Tutte le notizie

Del mancato via libera a 4mila dipendenti cui serviva il riconoscimento del servizio fino al 31 agosto si discuterà anche in tribunale. Il ministro del Welfare: capisco rabbia, ma non è un'ingiustizia. Anche gli over 65 anni tremano: ottenere la proroga per rimanere in servizio sarà davvero dura.

Sembrano non volersi rassegnare i circa 4mila dipendenti, in larga parte insegnanti, che hanno visto sfumare negli ultimi mesi la possibilità di andare in pensione a seguito dell’approvazione della riforma Monti-Fornero: naufragata la possibilità di un emendamento al decreto Milleproroghe, su cui si era a lungo impegnato il Partito democratico, i diretti interessati hanno man mano iniziato a muoversi attraverso iniziative legali. Dopo la costituzione del gruppo on line “Quota 96, venutosi a creare all’interno del nel blog dell'on. Manuela Ghizzoni (Pd), negli ultimi giorni a farsi promotori dei ricorsi sono stati alcuni sindacati. Il mancato riconoscimento del servizio che va dal 1° gennaio al 31 agosto 2012 diventerà materia di Tribunaleamministrativo regionale attraverso, ad esempio, la Uil Scuola: il sindacato guidato da Massimo Di Menna ha annunciato che impugnerà il diktat del governo mettendo a disposizione una dettagliata scheda che riassume i requisiti necessari per impugnareal Tar del Lazio, tramite le segreterie provinciali, una “decisione del governo che penalizza i lavoratori del nostro settore in modo particolare, creando disparità”. 

Sempre la Uil Scuola riassume le tipologie di persone interessate dal ricorso (c’è tempo sino al 14 aprile): i nati tra l’1.1.1952 e il 31.8.1952 che alla data del 31.8.2012 o del 31.12.2012 maturano almeno 36 anni di servizio: i nati/e nel 1951 (o uomini nati in anni precedenti) che maturano 35 anni di servizio entro il 31.8.2012 o il 31.12.2012; tutti i dipendenti che maturano 40 anni di servizio entro il 31.8.2012 o entro il 31.12.2012.

A procedere per il riconoscimento di un diritto cambiato “in corsa” è anche l’Anief: l’associazione sindacale, che ha fatto delle battagli in tribunale uno dei suoi cavalli di battaglia, ha annunciato oggi che a seguito della mancata “risposta positiva del Miur alla diffida inviata dall’Anief per conto dei propri associati nei giorni scorsi”, il personale interessato “può inviare un modello sostitutivo di domanda cartacea da compilare al posto di quello telematico”. Sempre al Tar del Lazio verranno contestati diversi provvedimenti ministeriali: il D. M. n. 22 del 12 marzo, la circolare Miur n. 23 del 12 marzo, la circolare Funzione Pubblica n. 2 dell’8 marzo, le circolari Inps nn. 35 e 37 del 14 marzo. E se non basterà, l’Anief ha già pronti “i ricorsi al Giudice del Lavoro”.

D’altra parte per chi è intenzionato a lasciare, quella delle vie legali sembra davvero l’ultima spiaggia. Le residue possibilità di deroghe ai requisiti per andare in pensione sono state praticamente cancellate dal ministro del Welfare, Elsa Fornero, durante un question time svolto alla Camera qualche giorno fa: "un conto è venire incontro alle esigenze di chi ha lasciato il lavoro per accordi, un altro è la questione di chi il lavoro ce l'ha ancora. Per quanto possa umanamente comprendere la delusione provata da questi lavoratori - ha aggiunto la Fornero - non lo ritengo un'ingiustizia e non credo che oggi noi possiamo tornare su questa questione riportando indietro le lancette a favore dei lavoratori della categoria della scuola".

Intanto, paradossalmente, anche per coloro che pur avendo compiuto 65 anni vorrebbero rimanere in servizio si fanno esigue le possibilità di ottenere l’ok dell’Usr: nella circolare del Miur dello scorso 12 marzo è infatti esplicitato che nell’esaminare le richieste di proroga gli Uffici scolastici regionale dovranno considerare “con particolare attenzione la capienza della classe di concorso, posto o profilo di appartenenza, non solo per evitare esuberi, ma anche nell’ottica di non vanificare le aspettative occupazionali del personale precario”.

L’altolà vale anche per i capi d’istituto. Per i quali “le istanze di trattenimento devono essere valutate sia in relazione ad eventuali situazioni di esubero determinate dal processo di dimensionamento della rete scolastica che all’esigenza di mantenere la disponibilità dei posti per le immissioni in ruolo dei nuovi Dirigenti scolastici a seguito del superamento delle procedure concorsuali in atto”. 

