Tra le varie opzioni, sembrerebbe che quella papabile sia quota 100 con almeno 64 anni di età. Quindi andrebbero in pensione coloro che raggiungono la quota 100 sommando età anagrafica (almeno 64 anni) e contributi versati (36 anni). Mentre ‘quota 41’, costituita dal montante di contributi complessivi, starebbe per essere sostituita da ‘quota 42’. Anief ha sempre reputato importante che il nuovo governo desse seguito a quanto promesso con il “Contratto per il governo del cambiamento” M5S e Lega, pochi giorni prima di vedersi affidato l’incarico: in particolare, a pagina 33 di quel contratto, vi è scritto che “occorre provvedere all’abolizione degli squilibri del sistema previdenziale introdotti dalla riforma delle pensioni cd. ‘Fornero’, stanziando 5 miliardi per agevolare l’uscita dal mercato del lavoro delle categorie ad oggi escluse. Daremo fin da subito la possibilità di uscire dal lavoro quando la somma dell’età e degli anni di contributi del lavoratore è almeno pari a 100, con l’obiettivo di consentire il raggiungimento dell’età pensionabile con 41 anni di anzianità contributiva, tenuto altresì conto dei lavoratori impegnati in mansioni usuranti”. Per il sindacato, quindi, non è possibile pensare che si ignori un impegno così importante, peraltro ancora oggi considerato prioritario dai vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini, al pari del reddito di cittadinanza e della flat tax.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): Approfitto di questi giorni di pausa e di riflessione per chiedere al governo di essere coerente con gli impegni presi con gli italiani. I lavoratori che rappresentiamo non potrebbero tollerare cambi di direzione in corsa, ancora una volta a loro svantaggio. Per quanto riguarda i docenti e Ata della Scuola, sarebbe anche bene che l’Inps richiedesse finalmente quei contributi figurativi mai versati e si impegni, con i governanti, non a realizzare sterili bracci di ferro, ma a modellare un sistema previdenziale in linea con l'Europa, dove si va in pensione a 63 anni. Ricordo che in Francia e in Germania bastano 25 anni di insegnamento per lasciare il servizio. Sono Paesi dove sanno bene quanto sia usurante stare dietro la cattedra e operare a supporto della crescita delle nuove generazioni: una condizione psicologica davvero pesante, che si traduce prima sotto forma di stress e poi di patologie da burnout. Pensare di mandarli a 67 anni sarebbe un errore imperdonabile. Perché se è vero che si vive per lavorare, è altrettanto vero che non si può morire lavorando. Ecco perché, se proprio non dovessero essere da subito introdotte ‘quota 100’ e ‘quota 41’, che comunque attendiamo nel corso del tempo, è bene che si proceda al più presto ad abbassare la soglia di accesso a 63 anni, così da ritrovarci almeno in linea con la media europea.
La nota Miur sugli organici 2018, che prevedeva una sola ora di esecuzione per il primo strumento nei licei musicali, è stata nuovamente censurata dal TAR del Lazio e annullata in via definitiva per violazione della normativa primaria. Marcello Pacifico (Anief-Cisal): avevamo ragione sin dall'inizio; il taglio delle ore di strumento nei licei musicali è illegittimo. Vigileremo perché il Ministero esegua correttamente gli ordini del tribunale e ripristini la seconda ora di esecuzione del primo strumento.
La nuova sentenza ottenuta dai legali Anief Walter Miceli e Denis Rosa è stata emanata nei giorni scorsi dal TAR Lazio e annulla definitivamente la nota n. 16041/2018 del Ministero dell'Istruzione - in cui si stabiliva anche per il 2018 il taglio della seconda ora di esecuzione per il primo strumento nei licei musicali - ritenendola illegittima perché emanata in violazione della normativa primaria. Marcello Pacifico (Anief-Cisal): “La normativa in materia e, nello specifico, il DPR n. 89/2010 sono chiari nell'attribuire una priorità all'apprendimento tecnico-pratico della musica e nell’individuazione del monte ore specifico per ciascun insegnamento della sezione musicale e sin da subito il nostro sindacato ha denunciato l'illegittimità dell'operato del Miur fornendo supporto legale concreto e gratuito alle famiglie degli alunni interessati. Il Ministero dell'Istruzione non aveva alcuna discrezionalità nella modifica del monte ore e il TAR Lazio lo ha ribadito e ci ha dato nuovamente e pienamente ragione confermando quanto da noi sostenuto nell'interesse del diritto all'istruzione dei tanti alunni iscritti ai licei musicali”.
