anche nei confronti degli stessi precari per i danni arrecati nei loro confronti”.
L’Ue torna alla carica contro il Governo italiano, reo di continuare ad abusare dell’utilizzo di personale precario nella pubblica amministrazione. Secondo Bruxelles, scrive il Corriere della Sera, i nostri lavoratori “non sono sufficientemente protetti contro il precariato.
IL PRECEDENTE
Non è la prima volta che l’Italia viene richiamata da Bruxelles per questo motivo. Nel 2014 la Corte di giustizia dell’Unione europea aveva condannato il nostro Paese per l’abuso del precariato nella scuola. La sentenza costrinse il governo a stabilizzare 148 mila precari”, con la Legge 107 approvata l’anno successivo dal Governo guidato da Matteo Renzi. “Ora Roma avrà due mesi di tempo per rispondere alle argomentazioni sollevate dalla Commissione, trascorsi i quali l’esecutivo Ue potrà proseguire nella procedura di infrazione inviando un parere motivato”.
IL COMMENTO DEL PRESIDENTE
Secondo Marcello Pacifico, leader dell’Anief, “è giunto il momento di dare applicazione alle direttive europee contro l’abuso del precariato, sistematicamente disattese da oltre vent’anni tranne che per la breve parentesi del Governo Renzi. Ma anche su quanto espresso dalla Cassazione italiana e dalla Corte Costituzionale. La tesi che deve passare per i docenti, come per il personale Ata, dell’Università, dell’Afam, degli Enti di Ricerca e di tutta la pubblica amministrazione è che il nostro Governo deve fornire una risposta chiara e un impegno fattivo sul tema: altrimenti, stavolta la procedura d’infrazione porterà inevitabilmente a una condanna del nostro Stato con pesanti riflessi economici sulle casse pubbliche già in sofferenza per via dell’emergenza legata al coronavirus”.
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