C’è un evidente disallineamento tra l’ancora modesto livello di tecnologie digitali utilizzate dalle amministrazioni pubbliche e l’uso generalizzato della rete internet e dei social che la pandemia ha imposto. Ma si tratta di un utilizzo spesso improvvisato, non supportato da competenze adeguate. Sono alcune delle conclusioni contenute nella “Relazione annuale 2020 del Cnel consegnata al Parlamento e al Governo sui livelli e la qualità dei servizi offerti dalle Amministrazioni pubbliche centrali e locali alle imprese e i cittadini, realizzata ai sensi dell’art. 10-bis della legge 936/1986 con il contributo di 30 istituzioni. Dallo studio nazionale emerge che “meno di una istituzione su due (41,9%) dichiara di utilizzare Internet e solo gli organi di governo centrale, nelle Università pubbliche e nelle Regioni vanno di pari passo alla diffusione del web. Nonostante ciò, i social costituiscono quasi ovunque la seconda tecnologia più utilizzata dopo internet. Sulla copertura VHCN, l’Italia ha accelerato il ritmo di diffusione della fibra ma resta ancora indietro rispetto alla media UE del 44%”. Nel contempo, “solo il 42% degli italiani tra i 16 e i 74 anni possiede competenze digitali di base e solo il 22% dispone di competenze digitali superiori a quelle di base. Inoltre, la percentuale di specialisti ICT in Italia è ancora al di sotto della media UE, così come la quota di laureati nel settore ICT, che registra un valore pari all’1% contro una media europea di 3,6%”.
Il leader dell’Anief, Marcello Pacifico, si sofferma sulla mancanza di competenze e l’uso eccessivo delle nuove tecnologie: “l’utilizzo ad esempio esclusivo e prolungato della dad porta problemi relazionali a lungo termine i cui effetti non sono prevedibili. Per questo dobbiamo fare uno sforzo di riorganizzazione, così da prevedere anche delle scelte di prevenzione ai disagi”. Diventa allora fondamentale dare seguito al Patto per l’Innovazione del Lavoro pubblico e la Coesione sociale, sottoscritto nei giorni scorsi anche dalla Cisal, che ha l’intento di modernizzare il “sistema Italia” e l’incremento della coesione sociale, grazie all’opportunità offerta dal Pnrr, potenziando la PA con la semplificazione dei processi, un massiccio investimento nel capitale umano e l’avvio di una nuova stagione di relazioni sindacali che porti pure al rinnovo contrattuale. L’accordo avrà effetti di rinnovo e adeguamento su molti punti: assunzioni straordinarie, stipendi inadeguati, lavoro agile, formazione, aggiornamento, nuove professionalità, Università, Afam, formazione a distanza e lavoro agile, ricerca.
“Se vogliamo ripartire velocemente dopo lo stop obbligato servono investimenti per favorire lo sviluppo delle reti e le infrastrutture digitali e per formare le competenze”: il presidente del Cnel, Tiziano Treu, è stato chiaro. Presentando la “Relazione annuale 2020 del Cnel al Parlamento e al Governo sui livelli e la qualità dei servizi offerti dalle Amministrazioni pubbliche centrali e locali alle imprese e i cittadini, Treu è stato chiaro: “La pandemia ci ha insegnato che le infrastrutture e le competenze digitali sono indispensabili per tutte le attività sociali ed economiche: la scuola e l’università, innanzitutto, la sanità, i servizi pubblici e sociali, la logistica, i trasporti. Lo smartworking o la dad ma anche le prime pratiche di telemedicina sono stati importantissimi per affrontare l’emergenza ma hanno fatto emergere anche il grande gap del nostro Paese. E rischiano di pesare enormemente se non si corre subito ai ripari”.
