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Polemiche per la frase al ‘Wall Street Journal’: "il lavoro non è un diritto ma va guadagnato". Per l’ex ministro dell’Istruzione bisogna avere il coraggio di dire basta all'idea del posto fisso. Fini e D’Alema: un errore di traduzione dell’intervista. Critiche da Idv, Lega e sindacati.

"Il lavoro non è un diritto ma va guadagnato, anche con il sacrificio": è questa la frase che il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, ha pronunciato, nel corso di un’intervista al ‘Wall Street Journal’, scatenando tantissime proteste. Ma anche autorevoli posizioni in sua difesa. Soprattutto dopo la precisazione dello stesso ministro del Lavoro, che ha tenuto ha sottolineare come il diritto al lavoro non possa essere messo in discussione perchè è riconosciuto dalla Costituzione.

Tra i più strenui difensori della Fornero si è posto l’ex ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini: "il mondo del lavoro – ha detto la Gelmini - non può più coltivare la sicurezza e l'idea del posto fisso. Ingannerebbe il presente e il futuro delle giovani generazioni, sia sul versante dei valori cui ispirarsi per affrontare una competizione globale, sia sul versante di un impegno pubblico che non è più in grado di sopportare politiche assistenziali sulle quali la vecchia politica ha costruito il consenso".

Secondo l'ex ministro Pdl "in fondo è questo il senso delle affermazioni del ministro Fornero considerate - sottolinea - dal conservatorismo della sinistra italiana purtroppo eretiche. Non stupisce quindi che sia sottoposta ad attacchi vergognosi e velenosi, che il suo coraggio subisca un fuoco concentrico di malevoli attenzioni", rincara la Gelmini che chiude con un'ulteriore stoccata: "stupisce il silenzio dei 'responsabili' che per essere tali hanno accompagnato in rigoroso silenzio il travaglio di una nuova legislazione".

Diversi esponenti del Pdl hanno preso le difese della Fornero. Anche per Giuliano Cazzola le su dichiarazioni "hanno suscitato un vespaio di critiche insulse per una ragione molto banale. Noi italiani non riusciamo a perdonare chi, come il titolare del welfare, denuncia, magari con poca diplomazia, che il re è nudo e non si adegua alla retorica di cui siamo malati".

Di equivoco legato alla traduzione parlano, invece, alcune importanti figure della politica italiana. Come il presidente della Camera, Gianfranco Fini, per il quale l'equivoco è “nato dal fatto che parlando con un giornale inglese, quel giornalista, che probabilmente non conosce l'articolo 3 della costituzione abbia equivocato". L'equivoco sarebbe avvenuto "nel senso che è un diritto il lavoro, non è un diritto il posto di lavoro garantito a vita”.

Una posizione molto simile a quella di Massimo D'Alema, presidente della Fondazione Italianieuropei, secondo cui “la traduzione giusta della parola 'job' dall'inglese sia 'posto di lavoro' e non 'lavoro', ma le traduzioni è meglio farle giuste". 
Molto più severo è il parere di Antonio Di Pietro, leader Idv, ("A quanto pare la badessa Fornero ha riscritto la Costituzione"), Gianvittore Vaccari, Lega Nord ("Fornero ha giurato sulla Costituzione o su Topolino?").

Forti critiche sono giunte anche dai sindacati. Per il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni, "Fornero farebbe bene a essere più sobria: se anche un governo tecnico ha ministri non sobri allora vuol dire che siamo di fronte a una malattia molto, molto profonda. Fornero - ha aggiunto Bonanni - sia più consona allo svolgimento della sua funzione e così aiuterà senz'altro il lavoro italiano, la funzione del governo e riuscirà a relazionarsi con le parti sociali".

Severo pure il giudizio di Marcello Pacifico, presidente Anief: "Il ministro del Lavoro conferma ogni giorno che passa la sua incompetenza sul dicastero che dovrebbe reggere: il lavoro non si deve guadagnare, è un diritto-dovere, l'essenza stessa della nostra italianità". Pacifico, che è anche docente di Storia medievale all'università di Palermo, sostiene che "chi è chiamato a certe alte responsabilità dovrebbe sapere che il tema del lavoro è legato alla storia dell'uomo fin dalla sua comparsa, strettamente legato al rapporto con la divinità. La fatica di Adamo ed Eva, cacciati dall'Eden, si lega all'espiazione dei monaci benedettini nella vita giornaliera dell'ora et labora, nell'ultimo impero millenario che ha visto la venuta del Cristo. Nel XIII secolo, il lavoro cambia natura, da elemento mortificante diventa elemento edificante". L’evoluzione è continua, sino ad oggi, quando "la nostra costituzione laica prevede al suo primo articolo il lavoro come elemento caratterizzante la cittadinanza: la Repubblica deve rimuovere ogni ostacolo alla ricerca e all'accesso al lavoro invece che impedirne la realizzazione. Chiunque può non condividere questa posizione - conclude Pacifico - non è un rappresentante dello Stato".

Fonte: Tecnica della Scuola

Dopo l'Anief, anche il sindacato Gilda annuncia l'intenzione di portare la sentenza della Cassazione davanti alla Corte europea per ottenere la stabilizzazione dei docenti precari.

“E' stata una spiacevole sorpresa che colpisce il diritto alla stabilizzazione del rapporto di lavoro dei precari, negando loro la parità di trattamento di carriera rispetto ai docenti di ruolo”. Il coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, Rino Di Meglio, commenta così la sentenza della Cassazione che, lo scorso 20 giugno, ha stabilito la legittimità della  reiterazione dei contratti di supplenza.

