Potrebbero avere i giorni contati i 24 Cfu, i crediti formativi universitari, da acquisire studiando discipline antropo-psico-pedagogiche e metodologie e tecnologie didattiche, utili per accedere all’insegnamento tramite concorso ordinario: le intenzioni dell’amministrazione scolastica si colgono nelle parole pronunciate dal ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi durante la conferenza stampa a Palazzo Chigi dopo la cabina di regia sul Pnrr: per assumere di ruolo nuovi docenti vogliamo attuare una “selezione basata, non solo su competenze strettamente disciplinari, ma anche su competenze provenienti dal tirocinio”, ha detto Bianchi. E lo stesso Ministro in estate era stato ancora più chiaro: i crediti formativi, aveva dichiarato, “non rappresentano il modello più corretto per diventare insegnante”.
Anief sul reclutamento non ha dubbi: “Anziché andare ad introdurre l’ennesimo cambio dei titoli indispensabili per l’accesso ai concorsi pubblici – dice Marcello Pacifico, leader del giovane sindacato – riteniamo che sarebbe molto più utile e coerente andare a reintrodurre il doppio canale di reclutamento con le GPS da prima e seconda fascia, senza imporre quei limiti gratuiti per le inclusioni nelle graduatorie che i governanti della scuola hanno voluti a tutti i costi salvo ora doversi ricredere e cercare una soluzione alternativa. Solo in questo modo potremmo rispondere positivamente a quanto ci chiede l’Unione europea da anni, anche per non incorrere in multe pesanti per l’abuso reiterato di precariato: la logica è quella di arrivare a stabilizzare, a titolo definitivo, tutti coloro che hanno dimostrato sul campo di potere svolgere il mestiere dell’insegnante”.
“La questione sui 24 Cfu da mantenere o da sostituire con una formula d’accesso adeguata ai tempi – continua Pacifico –, non può rappresentare il cuore del problema che anche quest’anno porterà almeno 200mila supplenze annuali. Si vogliono far valere le competenze sui tirocini? Bene, allora si vada a considerare il tirocinio più importante che può fare un aspirante professore: quello sul campo, fatto almeno di tre annualità di docenza da precari, che obbliga il supplente a vivere come protagonista tutto quello che significare insegnare: preparare e fare didattica, partecipare alle riunioni collegiali, tenere i contatti con le famiglie, portare avanti l’attività extra-didattica e tanto altro. Continuare a non tenere conto di tutto ciò, significa non avere una visione obiettiva del problema reclutamento e delle logiche errate che hanno portato al record di supplenze”, conclude il sindacalista Anief.