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Giungono le prime reazioni alle indiscrezioni sulla volontà da parte del Ministro di dare seguito al vecchio progetto di Berliguer e Morati sulla riduzione del percorso scolastico di un anno, che permetterebbe agli studenti di conseguire il diploma a 18 anni. Pubblichiamo i comunicati di CISL e ANIEF.

Dichiarazione di Francesco Scrima 
Segretario Generale della CISL Scuola

Percorsi scolastici, inutili e sbagliate nostalgie

Ripensare articolazione e durata dei percorsi di studio, con l'obiettivo di un diploma a 18 anni? Non è un discorso nuovo, nè impresa facile, come si è già visto con precedenti esperienze, che non vorremmo qualcuno volesse riproporci. 
Un'impresa che certamente non sembra alla portata di questo governo, non fosse altro per i tempi di cui dispone. 
Ci chiediamo allora che senso abbia mettere in azione fantomatici gruppi di lavoro per compiti che si sa già in partenza di non poter svolgere, quando sarebbe bene dedicarsi a risolvere i problemi che anche quest'anno rendono travagliato l'avvio dell'attività delle scuole. 
Se poi, come sembra, si volesse dare spazio a qualche nostalgia di riforme ordinamentali già rivelatesi inattuabili, diciamo che anche oggi, come allora, non accetteremmo progetti che mortifichino e penalizzino quella parte del nostro sistema scolastico capace di restituire i migliori risultati, come avverrebbe se la 
“grande trovata” fosse quella di uno scivolamento in basso degli attuali percorsi, anticipandoli tutti di un anno. 
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Scuola – Anief: diploma a 18 anni? Miur vuole solo fare “cassa”
‘I più recenti studi indicano di allungare l’apprendimento in classe’

Ridurre di un anno la durata del percorso scolastico? Se è vera l’indiscrezione riportata nelle ultime ore dai mass-media, che porterebbe i nostri ragazzi a diplomarsi a 18 anni anziché a 19, il ministro Profumo farebbe bene a concentrare i propri sforzi su aspetti decisamente più importanti. Come quello di portare fino alla maggiore età l’obbligo scolastico e contemporaneamente di coinvolgere gli studenti più “difficili” potenziando l’alternanza scuola-lavoro.

“Il progetto del Miur di cancellare un anno di studi - dichiara Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato ai quadri e direttivi della Confedir - rappresenta un altro tentativo che va contro la logica del merito e della cultura all’investimento delle risorse umane. Come se il tasso di abbandono scolastico in Italia non fosse tra i più alti dell’area Ocse. Il forte sospetto è che la spinta a realizzare certe iniziative nazionali sarebbe allora legata a mere esigenze di cassa”.

L’Anief ritiene significativo che tutte le indagini sull’istruzione prodotte negli ultimi anni, confermate da agenzie internazionali e persino dallo stesso Miur, abbiano invece indicato la necessità di far frequentare la scuola a tutti i lavoratori: ciò favorirebbe una migliore riconversione professionale, oltre che i processi di razionalizzazione e ricapitalizzazione dell’impiego delle risorse umane.

“Un esempio virtuoso che l’Italia dovrebbe seguire – sostiene Pacifico – è quello condotto da alcuni Stati degli Usa, dove è stato dimostrato che un percorso di apprendimento ridotto non porta a maggiori chance nella ricerca del lavoro. Né, tantomeno, permette di acquisire più conoscenze, capacità e competenze. Il nostro Governo potrebbe anche guardare a modelli educativi-formativi geograficamente più ‘vicini’, come quello tedesco: in Germania, infatti, gli studenti possono contare su un sapiente utilizzo dell’apprendistato, che essendo strettamente collegato al tessuto industriale permette ai giovani di specializzarsi in campi produttivi reali ma contemporaneamente di accrescere il proprio sapere continuando a frequentare la scuola”.

Alla luce di queste considerazioni, l’Anief teme quindi che il progetto ora all’esame di una decina di esperti incaricati dal Miur possa avere solo uno scopo: il taglio di 50mila unità di personale. “Non bisogna essere dei guru – conclude Pacifico – per prevedere che l’anticipo di un anno del corso di studi, assieme alla volontà espressa da tempo di abolire il valore legale del titolo di studio, metterebbe una pietra tombale sulla validità del nostro sistema scolastico”.

Fonte: Orizzonte Scuola

Continuiamo le interviste per sondare le posizioni del mondo sindacale sul concorso per i docenti. Questa è la volta del Prof. Marcello Pacifico, presidente dell'ANIEF, l'intervista è di Daniela Sala.

Quale idea vi siete fatti di questo concorso?

