I capi d’Istituto percepiscono meno di 59mila euro lordi l’anno. Mentre sono i dirigenti amministrativi di II fascia che operano all’interno dell’amministrazione scolastica centrale (Miur) e periferica (Usr, Ambiti territoriali) a portare a casa circa 100mila euro annui.
Tuttoscuola: eppure il capo d’istituto ha alle proprie dipendenze in media almeno 100 persone (tra docenti e amministrativi), mentre un dirigente amministrativo ne ha mediamente 5-6. Il dirigente scolastico amministra un migliaio di studenti, spesso di settori scolastici diversi, e ne ha la responsabilità civile. Che sono estese alla sicurezza degli edifici scolastici, alla gestione previdenziale, alla trasparenza dei siti web.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): per comprendere la gravità della situazione, basta dire che quattro anni fa la retribuzione media era più alta, ma ora è diminuita di oltre 4mila euro. Gli aumenti previsti dal Miur non cambiano molto la situazione, per questo siamo pronti ad impugnarli e chiedere adeguamenti veri.
Con ben sette sentenze ottenute dall’ANIEF presso i Tribunali del Lavoro di Torino e Ivrea, il Ministero dell’Istruzione è stato condannato per discriminazione e violazione di norme comunitarie nei confronti di 22 docenti precari cui non aveva mai riconosciuto il diritto alle progressioni di carriera e all’anzianità di servizio maturata in ragione dei tanti contratti a termine succedutisi nel corso degli anni. Gli Avvocati Fabio Ganci, Walter Miceli e Giovanni Rinaldi – che con la solita professionalità hanno saputo ottenere ragione patrocinando i diritti dei nostri iscritti – dimostrano in tribunale l’illecita discriminazione posta in essere da sempre dal MIUR nei confronti dei dipendenti precari e ottengono la condanna dell’Amministrazione a più di 70.000 Euro di risarcimento.
Mancano ormai due settimane alla chiusura dei bandi per il nuovo concorso a cattedra e vista l’esuberanza con cui alcune organizzazioni sindacali promuovono la partecipazione alla procedura anche da parte di chi è sprovvisto dello specifico titolo di abilitazione, il Ministro Giannini ha pensato nei giorni scorsi di rivolgere un appello al buon senso dei candidati, esortandoli a non ostacolare la selezione.
Una mossa ingenua quella di Viale Trastevere o la prova evidente del timore di vedersi nuovamente sommersi dagli atti dei giudici? Ne abbiamo parlato con il Presidente Anief Marcello Pacifico. Continua a leggere.
Sembra ripetersi il copione del 2012, quando tanti aspiranti docenti, anche in quel caso estromessi senza validi motivi, grazie al sindacato presero parte alle verifiche alla pari degli altri candidati per poi vedersele validare dal Consiglio di Stato.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): sono numeri destinati a crescere, perché i ricorrenti sanno bene che siamo intenzionati a sollevare la questione in tutte le sedi possibili, anche alla Cedu. Non si comprende perché la Legge 107/2015 dal prossimo anno scolastico possa dare facoltà ai capi d’istituto di individuare anche personale privo di abilitazione all’insegnamento, mentre questa possibilità debba essere negata a coloro che hanno i medesimi titoli e ora vogliono partecipare alla selezione diretta nazionale.
Per l’Anief, un’iniziativa come quella annunciata dal Ministero, potrebbe avere un senso logico in altri Paesi, dove al corpo insegnante viene assegnato un corrispettivo a fine mese adeguato al prezioso lavoro profuso. Ma non in Italia, dove gli stipendi degli insegnanti sono bloccati da oltre sei anni e hanno perso tra il 13,3% e il 19,7%,: perché equivale ad una beffa. Solo dalla sottrazione dell’indennità di vacanza contrattuale, pari al 10% dello stipendio, ad ogni insegnante vengono negati in media 1.800 euro l’anno. Che moltiplicati per 40 anni di lavoro superano ampiamenti i fondi riservati ora dal Miur invece a pochi “intimi”.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): cifre simili sono anche quelle assegnate per sentenza, dai tribunali del lavoro, a quei docenti precari che hanno presentato ricorso per avere adeguati risarcimenti, dovuti anche alla mancata assegnazione degli scatti di anzianità e delle mensilità estive. Perché, ha ravvisato giustamente il giudice, in definitiva svolgono il medesimo lavoro ed hanno le stesse responsabilità dei colleghi già di ruolo. Per tutti, inoltre, rappresenta un vero insulto alla professione, al lavoratore e alle loro famiglie, presentarsi al tavolo del rinnovo contrattuale con 3,5 euro netti di adeguamento. Ecco perchè noi ricorriamo.
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