Si è svolto l’incontro al MI inerente alla prossima circolare ministeriale sulle nuove iscrizioni per l’a.s. 2021/2022. Marcello Pacifico (Anief): “È arrivato il momento di mettere mano alla 133/2008 e rivedere il numero di alunni per classe, la soglia minima di studenti perché una scuola sia autonoma, recuperare le ore di insegnamento sottratte alle discipline, il recupero del tempo scuola e dei moduli nella scuola primaria; tutti provvedimenti contestatissimi e che hanno determinato non solo un impoverimento della qualità dell’offerta scolastica ma che hanno avuto ricadute nefaste sui lavoratori della scuola”
Sale il rammarico per la mancata organizzazione delle prove suppletive, a seguito delle assenze motivate di tanti candidati a partecipare al concorso straordinario della scuola secondaria, fermo dalla scorsa settimana fino a data da destinarsi: avere di fatto escluso, senza alcuna possibilità di rimettersi in gioco, 6 mila aspiranti docenti, perché positivi, in quarantena o malati, con i contagi da coronavirus di nuovo alle stelle, non fa onore a chi ha organizzato questa procedura concorsuale e nemmeno allo Stato che dovrà ricevere le prestazioni lavorative di coloro che vinceranno la selezione per 32 mila posti. Una circostanza che non è sfuggita ai sindacati. E nemmeno alla maggioranza. Con il deputato della Lega Rossano Sasso, che ad Orizzonte Scuola ha detto di fare “da tramite alla voce di migliaia di insegnanti che, a causa della miopia politica, non hanno potuto sostenere il concorso”. Una diritto che non ha trovato spazio nemmeno con lo stop imposto dal Governo a seguito dell’applicazione dell’ultimo Dpcm anti-Covid che sostituisce le disposizioni di quello del 24 ottobre.
Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, “negare a un candidato la possibilità di misurare le proprie conoscenze partecipando a delle prove che potevano aprirgli le porte del ruolo è un atto davvero ingiusto. Anche perché stiamo parlando di un concorso che attendeva da diversi anni. L’aspetto inconcepibile è che lo stesso aspirante docente non si è presentato o non si presenterà alle prove non di certo per motivi futili o legati alla sua volontà. Il ministero è ancora in tempo: decida, saggiamente, di ricalendarizzare le prove accogliendo finalmente tutti gli esclusi. E decida, con l’occasione, di cambiare una volta per tutte la tipologia di procedura concorsuale, finalizzata non più a fare selezione, ma alla realizzazione di una graduatoria finale unica a scorrimento, dalla quale assumere in ruolo chi ha svolto 36 mesi di servizio come docente”.
Il premier Giuseppe Conte e la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina cercheranno fino all’ultimo di tenere aperte le scuole, come è giusto che sia perché la didattica in presenza è insostituibile. Da ministri Daniele Franceschini a Roberto Speranza, l’ala rigorista del Governo, arrivano però sempre maggiori pressioni per l’attuazione del fermo totale. Secondo il sindacato Anief, l'aumento incessante – intanto Emilia Romagna, Campania, Friuli Venezia Giulia e Veneto, secondo quanto apprende l'Ansa, sono le quattro Regioni per cui l'Istituto superiore di sanità, sulla base dei dati dell'ultimo monitoraggio, ritiene opportuno che siano anticipare le misure più restrittive - del numero di contagi unito alle criticità del sistema sanitario nazionale impone una riflessione anche per quella scuola che tutti noi abbiamo voluto aperta insieme al ministro dell’Istruzione e al presidente del Consiglio perché in primo luogo siamo educatori e proprio questo ruolo viene molto offuscato nella didattica a distanza. La nostra scuola, nonostante l’individuazione di protocolli di sicurezza rigorosamente fatti osservare dentro gli edifici, paga la colpa di comportamenti sbagliati fuori dalle aule e dalle classi, tra gli amici, in famiglia e soprattutto nella rete dei trasporti rilevatasi insufficiente. Di nuovo, l'Italia è spaccata: in alcune regioni sono chiuse tutte le attività produttive e le lezioni in presenza, nell'altra metà i servizi di ristorazione con una curva di aumento del contagio che ci fa supporre che presto tutta l'Italia possa diventare “rossa”.
Marcello Pacifico, presidente Anief: “Qui non si tratta più di chiedere l'onore delle armi agli ultimi insegnanti e al personale Ata, che combattono isolati contro un virus invisibile anche se tracciabile, ma di preservare ancora gli ultimi ‘avamposti’ della difesa della salute di tutti noi. Parliamo, quindi, degli ospedali con i loro medici e degli infermieri. Certo, oggi si realizzano dieci volte il numero di tamponi rispetto a pochi mesi fa, siamo più preparati, conosciamo meglio il virus ma proprio per questo dobbiamo chiudere, purtroppo, e con dispiacere, anche le scuole. Sempre cercando di utilizzare al meglio gli strumenti della didattica a distanza a partire dal consentire a ognuno, docente o amministrativo, precario o di ruolo, studente al Sud come al Nord, di quegli strumenti informatici necessari per stare insieme a distanza, impiegando questo periodo di chiusura per riprogrammare investimenti per la nuova apertura del Paese in sicurezza”.
Iniziato l’esame per la conversione in legge del Decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 269 del 28 ottobre 2020 e recante “Ulteriori misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse all’emergenza epidemiologica da Covid-19”. Marcello Pacifico, (Anief): “Bene l’incremento del fondo per garantire la fruizione della DDI degli studenti meno abbienti ma continua un’assurda discriminazione del personale precario nonché del personale educativo e ATA”
In alcuni casi la penalizzazione può arrivare fino a 600 euro mensili. Marcello Pacifico (Anief): “Il Governo intervenga in legge di stabilità e posticipi la presentazione delle domande dopo l’approvazione della legge. Il fatto che nel 2021 50 mila docenti e Ata lasceranno la scuola aderendo in gran numero a Quota 100 significa che stiamo parlando di dipendenti esasperati, costretti a vedersi negare un diritto sacrosanto, quale è l’assegno pieno di quiescenza, perché derivante da quasi quattro decenni di contributi regolarmente versati”