La Corte Costituzionale ha oggi pubblicato la Sentenza 187/2016, depositata il 20/07/2016, sulle supplenze reiterate nella scuola: il giudice delle leggi ha confermato che quest’ultime sono in contrasto con la disciplina europea, perché ha dichiarato, così come si legge nel disposto finale della Consulta, che “l’illegittimità costituzionale, nella parte in cui autorizza, in mancanza di limiti effettivi alla durata massima totale dei rapporti di lavoro successivi, il rinnovo potenzialmente illimitato di contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili di docenti nonché di personale amministrativo, tecnico e ausiliario, senza che ragioni obiettive lo giustifichino”. La Corte indica positiva la strada tracciata dalla Legge 107/2015, con il programma straordinario di assunzioni e i risarcimenti per il personale Ata.
Marcello Pacifico (presidente Anief): rimangono fuori dalla soluzione citata dai giudici almeno 80 mila docenti precari, che insegnano per lo più su posti vacanti e disponibili dalle graduatorie d’istituto, nonché più di 40 mila Ata ancora oggi esclusi dalle immissioni in ruolo: pertanto, dopo sei anni di contenzioso e denunce dell’Anief, la riforma Renzi è solo un primo passo. Resta poi ferma la possibilità per il personale già assunto di ottenere comunque il risarcimento. Solo in Piemonte con i legali Anief, ne sono stati conferiti più di un milione in un anno ad una settantina di precari. Pertanto, i 10 milioni di euro indicati nel comma 132 della Buona Scuola non sono che un acconto.
Agli ingenui sindacati rappresentativi sono state oggi illustrate a Viale Trastevere le modalità di scelta dei docenti tramite gli ambiti territoriali: alto potere discrezionale ai dirigenti scolastici, inflazione di titoli standard e tempi contingentati. Con i quali dovranno fare i conti le segreterie, ridotte all’osso, di oltre 8mila istituti autonomi italiani.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): ora si rischia il caos per via della scelta soggettiva e discrezionale di coloro che sono terminati negli ambiti territoriali. Dopo aver estromesso l’anzianità servizio, cardine delle selezioni del personale che opera per lo Stato, si è escogitato un sistema che elude le indicazioni provenienti dal Ptof. Ogni giorno che passa la chiamata diretta assume rilievi sempre più incostituzionali. Il tutto si svolgerà in tempi ristrettissimi che serviranno per assolvere alle candidature dei docenti, al loro esame, alle eventuali accettazioni e all’entrata in scena finale degli Usr per mettere a posto le ultime ‘caselle’. Perché a questo siamo arrivati: i nostri docenti, che dovevano essere valorizzati, alla resa dei conti sono stati ridotti a dei numeri da mettere a posto, con i professori della scuola media che sembra avranno appena ventiquattrore di tempo per accettare la proposta della scuola. E con il consenso definitivo che dovrà arrivare solo via PEC.
Gli eurogiudici di Lussemburgo confermano quanto sostiene da anni il giovane sindacato: “quando cessa il rapporto di lavoro e dunque la fruizione effettiva delle ferie annuali retribuite non è più possibile”, scatta l’applicazione della direttiva comunitaria 2003/88, secondo cui il lavoratore ha pieno “diritto a un'indennità finanziaria per evitare che, a causa di tale impossibilità, egli non riesca in alcun modo a beneficiare di tale diritto, neppure in forma pecuniaria”. Le legislazioni nazionali che aggirano tale indicazione, come quella austriaca per cui si è esaminato il caso, ma anche quella italiana, non sono ammissibili.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): è dal 2012 che sosteniamo che il godimento delle ferie è un diritto conclamato e riconosciuto da tutti i Paesi moderni: va inteso come momento di 'ricreazione' e per questo motivo non può essere fruito durante la sospensione del servizio. Chi ha creato norme ad arte, come i nostri governi, per aggirare tale principio sacrosanto ora è stato messo con le spalle al muro. L’avvocatura dello Stato ora avrà i suoi problemi a spiegare ai giudici perché si è agito diversamente.
