La fatidica soglia, frutto della somma degli anni anagrafici e di quelli contributivi, per mesi indicata dal M5S come imprescindibile per superare l’assurda Legge Fornero, confermata anche nel contratto di governo sottoscritto con la Lega, potrebbe valere solo a partire da una soglia minima. Questa, perlomeno, è la richiesta formulata in queste ore dalla Ragioneria generale dello Stato. A questo punto, è chiaro che se il neonato governo vorrà tenere fede a quanto detto nel corso della campagna elettorale sarà obbligato a reperire i finanziamenti utili. Altrimenti, ci troveremo davanti all’ennesima promessa incompiuta. I lavoratori non accetterebbero un passo indietro rispetto a quanto espresso per mesi e risultato tra i motivi principali che hanno portato al consenso per il nuovo assetto politico, da cui è scaturito il novello assetto parlamentare e governativo. Anzi, per i lavoratori della scuola serve sempre l’inclusione tra le categorie che svolgono una professione usurante.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): Introdurre la clausola dei 64 anni d’età andrebbe a costituire un grave cambiamento del programma di governo: nessuno ha obbligato i partiti a promettere la nuova soglia. Visto che si sono presi l’impegno, evidentemente gradito dalla maggior parte degli italiani, ora è bene portarlo avanti. Costi quel che costi. Come si sono trovati i soldi per sanare altre emergenze nazionali, ora si trovino quelli utili per mandare in pensione chi ha lavorato una vita e ora vuole passare la mano.
Secondo gli agenti del Commissariato di pubblica sicurezza e il personale dell'Asp Catania, il fatto implicava precise ipotesi di reato per via della mancata messa a norma del locale scolastico. La Procura della Repubblica di Catania ha quindi aperto un fascicolo a carico della preside: dopo attente e minuziose indagini ed un'ampia produzione documentale operata dal procuratore legale, il Pubblico Ministero ha accertato l’insussistenza di alcune delle violazioni contestate dagli agenti, ma soprattutto l’estraneità della dirigente scolastica. La quale aveva svolto tutto quello che era nelle sue possibilità, anche per quanto riguarda il sistema di prevenzione e protezione. A distanza di un anno esatto, qualche giorno fa, la Procura della Repubblica ha pertanto avanzato richiesta di archiviazione ed il Giudice delle indagini preliminari, recependo integralmente le argomentazioni del Pm ed emettendo decreto di archiviazione. Un episodio come quello di Catania dimostra come per i dirigenti scolastici è opportuno inviare sempre le segnalazioni agli enti locali di competenza (Comuni o province), i quali sono loro a doversi fare carico delle piccole problematiche di manutenzione ai sensi dell’art. 18 comma 3 del D Lgs. 81/08.
Marcello Pacifico (presidente Udir): Il provvedimento di archiviazione rende giustizia alla dirigente scolastica, costretta a difendersi da accuse infondate per colpa di una norma che identifica i dirigenti ‘Datori di Lavoro’ e che deve essere cambiata come da nostra proposta Udir presentata lo scorso settembre alla Camera. Prima che si arrivi all’avviso di garanzia, si deve infatti dare la possibilità ai presidi incriminati di poter replicare e difendersi già in sede stragiudiziale, con l’apporto e la consulenza dei tecnici che devono essere scelti come fiduciari poiché in questi casi delicati solo esperti e professionisti del settore possono fornire le giuste indicazioni.
I docenti, gli amministrativi, tecnici e ausiliari alle dipendenze del Miur, in servizio presso le scuole italiane all'estero, sono costretti a subire un'ingiustificata disparità di trattamento rispetto agli altri lavoratori pubblici ugualmente distaccati fuori il confine italiano ed in servizio presso le ambasciate. Inspiegabilmente, il Ministero degli Affari Esteri, anziché allineare l'aliquota applicata ai vari stipendi italiani per calcolare la misura dell'Indennità di Servizio Estero (ISE) a quella applicata “sulla base del costo della vita e dei servizi” al personale delle Ambasciate, a dispetto dell’approvazione della nuova norma, ha illegittimamente ridotto la "percentuale di disagio" fissata dal MAECI per tutti gli Stati in cui il lavoratore ottiene il distacco, ponendo in essere, così, una vera e propria disparità di trattamento economico a discapito del solo personale scolastico in servizio all'estero. Eppure l’articolo 29 del D.lgs. 64/2017, nel ridefinire per il personale della scuola in servizio all'estero le basi di calcolo per i trattamenti economici e per le cosiddette "indennità di rischio e disagio", ha correttamente disposto l’equiparazione tra tutti i lavoratori pubblici distaccati fuori confine.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): L'indennità di rischio va parametrata al costo della vita e discriminare il personale scolastico all'estero è una palese illegittimità. Pertanto per il personale scolastico in servizio all'estero le stesse situazioni di rischio e disagio presenti nella circoscrizione a cui sono assegnati vengono valutate in misura minore rispetto a quanto considerato per il calcolo percentuale del trattamento economico dei dipendenti pubblici italiani che non prestano servizio nella scuola. Per tale motivo, il nostro ufficio legale ha predisposto una specifica diffida e avviato il ricorso volto a tutelare i diritti dei lavoratori della scuola distaccati nelle scuole italiane all'estero. L'indennità di ‘rischio e disagio’ determina, inoltre, non soltanto la base di calcolo dell'Indennità di Sevizio Estero (ISE), ma anche tutte le indennità accessorie correlate, come il contributo abitazione, la maggiorazione per coniuge e per figli a carico, l'indennità di prima sistemazione, anch'esse drasticamente diminuite a seguito della illegittima rideterminazione della percentuale di maggiorazione per rischio e disagio per il solo personale scolastico.