“Oltre a mandare in fumo la speranza di immissione in ruolo o di eventuale risarcimento per migliaia di insegnanti – sottolinea Di Meglio – tale sentenza è in palese contrasto con la relativa normativa europea”.

La Gilda su questo fronte annuncia battaglia per la tutela dei diritti dei precari: “Promuoveremo  un procedimento di infrazione contro lo Stato italiano alla Commissione europea per manifesta violazione della direttiva comunitaria in tema di tutela del lavoratore precario – conclude il sindacalista – ma soprattutto un ricorso alla Corte europea di Strasburgo per violazione della Carta Ue dei diritti dell'uomo”. 

Fonte: Tuttoscuola

"Il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, conferma ogni giorno che passa la sua incompetenza sul dicastero che dovrebbe reggere: il lavoro non si deve guadagnare, è un diritto-dovere, l'essenza stessa della nostra italianità". A sostenerlo è Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato Confedir Mit-Pa alle alte professionalità, a proposito delle ultime dichiarazioni rese dal ministro sulla necessità di nostri cittadini di guadagnarsi sul campo il lavoro da svolgere.

Pacifico, che è docente di Storia medievale all'università di Palermo, sostiene che "chi è chiamato a certe alte responsabilità dovrebbe sapere che il tema del lavoro è legato alla storia dell'uomo fin dalla sua comparsa, strettamente legato al rapporto con la divinità. La fatica di Adamo ed Eva, cacciati dall'Eden, si lega all'espiazione dei monaci benedettini nella vita giornaliera dell'ora et labora, nell'ultimo impero millenario che ha visto la venuta del Cristo. Nel XIII secolo, il lavoro cambia natura, da elemento mortificante diventa elemento edificante nella ricerca di contribuire al progetto divino di realizzazione di un regno di pace e di giustizia".

"Bisogna collaborare con Dio al punto che per Giansenio il lavoro diventa un dovere morale nella gestione della propria vita, come trasmesso nel modello anglosassone e ripreso nelle democrazia occidentali. Per questa ragione la nostra costituzione laica prevede al suo primo articolo il lavoro come elemento caratterizzante la cittadinanza: la Repubblica deve rimuovere ogni ostacolo alla ricerca e all'accesso al lavoro invece che impedirne la realizzazione. Chiunque può non condividere questa posizione - conclude Pacifico - non è un rappresentante dello Stato".

Fonte: TMNews

La Cassazione ha dunque escluso che la direttiva europea per la stabilizzazione dei precari possa essere applicata alla scuola.

L’Anief, che più di ogni altro sindacato si era battuta per ottenere la stabilizzazione dei docenti precari, con ripetuti ricorsi ai giudice del lavoro, prende atto, masticando amaro, della sentenza che considera, comunque, politica, ma non si arrende, prospettando un nuovo ricorso presso la Corte di Strasburgo.

È un giudizio molto forte considerare di natura politica una sentenza della Cassazione: è forse politica perché ha dato torto, mentre non sono politiche le sentenze dei giudici del lavoro che danno ragione ai precari?

Al di là della sentenza politica – si legge in un comunicato dell’Anief - la massima appare scontata: lo Stato non ha soldi e i precari devono ringraziare il Governo per essere utilizzati anche per diversi anni, cosi da poter un giorno rivendicare, grazie all’esperienza maturata sul campo (posti disponibili e alti tassi di natalità permettendo), una immissione in ruolo per scorrimento di graduatoria; massima che Anief, ovviamente, intendere contestare subito”.

Dopo aver espresso diverse valutazioni sul merito della sentenza, l’Anief aggiunge: “non possiamo, infine, ignorare come già il giudice europeo si sia espresso sulla materia quando ha ricevuto rassicurazione dal Governo italiano sull’applicazione della norma comunitaria in esame nel settore scolastico. Per queste ragioni, intendiamo rassicurare i precari della scuola che la partita non può ritenersi chiusa, non soltanto perche la Cassazione sarà chiamata presto a un riesame che chieda alle Sezioni Unite di pronunciarsi definitivamente sulla materia, ma fino a quando il contenzioso non giungerà a una decisione di Strasburgo, dove qualsiasi pronuncia diventa vincolante per tutti i giudici nazionali, compresi quelli di ultimo grado.

La questione, insomma, è destinata ad avere un seguito, non solo a livello europeo, ma anche a livello nazionale.

Infatti le tante cause portate davanti al giudice del lavoro, per ottenere la stabilizzazione dei precari della scuola con almeno tre anni di lavoro continuativo, dovrebbero tutte decadere. Ma c’è di più: sarà annullate anche quelle sentenze che avevano applicato la direttiva europea imponendo alla Amministrazione scolastica di convertire i rapporti di lavoro in contratti a tempo indeterminato?  

Fiduciosi sull’esito finale, ne approfittiamo per rallegrarci dell’immissione in ruolo della prima ricorrente precaria iscritta all’Anief, disposta da un ambito territoriale su ordine del giudice che ne ha convertito il contratto, quale segno di una partita ancora lunga per molti altri, sicuramente contrastata, ma dagli esiti già evidenti. 

Fonte: Tuttoscuola

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XXIV2012

 

 

 

In questo numero:

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I RICORSI

Dimensionamento: per evitare il licenziamento i Dsga costretti a cambiare regione

Ricorso contro il blocco quinquennale della mobilità per il personale docente neo immesso in ruolo 

Scheda di rilevazione dati Ricorso Mobilità - Trasferimenti