(Teleborsa) – Nel mondo della scuola si continua a parlare della “chiamata diretta” dei docenti da parte dei presidi.
Dopo la rottura coi sindacati, il Miur si appresta infatti a redigere delle linee guida, con all’interno un ventaglio base di requisiti molto ampio, da cui i dirigenti ricaveranno i 4-6 requisiti ritenuti più confacenti per la scelta del docente cui conferire il posto attraverso la nuova modalità prevista dalla riforma scolastica. Secondo i sindacati il rischio è alto e si prospetta una “corsa al ribasso”. Appena approvate le linee guida – sottolinea il sindacato ANIEF – i dirigenti scolastici cercheranno docenti con le competenze, le esperienze e i titoli, andando ad attingere dalla “rosa dei candidati che proporranno il curriculum proprio in quella scuola, però non sulla base delle esigenze particolari di ogni scuola, ma attingendo dai titoli predefiniti dal Miur. “Non cambia nulla se i requisiti richiesti per ricoprire il posto sono ristretti o allargati: in ogni caso, l’adozione di modalità standard, sulla base parametri generici, costituisce una forzatura”, denuncia il presidente del sindacato ANIEF, Marcello Pacifico, che aggunge: “la Legge, del resto, parla chiaro: a tenere in mano il ‘timone’ sono le richieste delle scuole, non l’amministrazione centrale attraverso liste precostituite da far utilizzare successivamente ai presidi. Ancora una volta, così, saranno i giudici a intervenire e a tenere alto il valore del merito quale unico parametro per l’accesso ai pubblici uffici. È già accaduto nel 2012”.
Dopo la rottura coi sindacati, il Miur si appresta a redigere delle linee guida con all’interno un ventaglio base di requisiti molto ampio, da cui i dirigenti ricaveranno i 4 o 6 requisiti ritenuti più confacenti per la scelta del docente cui conferire il posto attraverso la nuova modalità prevista dal comma 79 della L. 107/2015. Il rischio è alto e si prospetta una "corsa al ribasso". Appena approvate le linee guida i dirigenti scolastici cercheranno docenti con le competenze, le esperienze e i titoli andando ad attingere dalla “rosa dei candidati che proporranno il curriculum proprio in quella scuola, però non sulla base delle esigenze particolari di ogni scuola, descritte nel Ptof, ma attingendo dai titoli predefiniti dal Miur”.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): non cambia nulla se i requisiti richiesti per ricoprire il posto sono ristretti o allargati: in ogni caso, l’adozione di modalità standard, sulla base parametri generici, costituisce una forzatura. La Legge, del resto, parla chiaro: a tenere in mano il ‘timone’ sono le richieste delle scuole, non l’amministrazione centrale attraverso liste precostituite da far utilizzare successivamente ai presidi. Ancora una volta, così, saranno i giudici a intervenire e a tenere alto il valore del merito quale unico parametro per l'accesso ai pubblici uffici. È già accaduto nel 2012.
La scuola dovrebbe fornire sostegno e pari opportunità anche a chi ha delle difficoltà, sia fisiche che psicologiche, ma purtroppo spesso non è così. Il fatto ancora più grave è che la mancata copertura delle ore da parte di insegnanti di sostegno avviene già nelle scuole primarie. Da alcuni anni l’ANIEF attiva l’iniziativa “Sostegno: non un'ora di meno!” per l’immediata attivazione, con ricorsi d’urgenza, di nuovi posti e per il recupero delle ore negate agli alunni con disabilità grave riconosciuta ai sensi dell'art. 3, co 3 della L. n. 104/92, i quali hanno diritto, come ribadito dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 80/10 al cosiddetto rapporto 1:1. In caso di disabilità grave, cioè, tutti i limiti stabiliti da esigenze di bilancio sono illegittimi.
100 giorni non sono bastati per raddoppiare il compens dei commissari.
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