Anief dà il suo benvenuto al nuovo esecutivo, a quasi tre mesi dalle elezioni che il 4 marzo scorso portarono alla composizione del nuovo Parlamento italiano. È bene, ora, che la maggioranza si impegni con celerità per salvare la scuola dal baratro, iniziando l’opera con la cancellazione del precariato, riaprendo le GaE e assumendo tutti i precari sui 100mila posti vacanti. Da apprezzare, c’è anche la volontà di modificare la Legge Fornero, introducendo quota 100, sempre a patto che quelle della scuola vengano considerate professioni usuranti: a questo proposito, è sempre bene ricordare che si tratterebbe di una norma che riavvicina l’Italia all’Europa, dove l’età media pensionabile è 63 anni, ad iniziare dagli insegnanti.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): Chiediamo di mantenere fede ad alcuni degli obiettivi sulla scuola espressi durante la campagna elettorale e ribaditi nel contratto di governo sottoscritti qualche settimana fa. Ci sono delle parti che se attuate libererebbero la scuola da pesanti fardelli che rischiano di compromettere l’avvio del prossimo anno. Riaprire le GaE, con un decreto d’urgenza, supererebbe la discussa sentenza del Consiglio di Stato che ha messo alla porta oltre 60mila maestri con diploma magistrale. Ma significherebbe anche salvare dal precariato sine die altre decine di migliaia di precari abilitati con i corsi di Scienze della formazione primaria e altre modalità, puree tutti gli abilitati della scuola secondaria. Visto che il nuovo governo ha previsto pure un Ministro dell’Inclusione, mai come ora è giunto il momento di immettere in ruolo i 45mila docenti di sostegno. Dal governo ci aspettiamo che porti anche avanti la volontà di cancellare la chiamata diretta e l’alternanza scuola-lavoro. Ma pure la prevenzione contro il bullismo e l’introduzione dello sport nella primaria, attraverso il laureato in scienze motorie nell’organico di ruolo. Bene pure la volontà espressa di cancellare le classi ‘pollaio’: migliorerebbe le condizioni di apprendimento degli alunni e anche di lavoro dei docenti, oltre a garantire la sicurezza. Viene da sé che anche gli organici del personale subiranno degli incrementi. Sarà un motivo in più per assumere tutti i precari abilitati, ma pure gli Ata con oltre 24 mesi, come ribadito proprio in queste ore dal Parlamento europeo attraverso una risoluzione rivolta a tutti gli Stati membri ma soprattutto in Italia.
Rispondendo alle numerose petizioni riguardanti la lotta alla precarietà e all’abuso dei contratti a tempo determinato, tra cui quelle dell’Anief, il Parlamento europeo in queste ultime ore ha fornito una risposta perentoria. Attraverso una risoluzione - rivolta al Consiglio, alla Commissione e ai governi degli Stati membri – sollecita le parti in causa “ad adottare provvedimenti immediati nella sua legislazione per affrontare in modo efficace le pratiche occupazionali che conducono alla precarietà”. Perché “il lavoro precario implica una maggiore esposizione alla vulnerabilità socioeconomica, risorse insufficienti per una vita dignitosa e una protezione sociale inadeguata”. Inoltre, nella risoluzione si evidenzia che “la lotta al lavoro precario deve essere perseguita attraverso un pacchetto strategico multilivello e integrato che promuova norme del lavoro inclusive ed efficaci unitamente a misure efficaci per garantire il rispetto del principio di uguaglianza”.
Pertanto, il Parlamento UE “invita la Commissione e gli Stati membri a combattere il lavoro precario, garantendo lo sviluppo di nuovi strumenti e il rispetto coerente della giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea”, in primis rispettando la sentenza Mascolo C-22/13 emessa a Lussemburgo il 26 novembre 2014, “nonché l'applicazione concreta della legislazione dell'UE e nazionale a livello nazionale al fine di risolvere il problema del lavoro dignitoso e attuare un approccio basato sui diritti”. Facendo poi esplicito riferimento alla direttiva 1999/70/CE, ricorda che ogni Stato membro ha “l'obbligo di punire tale abuso, compresa, in aggiunta, la possibilità per il lavoratore interessato di ottenere il risarcimento per qualsiasi danno subito in passato”. A questo scopo, sottolinea anche che “l'indennizzo deve essere in ogni caso adeguato ed efficace e deve costituire un risarcimento integrale per tutti i danni subiti”, facendo intendere che introdurre per legge dei “tetti” di risarcimento, come accade in Italia, costituisce un artificio che lede i diritti del precario anche nella fase risarcitoria. Il Parlamento, quindi, invita gli Stati membri a garantire appieno la parità di retribuzione per lo stesso lavoro nello stesso luogo di lavoro, aggiungendo quindi un’ulteriore conferma alla posizione della Cassazione che apre agli scatti di anzianità anche ai precari.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal: Laposizione assunta dal Parlamento UE è un segnale aggiuntivo e incoraggiante sulla strada intrapresa dal giovane sindacato nella difesa dei diritti dei precari, finalizzati alla loro stabilizzazione e al trattamento equiparato ai colleghi di ruolo a partire dai compensi. Siamo sempre più convinti che fare parte dell’UE non può servire solo alla ricerca del pareggio di bilancio, ma anche a rispettare le indicazioni che giungono da Bruxelles. Continuare ad ignorarle, come è stato fatto sinora, sarebbe immorale ma soprattutto andrebbe a formare, nei confronti dell’Italia, l’etichetta di Paese inaffidabile e opportunista. Speriamo, a questo punto, che la svolta arrivi dal nuovo Governo: se, davvero, si vuole guardare ad un’Europa comune, guidata da valori e norme analoghe, allora si parta dai tanti lavoratori non di ruolo, che non meritano di invecchiare da precari.