Insomma, sembra proprio che stavolta il governo sia riuscito proprio a scontentare tutti in un “colpo” sola. Sia chi vorrebbe lasciare ma non può, perché i suoi ultimi otto mesi per la prima volta non gli vengono considerati. Sia chi vorrebbe rimanere, ma non può perché le riforme stanno determinando sempre più esuberi.

Fonte: Tecnica della Scuola

La volontà del governo di intervenire sul valore legale del titolo di studio accademico "non trasformerà la laurea in carta straccia". Lo ha assicurato il ministro dell'Università, Francesco Profumo, avviando in diretta tv la consultazione pubblica voluta dall'esecutivo sul valore legale del titolo.

Il governo, ha spiegato il ministro, vuole "solo correggere alcune anomalie" rispetto al valore del titolo per l'accesso al pubblico impiego e alle professioni.

Contro la consultazione si sono schierate oggi numerose sigle, del mondo sindacale e degli studenti. Tra queste l'Anief, per la quale questa iniziativa ha “solo un preciso obiettivo: svilire il merito, su cui si fonda anche il criterio di assunzione nella Pubblica Amministrazione”.

Critica anche Rete della Conoscenza, il network promosso da Unione degli Studenti e Link-Coordinamento universitario, che parla senza mezzi termini di consultazione-truffa: "Alcuni quesiti risultano molto difficili, altri invece sembrano indirizzare le risposte verso un'unica direzione che mira appunto a cancellare il valore legale. Siamo convinti che una vera consultazione degli studenti dovrebbe tener conto delle rivendicazioni che il movimento studentesco ha portato con forza nelle piazze lo scorso autunno e dell'opinione di tutte le componenti dell'università”.

Anche per Michele Orezzi, coordinatore nazionale dell'Udu, le domande “sono faziose e disegnano una realtà distorta". "La consultazione, aperta da poche ore, presenta addirittura domande che richiedono perché sarebbe utile una abolizione, anche solo parziale, del valore legale dei titoli di studio per come oggi è intesa - dice il coordinatore nazionale dell'Udu - Fin dalle prime domande si capisce il chiaro indirizzo, per finire con gli ultimi 3 quesiti dove non è possibile esprimere la propria contrarietà all'abolizione".

Fonte: Tuttoscuola

Fino al 24 aprile chiunque potrà esprimere il proprio parere sul progetto che il governo avrebbe voluto approvare a fine gennaio. Il 22 marzo flashmob della Federazione della sinistra: non si possono privatizzare i saperi. Per l’Anief sarebbe la fine del merito: speriamo non votino gli analfabeti!

Ha preso il via il 22 marzo il sondaggio ministeriale via internet sull’abolizione del valore legale del titolo di studio. L’iniziativa era stata annunciata alcune settimane fa dal premier Monti dopo le perplessità che il progetto aveva riscosso - da diversi parlamentari, sindacati e parte dell’opinione pubblica – a seguito della volontà del governo di includere il provvedimento all’interno del decreto legge sulle semplificazioni, poi approvato il 27 gennaio dal Consiglio dei ministri.

Fino al 24 aprile chiunque potrà esprimere il proprio parere sull’argomento identificandosi attraverso il codice fiscale e indicando l’indirizzo di posta elettronica, a cui il Miur invierà la password per accedere al questionario: le domande saranno almeno una decina (sono previsti supporti conoscitivi riguardanti la materia su cui viene chiesto il parere popolare).

L’iniziativa, apparentemente aperta al contributo di tutti e quindi impostata su un concetto indiscutibilmente democratico, sta riscuotendo diverse critiche. E non solo da parte degli studenti. Riccardo Messina, responsabile saperi del Pdci, ha annunciato un flashmob, indetto dalla Federazione della sinistra, per il 22 marzo, alle ore 10 davanti al ministero dell’Istruzione, proprio a difesa del valore legale del titolo di studio. Messina si sofferma sul fatto che il sondaggio è stato "pubblicizzato sinora solo dal Sole24ore, a conferma di chi saranno le masse di lavoratori e studenti che cliccheranno a favore dell'abolizione. Si tratta dell'ennesimo tentativo di distruzione del sistema di istruzione pubblico e di privatizzazione dei saperi. Il valore legale del titolo di studio - conclude il rappresentante del Pdci - rappresenta una funzione di garanzia dello stato sociale ed individua con certezza i contenuti di conoscenza da acquisire nell'università".

Contrario alla consultazione on line del Miur sull’ipotesi di cancellazione del valore legale dei diplomi è anche l’Anief: “speriamo che non votino gli analfabeti!”, ha detto provocatoriamente il presidente dell’Anief, Marcello Pacifico: “certe iniziative – ha poi precisato – hanno solo un preciso obiettivo: svilire il merito, su cui si fonda anche il criterio di assunzione nella Pubblica Amministrazione”. Pacifico sostiene che se passerà la cancellazione del valore legale della laurea, presto lo stesso destino toccherà a tutti gli altri titoli. “In tal caso – sostiene il sindacalista dell’Anief - non si capisce per quale ragione uno studente dovrebbe ancora impegnarsi per cercare di prendere un buon voto o per essere promosso: alla fine del suo percorso formativo, infatti, non conterà più l’esito degli esami svolti e la loro valutazione, ma solo la partecipazione”.