La prima sollecitazione arriva dalla magistratura contabile che ha certificato dati significativi, lanciando l’allarme sulle supplenze: dei 154mila docenti di sostegno, un terzo (54mila) è in deroga; nella relazione si evidenzia che l’andamento è stato costantemente in crescita fino ad arrivare nel 2016 a 254.366 certificazioni che si sono tradotte in un costo annuo di circa 5,1 miliardi di euro, per una spesa media complessiva unitaria annua di circa 33 mila euro.
Intanto, con ordinanza n. 4952/2018, il tribunale amministrativo chiede al ministro dell’Istruzione Marco Bussetti di fornire il numero di alunni disabili tra il 2012 e il 2017 e quello dei ricorsi subiti per mancata assegnazione dei docenti. Il contenzioso è stato promosso dai legali Anief che hanno assistito le famiglie per contestare le circolari n. 52/17 dell’Ufficio Scolastico per la Regione Sicilia e n. 16041/18 del Miur sul numero invariato dei 4.872 posti in deroga di sostegno assegnati per il prossimo anno scolastico, nonostante l’aumento di 724 iscrizioni di alunni con disabilità certificata.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): La Legge 128/2013 ancora oggi preclude la stabilizzazione di decine di migliaia di docenti specializzati, collocati su posti dell’organico di fatto, anziché di diritto: solo il 70% dell’organico risulta nei ruoli dello Stato, ma è quasi raddoppiato il numero di alunni con disabilità certificata, con un’incidenza di assunzioni bloccate che supera oramai le 50 mila unità. Dopo avere visto approvare, con la Buona Scuola e il dl 66/2017, una riforma del sostegno dannosa, ci ritroviamo con 100 mila insegnanti di sostegno di ruolo rispetto ai 150 mila: ciò accade per far prevalere le ragioni finanziarie rispetto al diritto allo studio. Il Miur negli ultimi anni ha tirato la corda oltre modo, tanto che ora il Tar del Lazio ci vuole vedere chiaro: dopo diverse sentenze, che danno un indennizzo alle famiglie per il mancato servizio pubblico necessario ai loro figli, i giudici chiedono una precisa istruttoria al Miur per capire per quale motivo, nonostante l’aumento degli alunni disabili, gli organici rimangono invariati. E per sapere quanto costa ai cittadini questo modo di procedere.
Anief, per le famiglie, nel frattempo rilancia la campagna “Sostegno, non un’ora di meno!” per ricorrere gratuitamente e ottenere le ore di sostegno spettanti a ogni nostro alunno. Per info e adesioni è possibile scrivere a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..
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Modalità di svolgimento
Dallo studio annuale della Ragioneria generale dello Stato, reso pubblico in queste ore, emerge che 28.403 euro annui, percepiti da chi ha operato nella scuola nel 2016, rappresentano di gran lunga il compenso annuo più basso del pubblico impiego. “Seguono quelli degli enti locali (29.081) e dei ministeri (30.695). Ben altre cifre per magistrati (138.268), prefetti (93.026) e diplomatici (92.819)”. L’aspetto più inquietante per i docenti e Ata è che nel 2015 i compensi annuali medi si attestavano a 29.307 euro, in risalita rispetto all’anno precedente (29.130). Poi il crollo, di quasi mille euro a testa. La scuola, quindi, arretra a livello di trattamento economico. E non si dica che il rinnovo di contratto ha cambiato le cose. Perché davvero a poco sono serviti i mini-aumenti accreditati a giugno 2018 e gli arretrati ancora più ridicoli percepiti il mese prima, frutto di un accordo finale sottoscritto solo dai sindacati Confederali il 20 aprile scorso, che ha portato incrementi retributivi lordi pari allo 0,36% per il 2016, all’1,09% per il 2017 e al 3,44% a regime: peccato che nello stesso periodo di blocco, l’inflazione sia cresciuta di oltre il 15%. Ed in ogni caso, le distanze rispetto al resto dalla PA rimangono immutate. Ecco perché diventa importante giocarsi bene la partita del prossimo rinnovo contrattuale, visto che l’attuale Ccnl con il prossimo 31 dicembre sarà già scaduto.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): In Italia gli stipendi dei nostri docenti risultano davvero scarsi, rispetto alle medie UE, pure a fronte di un impegno di lavoro addirittura superiore: sia nella scuola primaria (22 ore settimanali contro 19,6) che nella secondaria superiore (18 contro 16,3). Così, alla beffa degli stipendi sovrastati dall’inflazione, per la mancata applicazione dell’indennità di vacanza contrattuale, e non certo adeguati dagli 85 euro medi di aumenti, peraltro in parte a rischio per il personale con compensi più bassi perché non è scontato che il governo approvi l’intesa contrattuale sulla perequazione stipendiale della scuola, si deve ora aggiungere quella del confronto con gli altri Paesi europei.
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