Il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, dichiara che “se in una provincia non ci sono posti, occorre spostarsi”, perché “la mobilità è un fenomeno ineliminabile”. Replica del sindacato: nei concorsi pubblici della scuola è il candidato che sceglie la provincia o la regione dove concorrere: se non ci sono posti, attende che si liberino. È un vero ricatto, che viola le regole di accesso al pubblico impiego. Che si somma ad altre regole ingiuste sempre a danno dei neo-assunti.
Marcello Pacifico (presidente Anief): è dal 1200 che i maestri e i docenti non devono più spostarsi centinaia di chilometri, per insegnare. Perché non è la stessa cosa trasferirsi volontariamente da Sud a Nord oppure essere obbligati: magari a 50 e più anni di età, con situazioni personali o familiari difficoltose. Mettere questi insegnanti davanti al fatto compiuto, scegli questa provincia o sei espulso dalle graduatorie, è un atto di forza. Basta coi commenti sarcastici o denigratori, gli attuali precari meritano parole di lode e parità di diritti.
“Non è vero che ‘se in una provincia non ci sono posti, occorre spostarsi’, perchè nei concorsi pubblici della scuola è il candidato che sceglie la provincia o la regione dove concorrere: se non ci sono posti, attende che si liberino. Non si può arrivare al ricatto: se non scegli Pordenone sei fuori”. Così risponde Marcello Pacifico, presidente Anief, segretario organizzativo Confedir e confederale Cisal, alle dichiarazioni rilasciate dal ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, per il quale “la mobilità è un fenomeno ineliminabile, finché ci saranno molte cattedre a Nord e molti insegnanti a Sud: io mi sono laureata nell’84, ho amici che per insegnare si trasferirono a Pinerolo, a Lodi, a Vicenza”, ha detto il ministro.
“È dal 1200 – ribatte Pacifico - che i maestri e i docenti non devono più spostarsi centinaia di chilometri per insegnare. Ma chi amministra Viale Trastevere, evidentemente lo dimentica. Perché una cosa è trasferirsi volontariamente da Sud a Nord, un’altra è essere obbligati. Magari a 50 e più anni di età, con situazioni personali o familiari difficili. Mettere questi insegnanti davanti al fatto compiuto, scegli questa provincia o sei espulso dalle graduatorie, è un atto di forza che si commenta da solo. E che viola le regole di accesso al pubblico impiego”.
Anief, inoltre, ricorda al ministro dell’Istruzione che è ora di finirla di vantarsi di aver deciso di assumere “100mila persone”. “Perché il Governo – ribatte Pacifico - non fa nessun regalo, in quanto l’obbligo di assunzioni dei docenti abilitati è stato ribadito con chiarezza dai tribunali, italiani ed europei. E l’Italia stavolta avrebbe rischiato davvero grosso, se non avesse ottemperato a certe indicazioni cristalline sul precariato. Solo che le ha adottate in parte, dimenticando gli abilitati fuori GaE, e pure male”.
“La realtà – continua il presidente Anief - è che il prezzo che si sta pagando per queste assunzioni è veramente salato. Prima si è conferito, nel 2011, il ricatto del blocco stipendiale, con l’eliminazione illegittima del primo scaglione di aumento dopo tre anni di carriera, relegando i nuovi assunti a servire lo Stato per dieci anni con lo stesso stipendio iniziale, mentre i giudici ora ci dicono che vanno valutati anche gli scatti di anzianità dei precari. Ora si decide, con la riforma, che si insegnerà anche una materia diversa da quella nella quale si è abilitati; l’ultima trovata, che ci ha sempre regalato la legge 107 del 2015, è quella della mobilità forzata. Con l’aggravante che ora il ministro ci viene a dire che è pure un’occasione da non perdere. Noi, invece, diciamo basta con i commenti sarcastici o denigratori, perchè gli attuali precari meritano parole di lode e parità di diritti”.
Anief ricorda che le attuali regole sulla mobilità impediscono ad una donna insegnate, che in Italia costituisce l’81% del corpo docente, di ricongiungersi ai figli sotto gli otto anni di età prima di 36 mesi dall’assunzione. E se non si hanno figli in tenera età, si dà la possibilità di unirsi al coniuge o ai genitori e ai figli più grandi addirittura non prima di cinque anni dalla data di immissione in ruolo. “Sempre con la riforma osannata dal ministro dell’Istruzione, gli stessi trasferimenti avverranno anche col beneplacito del dirigente, coadiuvato da comitato di valutazione composto anche da studenti 15ennni, e a condizione di perdere la titolarità. Ecco perché – conclude Pacifico - non pensiamo proprio che questo Governo stia dalla parte dei docenti e dei precari”.
Per approfondimenti:
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Riforma scuola, i profili di incostituzionalità nel ddl ‘Buona Scuola’ (Il Fatto Quotidiano del 29 giugno 2015)
Scuola, l'intervista al ministro Giannini: «I prof non boicotteranno la riforma» (Il Messaggero del 16 luglio 2015)
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