Mentre l'Istat colloca gli stipendi del personale sempre più vicino alla soglia di povertà, il Governo crea i presupposti per annullare gli aumenti automatici e legare gli incrementi stipendiali a performance di stampo aziendale.
Non era mai accaduto che il Governo italiano negasse in toto gli aumenti stipendiali del personale della scuola previsti per legge: pur mettendo sul 'piatto' della trattativa risorse sempre meno corpose, da quando è stato privatizzato il rapporto di lavoro nel pubblico impiego, con il decreto legislativo 29/93, non avevamo mai dovuto commentare un Esecutivo che non mettesse da parte un euro per cercare di allineare la busta paga di docenti, Ata, educatori, Dsga e dirigenti scolastici al costo della vita.
Quel che sta accadendo oggi, a quattro anni dall'approvazione del decreto legislativo 150/09, imposto dall'ex ministro della Funzione Pubblica Renato Brunetta, è che i nostri governanti non si limitano più a tagliare risorse dal MOF, già abbattuto di un quarto rispetto a quello di appena un anno fa, ma già ragionano con la logica del prossimo contratto. Quando gli scatti scompariranno, per fare spazio ad un "merito" legato ai risparmi fatti in casa e alla performance individuale.
Ma il quadro che si sta delineando è purtroppo ancora più fosco: dopo che dal 2010 chi governa cerca di utilizzare i risparmi derivanti dallo stesso comparto scuola per finanziare gli scatti automatici, si fanno sempre più concrete le possibilità di approvazione di un decreto interministeriale attraverso cui verrebbero annullati gli effetti di quegli scatti, come anche quelli del 2011, sulle ricostruzioni di carriera.
"Quello che vuole fare il Governo - spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir - è sempre più chiaro: erogare gli scatti di anzianità al personale della scuola non più attraverso l’allocazione di risorse aggiuntive ma, avvalendosi della legge Brunetta, ricavando fondi dalla stessa scuola, da destinare solo ad una parte del personale. Quella parte che avrà dimostrato di meritarlo, tramite performance adeguate. Un po' come accade in azienda".
Anche per arrivare a questo modello sono stati prodotti una serie di tagli impressionanti: da quelli derivanti dalla Legge 133/2008, con l'incremento del rapporto alunni/docenti, la riduzione del tempo scuola in ogni ordine e grado, il ritorno al maestro unico e la cancellazione dell’insegnante specialistico di lingua inglese, sino allo scellerato dimensionamento dell'ultimo triennio e ai 200mila posti cancellati tra il 2006 e il 2012. Per non parlare della riduzione di progetti fondamentali per i nostri giovani, come l'alfabetizzazione motoria nella scuola primaria e la frantumazione dei fondi destinati alle funzioni 'obiettivo'.
"Abusando della delega che gli è consentita - prosegue Pacifico - il Governo sta sempre più violentando l'articolo 36 della Costituzione, dimenticando che gli stipendi dei dipendenti della scuola sono ufficialmente considerati, lo dice l'Istat, prossimi alla soglia di povertà. Tanto che al termine della carriera, un docente italiano guadagna più di 8mila euro in meno rispetto ad un collega dell'area OCSE. E ora che si prefigura la fine degli scatti di anzianità, l'unica forma di incremento possibile per il personale della scuola, c'è veramente da mettersi le mani nei capelli".
Tutto questo diventa ancora più paradossale perché si va a concretizzare proprio nel momento in cui il giovane sindacato ha ottenuto dal giudice quanto avrebbe dovuto fare lo Stato da sempre nei confronti di tutti i supplenti della scuola: far valere tutti gli anni di precariato per la ricostruzione di carriera. Ma anziché adeguarsi, il nostro CdM che fa? Decide di bloccare, approvando il DL 104, la carriera dei neo-assunti addirittura per 10 anni.
È giunto il momento di dire basta e aderire al ricorso contro il blocco degli stipendi inviando una mail a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..