Nella giornata di ieri, 14 marzo 2018, il giovane sindacato, al fine di fugare ogni dubbio interpretativo e favorire il lavoro delle Commissioni elettorali, ha inviato una nota alle scuole dove è stata presentata la lista ANIEF per fornire chiarimenti in merito alla presentazione delle liste RSU senza alcun altro adempimento.
Diventa un fenomeno comune, soprattutto nel Sud Italia, quello di vedersi riconoscere le ore settimanali stabilite dalla equipe di medici cui gli uffici scolastici non danno seguito. La tendenza in crescita è rilevata dal report pubblicato dall’Istat, in queste ore, sull’integrazione degli alunni con disabilità nelle scuole primarie e secondarie di primo grado: se si analizzano i cambiamenti di insegnante, ben il 41,1% degli alunni nella scuola primaria e il 37,2% in quella secondaria di primo grado sono caduti in questa cattiva prassi.Nel report annuale, inoltre, si evidenzia che circa il 9% delle famiglie di alunni con disabilità della scuola primaria e il 5% della secondaria di primo grado hanno presentato negli anni un ricorso per ottenere l'aumento delle ore di sostegno: si sono rivolti al Tribunale civile o al Tar il 6,7% delle famiglie degli alunni della scuola primaria e il 4,7% di quelle della scuola secondaria di primo grado. Nell'a.s. 2016/17, gli alunni con disabilità erano circa 90 mila nella scuola primaria (pari al 3% del totale degli iscritti) e 69 mila nella scuola secondaria di I grado (il 4% del totale): in tutto, circa 3 mila in più rispetto all'anno precedente. Se si considera anche la secondaria di secondo grado i numeri diventano impressionanti: oggi, sono iscritti ad un corso di studi della scuola pubblica circa 280mila alunni, quasi il doppio dei 160mila del 2006. Eppure l'organico di diritto è bloccato al 70% del fabbisogno. E il tentativo di bloccare i posti in deroga è stata bocciata dalla Consulta nel 2010.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): Oggi più che mai il diritto all'istruzione rimane ad appannaggio dei tribunali. Lo sa bene l’Anief che con l’iniziativa ‘Non un’ora di meno’ ha permesso a tanti alunni di ottenere quel sostegno che nessuno voleva dare loro. Tutto ha avuto origine con l’articolo 40 della Legge 449/1997, introdotta come provvisoria dei posti in deroga su sostegno, da assegnare con contratto a tempo determinato per garantire il diritto allo studio degli studenti con disabilità, poi reiterata nel tempo: la norma transitoria è stata infatti riproposta nel 2007, sancita nel 2010 e confermata dall’ex Ministro Maria Chiara Carrozza con la Legge 128/2013, che ha portato a 90mila unità di organico, imponendo però sempre la copertura del 30% dei posti di sostegno liberi con supplenze 30 giugno. Oggi l'organico dei docenti di sostegno è di oltre 140 mila docenti, ma più di 40 mila cattedre sempre in deroga: sono queste le ‘forze’, insufficienti, con cui i 280mila alunni con disabilità o problemi di apprendimento dovrebbero vedersi garantito il diritto allo studio. E nemmeno il decreto legislativo n. 66 della Legge 107/2015 fa giustizia. Pensare che lo Stato possa 'risparmiare' sui diritti dei più deboli concretizza il vero fallimento del nostro sistema pubblico di istruzione. Ecco perché insistiamo con i ricorsi, la cui crescita è stata ora registrata dall’Istat.
Famiglie, insegnanti, personale Ata, dirigenti e cittadini che intendono vederci chiaro per la mancata nomina dei docenti di sostegno o delle ore non assegnate come indicato dalle commissioni mediche dello Stato possono sempre scrivere all'indirizzo e-mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.. Il ricorso per ottenere la stabilizzazione dell'organico di sostegno con la trasformazione dei posti in deroga in posti in organico di diritto fa da corollario all'azione di sensibilizzazione che l'Anief promuove da anni gratuitamente con l'iniziativa “Sostegno, non un'ora di meno!”, attraverso cui il sindacato promuove ricorsi presso il tribunale.