L’UTILITÀ DELLE NUOVE TECNOLOGIE DURANTE IL LOCKDOWN
Nel rapporto si spiega che “la mancanza di risorse finanziarie rappresenta l’ostacolo più importante al processo di digitalizzazione. Seguono fattori strettamente legati all’implementazione delle tecnologie ICT, come la mancanza di adeguata formazione, di uno staff qualificato e le problematiche connesse ai costi di tali tecnologie”. Il lockdown ha dimostrato l’importanza centrale delle tecnologie digitali nella vita moderna: “hanno assunto un ruolo strategico nella gestione dell’emergenza sanitaria da Covid-19, rappresentando in molti ambiti e contesti l’unica soluzione per la tenuta e la prosecuzione delle attività quotidiane. Lo smart working, la telemedicina, la didattica online, le riunioni in video conferenza degli organi di governo centrali e locali, sono solo alcuni degli strumenti messi in atto in questi mesi per arginare la diffusione del virus e consentire allo stesso tempo la continuazione di attività che richiamano alcuni dei diritti fondamentali alla base delle nostre democrazie e istituzioni”.
Inoltre, “se prima della pandemia l’e-government o il più avanzato concetto di e-governance rappresentavano una sfida evolutiva per le amministrazioni centrali e locali, oggi costituiscono spesso l’unica soluzione da attuare per gestire una situazione che oltretutto si inserisce in un contesto internazionale di quotidiana emergenza - si legge ancora nella Relazione - Se il web ormai ha livelli di diffusione elevatissimi per l’informazione di base, resta poco utilizzato per i servizi pubblici”.
BRUNETTA: GRANDE OPPORTUNITÀ
“Abbiamo messo il capitale umano pubblico al centro della ripresa per restituire dignità, autorevolezza, valore e orgoglio a quei volti della Repubblica, come li ha definiti il presidente Mattarella, che sono stati in prima linea contro il Covid e che operano ogni giorno per fornire beni e servizi pubblici a 60 milioni di italiani. Ora sblocchiamo i concorsi, rinnoviamo i contratti, semplifichiamo le procedure: dobbiamo permettere alle nostre amministrazioni di attuare i progetti e gli investimenti del Pnrr. È un'enorme responsabilità, ma anche un'enorme opportunità”, ha detto il ministro per la PA Renato Brunetta, intervenendo ai lavori prima dell’illustrazione del rapporto da parte dei consiglieri Cnel.
IL PARERE DEL SINDACATO
Sul tema delle tecnologie digitali si è espresso giusto ieri Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief: intervenendo all'audizione informale con i rappresentanti dei Gruppi parlamentari delle Commissioni 7ª e 12ª del Senato in merito all'affare assegnato n. 621, relativo all’impatto della didattica digitale integrata sui processi di apprendimento e sul benessere psicofisico degli studenti, Pacifico ha detto che da un’analisi del sindacato sulla didattica a distanza è risultato che l’8% degli studenti non ha partecipato alla dad, con aumento dei gap di conoscenze e competenze tra i discenti. “Bisogna quindi ripensare alla didattica digitale integrata – ha spiegato il sindacalista – perché venga utilizzata non come a un ‘farmaco’, ma come a un ‘integratore alimentare’ che può solo giovare anche a una didattica in presenza. E che possiamo continuare a prendere quando l’emergenza da Covid-19 sarà rientrata”.
Il sindacato ha presentato ai parlamentari un documento dettagliato che associa le nuove tecnologie ai diversi segmenti scolastici, dalla scuola dell’infanzia fino ai centri per adulti. Pacifico ha anche ricordato che “sugli studenti l’impatto delle dad è stato devastante, è necessario dare supporto a insegnanti e alunni. Bisogna tornare alla didattica in presenza ma bisogna capire come operare con le scuole aperte, perché non ci sono ancora gli strumenti adeguati e il prossimo anno non ci sarà nemmeno l’organico Covid; dobbiamo fare i conti ancora con le classi pollaio. Dobbiamo riflettere su come sono aperte queste scuole”.
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