Sicuramente c'è una grande confusione. Noi chiediamo al Ministro di riflettere sulla praticabilità e opportunità di questo concorso. In pochi giorni abbiamo assistito a dichiarazioni contrastanti da parte dei due sottosegretari e rispetto anche alle dichiarazione del Ministro. I 54mila posti per il prossimo triennio sembrano scomparsi e gli 11mila posti ora messi a concorso saranno forse spalmati sul triennio. Purtroppo non si sono voluti ascoltare né i precari né le sentenze della Corte europea, che obbliga a stabilizzare chi ha più di 36 mesi di servizio e dall'altra parte si è annunciato di voler inserire i giovani nella scuola quando proprio i più giovani, i neolaureati e gli ammessi al Tfa non potranno partecipare.

Che cosa si potrebbe o dovrebbe fare?

Si dovrebbe riprendere un serio piano di immissioni in ruolo, su tutti i posti o disponibili, che non sono solo quelli al 31 agosto: ci sono anche diversi posti al 30 giugno che dovrebbero essere dati di ruolo. Intanto a Mantova, ad esempio, siamo al paradosso che i precari sono sotto ricatto: chi aveva fatto causa e ottenuto il risarcimento danni è stato indotto a rinunciare a questi soldi in cambio di un'ennesima supplenza. La verità è una sola: per anni si è abusato dei precari e ora l'unica cosa giusta da fare è riconoscere loro il merito che ogni giorno hanno dimostrato con un reclutamento massiccio su tutti i posti disponibili.

Ecco, per quanto riguarda il reclutamento quali misure ritenete auspicabili?

In questo momento si sta procedendo con una distorsione rispetto a quanto stabilito dal legislatore, infatti il progetto iniziale del 2006 di riforma di formazione e reclutamento è stato tradito già con le Siss, un sistema basato su un numero chiuso in entrata che in teoria al termine doveva garantire l'assunzione. Peccato che i numeri fossero basati su previsioni di posti successivamente non disponibili, per effetto, chiaramente, dei tagli.
In teoria comunque l'accesso alle Siss era basato su un numero di posti disponibili e vacanti previsti per il triennio successivo, ecco perché oggi il ministro prima annuncio un concorso su posti disponibili all'1 settembre e poi si contraddice dicendo che i posti rigurdano il triennio: una vecchia regola che era quella della previsione dei posti sul triennio viene inserita in un sistema nuovo dai contorni indefiniti.
La prima cosa da fare è quindi chiarire quali sono i posti disponibili: l'ex provveditorato deve fare una seria ricognizione anche perché ormai, per prassi, molti posti posti vengono dati al 30 giugno e non al 31 agosto. Poi occorrere rimettere mano con urgenza al dimensionamento scolastico, peraltro dichiarato incostituzionale, e ai tagli che hanno riguardato il personale ata, altrimenti è impossibile capire come stabilizzare queste persone che lo Stato ha sfruttato per anni per fare supplenze e per far funzionare la scuola. Dopodiché bisogna trovare un sistema che colleghi formazione e reclutamento, reclutamento che deve essere fatto con mezzi o trasparenti e che certamente non può essere affidato ai dirigenti scolastici.

Che tipo di sistema immaginate per il reclutamento invece?

Siamo totalmente contrari alla chiamata diretta delle scuole, per un semplice motivo: il dirigente pubblico non può essere licenziato in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi, può ricevere sanzioni ma non essere licenziato. E in pratica fino a quando il dirigente scolastico non sarà considerato direttamente responsabile è impensabile mettere nelle sue mani un simile potere sul personale scolastico.
Potrebbe invece funzionare un sistema che leghi la selezione iniziale con con la formazione sul campo e infine con l'assunzione in ruolo, ma questo può essere fatto soltanto se a priori non ci si dimentica delle storie personali e della professionalità che i precari hanno maturato negli anni. Insomma siamo contrari a qualunque provvedimento che non tenga conto della situazione attuale e dello stato attuale della precarietà in Italia: non si può lavorare sui massimi sistemi se non si ha idea della situazione reale e dei numeri. E questo è anche il motivo di tanta confusione in questi giorni: alla basa c'è una fotografia degli organici che non corrisponde alla realtà. E questo porta all'invenzione di nuovi sistemi di reclutamento lontani dalla realtà e guarda caso poi cadono.

Tanto che avete già annunciato possibili ricorsi.

Innanzitutto siamo stati i primi a dire che in questo momento non si può parlare di ricorso se non si conosce il bando. Certo è però che dalle riunioni con i sindacati sono emerse in maniera ufficiosa delle bozze preoccupanti. Noi comunque preferiamo appellarci al buon senso del Ministro perchè fermi il concorso, piuttosto che tentare di fermarlo ricorrendo a procedimenti giudiziari.
In ogni caso non si capisce perché è stata posta una data oltre la quale i laureati, a parità di titolo, non sono ammessi e questa è una palese disparità di trattamento. Così come siamo riusciti a far ammettere i precari al concorso a dirigente scolastico, così siamo pronti a intervenire anche rispetto a questa discriminazione..

