Sono quasi un milione e mezzo gli insegnanti e il personale Ata che svolgono in Italia un lavoro povero, punito, umiliante, impossibile e paradossale: lo denuncia il sindacato Anief nel giorno della festa dei lavoratori. E la nuova riforma del sistema di reclutamento dei docenti, così come prevista dal PNRR, pubblicata poche ore fa in Gazzetta Ufficiale con il decreto legge n. 36 peggiora le condizioni.
Il sindacato spiega perché quello che si svolge a scuola è un lavoro povero: basta ricordare che un collaboratore scolastico prende quasi la metà di un lavoratore delle pulizie. E perché è un lavoro punito: l'insegnante entra di ruolo dopo anni di precariato, riceve il primo aumento in busta paga dopo ben nove anni, comunque sempre inferiore di dieci punti all'inflazione. Perché è un lavoro impossibile: per diventare docente della scuola pubblica bisogna superare cinque concorsi, attendere in media diversi anni, accettare di essere assunti tramite un algoritmo anche a mille chilometri da casa e poi comunque alla fine ritrovarsi con uno stipendio più basso di un operaio nemmeno specializzato. Chi opera nella scuola svolge anche un lavoro umiliante: le esigenze di famiglia o personali sono incompatibili con il trasferimento di sede, considerando che se si chiede l’avvicinamento si perdono gli incentivi legati alla continuità nella sede scolastica.
“Ma soprattutto – dice Marcello Pacifico, presidente Anief - quello scolastico è diventato un lavoro paradossale: nonostante stipendi da fame, mortificazioni quotidiane, punizioni esemplari e umiliazioni continue, sono ancora 700mila i precari che aspirano ogni anno, tanti ne sono contenuti tra Gps e graduatorie d’Istituto, a coprire ogni estate uno dei 200 mila posti liberi da insegnanti volutamente non coperti dallo Stato con personale di ruolo, solo perché in questo modo si continuano a far prevalere le ragioni di finanza pubblica a discapito della crescita culturale e umana delle nuove generazioni”.
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