Tra contestazioni, polemiche e ricorsi, sta per concludersi faticosamente la procedura del vecchio concorso: ma il regolamento per il nuovo non è ancora pronto.
Tra contestazioni, polemiche e ricorsi, sta per concludersi faticosamente la procedura del vecchio concorso: ma il regolamento per il nuovo non è ancora pronto.
La Direzione Regionale del Partito Democratico pugliese approva all'unanimità un documento che impegna i parlamentari della regione “a mettere in campo tutte le azioni possibili perché questo DDL venga ritirato dal Governo”: perché con questa riforma “si annienta la riforma parlando discuola-azienda”,che è in contrasto con l'idea della scuolacomunità educante, che si fonda sul principio della libertà di insegnamento.
Dopo il successo dello sciopero del 24 aprile, continua la scia di proteste: migliaia di docenti, precari, studenti e genitori parteciperanno alle manifestazioni spontanee vestiti a lutto, per promuovere "una lettura corale degli art. 3, 21, 33, 34 e 97 della Costituzione italiana” calpestatati dal ddl di riforma. A Roma, l'appuntamento è in piazza Montecitorio, davanti alla Camera, dove in contemporanea la Commissione starà votando gli articoli del disegno di legge. Nel frattempo, anche le Regioni si ribellano.
Marcello Pacifico (Anief-Confedir): la protesta sta assumendo proporzioni sempre maggiori. Non si tratta, di certo, di qualche fischio isolato, come ha detto ieri il premier Renzi a Bologna. Anief - con Unicobas e Usb - ha dato il là alle contestazioni portando a Roma 10mila manifestanti. In queste ore sono previste centinaia di uscite in piazza spontanee. Per domani è stato proclamato un altro sciopero. Il problema è che il Governo continua a non ascoltare chi la scuola la conosce bene, perché la vive e tocca con mano i suoi problemi tutti i giorni. La riforma non può passare come un atto unilaterale per le stanze dei palazzi di Governo e del Miur e non possono di certo bastare alcuni micro-emendamenti per modificarne l’impianto fortemente negativo.
Martedì 5 maggio, data dello sciopero nazionale contro il DDL n. 2994 e la cosiddetta riforma de "La Buona scuola", presso la sede della Regione di viale Aldo Moro 50 a Bolognasi riunisce, nel pomeriggio, l'Assemblea Legislativa dell'Emilia Romagna per discutere e approvare la risoluzione presentata dal Movimento 5 Stelle con la quale si chiede al Governo e al Ministero di includere nel piano di stabilizzazione, oltre ai docenti precari delle GAE, anche i docenti delle GI con più di 36 mesi di servizio. La risoluzione dell'Emilia che si colloca nel solco delle risoluzioni trasversali già presentate e approvate in Piemonte e Toscana, si pone gli stessi obiettivi che vanno da una soluzione per il precariato scolastico al nuovo reclutamento e alla formazione dei docenti, fino all’innovazione e riorganizzazione strutturale delle scuole. L’iniziativa è stata presentata da tutte le forze politiche e in particolare da un’esponente del Movimento Cinque Stelle. Si tratta della Capogruppo in Regione Giulia Gibertoni che si è fatta portavoce delle tante istanze dei docenti presso l'Assessore regionale all’Istruzione, Patrizio Bianchi.
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Il Comitato per la legislazione di Montecitorio muove rilievi al testo del d.d.l. n.2994
Il Comitato per la legislazione (organismo consultivo permanente della Camera, formato da 10 deputati) riversa una gragnola di critiche; un esempio: “… Il testo adotta espressioni imprecise ovvero suscettibili di ingenerare incertezze sull'effettivo significato tecnico-normativo; ciò si riscontra, ad esempio, all'articolo 7, comma 1, che attribuisce al dirigente scolastico la responsabilità «delle scelte didattiche», con una formulazione che … sembrerebbe attribuirgli una posizione di tipo gerarchico e che dovrebbe essere specificata e qualificata nel suo esatto significato stante anche il principio costituzionale della libertà di insegnamento (articolo 33) nonché il carattere partecipativo della formazione del POF.”
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Il Consiglio di Stato dà piena conferma e ragione alle tesi sostenute dall'ANIEF e accoglie il ricorso di due docenti di ruolo ingiustamente escluse dalla possibilità di frequentare i corsi PAS. La questione che l'ANIEF fin da subito aveva denunciato riguardava, infatti, la possibilità – per i docenti già immessi in ruolo – di partecipare alle sessioni speciali di abilitazione, bandite con il decreto ministeriale n. 58 del 25 luglio 2013, che espressamente lo esclude.
Il sistema di calcolo, atteso da 20 anni e che nel 2016 sarà accessibile a 23 milioni e mezzo di dipendenti, permetterà al lavoratore di individuare il proprio conto contributivo. Il problema è che la “stretta” su requisiti di accesso e assegno di quiescenza produrrà effetti devastanti: anche chi lascerà con 40 anni di lavoro, nella maggioranza dei casi andrà in pensione con la metà e anche meno dell’ultimo stipendio. La beffa è dovuta al fatto che il sistema contributivo attuale prevede un’incidenza sull’accontamento previdenziale decisamente più sfavorevole al lavoratore rispetto ai modelli pensionistici precedenti. Negli altri Paesi, però, si continuano a percepire pensioni dignitose.
Marcello Pacifico (Anief-Confedir): non dimentichiamo che circa quasi tre milioni di dipendenti statali si ritrovano con gli stipendi bloccati da sei anni e così sarà fino al 2019. E che quelli della scuola, dopo un fermo di stipendio decennale, riceveranno appena 5 euro come indennità. Intanto, i ‘Quota 96’ rimangono bloccati in servizio: ora serve anche un censimento. Ci rendiamo conto che il rispetto per il lavoratore e per la sua dignità umana è ormai sceso sotto il livello di guardia?
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