Al momento che cosa si può fare di concreto?

Rivedere gli organici sulla base della normativa vigente, poi, in applicazione della direttiva europea 1999/70 stabilizzare i precari su tutti i posti vacanti e disponibili e quindi studiare un serio piano di immissione in ruolo. E non stiamo parlando di una sanatoria ma di persone che sono state già formate dallo stato per fare gli insegnanti.

Siete d'accordo con la scelta di riservare metà dei posti al concorso e l'altra meta alle GaE?

Il problema delle assunzioni è legato alla Costituzione, per cui ci è necessario fare i concorso. La legge non dice però quanti concorsi l'amministrazione deve bandire. Il problema, di nuovo, è che al netto del turn over sono scomparsi 200mila posti nella scuola. E guarda caso, dopo aver formato nuovi insegnanti per anni oggi ci sono 200mila persone in graduatoria e non per colpa loro: la colpa è dello Stato che prima li ha formati pensando di averne bisogno e poi, preso da politiche di rigore, con tagli lineari li ha ingabbiati nelle graduatorie.

Quale sarebbe ora il male minore?

Chi sta in graduatoria ha maturato delle aspettative di assunzione nel giro di pochi anni. Ecco perché noi ancora prima di questa polemica sul concorso abbiamo chiesto al Ministro di fare il concorso almeno solo sulle classi di concorso esaurite. Ma così non sarà e ci sarà di nuovo una guerra tra poveri.

D'altra parte c'è chi, come Mimmo Pantaleo (Flc-Cgil), vede nel bandire un concorso solo su classi esaurite una discriminazione ulteriore.

Certo in passato abbiamo assistito a discriminazioni anche per quanto riguarda il divario tra Nord e Sud. Il problema comunque sono i numeri e la confusione che sui numeri ha fatto il Ministro.
Stiamo parlando di ipotesi quando l'unica cosa sensata sarebbe fare una bella pausa di riflessione, rivedere egli organici e poi procedere a un ragionato piano di immissioni, senza dimenticarsi anche dei futuri iscritti al Tfa.

Fonte: Orizzonte Scuola

Di Meglio: non vorremmo che l’obiettivo fosse l’ennesimo taglio di posti nella scuola pubblica statale. Pacifico: pur di fare cassa mettono una pietra tombale sulla validità del nostro sistema scolastico.

Ma quale allineamento didattico della la scuola italiana al resto d'Europa? La volontà manifestata dal Governo Monti di ridurre di un anno il ciclo di studi scolastici - anticipando a 18 anni, anziché a 19, il conseguimento del diploma di maturità - deriverebbe prima di tutto dall’esigenza di dare un’ulteriore bella sforbiciata al numero di cattedre e di posti afferenti al personale Ata. Tanto è vero che se dovesse realizzarsi, l’intenzione dell’esecutivo, peraltro già manifestato dopo poche settimane dall’approdo a viale Trastevere, in particolare attraverso l’apertura espressa dal sottosegretario Marco Rossi Doria (con inevitabile strascico di polemiche) si verrebbe a creare un esubero di personale stimabile tra le 40mila e le 60mila unità.

Nelle ultime ore a farsi portatori di questa tesi sono stati alcuni sindacati autonomi. I quali, dopo i confederali, in particolare Flc-Cgil e Cisl Scuola, hanno espresso forti critiche, verso l’idea allo studio del Miur. Secondo Rino Di Meglio,coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, “non si comprende la finalità di una simile ipotesi. Non vorremmo che l’obiettivo fosse l’ennesimo taglio di posti nella scuola pubblica statale”. Secondo il sindacalista a capo della Gilda “sarebbe bene che il ministro Profumo, nei pochi mesi ancora a sua disposizione, si concentrasse sulle tante questioni aperte nel mondo della scuola e puntasse a far funzionare tutto ciò che ancora non va”.

Altrettanto piccata è la risposta dell’Anief, secondo cui il ministro Profumo dovrebbe concentrare i propri sforzi su aspetti decisamente più importanti. Come quello di portare fino alla maggiore età l’obbligo scolastico e contemporaneamente di coinvolgere gli studenti più “difficili” potenziando l’alternanza scuola-lavoro. “Il progetto del Miur di cancellare un anno di studi - dichiara Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato ai quadri e direttivi della Confedir - rappresenta un altro tentativo che va contro la logica del merito e della cultura all’investimento delle risorse umane. Come se il tasso di abbandono scolastico in Italia non fosse tra i più alti dell’area OcseIl forte sospetto è che la spinta a realizzare certe iniziative nazionali sarebbe allora legata a mere esigenze di cassa”.

