Un’indagine pubblicata dall’Osservatorio dei Conti Pubblici Italiani, guidato da Carlo Cottarelli, ha fatto emergere che mediamente le ore di lavoro degli insegnanti italiani, pur con le differenze dovute alle peculiarità delle discipline, sono almeno il doppio di quelle passate in cattedra, quindi 36 settimanali. Si compongono da 18 ore di insegnamento alle superiori (di più alla primaria e di più ancora all’infanzia) più altrettante aggiuntive “legate alla sfera strettamente scolastica, come la preparazione e la correzione di verifiche scritte o la partecipazione a collegi docenti, consigli di classe, di dipartimento e colloqui con i genitori”, ma il tempo fuori dall’aula si spende pure per “adempimenti burocratici, come la compilazione del registro elettronico o la stesura di rapporti sull’attività di insegnamento”. Lo studio ha rilevato che i docenti più anziani lavorano in media più ore extra-insegnamento rispetto ai colleghi più giovani. L’Osservatorio ha reputato infine strano che le ore lavorative complessive non siano fissate da contratto: molti contratti di lavoro esteri definiscono infatti sia le ore di lezione che quelle totali, assicurando maggiore trasparenza all’intero sistema scolastico.
Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, reputa “insopportabile il silenzio con il quale la rilevazione nazionale è stata accolta. Come intollerabile è il tempo trascorso dall’ultimo rinnovo contrattuale, con tante promesse, accordi e patti con il Ministro e il Governo di turno, ma senza che poi questo si traduca in un atto concreto. Continuiamo a pensare che senza almeno 300 euro di aumento e alcune indennità da collocare direttamente in busta paga, ad iniziare da quelle di rischio e di sede, qualsiasi altro aumento inferiore rappresenti l’ennesimo affronto verso una categoria che ha dato e sta dando tantissimi in termini di sacrificio e abnegazione per garantire la didattica tra le tante difficoltà dovute al Covid19. Se anche un Osservatorio universitario e super partes, come quello alla guida di Carlo Cottarelli, si sofferma su questa discrasia, sempre più evidente e che sempre più ci allontana dall’Unione europea, dove gli stipendi e la valorizzazione dei docenti sono su livelli decisamente più alti, significa che davvero la misura è colma”.
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