“Non è possibile che un giovane lavori tutta la vita, fino a 74 anni, per avere il 60% dell’ultimo assegno”: a dichiararlo è stato oggi Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, durante un’intervista rilasciata alla rivista online Orizzonte Scuola. Il sindacalista autonomo ha voluto in questo modo commentare la ricerca prodotta dal Consiglio Nazionale dei Giovani con Eures sulle future pensioni degli attuali lavoratori under 35: il lor pensionamento potrebbe slittare spaventosamente in avanti, di altri 7 anni rispetto ai 67 attuali, con assegni mensili di quiescenza di poco superiori ai 1.000 euro.
Pacifico, che è anche segretario confederale Cisal, ha ricordato che “stiamo chiedendo di garantire la contribuzione gratuita da parte dello Stato degli anni di formazione universitaria. Poi abbiamo chiesto di ricalcolare le norme sui contributi”. Inoltre, “per il personale scolastico Cisal ha chiesto una finestra specifica: c’è un forte burnout nella scuola”.
“Avevamo chiesto i dati al MEF ma – ha continuato il sindacalista autonomo - ci hanno detto che non è possibile darli. Finché non partirà un’inchiesta non si potrà decidere di dare una finestra specifica al personale della scuola. Lavorare in un ufficio comunale e lavorare a scuola fino a 74 anni non è la stessa cosa. Da settembre faremo una serie di assemblee su questo punto ma anche sul nuovo contratto e sui diritti dei precari”.
IL DRAMMA DELLA PENSIONE RITARDATA CON ASSEGNO ULTRA-RIDOTTO
Ogni lavoratore può realizzare una stima, in base al suo stato lavorativo-previdenziale, su quando andrà in pensione e su quanto percepirà: a questo scopo, l’Istituto nazionale di previdenza sociale ha messo a disposizione un simulatore on line. Se, ad esempio, si applica il simulatore Inps ad una giovane docente (classe 1988) precaria che ha iniziato a lavorare come supplente già a 25 anni (con 10 anni di contributi ad oggi e iscrizione a fondo Espero), e senza riscatto degli anni universitari, risulta che questa andrà in pensione di vecchiaia a 74 anni o con pensione anticipata a 69 anni ma con un assegno della metà (circa 750 euro).
LE PESSIME PROSPETTIVE PER I GIOVANI
L’allarmante prospettiva, in passato più volte denunciata dal sindacato, è stata di recente evidenziata da Maria Cristina Pisani, presidente del Consiglio Nazionale dei Giovani, che ha espresso forte preoccupazione per questa tendenza, poiché, considerando la discontinuità lavorativa e le basse retribuzioni, molti giovani potrebbero ritrovarsi con pensioni appena superiori agli assegni sociali. Secondo le ultime proiezioni di Eures, per gli attuali under 35 lavoratori la pensione media potrebbe essere soltanto di 1.577 euro lordi mensili per i dipendenti e di 1.650 euro per coloro con partita Iva.
Al Sole 24 Ore, Alessandro Fortuna, specialista in politiche occupazionali e previdenziali, evidenzia che l’attuale sistema, basato sul calcolo contributivo, non solo perpetua le diseguaglianze ma penalizza ulteriormente i lavoratori con redditi più bassi. La beffa è che l’Italia presenta una spesa pensionistica pari al 17,6% del PIL, la seconda più alta nell’UE27. Il vero colpevole? La disparità retributiva: i giovani percepiscono compensi troppo bassi e quindi l’incidenza previdenziale è scarsa. Inoltre, dal 2011 al 2021, i contratti a tempo indeterminato tra i giovani sono diminuiti del 10%. Riconoscendo questa critica situazione, il CNG chiede con urgenza una “pensione di garanzia” per i giovani, che includa supporto e copertura per periodi di formazione e fragilità salariale.
LA PROPOSTA ANIEF-CISAL
In occasione del confronto sulle pensioni tra Governo e parti sociali dopo quattro mesi di stop, il 26 giugno scorso Cisal ha predentato al ministero del Lavoro un documento con misure specifiche per garantire la dignità degli assegni pensionistici in particolare modo per chi oggi è legato al sistema previdenziale “puro” contributivo: “La verità – conclude Pacifico – è che occorre garantire di andare in pensione con il massimo dei contributi che non possono essere inferiori all'80% dell'ultimo stipendio: qualsiasi riforma pensionistica deve partire da questo punto-base, oltre che incentivare l’anticipo pensionistico per tutte le professioni logoranti, come quelle che si svolgono a scuola, senza più penalizzazioni nell’assegno di pensione”.
“Tra il personale scolastico – ha aggiunto Pacifico - c'è un alto rischio di burnout e servono soluzioni concrete per evitare di lasciare il lavoro con patologie che gravano sulle persone e sullo stato sociale: iniziamo a riconoscere il riscatto gratuito degli anni di formazione universitaria, ad estendere il carattere gravoso del lavoro a tutto il personale, ad introdurre agevolazioni fiscali e investimenti appropriati per le pensioni complementari per rivalutare anche quello che ad oggi è soltanto un contributo figurativo da parte dello Stato”, ha concluso il sindacalista.
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