Da quest’anno, in occasione degli esami di licenza media le verifiche si svolgeranno, tra il 4 e il 21 aprile avvalendosi, del personal computer. Ma ora si scopre, leggendo uncomunicato emesso in queste ore dall’Invalsi, che non vi sono le condizioni tecnologiche per garantire ad ogni alunno di utilizzare un proprio computer: “gli studenti coinvolti sono 574.600 e – dal censimento delle strutture informatiche effettuato da INVALSI – le postazioni effettive risultano 216.000, il che significa che ogni scuola ha a disposizione un computer per ogni 2,5 studenti circa”. L’Invalsi parla di “un dato molto incoraggiante”, ma non è così: le prove dovranno infatti necessariamente essere somministrate in momenti diversi e, andando oltre alla mancata contemporaneità, preoccupa che la dotazione complessiva tecnologica in seno ai nostri istituti sia così povera.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): Nelle scuole italiane il numero di postazioni digitali ‘vere’, in grado di essere connesse ad una rete internet moderna e reggere il peso di sistemi operativi e software aggiornati, risulta del tutto inadeguato rispetto alla quantità dei nostri alunni. Perché, se a dividersi una postazione sono tra i due e i tre alunni delle classi di terza media, come dice l’Invalsi, questo significa che, quando si considerano anche le prime e le seconde classi, ogni istituto può mettere a disposizione appena un computer ogni otto-nove alunni. Questo preoccupante dato conferma la lontananza dell’Italia dalle realtà scolastiche più avanzate, come i Paesi del Nord Europa, dove le dotazioni informatiche risultano in numero maggiore, garantendo in molti casi un computer per ogni allievo. A tale avvilente constatazione si aggiunge la logica distorta che c’è dietro all’imposizione delle prove Invalsi. L’eccesso di uniformità andrebbe sostituito con un investimento verso la formazione di tipo attivo, come giochi di simulazione, cooperative learning and serving, peer education e flipped classroom. Lasciando alle prove Invalsi il loro unico obiettivo, ovvero l’effettuazione di monitoraggi per indicazioni generali. Sul piatto va infine messo anche un altro dato: quello che i test Invalsi hanno ripercussioni dirette sul Rav, il rapporto di autovalutazione scolastico, e anche sulla valutazione diretta dei singoli insegnanti, senza che venga conferito un peso adeguato al tessuto sociale. Ad esprimere forti perplessità, recentemente, sono state anche decine di accademici di tutto il mondo.
I Tribunali di Napoli e Frosinone danno ragione all'Anief ed annullano le procedure di mobilità che non tengono conto del servizio svolto nelle scuole paritarie ai fini del punteggio. Marcello Pacifico: “Troppe illegittimità reiterate dal Miur con il placet dei firmatari dell'accordo contrattuale. Con la nostra rappresentatività porteremo davvero la voce dei lavoratori della scuola ai tavoli della trattativa”.
Nelle ormai prossime procedure di mobilità continuano a permanere varie illegittimità non solo riguardo alla mancata attribuzione di punteggio al servizio svolto nelle scuole paritarie, che vari tribunali continuano a censurare, ma anche per quanto concerne il vincolo quinquennale sul sostegno per cui non si computa il periodo di precariato, la mancata valutazione dei titoli SSIS, TFA, Sostegno, del servizio militare svolto non in costanza di nomina e lo svilimento del servizio preruolo nelle graduatorie interne d'istituto. Marcello Pacifico (Anief-Cisal): “Tutte illegittimità che abbiamo segnalato da tempo, ma il Miur, con il placet dei sindacati già rappresentativi che hanno firmato l'accordo contrattuale per queste procedure di trasferimento, ha continuato imperterrito a reiterare. Con la nostra rappresentatività porteremo davvero la voce dei lavoratori ai tavoli della trattativa e chiederemo il rispetto della normativa interna ed eurounitaria riguardo questi e altri temi da troppo tempo ignorati”. Anief ricorda che sono già aperte le procedure di preadesione ai ricorsi per la Mobilità 2018. Per ulteriori informazioni e aderire ai ricorsi Anief clicca qui.
Alla sconveniente sottoscrizione del contratto del comparto Scuola all’Aran potrebbe presto seguire quella del rinnovo del contratto dei dirigenti scolastici che da un decennio hanno gli aumenti stipendiali bloccati e disallineati rispetto all’inflazione. Gli aumenti previsti dall’ultima legge di Bilancio, la L. 205/17, sono infatti inferiori di tre volte rispetto a quello che sarebbe spettato loro di diritto per il 2018; addirittura, ben tredici volte in meno per quanto riguarda gli arretrati relativi al biennio 2016/201. Inoltre, non appare legittimo il parziale recupero nella perequazione esterna della parte fissa della retribuzione di posizione per lo stesso triennio contrattuale, né appare tollerabile l’attuale determinazione del Fondo Unico Nazionale, ridotto di un terzo rispetto agli anni precedenti. Infine, dopo i tanti impegni sottoscritti a verbale nelle note a margine dei precedenti contratti, ora i sindacati rappresentativi e il Miur devono onorare gli impegni pure sulla RIA da riconosce a tutti i dirigenti scolastici assunti dopo il 2001.
Marcello Pacifico (presidente Udir): Per contrastare gli aumenti fittizi non rimane che aderire al ricorso gratuito al giudice del lavoro: si chiederà contestualmente, in tal modo, il recupero del Fondo Unico Nazionale, il recupero della retribuzione di posizione e di risultato dal 2011 al 2015, in modo da ottenere la corresponsione della retribuzione di posizione-quota variabile e la retribuzione di risultato maggiorate della quota spettante al ds delle risorse indebitamente sottratte al Fun dall'anno scolastico 2011/2012 fino all'a.s. 2015/2016, nonché riconoscere in via permanente quanto indebitamente sottratto nell'a.s. 2015/2016. Il ricorso Udir punta poi al recupero erariale imputabile agli effetti dei Contratti integrativi regionali: sono somme spettanti a seguito delle trattenute d'ufficio effettuate dalla Ragioneria Territoriali dello Stato, dopo la firma dei Contratti Integrativi Regionali, nonché dei mancati aumenti sulla base della fascia d’appartenenza o di errori commessi dall'amministrazione.