L’Anief ritiene significativo che tutte le indagini sull’istruzione prodotte negli ultimi anni, confermate da agenzie internazionali e persino dallo stesso Miur, abbiano invece indicato la necessità di far frequentare la scuola a tutti i lavoratori: ciò favorirebbe una migliore riconversione professionale, oltre che i processi di razionalizzazione e ricapitalizzazione dell’impiego delle risorse umane. Il presidente del sindacato degli educatori in formazione, Marcello Pacifico, è convinto che non bisogna andare troppo lontano per capire cosa fare: basta recarsi “in Germania”, dove“gli studenti possono contare su un sapiente utilizzo dell’apprendistato, che essendo strettamente collegato al tessuto industriale permette ai giovani di specializzarsi in campi produttivi reali, ma contemporaneamente di accrescere il proprio sapere continuando a frequentare la scuola”. Davvero amara la conclusione del leader dell’Anief: “non bisogna essere dei guru – conclude Pacifico – per prevedere che l’anticipo di un anno del corso di studi, assieme alla volontà espressa da tempo di abolire del valore legale del titolo di studio, metterebbe una pietra tombale sulla validità del nostro sistema scolastico”.

Fonte: Tecnica della Scuola

''I tablet al sud sono necessari, la Lega si rassegni''. Così l'Anief replica a Maroni che ieri aveva criticato l'iniziativa.

''Stiamo solo assistendo - afferma l'associazione in una nota - alla solita politica irritante a cui ci ha abituato da tempo la Lega. Il segretario Maroni dovrebbe sapere - dichiara Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato ai quadri e direttivi della Confedir - che il materiale informatico è stato assegnato a una serie di regioni (Campania, Puglia, Calabria, Sicilia) che appartengono ad aree sottoutilizzate. Tanto è vero che i finanziamenti per acquistarli sono di tipo Fas e fanno capo a fondi della Comunità europea finalizzati a potenziare le regioni obiettivo 1.

Forse la Lega Nord - continua Pacifico - rimpiange il periodo politico in cui attraverso il Cipe, abusando del potere assunto durante l'ultimo Governo Berlusconi, ha permesso di dirottare alle scuole del Nord diversi fondi dell'Unione destinati al meridione. La decisione del ministro Profumo di potenziare finalmente le scuole del sud non può che trovarci d'accordo: speriamo, anzi, che sia solo la prima - conclude il sindacalista - di una serie di tranche finalizzate a risollevare finalmente le aree del paese più in difficolta'''.

Fonte: ANSA

Anief: assumere i precari con 36 mesi di servizio è la vera priorità. Flc-Cgil: è un'operazione di pura propaganda. Mario Pittoni (Lega): questo concorso è uno spreco e si basa su una formula ampiamente superata.

Le prese di posizione contro i concorsi si susseguono. Ormai a sostenere i concorsi, Ministro e sottosegretario Rossi Doria, sono rimasti davvero in pochi. 

L’Anief sostiene che la vera priorità è l’assunzione dei precari con 36 mesi di servizio e anche l’on. Anita Di Giuseppe contesta la decisione del ministro Profumo di bandire nuovi concorsi. 

La Flc-Cgil non ha dubbi e afferma che “l'annunciato concorso è pura propaganda e che con la promozione della qualità della scuola pubblica non ha niente a che vedere”. 

In un comunicato di queste ore il senatore della Lega Mario Pittoni afferma anche che questo concorso non consentirà affatto di facilitare l’assunzione delle 4 categorie che più di altre si aspettano una rapida soluzione dei propri problemi lavorativi: iscritti nelle graduatorie provinciali ad esaurimento, nuovi abilitati, abilitandi e non abilitati che hanno maturato un certo periodo di servizio.  Il fatto è – sostiene Pittoni – che questo concorso si basa su una formula ampiamente superata e in sostanza si tradurrà in un vero e proprio spreco di denaro pubblico.  Secondo Pittoni “non prendere in considerazione le peculiarità anche di una sola di queste categorie, può generare scontro sociale, mettendo a rischio l’intero progetto”. Gli insegnanti - aggiunge ancora il parlamentare - si chiedono: per chi viene bandito questo concorso? Non certo per i giovani neolaureati sprovvisti di abilitazione. E pure gli abilitati si contenderanno nell’arco di tre anni una cattedra su una disponibilità complessiva di soli 12 mila posti. Ha senso tutto questo? Se poi corrisponde al vero l’annunciata strutturazione delle procedure concorsuali, la spesa sarà di svariati milioni”. Conclude Pittoni: “In attesa di una riforma vera (non di un semplice regolamento che consentirebbe soltanto qualche ritocco a vecchi meccanismi, incapaci di filtrare il merito in modo omogeneo), e se davvero sono disponibili tali risorse non sarebbe meglio impiegarle per potenziare il servizio?” 

Fonte: Tecnica della Scuola

 

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XXIV2012

 

 

 

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