Fonte: Tecnica della Scuola

 

Quasi tutti i sindacati chiedono di cancellare la trattenuta obbligatoria a seguito della soppressione del medesimo ente e del trasferimento della “tassa” nelle casse dell’Inps. In ballo ci sono 50 milioni di euro annui.

Sulla trattenuta Enam i sindacati della scuola (esclusa la Cisl) sembrano aver messo alle spalle gli indugi: dopo la Flc-Cgil, la Uil Scuola e di recente la Gilda degli insegnanti, anche l’Anief predispone le azioni legali per cancellare la trattenuta obbligatoria a seguito della soppressione del medesimo ente e del trasferimento della stesso importo nelle casse dell’Inps.

Al centro della questione vi è la “tassa” che, attraverso un decreto del lontano 1947, sottrae ai circa 300mila maestri della scuola primaria lo 0,80% dello stipendio in cambio di servizi, opportunità professionali e possibili contributi. Servizi, opportunità e contributi di cui però i maestri, sul piano pratico, non hanno riscontro da diverso tempo. Mentre continuano a vedersi sottrarsi tra i 150 e i 200 euro l’anno. Che, complessivamente, arrivano a sovvenzionare all’ente una cifra tutt’altro che trascurabile pari a 50 milioni di euro annui.

Il punto è che l’Enam dal 30 luglio scorso è stato soppresso. O meglio, assorbito dall’Inps. “Il paradosso è che con l’approvazione della manovra Monti – ha detto Marcello Pacifico, presidente dell’Anief - migliaia di colleghi dovranno quindi versare allo stesse ente previdenziale, l’INPS, due trattenute: una per la pensione, l’altra per un ente, l’Enam, di cui non si percepisce più l’utilità. Per questo abbiamo chiesto di far risarcire le quote illegittimamente trattenute dallo scorso agosto, al netto degli interessi maturati”.

La battaglia legale si prevede aspra. Nei giorni scorsi le revoche inviate dallo stesso sindacato degli educatori in formazione alla Ragioneria provinciale dello Stato (e per conoscenza all’Inps) sono state respinte. E se quasi tutti i sindacati, come sembra, vogliono perseguire la strada del ricorso non c’è altra scelta: portare la disputa in tribunale.

Fonte: Tecnica della Scuola

 

I numeri sono come gli oracoli, le risposte arrivano se sono ben interrogati. Se si guardano i numeri nel complesso, le elezioni RSU hanno visto l'avanzata dei sindacati confederali, con un arretramento consistente dello SNALS ed uno meno importante (ma su percentuali decisamente diverse) della FGU (ex. Gilda). E i piccoli? Laddove erano presenti, ANIEF e Cobas, in particolare, non hanno certo svolto un ruolo da "piccoli", anzi.

E' quanto emerge dai comunicati diffusi dai due sindacati che evidenziano come nelle scuole in cui erano presenti hanno raccolto un numero di consensi che gareggia con i più grandi.

Così i COBAS fanno notare che, sebbene il trend di consensi è leggermente in calo rispetto alle precedenti elezioni, nelle 1110 scuole presenti ha raggiunta una media del 24% di voti e hanno avuto il 62% delle scuole dove sono state presentate le liste.

Alla stessa stregua, l'ANIEF evidenzia come, nelle scuole presenti abbia avuto l'11,4% dei voti, togliendoli proprio ai confederali che insieme allo Snals mostrano una perdita del 12,3%.

I dati forniti dall'ANIEF riguardano 666 scuole scrutinate nelle quali era presente una lista ANIEF raccogliendo un proprio eletto su quattro e superando la Gilda che invece ne totalizza uno su cinque.

L'accusa arriva all'unisono sia dai Cobas che dall'ANIEF: le difficoltà di presentare liste in tutte le scuole deriva dal divieto per i sindacati non rappresentativi di assemblee e l'assenza di distacchi. Imposizioni "anti-democratiche" dicono dai Cobas, imposte "dall'oligarchia sindacale".

Fonte: Orizzonte Scuola

LE PROSPETTIVE - LA TECNICA DELLA SCUOLA

SPAZIO DI INFORMAZIONE SINDACALE PER I SOCI


SCARICA LULTIMO NUMERO

 

XXIV2012

 

 

 

In questo numero:

IL PUNTO

I RICORSI

Dimensionamento: per evitare il licenziamento i Dsga costretti a cambiare regione

Ricorso contro il blocco quinquennale della mobilità per il personale docente neo immesso in ruolo 

Scheda di rilevazione dati Ricorso Mobilità - Trasferimenti