Le famiglie chiedono sempre più il tempo pieno: lo confermano i primi dati ufficiali sulle iscrizioni 2021/2022, pubblicati oggi dal ministero dell’Istruzione. Da una prima analisi della stampa specializzata, si nota un aumento della richiesta nella scuola primaria. Stiamo parlando di un orario fino a 40 ore settimanali. Sempre secondo i primi dati diffusi dal dicastero di viale Trastevere, a richiederlo è il 46,1% delle famiglie rispetto al 45,8% di un anno fa. Le più alte percentuali di richiesta sono del Lazio (64,1%), Piemonte (62,5%), ed Emilia Romagna (60,7%). Mentre la percentuale più bassa di richieste si registra in Sicilia (14,8%), Molise (15,3%), Puglia (21,4%). Secondo l’Anief, se aumentano le classi, si dovrà anche mettere mano agli organici del personale, non solo docente, prevedendo incrementi adeguati. C’è poi bisogno di un numero maggiore di aule, quindi anche di nuovi edifici. Tutte disposizioni, modifiche normative e integrazioni che necessitano di impegno e finanziamenti: quelli che arrivano dal Recovery plan. Proprio oggi Anief era stata invitata dal ministero dell’Istruzione per un incontro con la ministra Lucia Azzolina, poi saltato all’ultimo momento.
“Incrementare il numero delle aule, innalzare il rapporto alunni-docenti, aumentare gli organici, anche confermando in pianta stabile quelli cosiddetti Covid, come abbiamo chiesto in questi giorni con un emendamento al decreto Milleproroghe sono condizioni imprescindibili per il rilancio della formazione in Italia – dice Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief -: uno dei nostri obiettivi è quello di migliorare l'apprendimento, anche per affrontare al meglio un nuovo anno di Covid-19 rispettando il distanziamento sociale, andando a creare quei 12mila plessi che mancano all’appello rispetto alla scuola prima del 2009: in parallelo, bisognerà garantire più sedi di dirigenza scolastica, andando a continuare e approfondire i risultati già raggiunti, anche grazie ai soldi europei del Recovery Plan”.
Il tempo pieno a scuola comincia a essere richiesto da un numero corposo di famiglie. E rimane fra le priorità previste dal Recovery plan, ma le risorse non sembrano sufficienti per soddisfare un’esigenza negli anni sempre più importante. E soprattutto, con la crisi di Governo, al momento ogni indicazione è posta in stand-by, scrive oggi Orizzonte Scuola.
In base alle stime per il tempo pieno solo in tutte le scuole primarie occorrerebbero circa 3 miliardi e 520 milioni di euro per il primo anno di generalizzazione del servizio e 2,7 miliardi all’anno a regime, spiega Italia Oggi che fa notare come, per raggiungere tale obiettivo, bisognerebbe contestualmente assumere circa 49.015 docenti, che costerebbe allo Stato 1,5 miliardi di euro e 5.000 collaboratori scolastici pari ad altri 120 milioni di euro.
Il piano ipotetico dovrebbe anche prevedere la ristrutturazione, la messa a norma ed adeguare gli edifici scolastici ad una nuova organizzazione in termini di spazi, laboratori, palestre e servizio mensa con un aggravio di spesa si circa 2 miliardi a carico dei comuni: circa 800 milioni per attrezzature e mense, circa 1,2 miliardi per pasti e altre spese correnti.
Anief ricorda che la riduzione del numero degli alunni per classe è diventato un problema sempre maggiore, a seguito dell’innalzamento dei ‘tetti’ imposto con il dimensionamento scolastico imposta a partire dalla Legge 133/08. Se oggi esistono 20mila classi con 30 e più alunni, con tutti i problemi che ciò comporta, sia al diritto allo studio sia sul fronte della sicurezza, lo si deve a motivi puramente di risparmio pubblico. L’arrivo in Italia di oltre 20 miliardi dal Recovery plan della Commissione europea sembra essere la soluzione al problema sempre più sentito.
Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief: “l’aumento della richiesta del tempo pieno è la dimostrazione che attivare il servizio anche nei territori che ne sono sprovvisti è una condizione che non solo incrementerebbe il livello dell’offerta formativa, con riflessi diretti su competenze degli alunni e lotta alla dispersione, ma andrebbe a determinare anche un supporto per le famiglie: tante donne, in particolare, avrebbero maggiore tempo a disposizione per un’occupazione lavorativa, con effetti diretti sul benessere familiare e dello stesso Pil. È chiaro che per diminuire il fenomeno delle classi pollaio servono delle nuove norme ad hoc. A partire dalla riduzione del numero di alunni per classi: ad esempio, c’è un disegno di legge, con prima firmataria l’attuale ministra Lucia Azzolina, che rimane fermo alla Camera, che se approvato avrebbe permesso di portare a non oltre 22-23 gli iscritti a classe. E al massimo 20 alunni, senza più deroghe, in presenza di un alunno con disabilità certificata”.
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