Degli oltre 8 milioni di lavoratori in attesa del rinnovo, quasi il 40% lavora nel pubblico impiego, dove da ormai sette anni vige il blocco della contrattazione. Per gli statali il futuro prossimo è nero, come il recente passato: perché in base alle stime del Mef, dopo una moderata crescita delle retribuzioni per l’anno in corso, dobbiamo aspettarci una riduzione delle medesime per gli anni 2017 e 2018 (rispettivamente -0,8 e -0,2 per cento), per poi stabilizzarsi nel 2019. Pure l’indennità di vacanza contrattuale rimarrà “congelata” a lungo: almeno sino al 2018 e forse anche fino al 2021.
Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario confederale Cisal: eppure quell’indennità è l’unico modo, previsto dalla legge in queste situazioni di stallo, per risarcire il lavoratore nelle more dello stanziamento delle risorse economiche e deve essere corrisposta come una sorta di anticipo dei futuri adeguamenti di stipendio, nella misura del 50% dell’inflazione ufficiale. Ma tale principio è valso solo per il privato, dove gli aumenti stipendiali sono stati del 20% medio. I conti dello Stato non possono in nessun caso prevaricare il diritto dei lavoratori. Per questo abbiamo predisposto dei ricorsi, per il recupero di somme che vanno da un minimo di 180 euro lordi all’anno a un massimo di 1.800, calcolati su una busta paga media di 1.500 euro. Anief, pertanto, ribadisce la volontà di ricorrere per l’adeguamento dell’indennità di vacanza contrattuale.