Anche la Cassazione stabilisce che le supplenze su “spezzoni”, quindi con orario inferiore alla cattedra completa, devono essere attribuite al 31 agosto se il posto è vacante in organico: quindi al supplente vanno pagate le differenze retributive. Si tratta della sentenza n. 12621/22, con i legali Anief ancora una volta vincitori. Il giovane sindacato invita tutti coloro, anche se oggi di ruolo, che hanno svolto supplenze di questo tipo (pagate fino al termine delle lezioni o al massimo al 30 giugno) a produrre ricorso con Anief per recuperare le mensilità non pagate poiché lavorando su posto vacante andavano assegnati loro anche gli stipendi completi di giugno, luglio e agosto.
Tutti i docenti e Ata che hanno intenzione di verificare gratuitamente l’entità degli anni e delle somme economiche da recuperare, anche per altri diritti calpestati, possono continuare a fare libero uso del calcolatore on line messo a disposizione gratuitamente da Anief.
I CONTENUTI DELLA SENTENZA DELLA CASSAZIONE
Nel ripercorrere il caso, la stampa specializzata scrive che, “una docente, avendo avuto incarichi di supplenza, «fino al termine delle attività di didattiche», ha agito in giudizio affermando che le assegnazioni effettuate in suo favore sarebbero state illegittime, perché effettuate su posti “vacanti” (quindi da assegnare fino al termine dell’anno scolastico), rivendicando il diritto al pagamento della retribuzione per i mesi estivi. Si pronuncia la
Le tre tipologie di supplenze
Come è noto, l’art. 4 L. 124/1999 prevede tre tipologie di supplenze, ovverosia quelle su cattedre «vacanti e disponibili» per l’intero anno scolastico, cui si provvede mediante conferimento di «supplenze annuali» (co.1, c.d. “supplenze su organico di diritto”), quelle su cattedre «di fatto disponibili», cui si provvede mediante «supplenze temporanee fino al termine delle attività didattiche» per la copertura «delle ore di insegnamento che non concorrono a costituire cattedre o posti orario» (co.2, “supplenze su organico di fatto”) ed infine, nei casi diversi da quelli sopra indicati, le «supplenze temporanee» (co.3); I Giudici affermano che se il titolare di cui alla supplenza accetta un contratto “fino al termine delle attività didattiche” in altra sede, si può sostanzialmente realizzare un “declassamento” ad organico di fatto, del posto che si libera, e non può pertanto essere considerato come vacante.
L’assegnazione del docente in ruolo e la “vacanza” del posto
Afferma l’organo al vertice della giurisdizione ordinaria che nel caso di specie è dunque nel giusto il MIUR, nell’affermare che quella vacanza non era in realtà tale, in quanto l’assegnazione del docente di ruolo ad altra sede per quell’a.s. determinava solo una disponibilità di fatto, destinata a cessare in una con la cessazione dell’assegnazione all’altra sede del titolare di ruolo nella sede cui era stata destinata la docente e quindi, nel caso di specie, con il termine delle attività didattiche; ciò, deve concludersi, in lineare applicazione dell’art. 4 cit.
Conferimento della supplenza su spezzone orario e organico di fatto e di diritto
Concludono i giudici della Cassazione rilevando in definitiva che può affermarsi che il conferimento di supplenza su uno “spezzone” orario, ovverosia su un numero di ore in sé insufficiente ad integrare una cattedra, ha natura di supplenza su organico “di fatto” (art. 4, co. 2, L. 124/1999), se quelle ore non costituivano parte di una cattedra già istituita, mentre ha natura di supplenza su organico “di diritto” (art. 4, co. 1 L. 124/1999), se tali ore facevano parte di una cattedra già costituita come tale in ragione della dotazione organica, anche nelle forme della cattedra a completamento orario, in quest’ultimo caso sussistendo pertanto il diritto dell’incaricato a ricevere la retribuzione, nei limiti delle ore di incarico, fino al termine dell’anno scolastico e quindi fino al 31 agosto
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