Evitare “ogni tipo di discriminazione, sia pur indiretta, peraltro nei confronti dei soggetti, quali i minori, cui l’ordinamento accorda una tutela rafforzata”: lo ha detto oggi, nel corso dell’audizione in Commissione Affari sociali della Camera, il Garante per la protezione dei dati personali Pasquale Stanzione, a proposito del decreto-legge n. 1/2022 “Misure urgenti per fronteggiare l’emergenza COVID-19, in particolare nei luoghi di lavoro, nelle scuole e negli istituti della formazione superiore”. Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, “la posizione del Garante dà sostanza ai nostri dubbi sulla lesione al diritto costituzionale all’istruzione che si sta attuando verso questi alunni: stiamo assistendo a degli atti discriminatori verso chi è senza vaccino o non ha completato il ciclo. Invece di garantire lezioni in classe in sicurezza, con sistemi di areazione, mascherine Ffp2 per tutti, aule adeguate, classi dimezzate e organici maggiorati e stabili si è deciso di imporre la vaccinazione obbligatoria”.
IL PARERE DEL GARANTE
Dall’analisi approfondita sulla questione delle differenze nell’erogazione della didattica tra alunni vaccinati e non vaccinati, Stanzione ha spiegato che “prima ancora di valutarne la proporzionalità sotto il profilo privacy, la disciplina in esame va analizzata da un punto di vista più complessivo, in ordine alla ragionevolezza della differenziazione nel diritto di fruizione dell’attività didattica nella sua modalità ordinaria (ovvero in presenza), in ragione della condizione immunitaria (o presunta tale) dello studente”.
Sempre secondo il Garante, “la norma sottende infatti un complesso bilanciamento – su cui il legislatore dovrà riflettere – tra il “diritto all’istruzione”, concepito dagli artt. 33 e 34 Cost. quale strumento per il pieno sviluppo della persona umana e del progresso sociale, il “diritto alla salute” quale fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività e, appunto, il diritto alla protezione dei dati personali. Se, dunque, il trattamento dei dati “sensibili” degli studenti è funzionale all’applicazione di un regime didattico differenziato - a sua volta corrispondente alla distinzione nel regime sanitario, tra quarantena e autosorveglianza, fondata sulla condizione vaccinale degli studenti - è sulla ragionevolezza di tale differenziazione che il legislatore deve interrogarsi”, sottolinea ancora il Garante per la protezione dei dati personali”.
Il dottor Stanzione ha quindi specificato che “preferibilmente nello stesso decreto-legge o, altrimenti, in provvedimenti attuativi cui si decida di rinviare (non essendo tali misure contemplate dalla nota operativa congiunta del Ministero dell’istruzione e del Ministero della salute dell’8 gennaio 2022), andrebbe previsto che la verifica del possesso dei requisiti per l’accesso sia effettuata: per il solo periodo di sorveglianza previsto dalla legge (dieci giorni), nei confronti dei soli studenti i quali fruiscano della didattica in presenza e a questo esclusivo fine; secondo modalità che assicurino la sicurezza e l’integrità dei dati, escludendo comunque l’acquisizione preventiva della relativa documentazione che deve avvenire solo al ricorrere dei presupposti normativi (due casi di positività) ed all’atto del controllo; nel caso di esibizione del green pass, utilizzando esclusivamente l’App di verifica C-19 (modalità rafforzata), come del resto prevede l’art. 6 del d.l. 5/22 (e, già prima, l’art. 30, c.1, d.l. 4/22, oggi abrogato), autorizzandone l’uso anche nelle more dell’aggiornamento del dPCM di cui all’articolo 9, comma 10, del decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 giugno 2021, n. 87”.
Il Garante ha anche detto che la verifica andrebbe effettuata “da parte personale autorizzato ai sensi dell’articolo 2-quaterdecies d.lgs. 196/2003 e debitamente istruito allo scopo; escludendo la conservazione della documentazione (ivi inclusa quella di esenzione da vaccinazione e quella relativa all’esito del test, secondo le previsioni di cui all’art. 6 dl. 5/22) e, naturalmente, ogni ipotesi di comunicazione indebita o diffusione dei relativi dati personali. Con tali integrazioni – ha concluso -, si potrebbe garantire in maniera più certa la minimizzazione del trattamento e del suo impatto sulla riservatezza individuale, circoscrivendo il flusso informativo entro i limiti strettamente indispensabili a garantire la didattica in presenza”.
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