La stima è stata resa pubblica attraverso il rapporto semestrale ARAN, aggiornato a dicembre 2015 e pubblicato in queste ore. Il rapporto evidenzia come i lavoratori della scuola, il cui contratto è fermo al 2009, abbiano un potere di acquisto delle loro retribuzioni, che diminuisce in modo inesorabile.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): il problema è che all’Aran, la parte pubblica ha anche l’obbligo di applicare al comparto pubblico le norme sul merito previste dal Decreto Legislativo 150/09, con gli aumenti stipendiali legati alle performances piuttosto che all’anzianità di servizio. Dimenticando che inserire questo modello, in perfetto in stile aziendale, per la scuola rappresenterebbe la fine, perché gli aumenti automatici in busta paga rappresentano da sempre l’unica forma di carriera per il 99 per cento dei docenti e del personale Ata.
Per chi non vuole più accettare tutto ciò, il sindacato ha predisposto apposito ricorso.
Doppio salto all’indietro: stipendi annui fermi a 34.300 euro, con la prospettiva di avere nel 2019 l'età media dei dipendenti statali di oltre i 53 anni per colpa del giro di vite delle riforme pensionistiche. Per il sindacato, oggi un dipendente dovrebbe percepire almeno il 20% in più in busta paga. Ed è assurdo che non siano state previste deroghe alla riforma Monti-Fornero.
Marcello Pacifico (Anief-CIsal): i lavoratori statali più penalizzati sono quelli che operano nella scuola, dove due insegnanti su tre sono già over 50: la media delle retribuzioni rimane addirittura inferiore ai 30mila euro lordi annui. Ed è una situazione che riguarda quasi esclusivamente l’Italia. Perché un docente tedesco percepisce quasi il doppio, con la possibilità di andare in pensione anche dopo 27 anni di contributi.